La drow avanzò lungo i filari di celle con lo sguardo attento, soffermandosi di quando in quando sui resti di questo o quell'inquilino. Alla fine, come aveva supposto, il complesso sotterraneo era una prigione, un luogo di detenzione per individui non proprio normali. Bilqis, tra tutti, era forse la cosa più particolare che Carnifinda avesse mai visto: sembrava un'elfa, ma aveva tratti e lineamenti che - tralasciando l'ovvia capigliatura - stonavano con quello che avrebbe dovuto essere un normale essere vivente di Ea. Per un lungo istante rimase immobile a guardarla, tenendosi a distanza come se avesse paura, ma più che spavento era la diffidenza a tenerla lontana, ben oltre la linea rossa.
«Non è stato facile trovare quelle chiavi... non che potessi chiedere a qualcuno chi erano il capitano del posto ed il mago di corte.» rispose, e sebbene la frase volesse uscire ironica e pungente, le uscì invece flebile, pensosa. «Questa è una prigione, e per qualche motivo sei finita prigioniera. Ora, lungi da me fare supposizioni eccessive, ma sono quasi certa che se ti liberassi uccideresti tutti i miei uomini, me e poi ti daresti alla pazza gioia sulla superficie di Ea.» incrociò le braccia sotto al seno, meditabonda.
«Ora, c'è qualcosa che potresti dire per convincermi del fatto che se io ti liberassi tu non uccideresti nessuno, non daresti fuoco a mezzo mondo e simili? Perché noialtri non siamo appassionati di demoni, perché questo temo tu sia, e l'ultima volta che ci avete visitati non è andata benissimo per noialtri.»
Affilò lo sguardo. Da una parte nemmeno lei poteva tollerare una prigionia lunga tre secoli, dall'altra il rischio che Bilqis impazzisse dopo una così lunga detenzione era, come dire, immaginabilmente pericoloso.