Diplomazia Il viaggio di Fianna - Parte III

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Conclusa la breve, seppure indispensabile e ristoratrice permanenza in quel di Centaurestria, Fianna aveva ripreso il cammino verso nord, scortata dal suo fidato guardiano Manwe e dal piccolo drappello di eldar che le aveva assegnato Carnil. A vederla mentre superava il confine somigliava ad un condannato a morte che percorre gli ultimi passi verso il patibolo; scura in volto, gli occhi rivolti alla strada davanti a sé, nessuna voglia di parlare o di trasmettere nient'altro se non fastidio.
Costeggiò le regioni degli Ardenti, senza mettervi piede, raggiungendo la grande strada imperiale sulle rive di Zanjee, terra di scontri nella giustappunto finita guerra. Da lì costeggiò l'oceano, lentamente, fermandosi il meno possibile e sempre distante dai grandi insediamenti. L'ultima notte, poco fuori dalla grande capitale delle arpie, si accamparono in modo da presentarsi in città l'indomani mattina. Fianna era visibilmente contrariata, stanca e provata, ma chiunque la conoscesse sapeva benissimo che quel genere di stanchezza era dovuto a tutt'altro che il viaggio in sé. Non era la fatica a piegare il suo spirito, né la distanza da casa, era l'Impero.
Mille parole e mille parole ancora erano servite a farla ravvedere sul suo modo di comportarsi, su quello che sarebbe stato più giusto fare, e alla fine non era rimasto molto altro che la stanchezza. Per tutto.

Si sedette al fuoco, come aveva fatto molti giorni addietro, nei territori della Confederazione, osservando le fiammelle scoppiettare vivaci. Nei suoi occhi tutta la tristezza che si poteva avere a vent'anni, tutta la disillusione per il futuro. Il sorriso riservato a Gid Lucione, ad Ajani, ai Naga, tutto lasciato al passato come un piacevole ricordo sbiadito nel fumo grigio che saliva al cielo stellato. Manwe guardava la sua Signora affranta senza poter fare molto altro se non pregare Gallean che la aiutasse a vedere una luce nel futuro, spingendola a non cadere vittima della tristezza. Da quando avevano lasciato il Minnonar aveva visto la sua felicità venire erosa, giorno dopo giorno, arrivando quasi ad estinguersi completamente lì, alle porte di quella città maledetta da così tanti da non sembrar neanche più vera. Non c'era meraviglia architettonica, né festone, né mercato che potesse coprire, ai sensi di Fianna, la sensazione d'ingiustizia emanata dalle Arpie. Manwe aprì il suo bagaglio personale tirandone fuori un piccolo violino, comprato nei mercati di Centaurestria nemmeno una settimana prima, sedendosi vicino alla principessa, senza dire niente.

Pizzicò le note, facendo trillare lo strumento, prima di mettersi a suonare una melodia lenta e dolce. Somigliava ad una nenia per i fanciulli, lieve e allegra, ma apparteneva ad una canzone molto triste che la principessa conosceva benissimo. Al solo sentirne le note drizzò le orecchie, guardando Manwe. Lui continuò a suonare e chiuse gli occhi lasciandosi guidare dalla melodia.

« Vola, nel cielo, mio pensiero vola
porta in alto il mio amore,
oltre il tempo, oltre l'aurora,

fa che torni a casa una volta ancora.

Scure le nubi, spente le stelle
l'animo che arde, il cuore ribelle
vidi un soldato marciare in un campo
e pensai d'istinto al suo animo infranto.

Vola, nel cielo, mio pensiero vola
porta in alto il mio amore,
oltre il tempo, oltre l'aurora,
fa che torni a casa una volta ancora.

L'acciaio freddo stretto nella mano,
il calore dell'amore troppo lontano
sentii la pioggia scendere piano
bagnare il mio viso, in un brivido strano.


Dall'alto non veniva né pioggia né vento
ma sul mio petto, scosso dal freddo

un drappo orlato di rosso apparve nel lampo
e in quell'istante compresi soffrendo
che la mia vita finiva quel giorno.

Vola, nel cielo, mio pensiero vola
porta in alto il mio amore,
oltre il tempo, oltre l'aurora,
fa ch'io torni a casa ancora.
Oltre il tempo e oltre l'aurora,
col dovere mio finito,
ch'io possa tornare a casa ancora. »

E assieme a lei anche la piccola scorta si mise a cantare, lentamente, chi con più chi con meno voce, una litania che saliva al cielo senza turbare nessuno tutt'intorno. Il loro era un dolore che avrebbe potuto eludere la maggior parte delle razze, non perché fosse diverso, non perché i loro morti contassero di più, ma perché la loro genia era sull'orlo dell'estinzione. Ogni morte, ogni vita spezzata li avvicinava sempre di più all'ultimo saluto ad Ea, la terra che è, senza lasciar dietro nient'altro che un'eredità costellata dai più orrendi atti. Nonostante l'odio per le Arpie, il disprezzo per il Britannia e l'astio per il Sylvania, Fianna si sentiva sola al mondo, sola nel suo dolore e nella sua profonda incapacità di comprendere gli eventi che le gravitavano attorno. E quella notte non dormì nemmeno, non ne aveva bisogno e voleva restare a guardare le stelle, sperando le portassero consiglio. Quasi Gallean le potesse dire cosa fare, quasi Gallean la potesse sollevare dall'orrore di quel mondo.

Alle prime luci dell'alba si rimisero in cammino, arrivando alle porte di Kyrne Lamiya. Alle guardie dei cancelli, che supponeva sapessero del suo arrivo, mostrò semplicemente i suoi documenti senza dire niente, giusto un semplice cenno del capo, e un sorriso di circostanza. Per il resto del tempo il volto fermo in una espressione indecifrabile, mista di rassegnazione e tristezza inimmaginabile. Avrebbe fatto quello che le era stato chiesto, poi sarebbe andata a combattere al torneo e poi, finalmente, tornata a casa. Non avrebbe mai creduto di poterlo dire ma, per la prima volta in vita sua, avrebbe preferito stare rinchiusa tra le mura domestiche che in quella città. Ovunque ma non a Kyrne Lamiya.

@Silen
(Ultima parte del viaggio di Fianna, per l'anno corrente, che si conclude a Kyrne Lamiya.)
 
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Le porte della città erano in armonia con tutto il resto di Kyrne Lamiya: gigantesche, difese da bastioni enormi e da centinaia di soldati in armatura; non si vedevano Arpie di presidio, era fin troppo evidente che un simile noioso dovere non era di loro gusto e veniva lasciato a membri fidati delle razze soggette ma bastava guardare il cielo per far svanire ogni dubbio sulla loro effettiva presenza. Ora che il sole era alto a migliaia affollavano i cieli, passando da una torre all'altra, calando nelle strade e nelle piazze o da esse ascendendo. Nè le arpie erano la sola presenza in città, umani di ogni razza e professione si affaccendavano per le strade e nei negozi, presi dalle faccende di tutti i giorni.
Le guardie alle porte esaminarono con attenzione le credenziali e i volti dei nuovi arrivati che, si, effettivamente erano attesi ma non per questo furono esentati dai controlli e verifiche del caso. Come spiegò il comandante della guardia (a Manwe, dato che la principessa non sembrava interessata) le "sovrane alate" erano piuttosto intransigenti in materia di sicurezza e sorveglianza; nessuno poteva entrare in città senza sottoporsi a questo immancabile rituale. Terminate le formalità, al gruppo proveniente da Minnonar venne cheisto di attendere ancora un poco l'arrivo di una ein'keth che avrebbe fatto loro da accompagnatrice e scorta durante la loro permanenza in città.

La ein'keth in questione si rivela essere, sorprendentemente, un'elfa. Alta e molto bella, anche per gli standard dei Primogeniti di quella bellezza indefinibile, quasi ultraterrena, degli elfi che hanno vissuto a lungo, i capelli dorati lunghi fino all'altezza delle ginocchia, gli occhi azzurri, vestita in un abito verde e azzurro una sorta di via di mezzo, se si riesce ad immaginarlo, fra un abito da mago e uno da mercante.
A passo sicuro l'elfa si dirige verso Fianna ed il suo seguito sfoggiando un'affascinante sorriso, che pure non arriva a riscaldare gli occhi che restano indecifrabili, impossibili da interpretare.
"Benvenuta, principessa Ambrielle Fianna Elenwen Elensil, benvenuta a Kyrne Lamiya. E benvenuti a voi che fate parte del suo seguito, a nome della Prima e di tutte le Sorelle del Territorio di Caccia. Il mio nome è Francesca Findabair e mi è stato chiesto di essere la vostra guida durante il vostro soggiorno nella capitale; per quanto possibile cercherò di venire incontro ai vostri desideri e necessità."
 

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Manwe si premurò di sbrigare le faccende burocratiche, proprio come aveva fatto in ogni luogo visitato sino a quel momento, lasciando che la principessa si adattasse alla vista della città. Ma soprattutto a quella delle alate che volteggiavano in cielo; tra tutte le cose quella era ciò che la turbava maggiormente. La facevano sentire predata, perennemente sotto lo sguardo incattivito di decine e decine di occhi e ali che la volevano morta. Ovviamente non era così, alla stragrande maggioranza di quelle arpie poco o nulla importava di Fianna, era solo una sensazione, una sensazione sgradevole tra le mille altre che le suscitava Kyrne Lamiya. Una volta completate le procedure certosine, invero quasi puntigliose come quelle dei naga, che in tal senso erano maestri, vennero lasciati ad aspettare. Qualcuno, a detta dei custodi, si sarebbe premurato di accompagnargli all'interno della capitale. Normalmente la principessa sarebbe stata curiosa, quando non entusiasta, ma in quel momento il suo umore era più che grigio, quindi alla vista di Francesca Findabair non si scompose più di tanto.

«Francesca Findabair... mio cugino mi ha parlato di voi. Siete quella dei trattati di pace, l'elfa che trattava a nome di Silene.» la squadrò freddamente, dalla testa ai piedi. Al contrario Manwe e il piccolo nucleo di guardie si inchinarono lievemente, pur in silenzio, a salutare la nuova giunta. L'ostilità di Fianna era palpabile, nonostante fosse encomiabile lo sforzo per trattenersi dal dire cose estremamente scortesi; conoscendola qualcuno avrebbe potuto aspettarsi di sentirla inveire contro la povera ein'keth, rea di aver dato la sua fedeltà alla bandiera sbagliata.
«È bello pensare che abbiano mandato una cugina consapevoli delle difficoltà che avremmo avuto a rapportarci con le vostre padrone.» commentò. E in larga parte voleva seriamente fare un plauso alle alate, con quelle parole, ma non le uscì particolarmente bene.
«Chiamatemi pure Fianna, non sono formale su certe cose.» disse poi. «E cercheremo di recare meno disturbo possibile. Sono qui per conto di mio cugino, desideroso di farmi vedere il... mondo con gli occhi di una arpia.» titubò nel dire quelle parole. «Credo fosse questo il suo intento, quindi cercherò di fare quello che mi ha chiesto e di non sottrarvi ad impegni più impellenti di fare da balia ad una vostra lontana cugina.»
E in quel discorso era stata più che sincera.
«L'unica cosa che vi chiedo, per ora, è di andare in un luogo meno affollato. E in cui non si veda il cielo, se possibile...»
 

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"A volte Silene si perita di affidarmi compiti diplomatici o commerciali sebbene io non sia, per formazione, avvezza a simili attività. Il tempo e la pratica hanno provveduto a colmare i buchi più grossi nella mia preparazione, o almeno spero" se Francesca Findabair aveva notato l'ostilità della principessa, dic erto non lo dava a vedere. Proseguì, la voce allo stesso tono di blanda cortesia, concedendosi solo di inarcare il sopracciglio in segno di educato scetticismo "Vedere il mondo con gli occhi di una arpia? Una impresa quantomai difficile, principessa Fianna. Sebbene persone come Sabrina Glessivig abbiano passato gli ultimi quarant'anni a studiare le Arpie, in realtà non sono andate oltre qualche piccolo lampo di comprensione, qualche sprazzo di luce quà e là su uno sfondo altrimenti nebbioso e incomprensibile. Le arpie semplicemente non ragionano come la maggior parte delle razze e personalmente non ritengo che una vera comprensione reciproca sia possibile; tuttavia entro certi limiti si può trovare un comune punto di dialogo. Nessun disturbo...non dovete preoccuparvi di questo...come ho detto, mi è stato chiesto di occuparmi di voi come questione prioritaria. Il viaggio è stato certamente lungo, desiderate riposare e rinfrescarvi? Mi è stato chiesto di riferirvi che, se lo desiderate, vi sarà riservato un piano in una delle Torri, ma se questo genere di alloggio vi provoca disagio vi sono anche alcune ottime locande." l'elfa scrollò lievemente le spalle come a voler significare che per lei la cosa era del tutto indifferente "Silene desidera che passiate il tempo del vostro soggiorno nella maniera che a voi sembra più gradevole. Per quanto riguarda un luogo al coperto...direi che c'è l'imbarazzo della scelta in effetti. Potreste visitare la biblioteca, o l'accademia di magia oppure...desiderate visitare il teatro? Dovrebbe esserci una rappresentazione proprio questa mattina."
 
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«La torre andrà benissimo. Continuerò a vedere il cielo un poco intasato, ma almeno avrò una bella vista della città.» commentò, passandosi una mano tra i capelli.
«Farò portare le mie cose negli alloggi che mi avete assegnato, allora, nel frattempo possiamo andare a visitare l'accademia di magia.» continuò. «Credo di non avere bisogno di guardie qui a Kyrne Lamiya, quindi indicate pure loro dove recarsi.»
Manwe, a sentire quelle parole, si allarmò cercando di intercedere per far ragionare la principessa, tuttavia lei parve irremovibile. Voleva restare un poco da sola con Francesca e iniziare a parlare di cose lievemente più serie di semplici attrazioni turistiche. Non aveva idea di come introdurre l'argomento ma, supponeva, l'altra si fosse già preparata in tal senso per rispondere a tutte quelle spinose - e ovvie - domande che avrebbe ricevuto.
Una volta persuaso il corpo di guardia, tornò a rivolgersi all'elfa.
«Sono certa che vedere il mondo con gli occhi di una arpia sia quasi impossibile, almeno per me.» iniziò. «Ora che siamo solo in due sarò franca: io sono qui con le migliori intenzioni, ma non posso fare a meno che sentirmi come un pulcino in un nido di serpi affamate.» parlò con sincerità, non aveva motivo di fingere il contrario, del resto nessuno sano di mente si sarebbe potuto avventurare lì dopo quel disastro e pretendere che non fosse successo niente.
«E il motivo ve lo spiego subito: perché avete arrestato - e suppongo anche ucciso, viste le politiche locali - coloro che avevano aiutato la pacificazione di Zanjee durante l'occupazione? Voglio dire, non erano colpevoli di assolutamente niente, la regione è stata perduta perché la vostra armata è stata sconfitta. E ancora, come è che la vostra politica è stata "saccheggia e sfascia qualsiasi cosa" durante la guerra? Almarillan era ridotta ad un colabrodo, Ostgil non esiste più, Sendylimion non ne voglio nemmeno parlare.» e la fermò dal rispondere alzando una mano. «Sto cercando un singolo motivo sensato per cui Carnil, mio cugino, non sia da considerare un perfetto cretino per volersi fidare di Silene. E nel dubbio, la guerra l'avete iniziata voi, quindi non è che questi atti di barbarico vandalismo si possano giustificare dicendo che vi siete sentiti attaccati.»

«E se vi è possibile, cercate di non tirare fuori la solita storiellina del "gli altri l'han fatto prima gne gne gne", qui si parla di centinaia di morti, di una stramaledetta ecatombe. E non me ne frega un cazzo chi ha cominciato, né se le Arpie abbiano fatto il lavaggio del cervello a tutta la gente con cui sono venute in contatto. Io voglio solo sapere se c'è da fidarsi e non posso che faticare assai a fidarmi di gente che ha una cazzo di festa nazionale per gioire dei nostri morti e della nostra sconfitta.»
Era decisamente irritata, ma la sua aggressività non era rivolta a Francesca, di certo. Lo si poteva sentire anche dal tono della voce e dal modo di parlare che quelle sue affermazioni erano semplicemente l'esternarsi di dubbi abbastanza concreti. Non erano accuse, di fatto, erano domande per provare quantomeno a capire il perché di certe follie da parte dell'Impero. Certo, non poste nel modo più diplomatico e corretto possibile, ma erano stati avvertiti riguardo a Fianna.
 

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Francesca Findabair diede a Manwe alcune rapide istruzioni sulla strada per giugnere alla Grande Torre "Una volta raggiunta la torre cheidete alle guardie dell'intendente. E' stato già preavvisato della possibilità del vostro arrivo, si occuperà lui di tutto. E ora, principessa Fianna, se volete seguirmi..."
Le strade di Kyrne Lamiya tradivano chiaramente la crescita rapida e disordinata della città; le Arpie non avendo una vera e propria necessità per vie di terra si erano disinteressate della cosa e la crescita rapida e caotica della capitale aveva portato allo sviluppo di una pianta stradale quantomeno confusa. L'elfa però sembrava muoversi pienamente a suo agio in quel dedalo a cielo aperto. Mentre Fianna parlava Francesca Findabair mantenne una espressione di cortese attenzione senza mostrare risentimento o sconcerto per tanta, assai poco diplomatica, schiettezza. Gli occhi azzurri dell'elfa rimanevano imperscrutabili, come se Fianna stesse fissando uno specchio o meglio ancora una polla d'acqa calma e scura nella quale nemmeno il riflesso della luna trovava spazio.
"Cercherò di rispondere al meglio delle mie conoscenze. I dignitari della città di Ardinul-ghazir che hanno collaborato con gli invasori naga sono stati accusati di tradimento. Agli occhi delle Arpie l'aver aiutato i naga a governare la città significa aver violato la fiducia che era stata riposta in loro. Molti non comprendono che le arpie posseggono un concetto di lealtà e obbedienza molto diverso da quello in voga presso le altre specie. Ai sudditi è richiesto semplicemente di pagare il diritto di esistere e non mettere in pericolo l'ordine pubblico, ma se si sceglie di entrare nell'apparato di governo, a qualsiasi grado, la fedeltà e l'obbedienza richiesta sono assolute. Anche il semplice disattendere a una richiesta può essere, e sarà, considerato un tradimento. Quando ci si lega alle Arpie lo si fa per sempre, principessa, le mezze misure non vengono tollerate." l'elfa inclinò il capo di lato "Permettetemi di ricordarvi che comunque nella storia di Ea elementi locali che abbiano collaborato con un invasore non sono mai stati visti con clemenza, anche nei paesi non governati dalle Arpie. Per tornare ai dignitari della regione di Zanjee...in effetti, no, non sono stati uccisi. Si trovano qui nella capitale, in attesa di essere giudicati."

FRancesca Findabair fece una piccola pausa, poi proseguì "Mi dispiace contraddirvi, principessa Fianna, ma è stato il regno di Minnonar ad attaccare l'Impero nell'ultima guerra. La guerra con gli Ardenti non coinvolgeva nessuna regione del nord e certamente non Minnonar o Carandor. Le vostre forze hanno invaso l'enclave e cercato di assalire la regione in cui sorge Arc-en-Ciel. Le Arpie non avevano alcuna ragione di attaccarvi e non per qualche motivo astratto ma per una mera questione di opportunità. Non hanno mai voluto una guerra su due fronti, che dividesse le loro forze e indebolisse i loro tentativi. Minnonar avrebbe avuto pace per lunghi anni se non avesse deciso di intromettersi in un conflitto che non lo riguardava e dal quale aveva ben poco da guadagnare. Quanto alla distruzione di Ostsgil e la presa di Almarillan, non mi sentirete fare discorsi per giustificare il modo in cui Falka e Ilias hanno condotto la guerra. Confido che anche voi non mi farete discorsi riguardanti l'opportunità di aprire portali dall'Altrove per riversare demoni assassini sulla popolazione civile di Umya. La guerra, principessa Fianna, è una sporca faccenda, da qualunque parte la si guardi e, solitamente, chi si trova in guerra è disposto a qualsiasi cosa pur di prevalere sul suo nemico quindi risparmiamoci l'un l'altra le accuse di crimini di guerra e le scene di virtuosa indignazione, ve ne prego. Mi domandate se potete fidarvi" di nuovo l'elfa scrollò le spalle "E perchè non dovreste? Silene non ragiona in termini di concetti morali, principessa, ma di opportunità e di interessi. Se Minnonar diverrà un alleato di valore, allora sarà nello stesso interesse delle arpie mantenere Minnonar forte e prospero: questa è la migliore garanzia che possiate avere. Ma che gli dei vi salvino se doveste accettare un patto con le arpie e poi tradirlo poichè loro no avranno pace fino a quando non saranno riuscite ad ottenere una sanguinosa vendetta."
 

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Fianna rimase in silenzio per diversi minuti dopo il discorso di Francesca, in bilico tra l'accusarla di essere una povera indottrinata senza pensiero autonomo o il rinfacciarle l'aver chiesto di non citare casi storici per giustificare azioni presenti. Ovviamente non disse niente, conscia che l'elfa non avrebbe mai abbassato la testa e ammesso lo squallore della sua razza - che aveva le ali e certo non discendeva di Gallean - limitandosi a guardare la città rimuginando su che senso potesse avere parlare con quella gente senza dire "sissignore" ad inizio di ogni frase. La faceva sentire incredibilmente a disagio. Alla fine, tuttavia, decise di continuare quella breve diatriba.

«Sì, immagino che tradire la fiducia delle arpie equivalga a morte certa per tutti. Per tutti tranne che per il Britannia a quanto pare.» buttò quell'affermazione così, come niente fosse. «Trovo peculiare che uno dei vostri alleati possa ritirare le truppe dal fronte durante la guerra, cosa che a mio dire è leggerissimamente più passabile di tradimento che normalizzare una città occupata, e passarla liscia. Anzi, a giudicare dalle festività, pare che il Britannia ci abbia pure guadagnato da quella brillante mossa. Del resto Anna Never si sta sposando con uno di loro.» sorrise a Francesca. Un sorriso che aveva lo stesso sapore del vetriolo.
Poi mosse la mano come a scacciare quelle parole astiose.
«Pensavate sul serio di impressionarmi o farmi paura con "non v'azzardate a tradirle"? Pensate che i morti ammazzati non parlino per voialtri? Ho fatto i compiti anche io prima di arrivare qui. Non mi piace essere presa in giro e non mi piace che prendiate in giro la mia gente. Le arpie sono come tutti gli altri, solo con più frecce al proprio arco. Mi piacerebbe per una diamine di volta sentirne parlare come se ne sente parlare di un qualsiasi altro essere sulla faccia di Ea.» guardò Francesca. «E no, non vi chiederò cosa diavolo avete combinato con Lelouch, perché temo che la risposta potrebbe causare più confusione che altro, era giusto per affermare l'inconsistenza di certi discorsi di cui si riempiono la bocca le varie appendici di Silene.» e a quel punto, visibilmente sfogata, era già tornata più calma.

«Per le arpie nessuno è loro pari. E questo l'ho capito e so che non è una cosa negoziabile, quindi facciamo che me la metto via assieme a tutto il resto delle pretese che avrei voluto portare, tipo far chiedere scusa a Silene per essersi comportata da criminale.» schioccò la lingua sul palato. «Del resto mio cugino ha chiesto scusa per cose che non ha commesso, quindi è evidente che si possa anche essere umili qualche volta nella propria - insignificante - esistenza su Ea.»
Arricciò il naso. «Questo detto, la mia irritazione non è rivolta a voi, è rivolta a tutta la situazione. La convivenza con le arpie è quantomai acre e avervi come alleati potrebbe recarci tanto bene quanto male. Io per ora propendo per il male, ma sono venuta qui per vedere quella parte di Impero che non è coperta dai lustrini. Io voglio vedere la verità su di voi prima di farmi un'idea di cosa siate davvero.»

«Carnil si è convinto delle vostre buone intenzioni con le parole, io me ne convincerò coi fatti. Provatemi la necessità di quella festa nazionale indetta a danno e umiliazione del mio popolo, convincetemi che sia intelligente e che non sia denigratoria, e io tornerò nel Minnonar a diffondere il verbo di Silene in prima persona.» si fermò. «Parola di principessa.»
 

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Se Fianna si aspettava di suscitare una reazione, andò delusa.
"Il vostro giudizio è molto indulgente, principessa. Sfortunatamente Calimon e il suo amico mercante sono dei domestici e questo significa che ci si aspettava che sapessero dove doveva risiedere la loro lealtà. Britannia è stata infida durante la guerra, voi mi dite. A maggior ragione dovreste allora capire la sfiducia che le Arpie provano verso i selvatici e la loro delusione quando un domestico dimostra di mancare ai propri doveri."
La voce di Francesca non era cambiata di un'ottava nè l'elfa aveva dato il minimo segno di risentirsi per i discorsi rabbiosi della sua interlocutrice. La massima reazione dell'elfa fu infatti quella di voltarsi a mezzo con un sopracciglio inarcato "Impressionarvi?" Francesca rise piano "Vi assicuro, principessa, che se l'intenzione fosse stata quella di impressionarvi, esistevano modi molto migliori di farlo." E questo fu quanto.

"Permettetemi una domanda, principessa Fianna" riprese l'elfa dopo che Fianna ebbe terminato il suo discorso "perchè siete venuta qui? Badate bene, non lo chiedo in maniera oziosa." Fianna aveva passato molti stati d'animo durante quella conversazione, ma la ein'keth era tale e quale come era quando le due si erano incontrate alle porte della città "È evidente il vostro rancore verso le Arpie. È comprensibile, ma è cosa vi aspettate di ottenere che invece mi è oscuro. Vi comportate come se io avessi il compito di convincervi che le Arpie non siano quei mostri che voi pensiate che siano, ma vi sbagliate. Io sono qui solo per farvi da guida e rispondere alle vostre domande. Posso fare ben poco se le risposte non sono di vostro gradimento o se contraddicono la vostra opinione" l'elfa scrollò le spalle "Se vi fa sentire meglio, potete pensare ciò che preferite. Odiare le Arpie perchè hanno devastato Minnonar non cambierà la situazione, ma fatelo pure se ciò vi aggrada, è una vostra scelta. Affermate di essere qui per vedere la realtà, ma volete davvero vederla?"
 

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Fianna abbassò lo sguardo, decisamente contrariata. Quel modo di fare la indispettiva perché continuare ad evitare le sue domande e a non farle capire assolutamente niente dell'Impero. Si sentiva pesantemente esclusa da quel discorso e ogni sua parola finiva nel vento, ignorata o presa a scherno nel più classico dei modi meridionali. Come le aveva detto chiaramente Gid Lucione non aveva senso, per lei, cercare di affrontare di petto la questione, ma ci aveva comunque voluto provare testarda come era. E aveva fallito, come tutti quanti prima di lei.

«Ho capito l'antifona.» disse, senza quasi più voglia di dire quel che pensava. «Non mi aspettavo di ottenere niente se non una reazione che non fosse fare muro a ogni mia discussione. A voi hanno insegnato probabilmente a ignorare o fregarvene delle cose, o a evitare le domande dirette, ma io mi aspettavo di trovare delle risposte.» si strinse nelle spalle, più delusa che arrabbiata oramai. «Mi avevano redarguito sull'unidirezionalità del vostro modo di pensare, sono stata sciocca e ho provato a vedere se quanto mi era stato detto corrispondeva alla verità... e per quanto mi addolori così è. Non avrò mai le risposte che cerco, se non riesco ad averle da voi che non siete un'arpia, figuriamoci se riuscirò a capire quello che vuole una vera arpia. O se una vera arpia si presterà mai a spiegarmi la ragione dei loro gesti in modo che io la comprenda e la accetti.» e aggiunse in fretta. «Sì, ho capito che la donna di cui mi avete detto il nome prima ci ha provato per quarant'anni bla bla bla, ma è un tantino difficile fidarsi di cuore quando chi dovrebbe esserti amico vede il mondo in bianco e nero, senza mezze misure o compromessi.»
Dette un calcio ad un piccolo sassolino, facendolo rotolare pochi metri più avanti, visibilmente imbronciata.

«Potrò anche sembrarvi stupida, e magari è così, ma una cosa l'ho capita: le Arpie sono la più grande potenza di Ea e non esiste alternativa se non quella di stare dalla loro parte. Posso parlare, disquisire, e avere ragione a livello morale, filosofico, pratico, tecnico e in qualsiasi altro ramo dello scibile terreno, ma comunque alla fine del salmo quello che penso io sapete quanto vale?» la guardò. «Assolutamente niente.»
Continuò a calciare il sassolino, mandandolo avanti mano a mano che procedevano.
«Quindi se tanto mi da tanto, è meglio che io ingolli il rospo come ha fatto Carnil e inizi a pensare a Silene come la mia nuova signora e padrona. Almeno la mia gente non ne risentirà... è questo l'importante.» e quello era il primo momento in cui Francesca poteva vedere il vero volto di Fianna.
«Volete sapere davvero perché sono venuta qui? Perché mi è stato ordinato da mio cugino di venire qui e far bella impressione a Silene. Dimostrarle che il Minnonar vuole esserle amico al punto tale da mandare una principessa, anziché un diplomatico qualsiasi, ad aprire la nuova ambasciata. Quindi eccomi qui, completamente annientata e senza più nessun argomento per difendere la mia causa che non sia "mi dispiace se ho provato a cercare delle risposte anziché dire sissignora alla Prima della Caccia".» e differenza del prima il tono era tutto fuorché alterato. Aveva quella nota di amarezza tipica della rassegnazione.

«Quando tornerò nel Minnonar cercherò di dire alla mia gente che c'è solo futilità nell'esservi avversi e che dovremmo stare tutti dalla vostra parte. Spero che questo, almeno, vi vada a genio e compiaccia Sielene. Oramai mi importa solo di questo.» calciò di nuovo il sassolino.
 

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"Davvero?" chiese l'elfa con appena una punta di ironia "Eppure io non ho udito alcuna domanda, soltanto continue recriminazioni. Voi desiderate delle giustificazioni per degli atti di guerra effettuati contro Minnonar ma non vi interessano gli atti che sono stati compiuti contro la popolazione dell'impero, non volete nemmeno sentirne parlare. Biasimate gli atti aggressivi dell'impero verso gli Ardenti ma sotterfugi come quello dei Centauri che hanno finto un accordo per poi attaccare a tradimento per voi sono legittimi atti di guerra, perfettamente normali, come anche del resto gli assassini tramite la magia. Piangete e gridate vendetta per i morti di Sendylimion, ma non vi interessa sapere delle migliaia di innocenti morti a Umya. Il tutto naturalmente mostrando il massimo disprezzo per chi ha avuto l'incarico di accogliervi e accompagnarvi. Ma se non volete nemmeno ascoltare, come sperate di poter comprendere o accettare? Vostro cugino se non altro è disponibile a mettere una pietra sul passato e a cercare di ripartire da zero."
 

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«Certo che mi dispiace per i vostri caduti, chi ha mai detto il contrario?» la guardò. «E non ho mai cercato giustificazioni per quello che successo a Falka. Chi ha commesso quegli atti è morto e sepolto e con la sua morte viene meno anche il debito morale che questo si porta dietro. Se così non fosse io dovrei scannare voi e voi dovreste scannare me, in una serie finita di stupide ripercussioni.»

«Io non ho mai detto che gli atti dei centauri siano legittimi, voi vi divertite ad infilarmi in bocca parole che non ho mai detto e vi pregherei di evitarlo. Ho tutti i difetti del mondo ma non sono bugiarda né faziosa a differenza di chissà chi altro.» e su quello era abbastanza irremovibile. «Non sono astiosa nei vostri confronti ma di quello che mi avete detto fin'ora e del modo altezzoso in cui l'avete fatto. C'è una bella differenza tra l'avere ragione e il volersi per forza dimostrare superiori, Francesca.»

Si fermò in mezzo alla strada.
«Mi dispiace per Falka.»
«Mi dispiace per Umya.»
«Mi dispiace per il tradimento dei Centauri.»
«Mi dispiace se vi abbiamo attaccato ad Arc-en-Ciel.»
«Mi dispiace se ho pensato che fosse legittimo difendere gli Ardenti.»
«Mi dispiace se il mio popolo ha dato retta al Regno della Tempesta infilandosi nella guerra.»
«Mi dispiace se i nostri ambasciatori sono stati degli inetti imbecilli.»
«Mi dispiace se ho pensato di poter avere anche un briciolo di ragione.»
«Mi dispiace se vi sono sembrata astiosa o se ho messo in discussione qualsiasi cosa abbiate detto fin'ora.»
«Mi dispiace se non ho dimostrato empatia per i vostri caduti, non era mia intenzione mancare di rispetto.»
«Mi dispiace se il mio popolo ha commesso degli errori in passato di cui non si potrà mai liberare.»
«Mi dispiace se non sono in grado di accettare immediatamente ogni cosa che mi viene detta riguardo l'impero.»
«Mi dispiace di non aver capito subito la validità dei vostri argomenti e di non aver compreso il vostro modo di vedere le cose.»
«Mi dispiace. Mi dispiace per tutto quanto.» guardò in basso.
«Un giorno magari ci perdonerete. Io farò la mia parte e ci dimostreremo fedeli a Silene, perché è l'unica scelta sensata da fare. Mi metterò via tutte le mie preoccupazioni e tutti i miei dubbi, tornerò a casa e inizierò a dire alla mia gene quello che devo. Spero solo che questo basti a farvi capire cosa è il Minnonar oggi e cosa sono io.» e a Fianna era costato non poco umiliarsi a quella maniera. Ma oramai non aveva altra possibilità, sentiva di aver sbagliato tutto, che i suoi pensieri non significavano più niente. Avevano vinto loro. Come sempre era e come sempre sarebbe stato.
 

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L'elfa questa volta si fermò a sua volta e si voltò del tutto, guardando Fianna in silenzio per un lungo istante, poi sospirò.
"Principessa, voi non capite. La vostra umiliazione oltre che non necessaria è un gesto che le arpie non chiedono e che comunque non credo che capirebbero. Nè comprenderebbero il concetto di debito morale, almeno non nel senso in cui potremmo intenderlo io e voi. L'unica cosa che vi stò chiedendo è di lasciarvi alle spalle gli episodi della guerra, una volta e per sempre, e guardare avanti. Niente altro. Ma voi sembrate ossessionata dalla guerra e financo dai proclami seguiti al vostro cambio di alleanze e non volete ascoltarmi; preferite invece farmi oggetto del vostro disprezzo. Che sia dunque; ho sopportato di peggio nella mia vita che il disprezzo di una giovane principessa eldar."
Francesca Findabair fece una nuova pausa, più lunga questa volta. Sorprendentemente, voce e portamento rimanevano flemmaticie blandamente cortesi, lo sguardo rimaneva illeggibile. Non c'era da stupirsi se quella donna era stata così spesso impegnata in attività diplomatiche; niente sembrava poterla scuotere.

"Siete qui per un compito in cui non credete e che fate malvolentieri e solo per dare corda a vostro cugino. Siete voi a dirlo, non io. Forse avete fatto un errore a venire e forse vostro cugino ha fatto un errore a cheidervi di sobbarcarvi questo compito. Se volessi veramente recarvi danno, principessa, mi basterebbe portarvi appena possibile ad una udienza con Silene o con qualche altra delle sue Sorelle; il resto sarebbe tutto opera vostra e non occorre essere una ein'keth per capire che fareste tutte le scelte sbagliate e direste soltanto le cose sbagliate. Ma per quanto voi possiate disprezzarmi, resto sempre un elfa e voi eldar, sempre così convinti di essere gli unici ad essere nel giusto, siete ancora nostri e miei parenti, ed è solo per questo che faccio quello che faccio."
L'elfa si allontanò di un paio di passi, poi si voltò di nuovo "Io vi ho accompagnato all'Accademia di Magia della città e li vi ho lasciato. Non abbiamo conversato della guerra nè di alcun argomento di qualsivoglia importanza. Se Silene dovesse cheidermi di voi, risponderò che eravate stanca per il viaggio, che siete ancora sconvolta per quanto accaduto nella Grande Guerra e che non eravate dell'umore per conversare con me, un'elfa traditrice della sua razza; e non avrò detto altro che la verità. Questo vi darà del tempo per riflettere meglio sul compito che vi ha affidato vostro cugino e sulla nostra conversazione. Se domani sarete ancora del medesimo parere, se siete convinta che tutto ciò che avete detto e fatto oggi sia giusto e appropriato allora questo viaggio è inutile, per voi e per noi. Ritornate a nord, principessa, ritornate a casa. Restando qui e comportandovi come avete fatto oggi rechereste solamente danno a vostro cugino, al vostro popolo e a voi stessa. Addio, principessa Fianna e che Gallean vi aiuti, sia che decidiate di rimanere sia che vogliate tornare in patria. Ne avrete un gran bisogno."
Pronunciate queste ultime parole, l'efa si allontanò a grandi passi, senza voltarsi indietro e senza attendere una risposta.
 

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Fianna, umiliata dal fatto che le sue parole non solo non erano state capite, ma persino distorte a piegate al punto tale da sfociare nell'assurdo, rimase immobile a guardare Francesca allontanarsi. Evitò anche di andare all'Accademia, non avrebbe avuto senso, preferì andare nei suoi alloggi e passare lì la notte a riflettere su quello che era successo, cercando di capire il perché di quella forzatura nei suoi confronti, fatta semplicemente per il gusto di prenderla in giro e svilirla. Sapeva di non essere la migliore del mondo in quanto a diplomazia, ma alla fine poteva fare ben poco anche mettendosi di impegno; alle arpie le sue parole non importavano, le aprie non aveva nessun sentimento in tal senso.
Il giorno successivo quindi, dopo una notte insonne passata a guardare il cielo stellato fuori dalla finestra, si recò da sola e senza scorta a chiedere udienza da Silene. Sapeva benissimo cosa doveva dire.
Si fece annunciare senza troppi titoli, attendendo pazientemente di essere ricevuta.
 
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Le guardie della Grande Torre fecero accomodare Fianna in quella che sembrava essere una anticamera, al primo piano dell'edificio, pregandola di attendere mentre un messaggero si incaricava di portare la sua richiesta.
L'attesa fu nel complesso abbastanza breve e la principessa fuaccompagnata ai piani superiori dove si trovava la sala del Trono Alato. L'ascesa paradossalmente richiese quasi più tempo dell'anticamera dato che era necessario ascendere la amstodontica costuzione per buona parte dei suoi duecento metri di altezza. Infine Fianna fece il suo ingresso nel cuore dell'Impero meridionale, la stanza da dove Silene esercitava la sua influenza. Come già era capitato a molti altri prima di lei Fianna avanzò nella sala sotto lo sguardo attento di parecchie altre arpie, intente a commentare nella loro aspra lingua natale la presenza di quella eldar nel sancta sanctorum del Territorio di Caccia.
Sul trono, Silene appariva tranquilla e un pò annoiata, come spesso apapriva agli ambasciatori stranieri; il capo reclinato ad appoggiarsi alla mano destra, l'atteggiamento rilassato, quasi negligente.
"Principessa Fianna. Ho avuto notizia che il tuo colloquio con la mia ein'keth non sia...ah...andato in maniera soddisfacente. Problemi di famiglia, a quanto capisco. A volte la complessità delle relazioni fra voi senz'ali mi sfugge; avrei pensato che ti sarebbe stata gradita la compagnia di una tua simile, per razza." disse la Prima con la sua tipica lieve ironia, confermando a Fianna che Francesca Findabair era stata di parola e non aveva accennato alla discussione avuta con lei il giorno precedente "Suppongo che presto o tardi avresti dovuto incontrarmi comunque, tanto vale che sia ora. Hai la mia attenzione, giovane eldar."
 

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Fianna aveva sentito parlare della sala del trono di Kyrne Lamiya, ma vederla coi suoi occhi era tutt'altra cosa. Non avrebbe saputo dire se le piaceva o meno, ma quello che senz'altro la metteva profondamente a disagio era la presenza massiccia di arpie che, ovviamente, erano lì ad assistere ai vari battibecchi politici dell'impero. Invero non era nemmeno sicura si potesse "dibattere" qualcosa in quelle sale senza venire scannati, ma questo lo avrebbe serbato per un altro giorno, si era già messa nell'ordine di idee di parlare in maniera precisa e concisa, senza più divagare. Senza porsi domande le cui risposte avrebbero solo portato scompiglio in quel groviglio che era la politica di Ea.
L'eldar fece una piccola riverenza lasciando che Silene fisse di parlare. Supponeva che Francesca avesse, magari, detto alla Prima che qualcosa non era andato benissimo, serbandosi però tutta la diatriba relativa all'incomprensione tra quei due mondi. Se da una parte questo la rincuorava, dall'altro la faceva sentire ancora un poco inadatta a rivestire il ruolo di amabasciatrice.

«Ho invero gradito la presenza di Francesca.» iniziò. «È stato un modo gentile di accogliermi e di questo vi ringrazio. Mi ha spiegato alcune cose sull'Impero, tuttavia, quindi non la considererei una totale insoddisfazione; nondimeno ho ritenuto opportuno venire qui e fare un passo aggiuntivo per il benessere dei nostri regni.» fece una breve pausa.
«Sono qui in veste ufficiale per portarvi i saluti di mio cugino, il Principe Carnil, e per rassicurarvi sul fatto che il Minnonar vuole... buttarsi alle spalle i propri trascorsi.» marcò bene quelle parole, memore del giorno precedente. «Immagino vi siano già arrivati i comunicati dell'operato di Carnil in terra natia e spero abbiano trovato il vostro favore. Non penso ci siano più motivi di ostilità, ma solo nemici comuni a nord di cui preoccuparsi, da oggi in poi.»

Fianna fa riferimento ai proclami pubblici di Carnil ivi enunciati a favore delle nuove alleanze: https://forum.sohead.org/index.php?threads/il-principato-del-minnonar.36766/
 

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Non appena Fianna smise di parlare si levò il brusio di decine di voci che commentavano, dibattevano, giudicavano. Per le arpie era normale anche se molti si sentivano a disagio ad essere così apertamente oggetto di discussione in una lingua straniera e da un pubblico che spesso nel migliore dei casi era sprezzante, nel peggiore apertamente ostile.
"Ho sentito qualcosa dei proclami di cui parli" rispose l'arpia in tono noncurante "e ho ricevuto messaggi da Alraune, la mia sorella-vera. Un uomo saggio, il tuo Carnil" Silene sfiorò con la mano il suo fianco destro, con un gesto quasi distratto. Il fianco che era stato trafitto dalla spada d'ombra, alcuni anni prima e per un attimo il suo sguardo si fece lontano.
"Sarei una bugiarda se ti dicessi di non aver odiato la tua parente, Elenwen. Perchè l'ho odiata, profondamente ed appassionatamente, fin da quel giorno mentre giacevo con le membra straziate, sul mio letto di morte. O almeno così alcuni credevano.... e speravano. Forse ti sembra barbaro quello che è stato fatto alla tua cugina, principessa Fianna." Silene non guardava Fianna ora, ma osservava la sua mano destra, sfregando gli artigli del pollice e dell'indice con un lieve rumore di metallo "Forse hai ragione; abbandonarsi alla rabbia è sempre stata una caratteristica delle Sorelle. Eppure se lei non fosse morta, questa pace, questo stesso incontro non sarebbero stati possibili. Non è stato dunque un mero atto di vendetta...o almeno non soltanto. Con lei è stato eliminato il principale fattore che avvelenava i rapporti fra di noi. Io non ho alcun motivo di rancore verso di te, Ambrielle Fianna Eressel Elensil; non porto rancore a te o a tuo cugino come fa Ilias. Non ti accuso della morte di Falka; non ti accuso di quanto ha fatto la precedente regina. Allo stesso modo ti chiedo di dimenticare i tuoi motivi di lagnanza nei nostri confronti, anche quelli che tu credi essere fondati." Silene sogghignò, scoprendo i denti da carnivoro "Oh, lo so che ti chiedo molto: è scritto nei tuoi occhi. Ebbene, nonostante le tue riserve, sei venuta nel nostro impero, nella nostra città. Visitala a tuo piacere e a tua discrezione; il mio Impero non è come i Senzali accecati dalla paura lo descrivono; non incontrerai servitori costretti con la forza a servirci, non incontrerai minoranze oppresse nè religioni proibite o perseguitate. Vi è chi afferma che la nostra Conquista abbia privato i Senzali dei loro legittimi sovrani: io dico che abbiamo portato loro quella pace che tanto desideravano e che da soli non erano in grado di ottenere. E' davvero tanto terribile il mio Impero? Sono davvero così migliori coloro che mi combattono? Migliori come quegli alleati che vi hanno abbandonato? Peggio che abbandonato...ho sentito dire persino che Minnonar fosse stato diviso in zone di influenza e che si aspettava soltanto di spartirlo fra i vostri 'Alleati'. Noi vi offriamo un futuro differente."
 
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«In verità non mi sembra affatto brutto quello che è successo a Elenwen. Magari si può sindacare sulle modalità con cui è stata uccisa, ma di sicuro non sul fatto che se lo meritasse o meno. Per come la vedo io Elenwen sarebbe morta comunque per mano di qualcuno all'interno del Minnonar, aveva sbagliato troppo e troppo a lungo perché le fossero condonate anche solo in minima parte quelle disgrazie.» in effetti ben poco cordoglio o rimpianto si era levato per la dipartita della precedente regina, per motivi assai ovvi a tutti gli eldar.
«Non so se il vostro impero sia terribile come lo millantano oltreconfine, ma col vostro permesso e benestare vorrei rimanere qui per il resto dell'anno occupandomi dell'ambasciata. Manderanno un sostituto per me verso i primi giorni del nuovo anno, ma nel frattempo avrò modo di conoscere il reame delle arpie e tutto quello che vi succede all'interno.» sebbene la cosa non la entusiasmasse particolarmente, in virtù di quanto si era ripromessa e - soprattutto - di tenere la mente aperta ad ogni possibilità, lo avrebbe fatto.
«Purtroppo i nostri vecchi alleati a nord sono stati quantomai tardivi ad aiutarci, dopo che la mia gente è morta a decine per una loro guerra; ma io dico peggio per loro. Da oggi invece che avere un nemico che si ferma ad Arc-en-Ciel lo avranno direttamente alle porte d'Ishitara. È stata una loro scelta, noi ne prendiamo atto e ci affidiamo a chi per noi ha realmente fatto qualcosa, cioè voi e il Duca. Probabilmente Re Stannis e, temo, anche il Carandor avrebbero voluto smembrarci e prenderci per loro, ma noi siamo stati umili e abbiamo fatto ammenda per i nostri errori. Da oggi in poi i nostri nemici sono i vostri nemici e viceversa. E credo di parlare anche a nome di mio cugino quando vi dico che, nonostante il dubbio, fidarsi sia l'unica cosa sensata da fare... se l'ho capito io credo possano capirlo anche tutti gli altri. Col vostro aiuto metteremo fine alla guerra nel nord, presto o tardi.»
 

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"Apprezziamo le tue parole, principessa. Un giorno non lontano il tuo popolo e le mie Sorelle vivranno accanto, in pace. Questa è la promessa che faccio a te e al tuo Carnil"
Silene sorrise nuovamente, le labbra ritratte a scoprire le zanne candide, gli occhi violetti attenti ed inquisitivi "Rimani quanto vuoi, principessa. Sei mia ospite."
 

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Fianna, dopo aver fatto un lieve inchino iniziò a prendere congedo. Non voleva testare la pazienza di Silene più del dovuto: pur avendo detto quello che doveva la sala nel suo complesso la metteva a disagio e prima di allontanava da lì più in fretta si sarebbe potuta rilassare. Il sorriso delle arpie era abbastanza inquietante da non renderlo indesiderabile allo sguardo. Almeno a quello di Fianna, s'intende.
«Di contro posso promettere che il mio popolo sarà giusto e corretto con voi come si è ripromesso d'essere. Prendo congedo, non voglio disturbare ulteriormente; se volete parlarmi non avete che da mandarm ia chiamare, alloggerò nelle stanze che mi avete concesso.» un'altra riverenza. «Buona giornata, Prima della Caccia.»
Che non le piacesse era probabile, ma raramente la politica piace. Più frequentemente il gioco diplomatico si basa sul compromesso e, suo malgrado, la principessa aveva sperimentato di persona quanto poteva essere dura l'idea di scontrarsi con quel mondo. Magari, dopo quel lunghissimo viaggio che era ben lungi dal finire, parte del suo temperamento insofferente e riottoso si sarebbe andato acquietando.
 

Silen

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Silene agitò la destra in un gesto vago, per metà saluto e metà congedo. In qualche modo la Prima appariva divertita da quell'incontro e non lo nascondeva. Le altre arpie conversavano fittamente nella propria lingua ma alcune si scostarono quel tanto che bastava per lasciare a Fianna un corridoio fino all'uscita, così come era avvenuto quando la principessa aveva fatto il suo ingresso nella sala del Trono Alato, per poi richiudersi dietro di lei. Molti sguardi seguirono Fianna, ma nessuna la interpellò direttamente. Per quanto avessero la fama di essere fortemente individualiste, le arpie tendevano a lasciare che una soltanto parlasse negli incontri diplomatici e in particolare nessuna si sarebbe mai azzardata a intervenire quando era la Prima a parlare.
Sulla soglia, Fianna udì nuovamente la voce di Silene
"Quando sarai tornata a casa, principessa, spero che vorrai portare i miei saluti ad Alraune. Mi mancano la sua serenità di giudizio e la sua fede; ma non avrei potuto pensare a nessun'altra Sorella per essere la Residente Imperiale di Minnonar."
 
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