Film Revenant

Mourinho

Get a life
Fantacalciaro
Ho visto sta sera Revenant. Scene e sequenze capolavoro ma in mezzo un po troppo lento per i miei gusti (e a me i film lenti piacciono).
 
The-revenant-2.jpg



Visto ieri.
Recensione in breve: come the martian, ma non fa ridere.

La scelta della locandina qui su non è casuale. Baci <3
 

Ostrègone

GIF MASTER
Fantacalciaro
Mi son reso conto, uscendo dalla sala, che già anni fa l'avevo visto...in questa versione. :aranciata:
Comunque per non citare il solito ottimo lavoro di Di Caprio, Tom Hardy è un grande, sì.
Bravo anche Lubezki alla fotografia, in qualche inquadratura sembrava di rivedere il suo lavoro in "The New world" di Malick.

@Mersault 5 Mers, perché non sposti qui i post sul film presenti nel topic degli Oscar? :sisi:
 

Mersault l'Apostata

Chosen one
Fantacalciaro
l'ho visto, e m'è piaciuto abbastanza. senz'altro il miglior film di iñarritu, paradossalmente il più asciutto, il più equilibrato, il meno compiaciuto, o forse quello in cui il compiacimento di sé è inquadrato nel modo più armonioso nell'economia del film. la semplicità della storia, e la grandiosità dei luoghi filmati, che parlano per il film più di qualunque congegno narrativo, permettono all'autore messicano di non esagerare nei virtuosismi, restando incollato al respiro del protagonista e inserendolo al contempo, grazie alla splendida fotografia di lubezki, nell'immensità della natura. prende da herzog (aguirre, fitzcarraldo), prende da malick (il nuovo mondo), da kurosawa (dersu uzala) e pure da tarkovskij (l'infanzia di ivan); questi riferimenti, e il modo complessivo di trattare il genere western, rappresentano il meglio del film. l'idea che soggiace al tema "agonistico" della vendetta in campo aperto è infatti l'idea nobile del western: gli occidentali hanno distrutto un mondo, cancellato una storia, spregevolmente nel nome del progresso e della civiltà, infrangendo un equilibrio, fondando una nazione (maledetta?) su un enorme cimitero indiano, su un genocidio, sulla perdita di un'innocenza. in questo senso, il concetto più pregnante espresso dal film è allora certamente poco originale, ma sicuramente attualissimo, nell'epoca del riscaldamento fattuale del globo a causa della stessa immarcescibile avidità. in questa prospettiva il personaggio di Glass, che pure non ha nulla di originale, rappresenta la solita, tragica speranza, di una redenzione occidentale, di una "superiore comprensione". questi i meriti, dilatati nella durata del film.

i demeriti, tuttavia, non mancano, e si condensano a mio modo di vedere proprio nel trattamento del personaggio di Di Caprio: la scelta del mimetismo assoluto, del make up iperrealistico, della fisicità a oltranza, finisce per appesantire il film molto più della ripetizione di certe scene e di certe idee (penso ai sogni e ai ricordi familiari, che pur ripetitivi non mi hanno disturbato, e alla talvolta forse stucchevole morale panteista-naturalista), ed è il fardello che iñarritu e di caprio sbagliano a buttare sulle spalle dello spettatore, perché poi va a finire che quando, dopo l'ennesimo bordello, l'eroe finisce cavalcando in un burrone, e per sopravvivere deve aprire e sviscerare il cavallo, e infilarsi in esso, nudo e crudo, per non morire congelato, l'effetto di immedesimazione del pubblico è bello che svanito, perché troppo sollecitato, continuamente e imbecillemente. la mancanza di psicologismi rende la recitazione di di caprio fortissima da un punto di vista fisico, ma finisce per appiattire il personaggio su una specie di Cristo di Caviezel/Gibson, in pelliccia piuttosto che in perizoma, ed è per me un errore di "grossolanità intellettuale" da parte dell'attore, e un errore di mancata capacità autoriale da parte del regista. l'errore è grosso perché il personaggio è quasi continuamente sullo schermo, e si finisce con il non interessarsi più tanto a lui, nella caccia finale a fitzgerald, quanto a fitgerald stesso, perché pur nella sua tipicità di "cattivo", è senz'altro più umano, più interessante. fitzgerald è l'uomo per quello che è, glass è l'uomo per quello che dovrebbe essere.
tra i due, già in partenza (le favole e il teatro c'insegnano) l'antagonista è più attraente, nella sua spaventosa perversione; ma se il protagonista, il buono finisce per essere un automa martoriato dell'Ideale, la sua forza drammatica si raffredda, il suo impatto emotivo s'affievolisce.
in questo senso, allora, e per fortuna dello spettatore e del film, l'ultimo e più grande momento del personaggio è proprio quando lascia il nemico alla corrente del ruscello, nelle mani dei nativi, perché rinuncia all'ideale per un ideale più grande, trascendendo in un istante il senso letterale del film (la vendetta) nel senso nascosto (l'ecologia la vendetta "ecologica"), il visibile nell'invisibile. è il momento più alto della sceneggiatura, ed è la traccia che Di Caprio e Iñarritu avrebbero dovuto seguire, nella costruzione del personaggio.
invece, per legge naturale hollywoodiana, ovvero per calcolo da Oscar connaturato come un microchip a ogni buon attore losangelino, Di Caprio offre forse l'interpretazione meno interessante della sua carriera, pure se davvero ottima, ovvero generosa e impegnata, da un punto di vista di abnegazione fisica: l'attore mangia pesci crudi, passa quasi tre ore al freddo e all'addiaccio reali delle terre ghiacciate, viene trascinato dalla corrente di un fiume gelato, oltre a fingere di subire una lunghissima serie di dolori fisici (sempre meno) impressionanti, ma da un punto di vista di interpretazione attoriale c'è sinceramente poco da vedere e da sentire, se non per alcuni buoni primi piani (compreso l'ultimissimo, che seguendo quanto scrivevo sopra riguardo la "trascendenza" finale, dà all'attore il suo momento migliore). in generale, Di Caprio rantola, sospira, si trascina, cade, zoppica, urla, si lamenta, sviene, dorme, si sveglia, si scalda, mangia, beve, scappa, ammazza, ma oltre a questo engagement fisico non dà molto a chi lo sta guardando, e come detto l'effetto "horror" sullo spettatore scema ben presto, perché davvero poco dosato.
sarà forse l'interpretazione che gli darà l'oscar, e allora sarà tutto giusto: nihil sub sole novum hollywoodui.
 
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