il film del trio romano era uscito al cinema a gennaio, e complice una polemica coatta con la rivista rolling stone, la critica l'ha snobbato, e anche i fedelissimi della rete l'hanno abbandonato nelle poche sale in cui è stato proiettato.
ora è su altadefinizione, e l'altra sera l'ho visto.
peccato, è un filmetto scarso e spesso imbarazzante, che inizia come una serie televisiva (?) e tra uno sketch scollegato e l'altro si presta ai più banali e squallidi stilemi del cinema giovanilista: il bacio nella fontana (con degli incomprensibili fuochi d'artificio a incorniciare l'uso del dolly e della musica indierock extradiegetica), la pedalata ligabuiana in bicicletta, la retorica più banale dell'amicizia.
l'idea di dividere la trama in tre filoni riguardanti i tre protagonisti, ciascuno alle prese coi propri problemi di neotrentenne (il lavoro, il confronto con un padre troppo in, il rifiuto di diventare adulti) era semplice ma buona, eppure si perde entro l'ora di film, sommersa dal susseguirsi di gag e sketch talvolta divertenti, ma troppo isolati e mal collegati con la suddetta idea complessiva. il risultato è un film di un'ora e diciotto minuti, che in quanto a struttura sta in piedi a fatica, e in quanto a forma provoca a tratti quella che gli spagnoli chiamano vergüenza ajena.
sembra che i the pills abbiano voluto fare un film ecumenico per giovani tra i 15 e i 35 anni, arrivando però cortissimi, e risultando purtroppo patetici e privi di capacità cinematografica, privi di quella cattiveria che generalmente affiora nei corti su youtube. si salvano solo alcuni passaggi, certe sequenze e poche gag: troppo poco per promuovere il film. mi sembra il caso che tornino a fare sketch di pochi minuti in rete, o che si reinventino altrimenti: la formula del trio comico al cinema ha fatto indubbiamente cilecca.
curiosità (personale): a inizio film le voci fuori campo introducono lo spettatore nel passato, anno 1994. la soluzione adottata, "l'anno in cui berlusconi vinse le elezioni, l'anno in cui perdemmo i mondiali, ecc." ricalca in modo quasi identico l'introduzione del mio "Edipo a tre" del 2011, che Valchiria tentò di disegnare con esiti più che incoraggianti
avremmo dovuto portarlo avanti.