GDR La maledizione dei Tredici

wezard78

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Le origini degli skaven
Una volta, tanto, tanto tempo fa, Uomini e Nani vivevano assieme sotto i tetti di una grande città. Alcuni affermavano che fosse la più vecchia e grande città del mondo e fosse esistita già prima del tempo dei barbalunga e degli uomini, eretta da mani più antiche e sagge agli albori del mondo. La città si estendeva sopra e sotto terra secondo la natura delle popolazioni che vi risiedevano. I nani governavano nelle loro grandi sale di pietra nel sottosuolo e con le proprie fatiche quotidiane estraevano i doni della roccia, mentre gli uomini falciavano i campi di grano ondeggiante che circondavano la città come un mosaico di tessere d'oro. Il sole sorrideva, gli uomini ridevano ed tutti erano felici. Un giorno gli uomini della città decisero di rendere grazie ai propri dei per la loro buona sorte. Progetta- 3 rono un tempio quale mondo mai aveva visto in precedenza. Nella piazza centrale sarebbe stata costruita una sala colossale, sormontata da una singola torre che avrebbe trafitto il cielo. Una torre tanto alta, che avrebbe raggiunto il cuore stesso del firmamento. Dopo una lunga progettazione, si accinsero ad affrontare quell'impresa monumentale con l'aiuto dei barbalunga. Le settimane divennero mesi, i mesi anni e gli uomini continuarono a costruire. Incanutirono e invecchiarono lavorando a quel tempio immenso e i loro figli continuarono la loro opera sotto il sole estivo e le piogge invernali. Finalmente, dopo molte generazioni, iniziarono i lavori per la grande guglia. Passarono gli anni e la torre raggiunse un'altezza tale che per gli uomini divenne sempre più difficile issare la pietra fino alla sommità. Alla fine il lavoro rallentò sempre più e si cominciò a disperare di riuscire a terminare l'opera. Poi tra gli uomini della città apparve un individuo che offrì il proprio aiuto per portare a termine l'ambizioso progetto. In cambio chiese un solo favore, e dichiarò che se gli fosse stato concesso, avrebbe comprato la torre in una sola notte. Gli umani pensarono tra sé: "Cos'abbiamo da perdere?" e decisero di stringere un patto con lo straniero grigio-vestito. Tutto ciò che questi desiderava era poter aggiungere alla struttura del tempio la propria dedica agli dei. Gli uomini accettarono e l'accordo fu sancito.

Al crepuscolo lo straniero entrò nel tempio incompiuto e ordinò agli uomini di tornare a mezzanotte. Le nubi oscurarono le lune, avvolgendo il tempio nell'oscurità, mentre gli umani si allontanavano. In tutta la città gli uomini vegliarono aspettando che le ore passassero, finché, all'approssimarsi della mezzanotte, uno dopo l'altro si riunirono di nuovo nella piazza del tempio. Il vento soffiava e le nubi si squarciarono quando alzarono lo sguardo verso il tempio: esso si stagliava nel cielo come una lancia, bianco e puro. Sulla sommità era appesa un'enorme campana cornuta che balenava freddamente sotto la luce della luna. La dedica agli dei dello straniero era là, ma di lui non v'era ulteriore traccia. Gli umani gioirono, l'opera dei padri dei loro padri era finalmente compiuta. Si apprestarono a entrare nel tempio, quando in quel momento, sopraggiunta la mezzanotte, l'enorme campana cominciò a suonare, una... due... tre volte. Lente onde sonore rieccheggiarono attraverso la città. Quattro... cinque... sei volte suonò la campana, come il torpido palpito di un gigante di bronzo. Sette... otto... nove, i rintocchi della campana divennero sempre più fragorosi e gli umani scesero barcollando dai gradini del tempio, le mani premute sulle orecchie. Dieci... undici... dodici... tredici. Al tredicesimo rintocco un lampo squarciò il cielo e il tuono fece eco al suono della campana. In alto il circolo scuro fu illuminato da un bagliore improvviso e tutti caddero in un tetro silenzio.

Gli umani si rifugiarono nei propri letti, spaventati e perplessi dai portenti ai quali avevano assistito. La mattina seguente al risveglio scoprirono che l'oscurità era calata sulla loro città. Cupe nubi tempestose turbinavano sopra i tetti e cadeva una pioggia quale mai era stata vista cadere prima di allora. Nera, come carbone, la pioggia cadde e si raccolse in pozzanghere lungo le strade, rendendo il selciato scivoloso con scuri colori iridescenti. Dapprima alcuni degli uomini non si preoccuparono, attesero che le piogge cessassero in modo da poter tornare al proprio lavoro. Ma le piogge non cessarono, i venti soffiarono più forti e il fulmine colpì l'alta torre. I giorni diventarono settimane, ma le piogge continuarono. Ogni notte la campana batteva tredici rintocchi e ogni mattina il buio avvolgeva la città. Gli umani cominciarono ad avere paura e innalzarono delle preghiere ai propri dei. Ma le piogge non cessarono e le nubi nere continuarono a gravare come sudai sui campi di grano ormai appiattito. Gli uomini si recarono dalle Cose-Nano e li supplicarono di aiutarli, ma i barbalunga non se ne curarono. Che importanza poteva avere un po' di pioggia in superficie nel cuore della terra dove tutto era asciutto e caldo? Gli umani si accalcarono nelle loro dimore, i cuori divorati dalla paura.

Mandarono alcuni di loro in cerca di aiuto in luoghi lontani, ma nessuno fece mai ritorno. Alcuni si recarono al tempio per pregare e sacrificare il poco cibo rimasto agli dei, ma trovarono le grandi porte sprangate. La pioggia aumentò. Scuri chicchi di grandine caddero dal cielo e distrussero le coltivazioni fradice. La grande campana rintoccava a morto sulla città in preda al terrore. Ben presto enormi massi fendettero i cieli, precipitando come cupe meteore per schiantare le case della città. In molti si ammalarono e morirono senza cause apparenti e i neonati presentarono atroci mutazioni. Ignobili moltitudini di ratti divorarono il poco grano rimasto nei granai e gli umani cominciarono a morire di fame. Gli anziani degli uomini si recarono di nuovo dai Nani e domandarono ancora una volta aiuto. Volevano portare la loro gente in salvo nel sottosuolo. I barbalunga si adirarono e risposero agli umani che le gallerie inferiori erano allagate e che anche il loro cibo era stato divorato dai ratti. Restavano a malapena riparo e cibo sufficienti per loro e i loro consanguinei. Scacciarono gli uomini dalla proprie sale e sprangarono le porte. In superficie le rovine della città diventavano ogni giorno più letali. Gli uomini si abbandonarono alla disperazione e chiesero il soccorso degli dei oscuri, sussurrando i nomi di principi demoniaci a lungo dimenticati nella speranza di salvarsi. Fu inutile, i ratti tornarono, più grossi ed aggressivi che mai. Le loro sagome furtive infestarono la città devastata, cibandosi dei caduti ed abbattendo i deboli.

Ogni mezzanotte la campana sulla guglia batteva tredici rintocchi, un suono che sembrava sfrontato e trionfante. Gli umani erano ormai costretti a vivere come creature perseguitate nella loro stessa città, mentre enormi stuoli di ratti vagavano per le strade in cerca di una preda. Infine gli umani disperati riunirono le armi di cui disponevano e batterono alle porte dei Nani, minacciandoli di trascinarli fuori per le barbe, se non fossero usciti volontariamente. Dall'interno non giunse alcuna risposta. Gli umani raccolsero delle travi e abbatterono le porte, accedendo ai cunicoli sotterranei, bui e vuoti. Facendosi coraggio, i pietosi superstiti di quella che un tempo era stata l'orgogliosa popolazione della città scesero all'interno. Nell'antica sala del trono trovarono i Nani, ormai ridotti a mucchi di ossa rosicchiate e tessuti laceri. Là, nella luce morente delle torce, scorsero miriadi di occhi intorno a sé, sfavillanti come stelle in una notte d'estate mentre i ratti li accerchiavano per ucciderli. Gli umani combatterono per la propria vita spalla contro spalla, ma contro la ferocia implacabile e la soverchiante superiorità numerica dell'orda di roditori le loro armi furono inutili. La marea di ratti mostruosi si riversò su di loro, abbattendoli uno dopo l'altro per ridurli a brandelli, mentre gli acuminati denti gialli conficcavano nelle loro morbide carni e la massa di pelo scuro soffocava le loro pietose urla con il proprio atroce squittio.
 

Enichaos

Spam Master
Non so se me la sento di approvarlo proprio copiancollato dalla narrativa Games Workshop... quelli sono capaci di mandare gli avvocati anche solo perchè uno ha scritto Aeldari invece di Eldar... Hanno letteralmente cambiato il nome alle razze classiche per poterci mettere sopra i diritti :looksi:
In più, considera che come ho scritto nel setting gli Dei non erano una presenza distante, ma una presenza MOLTO vicina prima dell'Impero. Non dico che ce ne fossero ovunque, ma una città grande ed antica come quella descritta ne avrebbe avuti sicuramente almeno un paio residenti, se non un intero pantheon.
E fidati che alla terza notte la campana sarebbe stata demolita assieme a tutto il tempio, scatenando probabilmente una battaglia spaventosa tra gli dei locali e gli dei della campana. :caffè:
 

Mikhail Mengsk

MSPAINT OVERTYRANT
Non so se me la sento di approvarlo proprio copiancollato dalla narrativa Games Workshop... quelli sono capaci di mandare gli avvocati anche solo perchè uno ha scritto Aeldari invece di Eldar... Hanno letteralmente cambiato il nome alle razze classiche per poterci mettere sopra i diritti :looksi:
In più, considera che come ho scritto nel setting gli Dei non erano una presenza distante, ma una presenza MOLTO vicina prima dell'Impero. Non dico che ce ne fossero ovunque, ma una città grande ed antica come quella descritta ne avrebbe avuti sicuramente almeno un paio residenti, se non un intero pantheon.
E fidati che alla terza notte la campana sarebbe stata demolita assieme a tutto il tempio, scatenando probabilmente una battaglia spaventosa tra gli dei locali e gli dei della campana. :caffè:

E poi gli Skaven sono il cancro di Warhammer Fantasy.
 
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