Last Century
Ninja Skilled!
Conclusa la breve, seppure indispensabile e ristoratrice permanenza in quel di Centaurestria, Fianna aveva ripreso il cammino verso nord, scortata dal suo fidato guardiano Manwe e dal piccolo drappello di eldar che le aveva assegnato Carnil. A vederla mentre superava il confine somigliava ad un condannato a morte che percorre gli ultimi passi verso il patibolo; scura in volto, gli occhi rivolti alla strada davanti a sé, nessuna voglia di parlare o di trasmettere nient'altro se non fastidio.
Costeggiò le regioni degli Ardenti, senza mettervi piede, raggiungendo la grande strada imperiale sulle rive di Zanjee, terra di scontri nella giustappunto finita guerra. Da lì costeggiò l'oceano, lentamente, fermandosi il meno possibile e sempre distante dai grandi insediamenti. L'ultima notte, poco fuori dalla grande capitale delle arpie, si accamparono in modo da presentarsi in città l'indomani mattina. Fianna era visibilmente contrariata, stanca e provata, ma chiunque la conoscesse sapeva benissimo che quel genere di stanchezza era dovuto a tutt'altro che il viaggio in sé. Non era la fatica a piegare il suo spirito, né la distanza da casa, era l'Impero.
Mille parole e mille parole ancora erano servite a farla ravvedere sul suo modo di comportarsi, su quello che sarebbe stato più giusto fare, e alla fine non era rimasto molto altro che la stanchezza. Per tutto.
Si sedette al fuoco, come aveva fatto molti giorni addietro, nei territori della Confederazione, osservando le fiammelle scoppiettare vivaci. Nei suoi occhi tutta la tristezza che si poteva avere a vent'anni, tutta la disillusione per il futuro. Il sorriso riservato a Gid Lucione, ad Ajani, ai Naga, tutto lasciato al passato come un piacevole ricordo sbiadito nel fumo grigio che saliva al cielo stellato. Manwe guardava la sua Signora affranta senza poter fare molto altro se non pregare Gallean che la aiutasse a vedere una luce nel futuro, spingendola a non cadere vittima della tristezza. Da quando avevano lasciato il Minnonar aveva visto la sua felicità venire erosa, giorno dopo giorno, arrivando quasi ad estinguersi completamente lì, alle porte di quella città maledetta da così tanti da non sembrar neanche più vera. Non c'era meraviglia architettonica, né festone, né mercato che potesse coprire, ai sensi di Fianna, la sensazione d'ingiustizia emanata dalle Arpie. Manwe aprì il suo bagaglio personale tirandone fuori un piccolo violino, comprato nei mercati di Centaurestria nemmeno una settimana prima, sedendosi vicino alla principessa, senza dire niente.
Pizzicò le note, facendo trillare lo strumento, prima di mettersi a suonare una melodia lenta e dolce. Somigliava ad una nenia per i fanciulli, lieve e allegra, ma apparteneva ad una canzone molto triste che la principessa conosceva benissimo. Al solo sentirne le note drizzò le orecchie, guardando Manwe. Lui continuò a suonare e chiuse gli occhi lasciandosi guidare dalla melodia.
E assieme a lei anche la piccola scorta si mise a cantare, lentamente, chi con più chi con meno voce, una litania che saliva al cielo senza turbare nessuno tutt'intorno. Il loro era un dolore che avrebbe potuto eludere la maggior parte delle razze, non perché fosse diverso, non perché i loro morti contassero di più, ma perché la loro genia era sull'orlo dell'estinzione. Ogni morte, ogni vita spezzata li avvicinava sempre di più all'ultimo saluto ad Ea, la terra che è, senza lasciar dietro nient'altro che un'eredità costellata dai più orrendi atti. Nonostante l'odio per le Arpie, il disprezzo per il Britannia e l'astio per il Sylvania, Fianna si sentiva sola al mondo, sola nel suo dolore e nella sua profonda incapacità di comprendere gli eventi che le gravitavano attorno. E quella notte non dormì nemmeno, non ne aveva bisogno e voleva restare a guardare le stelle, sperando le portassero consiglio. Quasi Gallean le potesse dire cosa fare, quasi Gallean la potesse sollevare dall'orrore di quel mondo.
Alle prime luci dell'alba si rimisero in cammino, arrivando alle porte di Kyrne Lamiya. Alle guardie dei cancelli, che supponeva sapessero del suo arrivo, mostrò semplicemente i suoi documenti senza dire niente, giusto un semplice cenno del capo, e un sorriso di circostanza. Per il resto del tempo il volto fermo in una espressione indecifrabile, mista di rassegnazione e tristezza inimmaginabile. Avrebbe fatto quello che le era stato chiesto, poi sarebbe andata a combattere al torneo e poi, finalmente, tornata a casa. Non avrebbe mai creduto di poterlo dire ma, per la prima volta in vita sua, avrebbe preferito stare rinchiusa tra le mura domestiche che in quella città. Ovunque ma non a Kyrne Lamiya.
@Silen
(Ultima parte del viaggio di Fianna, per l'anno corrente, che si conclude a Kyrne Lamiya.)
Costeggiò le regioni degli Ardenti, senza mettervi piede, raggiungendo la grande strada imperiale sulle rive di Zanjee, terra di scontri nella giustappunto finita guerra. Da lì costeggiò l'oceano, lentamente, fermandosi il meno possibile e sempre distante dai grandi insediamenti. L'ultima notte, poco fuori dalla grande capitale delle arpie, si accamparono in modo da presentarsi in città l'indomani mattina. Fianna era visibilmente contrariata, stanca e provata, ma chiunque la conoscesse sapeva benissimo che quel genere di stanchezza era dovuto a tutt'altro che il viaggio in sé. Non era la fatica a piegare il suo spirito, né la distanza da casa, era l'Impero.
Mille parole e mille parole ancora erano servite a farla ravvedere sul suo modo di comportarsi, su quello che sarebbe stato più giusto fare, e alla fine non era rimasto molto altro che la stanchezza. Per tutto.
Si sedette al fuoco, come aveva fatto molti giorni addietro, nei territori della Confederazione, osservando le fiammelle scoppiettare vivaci. Nei suoi occhi tutta la tristezza che si poteva avere a vent'anni, tutta la disillusione per il futuro. Il sorriso riservato a Gid Lucione, ad Ajani, ai Naga, tutto lasciato al passato come un piacevole ricordo sbiadito nel fumo grigio che saliva al cielo stellato. Manwe guardava la sua Signora affranta senza poter fare molto altro se non pregare Gallean che la aiutasse a vedere una luce nel futuro, spingendola a non cadere vittima della tristezza. Da quando avevano lasciato il Minnonar aveva visto la sua felicità venire erosa, giorno dopo giorno, arrivando quasi ad estinguersi completamente lì, alle porte di quella città maledetta da così tanti da non sembrar neanche più vera. Non c'era meraviglia architettonica, né festone, né mercato che potesse coprire, ai sensi di Fianna, la sensazione d'ingiustizia emanata dalle Arpie. Manwe aprì il suo bagaglio personale tirandone fuori un piccolo violino, comprato nei mercati di Centaurestria nemmeno una settimana prima, sedendosi vicino alla principessa, senza dire niente.
Pizzicò le note, facendo trillare lo strumento, prima di mettersi a suonare una melodia lenta e dolce. Somigliava ad una nenia per i fanciulli, lieve e allegra, ma apparteneva ad una canzone molto triste che la principessa conosceva benissimo. Al solo sentirne le note drizzò le orecchie, guardando Manwe. Lui continuò a suonare e chiuse gli occhi lasciandosi guidare dalla melodia.
« Vola, nel cielo, mio pensiero vola
porta in alto il mio amore,
oltre il tempo, oltre l'aurora,
fa che torni a casa una volta ancora.
Scure le nubi, spente le stelle
l'animo che arde, il cuore ribelle
vidi un soldato marciare in un campo
e pensai d'istinto al suo animo infranto.
Vola, nel cielo, mio pensiero vola
porta in alto il mio amore,
oltre il tempo, oltre l'aurora,
fa che torni a casa una volta ancora.
L'acciaio freddo stretto nella mano,
il calore dell'amore troppo lontano
sentii la pioggia scendere piano
bagnare il mio viso, in un brivido strano.
Dall'alto non veniva né pioggia né vento
ma sul mio petto, scosso dal freddo
un drappo orlato di rosso apparve nel lampo
e in quell'istante compresi soffrendo
che la mia vita finiva quel giorno.
Vola, nel cielo, mio pensiero vola
porta in alto il mio amore,
oltre il tempo, oltre l'aurora,
fa ch'io torni a casa ancora.
Oltre il tempo e oltre l'aurora,
col dovere mio finito,
ch'io possa tornare a casa ancora. »
porta in alto il mio amore,
oltre il tempo, oltre l'aurora,
fa che torni a casa una volta ancora.
Scure le nubi, spente le stelle
l'animo che arde, il cuore ribelle
vidi un soldato marciare in un campo
e pensai d'istinto al suo animo infranto.
Vola, nel cielo, mio pensiero vola
porta in alto il mio amore,
oltre il tempo, oltre l'aurora,
fa che torni a casa una volta ancora.
L'acciaio freddo stretto nella mano,
il calore dell'amore troppo lontano
sentii la pioggia scendere piano
bagnare il mio viso, in un brivido strano.
Dall'alto non veniva né pioggia né vento
ma sul mio petto, scosso dal freddo
un drappo orlato di rosso apparve nel lampo
e in quell'istante compresi soffrendo
che la mia vita finiva quel giorno.
Vola, nel cielo, mio pensiero vola
porta in alto il mio amore,
oltre il tempo, oltre l'aurora,
fa ch'io torni a casa ancora.
Oltre il tempo e oltre l'aurora,
col dovere mio finito,
ch'io possa tornare a casa ancora. »
E assieme a lei anche la piccola scorta si mise a cantare, lentamente, chi con più chi con meno voce, una litania che saliva al cielo senza turbare nessuno tutt'intorno. Il loro era un dolore che avrebbe potuto eludere la maggior parte delle razze, non perché fosse diverso, non perché i loro morti contassero di più, ma perché la loro genia era sull'orlo dell'estinzione. Ogni morte, ogni vita spezzata li avvicinava sempre di più all'ultimo saluto ad Ea, la terra che è, senza lasciar dietro nient'altro che un'eredità costellata dai più orrendi atti. Nonostante l'odio per le Arpie, il disprezzo per il Britannia e l'astio per il Sylvania, Fianna si sentiva sola al mondo, sola nel suo dolore e nella sua profonda incapacità di comprendere gli eventi che le gravitavano attorno. E quella notte non dormì nemmeno, non ne aveva bisogno e voleva restare a guardare le stelle, sperando le portassero consiglio. Quasi Gallean le potesse dire cosa fare, quasi Gallean la potesse sollevare dall'orrore di quel mondo.
Alle prime luci dell'alba si rimisero in cammino, arrivando alle porte di Kyrne Lamiya. Alle guardie dei cancelli, che supponeva sapessero del suo arrivo, mostrò semplicemente i suoi documenti senza dire niente, giusto un semplice cenno del capo, e un sorriso di circostanza. Per il resto del tempo il volto fermo in una espressione indecifrabile, mista di rassegnazione e tristezza inimmaginabile. Avrebbe fatto quello che le era stato chiesto, poi sarebbe andata a combattere al torneo e poi, finalmente, tornata a casa. Non avrebbe mai creduto di poterlo dire ma, per la prima volta in vita sua, avrebbe preferito stare rinchiusa tra le mura domestiche che in quella città. Ovunque ma non a Kyrne Lamiya.
@Silen
(Ultima parte del viaggio di Fianna, per l'anno corrente, che si conclude a Kyrne Lamiya.)
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