L'alba di Naramir

The Shiran Reborn

Chosen one
Era passato più di un'anno dalla battaglia di Sidr'Ost che lo aveva visto in rotta con il suo esercito, ferito, dopo aver affrontato sul campo Diksha e le sue schiere.

Il viso di Shiran scrutava l'orizzonte: i lunghi capelli corvini danzavano sotto i colpi del vento gelido del nord, i suoi occhi erano stanchi ma illumati dal fervore della vendetta e della determinazione. Sono ancora vive ed indelebili nel suo volto le cicatrici della battaglia. Dinnanzi a lui la pianura di Hom, dove scorre il fiume Sacros, pochi alberi, che si stagliano lungo l'argine in secca del fiume. Nel punto in cui il fiume si allarga formando un'isolotto ergono le rovine di Naramir, piccola ma antica città un tempo rigoglioso centro commerciale appartenuta a Carandor ed ora un mucchio di rovine contaminate dalla morte e dalla desolazione.

"Mio Sire, gli esploratori dicono che anche quelle rovine sono infestate"

"Bene"

"Consiglierei di tornare domani alle prime luci dell'alba, i cavalieri sono stanchi"

"Siamo tutti stanchi, ci riposeremo quando ogni singolo non morto lascerà in cenere questa regione"

Shiran si girò verso gli altri soldati a cavallo che si stagliavano dietro di lui disordinati, una cinquantina di cavalieri dalla cotta in piastre illuminata sotto il morente sole del tramonto.

"Uomini, anche quest'oggi andiamo a riscuotere ciò che è dovuto. Nell'abisso anche la più piccola luce è un faro nell'oscurità. Che il Kraken e Solonielle ci proteggano! Alla carica!"

Il sovrano partì alla carica, scendendo dalla collina sino ad arrivare indisturbato al centro delle rovine, alla piazza della città. Intorno a loro silenzio innaturale e null'altro, sino a che il sole non scomparve all'orizzonte lasciando il posto al vivo bagliore della luna piena, che illuminava le macerie in maniera spettrale.

Dopo breve alcuni rumori sempre più forti e numerosi iniziarono a spuntare intorno ai cavalieri.
Schiere di morti, di scheletri e di zombie in putrefazione, emersero dalle macerie, a centinaia. Circondando il gruppo, pietrificato.

Shiran alzò la spada in cielo e diede ordine di caricare.

Dopo circa due ore i cavalieri erano rimasti una quindicina mentre i corpi fatti a pezzi dei non morti formavano pile di pezzi e arti, che si mischiavano al sangue dei cavalli e dei soldati, formando una scena raccapricciante.

Improvvisamente i non morti si fermarono pietrificati, dalle file si sentì il pesante camminare di qualcosa o qualcuno farsi spazio tra i corpi senza vita: emerse un cavaliere imponente alto più di due metri e dall'elmo demoniaco, da cui spuntavano due occhi iniettati di sangue. Alla destra cingeva una spada, sulla cui impugnatura era incastonata una gemma blu brillante.

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"Cosa sei dannato. Rivelati."

Disse Shiran rompendo il silenzio.

Un ghigno agghiacciante, quasi assordante, venne emesso dalla creatura, tanto che alcuni cavalieri caddero al suolo in lacrime.

"Stolto umano, prima che il sole torni ad illuminare questo luogo, tu marcirai tra le fiamme di Azgoth eternamente torturato e i tuoi cavalieri - li indicò con la punta dalla spada - andranno ad aumentare le mie schiere"

"Se hai finito, ho chiesto il tuo nome, ammasso di vermi in putrefazione"

"Ohh, non mi è mai capitato di decapitare un umano tanto sprovveduto. Sarà un piacere. Il mio nome è Urganon Generale della Strega dai Mille volti, Signore di Azgoth, Diksha è colei che ti ha battuto e quasi ucciso. Ricordi? - ghignando continuò - non vali nemmeno la metà di quello che credi di essere, ma non temere le tue terre presto marciranno in putrefazione così come i tuoi figli"

"Vedo che mi conosci. Bene, se è destino che io perisca, ti porterò con me al cospetto dei nove. Io sono il campione del Kraken essere immondo, non puoi nulla contro Solonielle, contro un Dio"
 
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