Mikhail Mengsk
MSPAINT OVERTYRANT
MORTE DI UN'ARMATA
La battaglia era partita male. Avevano ricevuto dal comando la notizia che la loro avanzata sarebbe stata supportata da vicino da un intero stormo di attacco al suolo, ma qualcuno ai piani alti non aveva considerato un fattore tutt'altro che secondario: l'aviazione nemica.
Della battaglia aerea che aveva infuriato per due ore sopra le loro teste avevano visto poco: puntini appena visibili che si incrociavano ad alta quota, le scie dei traccianti, le fiammate delle esplosioni, gli occasionali aerei che precipitavano al suolo nelle vaste pietraie che stavano attraversando. Quasi tutti dei loro.
Il giorno dopo, erano arrivati i CAS e i Bombardieri del nemico. Una volta cancellata l'opposizione in aria, erano liberi di vomitare su di loro il loro carico di morte. Bombe a caduta libera, bombe a grappolo, missili, razzi, mitragliamenti a bassa quota: tutto il campionario. Per tre giorni i soldati di Bakkalon erano avanzati nella provincia, subendo perdite ad ogni chilometro.
Gli eroi della 13° Brigata Antiaerea avevano provato a difenderli. Ad ogni raid, gli aerei nemici venivano accolti dai letali sbuffi dei proiettili esplosivi, inseguiti dagli insidiosi missili a ricerca termica. Anche loro avevano ricevuto la loro dose di perdite: gli agili CAS spesso scendevano di quota per cercare di annullare la capacità AA dell'armata che arrancava sotto di loro, prendendo di mira i mezzi antiaerei della Brigata. L'avevano dimezzata di numero, ma avevano pagato cara quella tattica: attorno ad ogni postazione antiaerea provvisoria che si erano lasciati dietro c'erano i relitti di almeno un paio di CAS.
Nonostante il sacrificio dell'antiaerea, le perdite erano orribili. Degli orgogliosi, e intatti, 8 Reggimenti d'Assalto e 2 Reggimenti Corazzati che avevano lasciato i confini della Teocrazia, ne rimanevano operativi solo l'equivalente della metà esatta. Quasi 6000 perdite, inclusi decine di tank Crusader M2110, decine di mechwarrior Sarcophagus I7, centinaia di APC e mezzi della logistica.
Malcolm Jergens, capitano dell'esercito dei Figli di Bakkalon, si rannicchiò al suolo mentre le bombe recapitate dall'ennesimo bombardamento da alta quota esplodevano tra le fila della compagnia di cui faceva parte. Attese qualche secondo dopo l'impatto dell'ultimo ordigno, poi tornò ad alzarsi. Raggruppò quel che restava del plotone che comandava e lo spronò a proseguire la marcia.
Dopo giorni di martellamento al quale non avevano potuto opporre che una stoica resistenza, finalmente oggi avrebbero incontrato il nemico, e non vedevano l'ora di affrontarlo. Tre chilometri circa più avanti rispetto alla loro posizione, le linee nemiche stavano assaggiando la medicina somministratagli dalle batterie da sfondamento di più Reggimenti messi insieme. Intorno a loro, i Crusader e i Sarcophagus martellavano ogni bersaglio visibile mentre avanzavano, con gli APC dietro carichi di soldati. Il nemico rispondeva caparbiamente, ma stava già cedendo. I cecchini prendevano di mira gli artiglieri dietro i pezzi anticarro ad alta velocità, mentre la fanteria avanzava allo scoperto sfruttando il fuoco di copertura dell'artiglieria che sconvolgeva le linee nemiche.
Ad un chilometro dal contatto, un boato assordante sollevò Malcolm da terra, scagliandolo in aria come una bambola di stracci colpita con un calcio da un giocatore di calcio professionista. L'impatto col terreno, dieci metri più avanti, espulse il poco fiato che gli restava fuori dal torace. Completamente rintronato, si tirò a sedere cercando di capire che diavolo era successo. La risposta si trovava davanti ai suoi occhi: immani esplosioni stavano sconvolgendo l'intero cuneo d'attacco, scagliando in aria soldati e sventrando mezzi corazzati. Sotto gli impatti multipli, l'intero fronte rallentò la carica, poi tornò ad accelerare, sperando di togliersi in fretta dalla killzone.
Artiglieria pesante. Il nemico li aveva inquadrati alla perfezione, e li avrebbe fatti a pezzi se non fossero arrivati a contatto con le linee nemiche il prima possibile. Con gli orecchi che ancora fischiavano, Malcolm ringraziò la corazza antischegge che aveva assorbito la maggior parte del danno e si mise ad urlare al suo plotone.
O quello che ne rimaneva. Brent, Elkmann e Waynwood erano svaniti, semplicemente svaniti. Pezzi di carne grondante sangue erano disseminati in un raggio di decine di metri a partire dal cratere scavato da uno dei proiettili del nemico. Non c'era tempo di piangerli e nemmeno di riconfigurare lo schema d'attacco. Malcolm Jergens si limitò a scrollare i suoi uomini per il flak-jacket, spingendoli avanti, ancora avanti. Coprirono le ultime centinaia di metri avanzando a scaglioni, coprendo di corsa lo spazio fra le varie coperture: cespugli spinosi, grossi massi, fosse silicee. Il mortaio era andato con Brent ed Elkmann, la mitragliatrice venne falciata da un cannoncino a tiro rapido durante l'assalto conclusivo. Jergens e i superstiti del suo plotone assalirono le posizioni nemiche con bombe a mano e fucili d'assalto. Dietro di loro, la massa corazzata e meccanizzata della forza d'attacco irruppe allo stesso modo nelle linee nemiche.
Il nemico vacillava, veniva spazzato via dalla massiccia concentrazione di fuoco, si ritirava. I Figli di Bakkalon li inseguivano, allargando la falla, premendo in avanti, impedendo al nemico di riorganizzarsi. Annientarono tutto quello che si trovava di fronte, ma i nemici continuavano ad affluire. Era chiaramente uno schema difensivo profondo, pensato per logorare l'avversario e avvilupparlo grazie alla superiorità numerica. Prima dell'attacco, i comandanti avevano detto che il nemico sarebbe stato numericamente preponderante, forse in un rapporto di 3 a 1. Dopo i bombardamenti aerei, quel rapporto poteva essere diventato di 5 o 6 a 1.
Non faceva nessuna differenza: se si fossero fermati, l'artiglieria nemica li avrebbe macellati comunque. Meglio avanzare; meglio portarseli tutti dietro con sé, al costo di venire accerchiati e distrutti fino all'ultimo APC e fino all'ultimo fante. Al diavolo. Bakkalon avrebbe accolto con tutti gli onori i suoi figli martiri. Vide persino i mezzi antiaerei farsi avanti e sparare a tutto spiano. Dalle posizioni dell'artiglieria di supporto si alzavano colonne di fumo e di fuoco: controbatteria nemica, oppure l'inevitabile aggiramento delle forze corazzate nemiche. Non importava.
Continuarono a sparare, ad avanzare. Alla fine, dopo quattro ore di massacro, il cuneo d'assalto terminò la propria doomsday run impattando contro le riserve nemiche. Uno dopo l'altro, i Crusader e i Sarcophagus vennero messi fuori combattimento. Vide uno dei mechwarrior ingaggiarne due nemici avanzando disperatamente, sparando ad un nemico col railgun principale, tenendo occupato l'altro con i razzi e con il cannoncino a tiro rapido. Mise fuori uso un avversario, ma venne crivellato di colpi. Il suo pilota forse compì un ultimo, estremo tentativo di tenere in piedi il gigante colpito mortalmente; oppure ai comandi c'era solo uno scheletro divorato dal calore. In ogni caso, l'ostinato robot da combattimento rimase ad ergersi in mezzo al fumo e ai crateri, attirandosi addosso altro fuoco nemico.
Jergens espulse un altro caricatore dal fucile d'assalto, ne inserì un altro, l'ultimo. Accanto a lui rimanevano solo 5 soldati dei 20 iniziali. Thornton, assaltatore, corazza antischegge perforata alla spalla sinistra, al fianco destro, stringeva in mano la pistola d'ordinanza e cercava di non svenire per la perdita di sangue. Il medic era morto mezz'ora prima, o forse una intera era geologica prima. Fowler, fucile pesante con lanciagranate, sparava verso una ennesima postazione nemica. Blaine, Anderson e Smalwood restavano al coperto dietro la carcassa di un APC sventrato dagli ATGM nemici, inchiodati dal fuoco incrociato di due nidi di mitragliatrice.
Pochi secondi dopo, udì l'intercom gracchiare la loro sentenza di morte: contrattacco nemico. Si sporse a malapena dal riparo, diede una rapida occhiata, tornò al coperto. Almeno cinquanta tank nemici e una ventina di mechwarrior avanzavano sul suolo torturato dalle esplosioni. Intorno a loro sciamava un numero imprecisato di soldati. I proiettili dell'artiglieria leggera nemica iniziavano già a piovere fra gli sparuti ranghi degli ex-assalitori, ora assaliti a loro volta.
Capolinea. Nessuna possibilità di resistere, nessuna via di fuga.
Come a confermare il suo pensiero, Fowler venne centrato al volto da un proiettile nemico, e l'APC dietro al quale si riparavano Blaine, Anderson e Smalwood veniva spazzato via da una salva di razzi. E loro con esso. Thornton, accanto a lui, aveva infine perso i sensi.
Jergens mandò mentalmente i suoi saluti ai suoi, mise il colpo in canna, uscì allo scoperto sparando, combattendo. Una raffica ad alzo zero lo inchiodò immediatamente, lo scagliò indietro, sangue e brandelli di corazza che volteggiavano nell'aria già ingolfata dalla cenere, dal fumo. I soldati nemici oltrepassarono il suo cadavere senza degnarlo di un'occhiata, proseguirono oltre, ad annientare il resto della sfortunata armata "Martello degli Empi".
La battaglia era partita male. Avevano ricevuto dal comando la notizia che la loro avanzata sarebbe stata supportata da vicino da un intero stormo di attacco al suolo, ma qualcuno ai piani alti non aveva considerato un fattore tutt'altro che secondario: l'aviazione nemica.
Della battaglia aerea che aveva infuriato per due ore sopra le loro teste avevano visto poco: puntini appena visibili che si incrociavano ad alta quota, le scie dei traccianti, le fiammate delle esplosioni, gli occasionali aerei che precipitavano al suolo nelle vaste pietraie che stavano attraversando. Quasi tutti dei loro.
Il giorno dopo, erano arrivati i CAS e i Bombardieri del nemico. Una volta cancellata l'opposizione in aria, erano liberi di vomitare su di loro il loro carico di morte. Bombe a caduta libera, bombe a grappolo, missili, razzi, mitragliamenti a bassa quota: tutto il campionario. Per tre giorni i soldati di Bakkalon erano avanzati nella provincia, subendo perdite ad ogni chilometro.
Gli eroi della 13° Brigata Antiaerea avevano provato a difenderli. Ad ogni raid, gli aerei nemici venivano accolti dai letali sbuffi dei proiettili esplosivi, inseguiti dagli insidiosi missili a ricerca termica. Anche loro avevano ricevuto la loro dose di perdite: gli agili CAS spesso scendevano di quota per cercare di annullare la capacità AA dell'armata che arrancava sotto di loro, prendendo di mira i mezzi antiaerei della Brigata. L'avevano dimezzata di numero, ma avevano pagato cara quella tattica: attorno ad ogni postazione antiaerea provvisoria che si erano lasciati dietro c'erano i relitti di almeno un paio di CAS.
Nonostante il sacrificio dell'antiaerea, le perdite erano orribili. Degli orgogliosi, e intatti, 8 Reggimenti d'Assalto e 2 Reggimenti Corazzati che avevano lasciato i confini della Teocrazia, ne rimanevano operativi solo l'equivalente della metà esatta. Quasi 6000 perdite, inclusi decine di tank Crusader M2110, decine di mechwarrior Sarcophagus I7, centinaia di APC e mezzi della logistica.
Malcolm Jergens, capitano dell'esercito dei Figli di Bakkalon, si rannicchiò al suolo mentre le bombe recapitate dall'ennesimo bombardamento da alta quota esplodevano tra le fila della compagnia di cui faceva parte. Attese qualche secondo dopo l'impatto dell'ultimo ordigno, poi tornò ad alzarsi. Raggruppò quel che restava del plotone che comandava e lo spronò a proseguire la marcia.
Dopo giorni di martellamento al quale non avevano potuto opporre che una stoica resistenza, finalmente oggi avrebbero incontrato il nemico, e non vedevano l'ora di affrontarlo. Tre chilometri circa più avanti rispetto alla loro posizione, le linee nemiche stavano assaggiando la medicina somministratagli dalle batterie da sfondamento di più Reggimenti messi insieme. Intorno a loro, i Crusader e i Sarcophagus martellavano ogni bersaglio visibile mentre avanzavano, con gli APC dietro carichi di soldati. Il nemico rispondeva caparbiamente, ma stava già cedendo. I cecchini prendevano di mira gli artiglieri dietro i pezzi anticarro ad alta velocità, mentre la fanteria avanzava allo scoperto sfruttando il fuoco di copertura dell'artiglieria che sconvolgeva le linee nemiche.
Ad un chilometro dal contatto, un boato assordante sollevò Malcolm da terra, scagliandolo in aria come una bambola di stracci colpita con un calcio da un giocatore di calcio professionista. L'impatto col terreno, dieci metri più avanti, espulse il poco fiato che gli restava fuori dal torace. Completamente rintronato, si tirò a sedere cercando di capire che diavolo era successo. La risposta si trovava davanti ai suoi occhi: immani esplosioni stavano sconvolgendo l'intero cuneo d'attacco, scagliando in aria soldati e sventrando mezzi corazzati. Sotto gli impatti multipli, l'intero fronte rallentò la carica, poi tornò ad accelerare, sperando di togliersi in fretta dalla killzone.
Artiglieria pesante. Il nemico li aveva inquadrati alla perfezione, e li avrebbe fatti a pezzi se non fossero arrivati a contatto con le linee nemiche il prima possibile. Con gli orecchi che ancora fischiavano, Malcolm ringraziò la corazza antischegge che aveva assorbito la maggior parte del danno e si mise ad urlare al suo plotone.
O quello che ne rimaneva. Brent, Elkmann e Waynwood erano svaniti, semplicemente svaniti. Pezzi di carne grondante sangue erano disseminati in un raggio di decine di metri a partire dal cratere scavato da uno dei proiettili del nemico. Non c'era tempo di piangerli e nemmeno di riconfigurare lo schema d'attacco. Malcolm Jergens si limitò a scrollare i suoi uomini per il flak-jacket, spingendoli avanti, ancora avanti. Coprirono le ultime centinaia di metri avanzando a scaglioni, coprendo di corsa lo spazio fra le varie coperture: cespugli spinosi, grossi massi, fosse silicee. Il mortaio era andato con Brent ed Elkmann, la mitragliatrice venne falciata da un cannoncino a tiro rapido durante l'assalto conclusivo. Jergens e i superstiti del suo plotone assalirono le posizioni nemiche con bombe a mano e fucili d'assalto. Dietro di loro, la massa corazzata e meccanizzata della forza d'attacco irruppe allo stesso modo nelle linee nemiche.
Il nemico vacillava, veniva spazzato via dalla massiccia concentrazione di fuoco, si ritirava. I Figli di Bakkalon li inseguivano, allargando la falla, premendo in avanti, impedendo al nemico di riorganizzarsi. Annientarono tutto quello che si trovava di fronte, ma i nemici continuavano ad affluire. Era chiaramente uno schema difensivo profondo, pensato per logorare l'avversario e avvilupparlo grazie alla superiorità numerica. Prima dell'attacco, i comandanti avevano detto che il nemico sarebbe stato numericamente preponderante, forse in un rapporto di 3 a 1. Dopo i bombardamenti aerei, quel rapporto poteva essere diventato di 5 o 6 a 1.
Non faceva nessuna differenza: se si fossero fermati, l'artiglieria nemica li avrebbe macellati comunque. Meglio avanzare; meglio portarseli tutti dietro con sé, al costo di venire accerchiati e distrutti fino all'ultimo APC e fino all'ultimo fante. Al diavolo. Bakkalon avrebbe accolto con tutti gli onori i suoi figli martiri. Vide persino i mezzi antiaerei farsi avanti e sparare a tutto spiano. Dalle posizioni dell'artiglieria di supporto si alzavano colonne di fumo e di fuoco: controbatteria nemica, oppure l'inevitabile aggiramento delle forze corazzate nemiche. Non importava.
Continuarono a sparare, ad avanzare. Alla fine, dopo quattro ore di massacro, il cuneo d'assalto terminò la propria doomsday run impattando contro le riserve nemiche. Uno dopo l'altro, i Crusader e i Sarcophagus vennero messi fuori combattimento. Vide uno dei mechwarrior ingaggiarne due nemici avanzando disperatamente, sparando ad un nemico col railgun principale, tenendo occupato l'altro con i razzi e con il cannoncino a tiro rapido. Mise fuori uso un avversario, ma venne crivellato di colpi. Il suo pilota forse compì un ultimo, estremo tentativo di tenere in piedi il gigante colpito mortalmente; oppure ai comandi c'era solo uno scheletro divorato dal calore. In ogni caso, l'ostinato robot da combattimento rimase ad ergersi in mezzo al fumo e ai crateri, attirandosi addosso altro fuoco nemico.
Jergens espulse un altro caricatore dal fucile d'assalto, ne inserì un altro, l'ultimo. Accanto a lui rimanevano solo 5 soldati dei 20 iniziali. Thornton, assaltatore, corazza antischegge perforata alla spalla sinistra, al fianco destro, stringeva in mano la pistola d'ordinanza e cercava di non svenire per la perdita di sangue. Il medic era morto mezz'ora prima, o forse una intera era geologica prima. Fowler, fucile pesante con lanciagranate, sparava verso una ennesima postazione nemica. Blaine, Anderson e Smalwood restavano al coperto dietro la carcassa di un APC sventrato dagli ATGM nemici, inchiodati dal fuoco incrociato di due nidi di mitragliatrice.
Pochi secondi dopo, udì l'intercom gracchiare la loro sentenza di morte: contrattacco nemico. Si sporse a malapena dal riparo, diede una rapida occhiata, tornò al coperto. Almeno cinquanta tank nemici e una ventina di mechwarrior avanzavano sul suolo torturato dalle esplosioni. Intorno a loro sciamava un numero imprecisato di soldati. I proiettili dell'artiglieria leggera nemica iniziavano già a piovere fra gli sparuti ranghi degli ex-assalitori, ora assaliti a loro volta.
Capolinea. Nessuna possibilità di resistere, nessuna via di fuga.
Come a confermare il suo pensiero, Fowler venne centrato al volto da un proiettile nemico, e l'APC dietro al quale si riparavano Blaine, Anderson e Smalwood veniva spazzato via da una salva di razzi. E loro con esso. Thornton, accanto a lui, aveva infine perso i sensi.
Jergens mandò mentalmente i suoi saluti ai suoi, mise il colpo in canna, uscì allo scoperto sparando, combattendo. Una raffica ad alzo zero lo inchiodò immediatamente, lo scagliò indietro, sangue e brandelli di corazza che volteggiavano nell'aria già ingolfata dalla cenere, dal fumo. I soldati nemici oltrepassarono il suo cadavere senza degnarlo di un'occhiata, proseguirono oltre, ad annientare il resto della sfortunata armata "Martello degli Empi".