Ci è oscuro il motivo per cui un regno lontano e che non ha competenze nè interessi nè diritti nè sul Libano nè su altre terre, si senta in dovere di mandare un ultimatum. Ci viene rinfacciato di non aver rispettato un trattato da noi concesso con magnanimità e dai cristiani non rispettato, giacchè è tra i cristiani che si nasconde il vile ladro senza Dio nè Onore che impedì, nascostamente o con un bieco accordo con i propri correligionari, il rispetto della pace che NOI avevamo proposto, non certo l'arrogante regno di Spagna, che ripetiamo, non ha diritti nè insegne da difendere in Libano e in tutta l'Asia.
I regni che hanno formato questo regno di Spagna, contribuirono essi stessi alla distruzione recata seco dalle crociate, e oggi ci chiede di rinunciare al nostro giusto risarcimento, nonostante le nostre rassicurazioni su Gerusalemme, che avremmo potuto radere al suolo e che non abbiamo voluto toccare, per rispetto verso il nemico e le sue credenze, nonostante la magnanimità e l'equilibrio con cui presa Antiochia, dove gli invasori avevano trovato rifugio, invece che non lasciare pietra su pietra l'abbiamo restituita alla cristianità, quando sarebbe stato nostro diritto di guerra tenerla.
Per così tante gravi ed evidenti ragioni ci vediamo ovviamente costretti a non trarre alcuna conseguenza pratica dalla lettura di questo ultimatum.
Dopo la restituzione senza richieste di Simone di Taranto, onde inoppugnabilmente rendere nota una volta di più la volontà di pace che anima il Seljuk, evvidentemente più di altri, offriamo a suggello di questa nuova pace, la vita di Raimondo di Tiro e della sua famiglia, legittimi prigionieri di guerra, giacchè le forze di Raimondo si portarono sotto Edessa per dare battaglia assieme a quelel degli altri invasori, con la perdita del suo regno Raimondo quindi, paga colpe parzialmente sue a cui i suoi amici non sono riusciti a porre rimedio, ma riteniamo che non sia necessario che paghi con la vita.
Aleikum Salaam e che il giudizio torni, finalmente, nelle case dei re.