l'ho visto ieri sera (in originale)
un film solido, pieno, tecnicamente completo; esaltante a tratti, piacevole dall'inizio alla fine. tuttavia, penso di poter dire che gli manchi la scintilla, un che di freschezza e quel lampo di genialità "à la tarantino", qualità che hanno contraddistinto i suoi film migliori, e persino kill bill. sto parlando innanzitutto di ritmo.
questo, per me, significa che il film non è un capolavoro, pur essendo ottimo e pur avendo una miriade ininterrotta di spunti fenomenali.
ma i dialoghi non sono cosi' irresistibili come in altre occasioni, i personaggi non dicono e non fanno cose inaudite, la narrazione scorre, pianamente, dall'inizio alla fine senza inversioni o soprassalti. i protagonisti sono legati insieme da un'omogeneità qualitativamente altissima, ma forse priva di picchi (l'unico veramente mastodontico, per me, è lo stephen di samuel l. jackson).
dopo un inizio piu' che promettente (la "scuola" di schultz a django e la formidabile scena notturna in cui gli racconta la leggenda di sigfrido), lo spettatore è letteralmente scortato dalla carovana dei personaggi (Candie in carrozza e gli schiavi a piedi) verso Candyland, palcoscenico su cui si consuma il dramma.
il dramma in questione (lo schiavismo) è trattato con sincera partecipazione e senza ricorrere alla lente protettiva del discorso metacinematografico (cosa che contraddistingue, invece, inglorious basterds) ed è una delle cose piu' belle di questo film, ed è incarnato, nei suoi estremi, da king schultz e da stephen.
king schultz (il grande christoph waltz) è il monumento alla civiltà di matrice europea, è "l'altro" necessario a creare la frizione drammatica con lo spirito dominante degli "young americans": è il buon bianco, e il rispetto con cui tratta sia django che sé stesso nei confronti di candie trasuda un'umanità che kurosawa avrebbe riconosciuto e apprezzato.
al suo livello, ma dall'altra parte, io metto stephen (un samuel l. jackson commovente): lui è il personaggio piu' tragico del film, e lo recita con un'ispirazione geniale. il suo modo di essere "il buon negro" sottomesso (tanto da giustificare la frenologia di candie) lo rende odioso e profondissimo. è come un cane da guardia (compreso il suo modo di stare accanto al padrone) ed è piu' cattivo dei bianchi: 75 anni di schiavitu' l'hanno reso un uomo rivoltante, il monumento alla codardia e una critica coraggiosa ai neri che non hanno mai alzato il braccio contro il padrone, come i cani piu' mansueti.
il film insomma è concettualmente ricco, tecnicamente ineccepibile (un western "politico" senza i grandi cieli aperti né il mito della frontiera, ma tutto calato nelle comiche/drammatiche vicissitudini dei protagonisti umani, gli "attori della Storia") e conoscendo la poetica del regista sarebbe possibile scriverci sopra una tesi; ma se restiamo a un livello piu' "istintivamente" cinematografico, e anche qui perché conosciamo il regista, penso si possa dire che il film è fin troppo elegantemente piano, e dico troppo perché stiamo parlando di tarantino.
insomma, diverte e compiace, ma non stupisce. è il primo film in cui tarantino non sperimenta ma si accontenta di raccontare una vicenda potente e sinfonicamente equilibrata.
comunque lo rivedro', e magari fuori degli orari d'ufficio potro' scriverne di nuovo, e piu' estesamente.