Last Century
Ninja Skilled!
«Principessa, una lettera per voi, da casa.» una delle guardie di Fianna reggeva tra le mani un piccolo foglio di pergamena, accuratamente arrotolato, giustappunto arrivato dalla costa. Si trattava di una missiva del Principe Carnil in persona, diretta alla cugina impegnata in un lento ed errabondo giro di Ea. Sapeva di poterla raggiungere vicino al confine con le terre di Centaurestria e, in fretta e furia, aveva fatto recapitare lì il messaggio.
«Immagino vorrà sincerarsi che io non scateni qualche guerra inavvertitamente.» ironizzò, afferrando la lettera e iniziando a leggerla. «Oh... no, sembra che il cugino voglia allungare ancora di più la mia permanenza fuori dal Minnonar.» fece una piccola smorfia indecifrabile, misto tra la soddisfazione di starsene finalmente lontano dalla caoticità di casa e quella di doversi sobbarcare le responsabilità diplomatiche.
Ad una certa strabuzzò gli occhi. «Che? Ma è matto?»
«Prego, Principessa?» domandò la guardia.
«Mio cugino vuole che passiamo da Kyrne Lamya invece di tornare via mare!» non sembrava entusiasta di fare quel tratto aggiuntivo, specie nel cuore dei terreni delle arpie.
«Devo inviare una risposta, signora?» chiese, timidamente, l'eldar.
«No... no lascia stare. Credo di volermi godere l'aria calda del deserto nei prossimi giorni, senza dover pensare alle vicissitudini delle arpie o di chi per loro. Sono venuta qui per incontrare alcuni amici e ricambiare la cortesia di una visita, non mi farò incattivire i giorni a venire pensando dovermi spostare da quelle stronze alate.» sbuffò, accartocciando la lettera e buttandola lontano da sé, dritta dentro il fuoco da campo acceso dai suoi compagni.
«Col dovuto rispetto, mia signora, se dobbiamo passare per i terreni dell'Impero sarebbe bene non utilizzare quei toni. Fidatevi, lo dico per la vostra sicurezza.» cercò, con la timidezza di un infante, di farla tornare alla ragionevolezza.
«So perfettamente questa roba, Manwe. Non sono imbecille sino al punto da fare gaffe di questa portata.» stizzita si avvicinò al fuoco, mettendosi a sedere poco distante, con le mani protese a cercare un minimo di calore dal freddo notturno. «Non senti questa rabbia dentro di te, quando pensi alle arpie? Al loro modo di avere ingerenze su questo mondo, all'essere quello che sono? Io non riesco a vederle nemmeno come persone a volte. Sono mostri, come e peggio dei troll o dei draconici.» inspirò profondamente.
«Perché odiate tanto le arpie, mia signora?» chiese, facendosi vicino, Manwe.
«Hanno fatto del male a tutti quanti noi, è innegabile, ma il vostro odio è qualcosa di più profondo che mi sfugge, perdonatemi se sono poco intuitivo.»
Lei non rispose. Invero non sapeva nemmeno cosa rispondere ad una domanda del genere. Sentiva solamente un sentimento di rabbiosa vendetta arderle dentro come un fuoco inestinguibile, eppure sapeva - razionalmente - che nessuna di quelle creature le aveva mai torto un capello direttamente. Non avrebbe dovuto odiarle, ma invece le odiava. E questo la faceva sentire a disagio, la faceva soffrire in un modo ed una maniera che solamente un altro eldar avrebbe potuto comprendere.
O, magari, nemmeno uno della sua stirpe ci sarebbe potuto riuscire, visto quanto era peculiare Fianna.
La principessa alzò la testa guardando l'eldar, gli occhi privi di una risposta per quella domanda, il cuore empio di uno sconforto che non sarebbe mai riuscita a esprimere a parole.
«Quanto manca da qui a Centaurlot?» chiese a bassa voce.
«Io... credo forse un paio di giorni. Qualcosa meno se ci sbrighiamo.» rispose l'altro.
«Domattina voglio partire alle prime luci dell'alba.»
«Le cose andranno meglio, principessa. Vostro cugino farà quello che deve essere fatto, ne sono sicuro.» provò a confortarla, incerto se fosse il momento opportuno o meno. Principessa o meno Fianna era pur sempre una ragazza nata e cresciuta in uno stato che di sereno e pacifico non aveva mai avuto nulla. Era figlia della sua generazione, figlia della sua gente.
«Tu dici?» tornò a fissare il fuoco. «A volte, la notte penso a questo mondo, a quello che ci aspetta, e vedo solo altro dolore e altra morte all'orizzonte.»
«Perché dite così? Faremo durare la pace in qualche modo...»
«Perché non sono solo le arpie il problema. Le arpie sono il sintomo. Ho paura che non ci sarà mai pace in questo mondo, Manwe e che noialtri, in un modo o nell'altro, saremo sempre costretti a pagarne lo scotto.»
Si strinse nelle spalle, socchiudendo gli occhi. La guardia rimase in silenzio, incapace di trovare le parole per rincuorare la sua signora. Sotto la coltre di ilare fanciullezza si celava una profonda e radicata tristezza dentro Ambrielle, una tristezza che un solo termine avrebbe potuto definire in maniera certosina: elfica. Lei era l'espressione più verace della sofferenza di un popolo silenzioso ridotto all'ombra di se stesso.
«...» provò a dire qualcosa ma le parole le morirono in gola. Alzò la testa a guardare le stelle sperando che la notte portasse via quel suo dolore.
Due giorni dopo, all'ingresso delle mura di Centaurlot.
Fianna si era presentata con la stessa semplicità che aveva riservato alla Confederazione, giusto facendosi avvertire da un breve messaggio prima di apparire alle porte cittadine. Aveva la speranza di vedere i due conoscenti che si erano recati a trovarla nel Minnonar, Ajani in particolare le era rimasto impresso, tanto che chiese direttamente di lui alle guardie dei cancelli.
«Salve a voi, il mio nome è Fianna, vengo dal Regno di Minnonar a trovare i vostri signori.» aveva portato con sé pochi uomini e, fatta eccezione per il Phooaka gnoll che le serviva da cavalcatura, non aveva nulla i troppo appariscente. Certo, aveva portato anche la spada donatale dai centauri stessi, ma era già meno vistosa richiusa al sicuro nel fodero.
«Se potete farmi la cortesia, avvisereste Ajani della mia presenza? Mi piacerebbe salutare sia lui che Basilius.»
@The Pony Killer (Immagina che il gruppetto che accompagna Fianna sia composto da una decina di persone, quasi tutti soldati di scorta con armature leggere e armamento semplice. Se hai bisogno di altre specifiche non esitare a chiedere!)
«Immagino vorrà sincerarsi che io non scateni qualche guerra inavvertitamente.» ironizzò, afferrando la lettera e iniziando a leggerla. «Oh... no, sembra che il cugino voglia allungare ancora di più la mia permanenza fuori dal Minnonar.» fece una piccola smorfia indecifrabile, misto tra la soddisfazione di starsene finalmente lontano dalla caoticità di casa e quella di doversi sobbarcare le responsabilità diplomatiche.
Ad una certa strabuzzò gli occhi. «Che? Ma è matto?»
«Prego, Principessa?» domandò la guardia.
«Mio cugino vuole che passiamo da Kyrne Lamya invece di tornare via mare!» non sembrava entusiasta di fare quel tratto aggiuntivo, specie nel cuore dei terreni delle arpie.
«Devo inviare una risposta, signora?» chiese, timidamente, l'eldar.
«No... no lascia stare. Credo di volermi godere l'aria calda del deserto nei prossimi giorni, senza dover pensare alle vicissitudini delle arpie o di chi per loro. Sono venuta qui per incontrare alcuni amici e ricambiare la cortesia di una visita, non mi farò incattivire i giorni a venire pensando dovermi spostare da quelle stronze alate.» sbuffò, accartocciando la lettera e buttandola lontano da sé, dritta dentro il fuoco da campo acceso dai suoi compagni.
«Col dovuto rispetto, mia signora, se dobbiamo passare per i terreni dell'Impero sarebbe bene non utilizzare quei toni. Fidatevi, lo dico per la vostra sicurezza.» cercò, con la timidezza di un infante, di farla tornare alla ragionevolezza.
«So perfettamente questa roba, Manwe. Non sono imbecille sino al punto da fare gaffe di questa portata.» stizzita si avvicinò al fuoco, mettendosi a sedere poco distante, con le mani protese a cercare un minimo di calore dal freddo notturno. «Non senti questa rabbia dentro di te, quando pensi alle arpie? Al loro modo di avere ingerenze su questo mondo, all'essere quello che sono? Io non riesco a vederle nemmeno come persone a volte. Sono mostri, come e peggio dei troll o dei draconici.» inspirò profondamente.
«Perché odiate tanto le arpie, mia signora?» chiese, facendosi vicino, Manwe.
«Hanno fatto del male a tutti quanti noi, è innegabile, ma il vostro odio è qualcosa di più profondo che mi sfugge, perdonatemi se sono poco intuitivo.»
Lei non rispose. Invero non sapeva nemmeno cosa rispondere ad una domanda del genere. Sentiva solamente un sentimento di rabbiosa vendetta arderle dentro come un fuoco inestinguibile, eppure sapeva - razionalmente - che nessuna di quelle creature le aveva mai torto un capello direttamente. Non avrebbe dovuto odiarle, ma invece le odiava. E questo la faceva sentire a disagio, la faceva soffrire in un modo ed una maniera che solamente un altro eldar avrebbe potuto comprendere.
O, magari, nemmeno uno della sua stirpe ci sarebbe potuto riuscire, visto quanto era peculiare Fianna.
La principessa alzò la testa guardando l'eldar, gli occhi privi di una risposta per quella domanda, il cuore empio di uno sconforto che non sarebbe mai riuscita a esprimere a parole.
«Quanto manca da qui a Centaurlot?» chiese a bassa voce.
«Io... credo forse un paio di giorni. Qualcosa meno se ci sbrighiamo.» rispose l'altro.
«Domattina voglio partire alle prime luci dell'alba.»
«Le cose andranno meglio, principessa. Vostro cugino farà quello che deve essere fatto, ne sono sicuro.» provò a confortarla, incerto se fosse il momento opportuno o meno. Principessa o meno Fianna era pur sempre una ragazza nata e cresciuta in uno stato che di sereno e pacifico non aveva mai avuto nulla. Era figlia della sua generazione, figlia della sua gente.
«Tu dici?» tornò a fissare il fuoco. «A volte, la notte penso a questo mondo, a quello che ci aspetta, e vedo solo altro dolore e altra morte all'orizzonte.»
«Perché dite così? Faremo durare la pace in qualche modo...»
«Perché non sono solo le arpie il problema. Le arpie sono il sintomo. Ho paura che non ci sarà mai pace in questo mondo, Manwe e che noialtri, in un modo o nell'altro, saremo sempre costretti a pagarne lo scotto.»
Si strinse nelle spalle, socchiudendo gli occhi. La guardia rimase in silenzio, incapace di trovare le parole per rincuorare la sua signora. Sotto la coltre di ilare fanciullezza si celava una profonda e radicata tristezza dentro Ambrielle, una tristezza che un solo termine avrebbe potuto definire in maniera certosina: elfica. Lei era l'espressione più verace della sofferenza di un popolo silenzioso ridotto all'ombra di se stesso.
«...» provò a dire qualcosa ma le parole le morirono in gola. Alzò la testa a guardare le stelle sperando che la notte portasse via quel suo dolore.
Due giorni dopo, all'ingresso delle mura di Centaurlot.
Fianna si era presentata con la stessa semplicità che aveva riservato alla Confederazione, giusto facendosi avvertire da un breve messaggio prima di apparire alle porte cittadine. Aveva la speranza di vedere i due conoscenti che si erano recati a trovarla nel Minnonar, Ajani in particolare le era rimasto impresso, tanto che chiese direttamente di lui alle guardie dei cancelli.
«Salve a voi, il mio nome è Fianna, vengo dal Regno di Minnonar a trovare i vostri signori.» aveva portato con sé pochi uomini e, fatta eccezione per il Phooaka gnoll che le serviva da cavalcatura, non aveva nulla i troppo appariscente. Certo, aveva portato anche la spada donatale dai centauri stessi, ma era già meno vistosa richiusa al sicuro nel fodero.
«Se potete farmi la cortesia, avvisereste Ajani della mia presenza? Mi piacerebbe salutare sia lui che Basilius.»
@The Pony Killer (Immagina che il gruppetto che accompagna Fianna sia composto da una decina di persone, quasi tutti soldati di scorta con armature leggere e armamento semplice. Se hai bisogno di altre specifiche non esitare a chiedere!)