Opere HOT ZONE - LA ZONA ROSSA

Mersault l'Apostata

Chosen one
Fantacalciaro
:fag11: me l'ha ispirato una regazzina alla fermata del bus, avrà avuto 12 anni massimo ma vestiva come una pornoassistente universitaria, con una manata di trucco da vaccone autoprodotto di provincia
intorno a lei un paio di possibili maggiorenni si davano da fare a darle "fastidio"
mi sono sentito un po' come quei vecchiacci che nel primo pomeriggio del sabato vanno a spiare le coppiette di adolescenti nei parchetti, ma in realtà non era colpa mia, io volevo solo andare in centro :sisi:
 

mapa

scaccolatrice
Mersault 2.0 ha scritto:
:fag11: me l'ha ispirato una regazzina alla fermata del bus, avrà avuto 12 anni massimo ma vestiva come una pornoassistente universitaria, con una manata di trucco da vaccone autoprodotto di provincia
intorno a lei un paio di possibili maggiorenni si davano da fare a darle "fastidio"
mi sono sentito un po' come quei vecchiacci che nel primo pomeriggio del sabato vanno a spiare le coppiette di adolescenti nei parchetti, ma in realtà non era colpa mia, io volevo solo andare in centro :sisi:


la scena è chiarissima :V che belli questi momenti
 

Mersault l'Apostata

Chosen one
Fantacalciaro
4a stanza, sonetto telefonico-sentimentale


MIA CARA, STASERA TE L'ASSICURO


Mia cara, stasera te l'assicuro
ti piantero' il peperone nel culo
per pioverti dentro senza paura
di fecondarti, ch'è contro Natura.

La danza selvaggia noi insceneremo
ti ridurro' lo sfintere allo stremo
dunque preparati, prega la Vita
allenati il buco già con le dita

perché alla spesa ci penso io, stella
latte, spaghetti e un po' di vasella
l'eucarestia ti daro' col mio metro

t'entrero' in casa, leggero, dal retro
divino son Totem tuo senza tabu'
nel mondo morente siam soli io e tu.
 

mapa

scaccolatrice
:zalve: :zalve: bellissima
io mi immagino ogni strofa interpretata da un uomo diverso, ad esempio la prima terzina la vedo recitata da un milanese :rotfl:
 

Mersault l'Apostata

Chosen one
Fantacalciaro
5a stanza




Novembre senza via d'uscita.Quando la sveglia è suonata, stamattina, faceva così freddo che ho avuto paura di tirarmi fuori dal letto, e istantaneamente, come svenuto, mi sono riaddormentato.Un altro tipo di paura tuttavia, mi ha svegliato da sé dopo quasi mezz'ora, e quando ho visto che erano le sette e un quarto, ho bestemmiato tossendo, facendo tutt'uno dei movimenti di scendere dal letto-togliermi il pigiama-mettermi le mutande/calze/camicia/pantaloni/maglione/scarpe. Alla fine ho guardato l'orologio, e ho visto che avevo impiegato tre minuti. Troppi. Ero decisamente in ritardo.

AUTOGRILL

Salgo in macchina, l'accendo e me ne frego di riscaldare il motore. Mando a fanculo all'istante il cd di De Gregori che aveva già iniziato a suonare, bestemmiando ancora. Non voglio ascoltare niente, voglio solo concentrarmi sulla guida per uscire il prima possibile da questa città infame.Tuttavia, appena entrato in tangenziale, mi accorgo di non poter evitare una sosta, per due motivi essenziali: la benzina e il caffè. Per la fretta non l'ho preso in casa, ma se non me ne faccio uno finisco fuori strada entro venti minuti. Ho troppo sonno: sonno arretrato, sonno pre-invernale, sonno esistenziale.«Perché il freddo, quello vero, sa essere qui, in fondo al mio cuore di sbarbo» direbbe Pazienza.
Mi fermo alla Tamoil, che ha anche un bar dove fanno un caffè discreto. Chiedo il pieno ed entro dentro. Rientro in macchina e riparto. Decido di prendere la giornata meno di punta, perché altrimenti finisce male, e mentre sto in fila al casello scelgo un altro album. Provo Battiato anche se non ne sono convinto, infatti mi fa girare i coglioni dopo due minuti. Café de la paix sto cazzo, Franco, scusa ma non è il momento. Viro allora sulla musica straniera, -che ne dici del rock'n rollì- e penso che niente di meglio degli Stones mi può sopportare e assecondare in questo momento. Let it bleed. Daje. A14. Verso Ancona.Vado circa a centocinquanta senza togliermi mai dalla corsia di sorpasso, giuro che se un idiota si mette di mezzo gli vado addosso prima di aspettare spiegazioni. Vediamo come va a finire. Fuori, campagna mattutina: luce dorata che cerca spazio tra le nuvole per i campi marroni. Un vago, tenue tepore aleggia nell'abitacolo. Scoreggio, come farebbe chiunque se ne avesse lo spunto trovandosi solo in macchina, ma nel mio caso, in questo momento, è un'azione nefasta: nonostante il gentile, personalissimo olezzo organico mi attiri intimamente, nel mio intestino avviene un'esplosione liquida, un lavandino che gorgoglia come se un buco nero stia per formare un nuovo universo, di merda, in questo preciso momento. Scoreggio ancora, e forse mi sono pure macchiato le mutande. Se potessi cacare ora, sarebbe come aprire di scatto un rubinetto, come tirare un gavettone dal quinto piano o un frutto marcio contro un muro. Sto male. Ecco perché bisogna sempre che prenda il caffè a casa, con calma. Se non caco, il caffè mi fa cacare.Più passano i secondi più mi rendo conto che se non mi fermo per andare al gabinetto mi cacherò addosso. Dove mi trovo? Qualche secondo di panico, di cecità, poi alla mia sinistra vedo un cartello che mi fa realmente felice: tra 13,5 km c'è Vomano ovest. «Dai cazzo, dai. Resisti» -mi dico a voce alta. Ce la posso fare. Stringo il culo e faccio finta di niente, tredici chilometri a centottanta passano in un attimo.Davanti ai miei occhi, in lontananza, vedo però formarsi una figura preoccupante: una macchina palesemente più lenta di me si mette a sorpassare un autotreno, e se non si toglie dalle palle entro due secondi gli sarò al culo e saranno cazzi suoi, m'attaccherò al suo paraurti e la minaccerò, la vesserò, mi sfogherò su di lei. Tra l'altro si, ho già deciso che al volante c'è una donna, sia perché ciò mi asseconda nel mio delirio, sia perché l'auto è una Citroen C2 verdina, una di quelle scatolette insignificanti che solo una donna potrebbe comprare e che i francesi fabbricano apposta per loro. Le arrivo al culo in un niente, come previsto, perché l'imbecille non si scrosta dalla mia corsia, e penso che in quest'istante probabilmente sta andando nel panico, proprio per la mia attitudine e, soprattutto, perché davanti all'autotreno ce n'è un altro, targa serba, pure più lungo del precedente. Le abbaglio, le suono, decelero un momento per poi farmi nuovamente sotto, sbraitando perché mi veda nel suo specchietto retrovisore. Ormai, si tratta di una punizione, di un atto educativo. Così,la prossima volta impara a sorpassare. Tra l'altro è proprio una donna, targata pure lei Pescara. Non ne esce, perché la sua macchina non va (non voglio manco immaginare che cosa è stato il rodaggio). Gesticola: invece di guidare la troia gesticola. Ammortizza con la destra a paletta, mi invita a darmi una calmata e mi chiede se sono pazzo, poi isola il dito medio nell'inequivocabile gesto del vaffanculo. Addirittura, mi fa le corna. Che italiana. Finalmente la strada si apre, il serbo forse ha decelerato per cavalleria. La mongola può
lasciarmi andare, ma incredibilmente non lo fa. Per ripicca. “Puttana troia, vacca, schifosa, come ti permetti? Levati. Dai. Coglioni!!!!” le urlo che mi sa che mi ha pure visto. Si impaurisce, ci sta che mi creda davvero pazzo, magari teme che possa andare a finire in un fatto di cronaca nera, una “storia di ordinaria follia”. Si sposta, sottomessa: torna a destra, il suo mondo. La sorpasso senza manco guardarla in faccia, imperturbabile, come se nulla fosse successo. In tutto ciò, quasi mi fa perdere l'uscita per l'autogrill, che adesso troverò a 1,5 km. E' quasi fatta, allora. Guardo nel retrovisore, in questo momento sull'autostrada ci siamo solo io e lei, con il serbo comparsa nullosciente e lontana. “Alla fine” -penso a voce alta- “è stato quasi divertente”. Un intrattenimento, in effetti. Mi ha fatto scordare la mia problematica viscerale, che infatti adesso sembra meno impellente. Mi balena in testa l'idea di non fermarmi e provare a continuare, per non perdere tempo (il ritardo non cessa di essere fattuale) ma non mi fido: basta un'altra scoreggia, un solo piccolo peto, a far crollare la fragile struttura che è in gestazione nel mio intestino, nella sua naturale attesa di essere espulsa. Metto la freccia a destra e d'istinto guardo nello specchietto: assurdo, pure la troia sta uscendo! Nasce in me il desiderio di affrontarla, di farle una lezione di civiltà a muso duro, se solo avesse la pessima idea di venire a chiedermi spiegazioni; ma decido di snobbarla, di non curarmi di lei e passare oltre, perché mai come oggi ho avuto così poco tempo da perdere e un così ineffabile desiderio di defecare. Rallento ma non troppo entrando nella corsia, come una formula 1 tassata per transitare ai box, diretto verso un parcheggio più possibile vicino all'entrata del bar, e mi dico “che culo!” perché uno spazio vuoto sembra aspettarmi proprio davanti ai cessi. Scendo con la rapidità che solo un bisogno sa comandare, passo come una corrente d'aria tra un camionista ciccione che si sta asciugando il collo con una salvietta cartacea e un'anziana suora spaesata che cerca il pullman su cui risalire, e sto per entrare nel bagno degli uomini quando, proprio nella terra di nessuno che separa le porte maschile e femminile, mi sento picchiettare sulla spalla in contemporanea con un: «Scusi, lei». La riconosco subito, anche perché non poteva che essere lei, e la guardo in faccia in silenzio, in attesa e per non darle alcun appoggio. Lei infatti, che si aspettava un inizio da parte mia, non sa cosa dire, e butta lì un «Ma le sembra il modo?».Beh, io sono sbigottito: cosa cazzo vuoi, che cosa cerchi, che ti viene in mente? Ho il sangue agli occhi, mi guardo un momento intorno e non c'è nessuno, allora decido: «Te lo faccio vedere io, il modo». La prendo per un braccio e la trascino dentro il bagno, lei non dice niente e io capisco che, incredibilmente, improbabilmente, le piace ed è quello che voleva. E' lei ad aprire la porta del cesso in cui la fotterò, anche se si irrigidisce perché la tazza è piena di merda e c'è un odore malsano. Ma ormai è troppo tardi, io controllo a malapena i miei gesti, e sto anche tremando. Le affondo la mano nella spalla e la metto giù, le sue ginocchia si bagnano del piscio con cui qualcuno ha innaffiato il pavimento. Le prendo la testa con una mano tirandole i capelli, con l'altra mi sbottono i pantaloni. «Ahi... Piano, piano...» dice lei, ma non mi interessa. «Stai zitta». Le conficco il cazzo in bocca e comincio a scoparle la faccia, lei gorgoglia e mi batte sulle cosce, vorrebbe andare più lenta, vorrebbe respirare un momento. La lascio andare, per pietà, e alzando la testa mi guarda con strabuzzanti occhi di terrore panico: sta lacrimando, le esce il muco dal naso. «Girati». Naturalmente capisce all'istante ma ormai è piena di paura, ha fatto “il passo più lungo della gamba” perché non sa chi ha davanti e probabilmente ora vorrebbe andarsene, ma se anche lo volesse davvero, a questo punto non potrebbe. Le tiro giù i pantaloni bagnati di piscio e le sistemo il cazzo sul buco del culo: lei sta già piangendo «Ma se ancora non te l'ho manco messo dentro...» «Nel culo no, ti prego»
«Stai zitta».
Nel piccolo, stretto cesso d'autogrill pieno di scritte oscene, fetente di escrementi e urine di diversi esseri umani di passaggio, io sto inculando contro la sua volontà una donna in lacrime, in silenzio, senza trasporto, senza passione, con lo stesso piacere che probabilmente provano le scimmie. Anche io ho fatto il passo più lungo della gamba. Il suo buco è troppo stretto, e cinge con le sue spire il mio uccello troppo grosso, spaventosamente inadatto ad intromettersi nelle sue viscere. Inizio a sentire del bagnato sul pube, mi fermo un attimo e vedo che il suo culo è una pozza di sangue: la sto aprendo, forse le serviranno dei punti. Capisco che devo finire presto perché sto iniziando a preoccuparmi delle conseguenze e del ritardo in cui mi trovo, allora aumento il ritmo dei colpi. «E' quasi finita».Mi concentro, rilasso lo sfintere e proprio allora, d'improvviso, senza alcun sintomo sensitivo e volendo un po' a tradimento, dal mio ano scende giù una cascatella di merda, un misto di liquido e pezzetti molli che inondano subito di un caldo olezzo mefitico il ristretto spazio in cui io e questa sventurata ci troviamo. Decido di fregarmene e continuo a fottere, altre feci fuoriescono ormai in libertà, il mio e il suo sistema genitale sono una miscela di sangue e merda, si, sangue e merda, sono queste le parole che mi stanno dando la vita adesso, sangue e merda, continuo «Sangue e merda, sangue e merda»
ad alta voce, ad alta voce proprio mentre le sto venendo in culo. Eccoci dunque. Pulsante come un cuore il suo ano cerca di cacciarmi mentre io finisco di eiacularle dentro l'intestino, ma alla fine ne esco da me. Sulla punta della cappella ho delle tracce delle sue prossime feci miste al mio liquido seminale, mentre nei miei peli pubici c'è una guazza di sangue. Naturalmente non c'è carta igienica, guardo l'orologio e il mio ritardo è diventato qualcosa di irrisolvibile anche se peggiorarlo finirà solo per peggiorare la mia condizione. Lei è attaccata con le braccia alla tazza del cesso come se fosse sua madre che, adesso, vorrebbe tanto stringere. Le sue gambe fanno un chiasma che non ha niente di elegante, ma la colpa è mia. «Ciao. Scusa».
Non mi risponde, ormai il suo trauma è cominciato. Esco rapido e incredibilmente, improbabilmente non c'è nessuno ai lavandini, ma tanto non mi lavo le mani e rientro subito in macchina. Ancora, c'è un po' di puzza di merda delle mie precedenti, innocenti scoregge, abbasso il finestrino e mi sembra quasi che faccia caldo, che siamo a giugno e non a novembre. Riparto.
Insomma, è stato uno stupro? Penso di si, ed eventualmente saranno la polizia e i giudici a deciderlo, ma la cosa non mi sorprende: io sapevo di non stare bene già da un po', e chi sta leggendo, forse, lo aveva capito fin dall'inizio.
Guido senza fretta ormai, rivedo la posa scomposta della malcapitata e mi faccio l'idea che la sua immagine forse non mi abbandonerà più. Mi arresteranno, può darsi, e chissà cosa penserà la buona gente vedendo la mia foto sul giornale: «c'ha proprio la faccia da psicopatico» o «eppure sembra tanto una brava persona...». Chissà.



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editato per cambiare il font e rendere la lettura piu' agevole :look:
 
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Olwe

Ninja Skilled!
Fantacalciaro
Complimenti sia per gli scritti che per l'iniziativa :bello1:

Parteciperei volentieri postando qualche scritto di un pò di tempo fa, ma non raggiungerei questo livello e poi sono geloso e non riuscirei a condividerli.

Perciò tanto di cappellA! :zalve: :zalve: :zalve:
 

Mersault l'Apostata

Chosen one
Fantacalciaro
6a stanza, sonetto mistico-cosmologico




VIVA LA FICA, LA MIGLIOR AMICA

Viva la fica, la miglior amica
di uomini e donne, grandi e piccini
di saggi e cattivi, buoni e cretini
tutti bramando l'origine antica

cui ritornare, sugoso desio
istinto di perder nel suo calore
paura e conflitto e ansia e dolore
l'arcana abluzione nell'acque dell'Io

che sogna e rimembra l'umido abisso
magnete terrestre, pensiero fisso
di penetrar, ricucir la ferita

d'ambigua natura scherzo di vita
la qual ci comanda di procreare
la giusta condanna ad eiaculare.






***
prossimamente, un racconto sporco sui rapporti extra-scolastici tra uno studente e la sua prof di chimica!!! Tenetevi pronti/e col cazzo in mano/il dito sul grilletto ;)
 
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