Nel venerdì di preghiera il popolo di Bengasi torna in piazza. Non per manifestare contro l'America, ma al contrario per ringraziare l'amministrazione di Barack Obama che ha aiutato la Libia a liberarsi di Moammar Gheddafi. Per ricordare ancora una volta con dolore l'ambasciatore Chris Stevens, ucciso dagli integralisti 1 proprio a Bengasi. E a sorpresa per assaltare le sedi delle milizie islamiche. Prima quella del gruppo di Ansar Al Sharia (responsabile dell'attacco al consolato Usa), poi quella della brigata Raf Allah al-Sahati, dove ci sono stati combattimenti in cui almeno quattro persone hanno perso la vita e altre 40 sono rimaste ferite.
Dalle 4 del pomeriggio migliaia di giovani, uomini, donne e bambini sono scesi in piazza in una "giornata per la salvezza di Bengasi". La salvezza dalla deriva che sembra stia portando la Libia sotto il controllo degli integralisti e dei combattenti jihadisti.
La manifestazione è andata avanti per ore, allegra e felice dopo giorni cupi di depressione e di vergogna per l'omicidio di Chris Stevens. Poi all'improvviso centinaia di giovani si sono spostati verso il quartier generale della milizia islamica salafita. Avevamo visitato quella base, e i miliziani di guardia facevano davvero impressione, armati di tutto punto ma soprattutto circondati da un alone di militanza quasi isterica e apparentemente invincibile. Non hanno messo paura ai giovani di Bengasi: hanno provato a sparare in aria ma la folla non si è allontanata. Loro sono fuggiti e i dimostranti sono entrati nella caserma.
Al grido di "il sangue dei martiri non può essere versato invano", i manifestanti hanno saccheggiato e bruciato tutto, seguendo quasi un rituale di purificazione che i prima i gheddafiani e poi i liberatori hanno applicato nelle sedi conquistate al nemico. Prima di espugnare la base di Ansar Al Sharia, i dimostranti avevano fatto irruzione in un altro covo di islamici, che si erano installati pure nell'edificio della Sicurezza libica nel centro di Bengasi.
La manifestazione a favore degli Usa, cui hanno preso parte 30 mila persone, aveva come obiettivo la richiesta di sciogliere le milizie che hanno preso il potere nelle strade della Libia. Il "Giorno per la salvezza di Bengasi" era stato organizzato con l'appoggio delle autorità per denunciare l'estremismo e la violenza e per incoraggiare il governo a sciogliere i gruppi armati che si sono rifiutati di consegnare le armi dopo la sollevazione che ha rovesciato Gheddafi lo scorso anno.
"Siamo entrati nella sede per riconsegnare questo luogo alle forze di sicurezza nazionale", ha detto l'attivista Musaf al-Sheikhy dopo l'irruzione nel quartier generale della milizia islamica. Lo stesso gruppo, nelle ore precedenti, aveva organizzato una protesta contro il film anti-Islam cercando di cavalcare la collera del mondo musulmano; protesta che però è stata oscurata dal raduno a sostegno del governo libico sfociato in serata in resa dei conti.
Più tardi, a 15 chilometri dal centro di Bengasi, centinaia di manifestanti, fra i quali diversi uomini armati, hanno attaccato il quartier generale di Raf Allah al-Sahati, brigata islamista di ex ribelli anti-Gheddafi ma sotto il controllo del ministero della Difesa. I combattimenti, con armi leggere e razzi, sono andati avanti per due ore, finché la brigata ha deciso di lasciare la propria base. Gli assalitori sono quindi entrati nella caserma e l'hanno saccheggiata, portando via armi, munizioni e materiale informatico.
L'attacco alle sedi degli islamici sembra parte di un'azione coordinata da polizia, truppe governative e attivisti contro le milizie. "Stiamo prendendo il controllo della sede della battaglia, lo facciamo su richiesta del popolo che vuole che le milizie lascino questo posto", ha detto il colonnello dell'esercito Naji al-Shuaibi, al comando delle operazioni.