Monitor_Dundee
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Il vento notturno carezzava l'erba sulla vasta pianura.
L'oscurità regnava sovrana, il cielo di luna nuova non donava luce, solo lo spettacolo delle stelle sfumato appena da basse nubi all'orizzonte.
Solo un'isola spiccava in quell'oceano di erba e oscurità.
Un piccolo fuoco, sormontato da tre pali per reggere la pentola, alla maniera dei nomadi della Steppa.
Rakharro dava le spalle alla fiamma, lo sguardo ancora acuto fisso nel buio.
All'altro lato del focolare, simile ad un grosso masso, Zothar il Troll dormiva placido.
Dormi dormi, che domani ne abbiamo di strada da fare. Come ieri del resto. E il giorno prima. Dormi tu che puoi. Io sono vecchio, e i vecchi non hanno più bisogno di dormire. Sentono che manca poco al sonno eterno. - Il vecchio cacciatore si girò per sputare nel fuoco, imprecando a bassa voce.
“Ma ti sembrano cose a cui pensare? Per una volta che ti mandano a fare quello che ti riesce meglio?”
Disse a se stesso, bisbigliando. Ed era vero. Per una volta l'arciere si era offerto volontario per una missione, un bando inviato a tutti gli eroi, i perdigiorno e i disperati dell'Impero.
“Per arrivare dove” aveva detto Athoxa II in persona, affacciata al balcone del palazzo “nessun Sauriano è mai giunto prima”.
Spingersi ai confini del mondo conosciuto, al bordo di Ea, lontano a Sud e a Est oltre la Steppa che per secoli era stata il limite del mondo dei Rahonavidi. A Sud e a Est, dove si credeva sorgessero nazioni favolose, dove si diceva che anche il Popolo Sauriano aveva avuto la sua origine. Verso il sole che sorge, dove si era diretto Sarvan per trovare la scala del paradiso di Apsu, e lanciare con gli altri Dèi la Grande Sfida.
- Leggende. Fanfaluche. Guano. La terra è terra, e se c'è terra ci son bestie che pascolano, e mandriani che le guidano, e cacciatori che le mangiano. -
Rakharro non aveva accettato la missione per la gloria, o per la fama. Sapeva bene che il tempo degli Dèi e degli Eroi era passato da un bel pezzo, e aveva già visto più razze strane di ogni altro Sauriano di Ea.
Ma la sella sotto la coda, l'arco in pugno, il vento in faccia, l'odore della libertà e delle tracce ancora non trovate. Quelle erano le cose per le quali aveva vissuto settanta primavere, e quelle per cui avrebbe vissuto tutte le altre che Tanghar e Ishtar gli avrebbero concesso in futuro.
- Settanta primavere. Non sembra vero a dirlo. Lo sciamano della mia tribù morì a sessantasei, e a tutti sembrava vecchio. Per gli Dèi, a me sembrava vecchio il Guercio, all'epoca, che di anni ne aveva quaranta. -
Settanta primavere. E l'ultima stava iniziando prima del normale, lì al Sud, lontano da casa e dal mondo conosciuto. L'inverno lo avevano passato in sella, lui e Zothar. E l'autunno. E anche l'estate.
Era un anno oramai che aveva lasciato l'Impero, ma quella notte si sentì come il giorno che era partito.
E dire che ne avevano passate da quel giorno, lui, un troll e due cavalcature, quasi invisibili nelle distese sconosciute….
L'oscurità regnava sovrana, il cielo di luna nuova non donava luce, solo lo spettacolo delle stelle sfumato appena da basse nubi all'orizzonte.
Solo un'isola spiccava in quell'oceano di erba e oscurità.
Un piccolo fuoco, sormontato da tre pali per reggere la pentola, alla maniera dei nomadi della Steppa.
Rakharro dava le spalle alla fiamma, lo sguardo ancora acuto fisso nel buio.
All'altro lato del focolare, simile ad un grosso masso, Zothar il Troll dormiva placido.
Dormi dormi, che domani ne abbiamo di strada da fare. Come ieri del resto. E il giorno prima. Dormi tu che puoi. Io sono vecchio, e i vecchi non hanno più bisogno di dormire. Sentono che manca poco al sonno eterno. - Il vecchio cacciatore si girò per sputare nel fuoco, imprecando a bassa voce.
“Ma ti sembrano cose a cui pensare? Per una volta che ti mandano a fare quello che ti riesce meglio?”
Disse a se stesso, bisbigliando. Ed era vero. Per una volta l'arciere si era offerto volontario per una missione, un bando inviato a tutti gli eroi, i perdigiorno e i disperati dell'Impero.
“Per arrivare dove” aveva detto Athoxa II in persona, affacciata al balcone del palazzo “nessun Sauriano è mai giunto prima”.
Spingersi ai confini del mondo conosciuto, al bordo di Ea, lontano a Sud e a Est oltre la Steppa che per secoli era stata il limite del mondo dei Rahonavidi. A Sud e a Est, dove si credeva sorgessero nazioni favolose, dove si diceva che anche il Popolo Sauriano aveva avuto la sua origine. Verso il sole che sorge, dove si era diretto Sarvan per trovare la scala del paradiso di Apsu, e lanciare con gli altri Dèi la Grande Sfida.
- Leggende. Fanfaluche. Guano. La terra è terra, e se c'è terra ci son bestie che pascolano, e mandriani che le guidano, e cacciatori che le mangiano. -
Rakharro non aveva accettato la missione per la gloria, o per la fama. Sapeva bene che il tempo degli Dèi e degli Eroi era passato da un bel pezzo, e aveva già visto più razze strane di ogni altro Sauriano di Ea.
Ma la sella sotto la coda, l'arco in pugno, il vento in faccia, l'odore della libertà e delle tracce ancora non trovate. Quelle erano le cose per le quali aveva vissuto settanta primavere, e quelle per cui avrebbe vissuto tutte le altre che Tanghar e Ishtar gli avrebbero concesso in futuro.
- Settanta primavere. Non sembra vero a dirlo. Lo sciamano della mia tribù morì a sessantasei, e a tutti sembrava vecchio. Per gli Dèi, a me sembrava vecchio il Guercio, all'epoca, che di anni ne aveva quaranta. -
Settanta primavere. E l'ultima stava iniziando prima del normale, lì al Sud, lontano da casa e dal mondo conosciuto. L'inverno lo avevano passato in sella, lui e Zothar. E l'autunno. E anche l'estate.
Era un anno oramai che aveva lasciato l'Impero, ma quella notte si sentì come il giorno che era partito.
E dire che ne avevano passate da quel giorno, lui, un troll e due cavalcature, quasi invisibili nelle distese sconosciute….