Evento Il problema del Primato religioso

Silen

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Le notizie della costruzione della grnade cattedrale di Britannia (gdr off vedi https://forum.sohead.org/index.php?threads/la-cattedrale-di-st-clovis-in-cloveringe.37108/ ) avevano raggiunto anche le lontane terre della Teocrazia di Agharti dove la nuova era stata accolta con una certa ambivalenza.
Da un lato era noto che Britannia aderiva alla fede del divino Astera, sia pure nella varietà più universalistica nota col nome di Credo del Padre Celeste, e il fatto che il Sacro Impero fosse stato recentemente coinvolto in conflitti che ne avevano accresciuto potenza e prestigio rendevano naturale per i credenti di Agharti guardare a Britannia come ad uno stato amico e ad un possibile alleato. D'altra parte la costruzione della cattedrale e il processo di santificazione del fondatore del Sacro Impero (non riconosciutoi dalla chiesa di Agharti) erano chiari indici della ambizione britannica di ergere la Sacra Corona a guida e protettore di tutti i fedeli cosa che avrebbe potuto avere ripercussioni sul modo in cui la Teocrazia guardava a sè stessa e ai propri vicini.
Il dubbio che affardellava la mente dei dignitiari di Agharti era: come reagire a questa evidente presa di posizione di Britannia? Assecondare la volontà di quest'ultima di assurgere a un ruolo guida, col rischio di scontentare i più tradizionalisti e fornire un forte ed indesiderato ascendente sulla politica di Agharti, o ribadire orgogliosamente la propria indipendenza culturale e dottrinale, nonostante le recenti riforme di Giustinia tendano più alla versione britannica della fede che a quella dei non rimpianti Arconti, col rischio di peggiorare i rapporti fra le due nazioni?

(@Tzasstan stà a te. Il problema è fondamentalmente di politica interna ma coinvolge anche eventuali rapporti diplomatici con Britannia e verte sostanzialmente sulla opportunità o meno di riconoscere un primato al capo della chiesa di Britannia...un pò come la questione del primato fra le sedi di Roma e Costantinopoli che tante controversie suscitò nel medioevo se vogliamo...buon divertimento XD )
 

Tzasstan

Useless Member
Il cardinale batteva nervosamente le dita sopra il foglio di pergamena davanti a sé. La luce arancione di un lume illuminava lo studio, la sua calda luce che metteva in risalto le fredde pietre che componevano le quattro mura della stanza. Tutto intorno a lui, sebbene avesse scelto quella stanza apposta per la sua calma ed isolamento, poteva ancora sentire il pungente odore dell'incenso e l'incessante cantilena di innumerevoli fedeli radunati all'interno del luogo di culto, intenti in quello che veniva chiamato il Rito dell'Adorazione Ininterrotta.
Gli abitanti da tutta la Teocrazia si riunivano a Transueil per supplicare Astera di guidare le truppe della Crociata Giustiniana verso la vittoria contro il blasfemo Syrad Amon. La stessa pontefice, dalla balconata del Palazzo Bianco aveva predicato alla folla in messa per tre giorni e tre notti, fino a che la stanchezza non aveva preso il sopravvento e l'aveva costretta a letto con febbre alta e tremori muscolari. Ora la gente pregava per la sua rapida ripresa, mentre veniva tenuta sotto controllo giorno e notte da cerusici e da uomini armati.

Il popolo sembrava adorare la giovane, ma era evidente al cardinale Reginaldo, che la nobiltà aveva, nel migliore dei casi, un'opinione piuttosto discordante verso la sovrana. Le recenti politiche sociali, e il forte impegno estero della pontefice avevano lasciato scontenti molti dei nobili e delle personalità locali, le quali non avevano tardato ad approfittare degli aumenti di tasse per gettare fango sulla Nuova Chiesa di Astera. Il malcontento era presente, e lasciarlo a se stesso poteva solo portare problemi, specie ora che la questione britannica cominciava a diventare sempre più preponderante fra i membri altolocati della Teocrazia.
Era necessario che la Nuova Chiesa di Astera si esprimesse a riguardo ai fedeli del cosiddetto "Padre Celeste" e di St. Clovis. Giustinia I aveva delegato a Reginaldo di organizzare un incontro con un rappresentante del Sacro Impero in modo da poter districare, in un contesto civile e di amicizia la delicata situazione.

Il cardinale rimpiangeva sicuramente in quei momenti di aver accettato di ricoprire il ruolo di Cardinale a discapito del suo titolo di capitano dell'Ordine dei Mangiapeccati. La vita era più dura sotto le armi, ma più semplice allo stesso tempo, senza le minuzie e le meschinità della politica di palazzo. Ma nonostante questi rimpianti non poteva sfuggire al suo dovere, e lo avrebbe portato a termine al meglio delle sue abilità. Trattare con una potenza come il Sacro Impero avrebbe richiesto tutta la sua abilità diplomatica, ma Astera sorrideva sulla Teocrazia e anche in questa impresa la Sua Volontà sarebbe stata rispettata.
Con un sospiro prese la penna ed iniziò a scrivere:


"Dal Cardinale Reginaldo, Custode del Dogma della Nuova Chiesa di Astera, all'Imperatore del Sacro Impero di Britannia,


scrivo a voi a nome della devota Giustinia I, pontefice della Nuova Chiesa di Astera, per invitare voi o dei vostri dignitari ad un congresso su cui discutere delle nostre due fedi e di quello che ci accomuna. Le voci delle vostre imprese sono infatti giunte fino a noi nel lontano est e la pontefice ha espresso interesse ad apprendere di più sulla vostra confessione, la cosiddetta fede nel Padre Celeste. In passato il Concilio degli Arconti ha ignorato o considerato eretica la vostra fede, ma è interesse nel nostro nuovo ordine costituito aprire un dialogo e cercare dei punti di contatto con voi.

Spero che questa lettera arrivi ai vostri occhi e aspettiamo una vostra risposta a tal riguardo.

Possa la vostra divinità sorridervi sempre,


Cardinale Reginaldo"

@Dyolance
 

Dyolance

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All'illustre Cardinale Reginaldo della Nuova Chiesa di Astera,

Eminenza, la vostra missiva è arrivata inaspettata ma accolta con estrema gioia e gaudio. A lungo io e il mio popolo abbiamo desiderato una ricongiunzione con i nostri fratelli della Nobile Teocrazia e non posso che accettare il vostro gradevolissimo invito. Non potendo presenziare personalmente per via della delicata situazione interna dopo l'occupazione di territori precedentemente Formian invierò all'arrivo dei primi disgeli due assistiti che godono della mia massima fiducia e rispetto.
Sono sicuro che sapremo trovare da questo avvicinamento innumerevoli punti d'incontro tra le nostre fedi e le nostre Chiese, in realtà così simili tra di loro.

Con i migliori auguri per il futuro vostro, della devota Giustinia e di tutta la Teocrazia,
Con rispetto,
Lelouch IL Britannia, Sacro Imperatore per Grazia del Padre Celeste, Protettore dei Fedeli, Eradicatore dell'Eresia e Protettore degli Uomini.


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La primavera fuori dalla carrozza principale del grande corteo britannico sbocciava e cinguettava, finalmente rinata dopo il lungo inverno. I nobili dignitari scelti da sua grazia l'Imperatore Lelouch si concessero minuti e minuti ad ammirare il ricco paesaggio, un toccasana dopo la lunga traversato attraverso le desolate steppe della Repubblica di Ambir: il viaggio era stato lungo, interminabile quasi, tanto che i giorni di viaggio ormai non si contavano nemmeno più. Albrecht VI Britannia e il suo accompagnatore, il Confessore Alderic (al secolo sui vari documenti Alderic XI Morseff), ingannavano così l'attesa e la noia del viaggio, ogni tanto buttando un occhio fuori dal paesaggio. Poi tornavano entrambi ai loro hobby preferiti, ovvero il primo a leggere e il secondo a recitare rosai.

Oltrepassato il confine di Nagrond e finalmente giunti nella Teocrazia vennero accolti con garbo e cura da una scorta armata che si accodò e precedette il loro seguito per scortarli fino alla capitale. Ciò diede a pensare ad Albrecht, o meglio gli fece tornare in mente certe macchinazioni che ben prima di mettersi in viaggio aveva già elucubrato.
"Ditemi Reverendo, cosa pensate di questo invito dei nostri fratelli umani?"
"Penso solo ciò Nostro Signore ha reso palese e visibile: essi vogliono discutere con Britannia, nient'altro. Le teorie sul non detto, il non visto o il non fatto le lascio a voi, Mio Signore."
"Ah! Allora avete intuito anche voi che ci sono più motivi dietro quest'inaspettata apertura?"

Allora il Confessore Alderic aprì gli occhi nel frattempo chiusi durante la recitazione del rosario e guardando con pace interiore l'interlocutore rispose
"Con tutto il rispetto Mio Signore, sono stato soldato, non cortigiana: sono stato addestrato a ragionare per evitare di avere brutte sorprese. È nella mia natura ormai leggere tra le righe. Ma Nostro Signore ci insegna che dobbiamo amare e fidarci del prossimo, specialmente se il nostro prossimo è uomo e suo servo tanto quanto lo siamo noi. Confido nei loro buoni propositi, Mio Signore; d'altronde, della diffidenza so benissimo che ve ne occuperete voi più che adeguatemente."

I due risero a quella battuta.
Il Confessore Alderic era stato certamente soldato, e fino a qualche anno prima quelle belle frasi sarebbero risultate molto più rozze e dirette, un qualcosa come "Con tutto il rispetto, sono stato soldato, non puttana, e sono stato addestrato a pensare per non pigliarmelo nel culo. E' nella mia natura non farmi inculare". Ma fortunatamente per lui e le orecchie di molti aveva trovato una fede talmente tanto riempente da convincerlo a prendere i voti ed unirsi alla Santa Ecclesiarchia. Tra l'altro aveva trovato la fede proprio in battaglia, durante gli avvenimenti della Grande Guerra: il sole in cielo brillò per qualche secondo in modo più intenso per lui, e lì vide l'ombra del Santo Clovis che gli chiedeva cosa stesse facendo della sua esistenza e intimandogli di prendere la strada per lui preparata dal Padre.
Così al termine della battaglia depose le armi, giurando di non imbracciarle mai più; al loro posto raccolse un rosario e da quel momento la sua fede non crollò mai.
Nel giro di qualche anno era diventato un Dotto dell'Ecclesiarchia, un prete-filosofo che ampliava giorno dopo giorno cosa volesse dire credere nel Padre e dando sempre più sfumature ai Santi Dogmi. Non poteva esservi uomo migliore per quella missione nella Teocrazia.

Albrecht invece fungeva da diplomatico. Entrambi uomini vissuti, intravedevano in quell'invito una rete intricata di delicate manovre e studiati piani che necessariamente dovevano essere imbastiti dopo le sconfitte pressocché totali subite da Agharti in quegli anni e la conseguente cacciata degli Arconti, decisione a cui seguì quella di rinnovare la Chiesa di Astera. Tutta una serie di rivolzioni che scuotevano il territorio all'Estremo Est del mondo conosciuto, cambiamenti che probabilmente trovavano molti o impreparati o contrari. Sicuramente ad attenderli non sarebbe stata una corte solida e ben navigata come quella che dominava nell'antica Taraska, ora Cloveringe.
No, non sarebbe stato per niente semplice.

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Entrarono con modestia e garbo, addirittura umiltà se si guardava il seguito del Cugino-Principe del Sacro Impero: tenute normali, divise militari, e nel caso del Confessore Alderic il classico saio nero; faceva eccezione ovviamente l'inviato della Famiglia Reale, vestito sfarzosamente: svettava come un pavone in mezzo a tanti piccioni.

Si sarebbe presentato alle attenzioni di chiunque lo stesse accogliendo con un profondo inchino.
"Principe Albrecht VI Britannia, Gran Ciambellano del Sacro Impero. Per servirvi."
 
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Tzasstan

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Ci fu molto lavoro da fare per liberare il percorso per i dignitari imperiali fino alla piazza principale del Palazzo Bianco: controllare le strade per evitare eventuali imboscate, disperdere le grandi folle di curiosi e di dissidenti attratti dalla notizia dell'arrivo dei devoti del Padre Celeste. Un compito gravoso, che probabilmente fosse stato affidato ad altre persone oltre a Reginaldo sarebbe stato risolto in maniera molto più drastica, ma il Maestro Capitolare Melchiorre era in guerra oltre i confini della Teocrazia e Giustinia I aveva dato, per quella faccenda, totale controllo al Cardinale.

Il comitato d'accoglienza per il Gran Ciambellano venne organizzato con tutto lo sfarzo ed ospitalità possibile che la Teocrazia di Agarthi poteva permettersi. Reginaldo si era messo la sua migliore veste da cerimonia, di delicata seta viola, brandendo in mano il suo pastorale, una staffa ricurva d'acciaio con decorazioni floreali d'argento, simbolo della purezza dello spirito e della forza delle azioni del clero di Astera. Al suo seguito, una fila di chierichetti, vestiti tutti con vesti bianche. A seguire il comitato di accoglienza una dozzina di soldati in armatura completa nera, col viso coperto da una specie di maschera funebre, ognuna con le fattezze di un santo della Chiesa di Astera, impegnati a proteggere i presenti, mentre un perenne sussurro di salmi e preghiere usciva dalle loro labbra, un costante ricordo della gloria di Astera e delle gesta dei santi di cui portavano le fattezze.

"Benvenuti a Transueil, nobili inviati dell'Impero. Principe Albrecht, ci onorate con la vostra presenza. Io sono il Cardinale Reginaldo, Custode del Dogma della Nuova Chiesa di Astera, e sono stato appuntato dalla nostra Pontefice come vostro ospite durante la vostra visita. Mi assicurerò che ogni vostro bisogno venga soddisfatto. Se desiderate seguirmi, vi mostrerò le stanze riservate per voi e il vostro seguito all'interno del Palazzo."

Il nutrito gruppo di dignitari di entrambi gli stati si avventurò all'interno dei corridoi del centro del potere della Teocrazia. Era indubbio che, nonostante i recenti impegni del governo insediatosi di recente, l'incuria che il Palazzo aveva subito nel corso degli anni di dominio degli Arconti era ancora evidente. Molti degli elaborati affreschi che decoravano era sbiaditi e rovinati, abbandonati a favore di guerre espansionistiche e politiche di controllo per annientare le diversità e le opposizioni. Ai tempi di Reginaldo, quando era ancora un semplice novizio dell'Ordine, ricordava gli interni del Palazzo, dal marmo così lucido da risplendere di vita propria, le imponenti statue di Astera che troneggiavano ad ogni angolo, i piccoli santuari che decoravano le alcove, negli angoli più intimi del palazzo, dedicati ad eroi e martiri che avevano fondato quello che era la Teocrazia...tutto perduto ormai. Sebbene la Pontefice avesse detto che quello che era andato perso era stato necessario per permettere a qualcosa di nuovo di mettere radice, per un uomo della sua età, Reginaldo, non poteva a meno che sentire una melanconica nostalgia per tutto quello perduto, ed un cauto timore per quello che il futuro riservava il fedele gregge della Teocrazia.

"Spero che troviate le vostre sistemazioni adeguate. Una volta che vi sarete rinfrescati e rifocillati siete invitati ad un concilio dogmatico nella stanza delle udienze. Il Pontefice è ancora indisposta da una brutta febbre quindi non potrà presenziare, ma io, affiancato dal mio collega ed ex compagno d'armi, il Cardinale Goffredo, parleremo a nome suo. Dopo siete invitati ad un banchetto in vostro onore nella sala da pranzo. Possa il vostro Dio sorridervi sempre"


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Goffredo sedeva annoiato alla destra di Reginaldo. L'uomo non riusciva a credere di aver accettato di presenziare a quel concilio. Non solo perché si trattava di una situazione spinosa, ma anche perché indipendentemente da come sarebbero andate le trattative tutti i presenti sarebbero stati giudicati per gli anni avvenire. Di sicuro una cosa si poteva riconoscere a Giustinia I, sotto la sua facciata di giovane devota innocente c'era una certa intelligenza, chiudersi nelle sue stanze dichiarandosi malata, lasciando ai suoi dignitari fare i passi difficili.
Quindi perché era venuto a condividere, di sua volontà, il fardello di Reginaldo? Non ne era veramente sicuro, forse era una specie di sentimento di fratellanza per il tempo passato sotto le armi con lui, o forse per evitare che la potenza dell'Impero intimidisse talmente tanto i presenti da far "calare i pantaloni" di fronte a Lelouch e il suo Cugino-Principe.
Quando finalmente tutti presero posto nelle sedie foderate di seta rossa, Reginaldo prese la parola.

"A tutti i presenti, vescovi di Agarthi, dignitari del Sacro Impero, vi ringrazio di aver accettato di partecipare a questo concilio. E' desiderio della devota Giustinia I discutere dei seguenti punti: la natura di Astera e del Padre Celeste, la canonizzazione della santità di Clovis, fondatore dell'Impero, e il futuro delle nostre due nazioni in un Ea minacciata dagli abomini di Tiamat."

Senza aspettare altro Goffredo si alzò, aggiustandosi gli occhiali e schiarendosi la voce. Reginaldo gli lanciò un'occhiataccia di disapprovazione, poiché non era ortodosso intervenire in quel modo da taverna, ma lui si limitò ad ignorarlo.

"Se mi è consentito, prima di iniziare a parlare nello specifico vorrei chiedere ai dignitari dell'Imperatore Lelouch di Britannia di parlare ai vescovi qui presenti del cosiddetto Padre Celeste. Per molti anni il culto di Esso è stato diviso da quello di Astera, e sebbene i resoconti storici ci dicono che un tempo i nostri due culti fossero la medesima cosa gli anni sono passati, e le differenze sono diventate molteplici. Perciò mi piacerebbe sapere di più sul Padre Celeste e sui suoi dogmi, così da capire la sua vera essenza, priva delle vecchie propagande dei defunti Arconti."
 

Dyolance

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Alzandosi dal suo inchino Albrecht poté soppesare lo stato in cui versava quello Stato semplicemente dando un'occhiata alle pareti, come se i muri che coprivano le loro teste potessero parlargli. Lontano anni luce dallo sfarzo, la cura e la ricchezza che traspariva dal Palazzo Reale che aveva l'onore di definire casa, il Palazzo Bianco di Agharti lasciava intendere che l'arte per anni non era stata una priorità per gli Arconti.

Cosa strana, la Teocrazia: per anni avevano conquistato e trucidato, espandendosi in nome del Signore, dimenticandosi di glorificarlo anche in altri modi. Come la pace, come il deporre le armi: in molti modi si poteva lodare l'Altissimo, e il pensare che il continuare a crescrere e crescere senza mai digerire ciò che si ha ingerito era un atto stupido, se non sconsiderato. A lungo avevano dominato uomini ciechi in quelle terre, che con i loro proclami e guerre speravano di cantare la gloria di Astera ma che si erano dimenticati di pensare in lungo e in grande. Così la Teocrazia viveva in un un costante stato di povertà e rivolta.
Ma allo stesso tempo, anche Britannia ai tempi aveva assunto la stessa politica. Cherax era stata la loro lezione, magari i recenti eventi rappresentavano quella della Teocrazia.

Ringraziò caldamente il Cardinale e fece sistemare i propri effetti personali prima di raggiungere nella stanza allestita per la solenne riunione. Una cosa bisognava riconoscerla ai fedeli di Agharti: non si perdevano in chiacchiere.
Ne ricevette ulteriore conferma poco dopo che il suo nobile sedere si sedette sulla preziosa seta rossa, quando il più diplomatico Reginaldo venne interrotto dal tale Goffredo, il quale chiese immediatamente chiarimenti. Per atteggiamenti gli ricordò immediatamente il cugino Odisseo, un orso con le parole ma sempre tempestivo e al dunque, come se non ci fosse tempo da perdere perché la guerra era sempre alle porte.

"Nobili e Santi Uomini della Teocrazia, Venerabili Eminenze, mi scuserete se non sarò io a rispondervi a quest'importante domanda, ma come immaginerete sono un laico, per quanto devoto fedele: lascio questo gravoso compito al Confessore Alderic, uno dei nostri più saggi Dotti della Chiesa"

Lasciò così la parola all'accompagnatore, che in compenso passò la maggior parte di quelle prime battute a cercare una posizione comoda sulla sedia rifinita e imbottita, la quale per lui che era nato contadino ed era cresciuto soldato pareva un cuscino in cui si continuava ad affondare con il passare dei secondi. Quando tuttavia si accorse di dover parlare si sistemò come meglio poté e prese parola.

"Con questo compito e le vostre parole mi onorate troppo, Mio Principe, più di quanto un normale servo non meriti. Ma vi ringrazio.
E ringrazio Voi, Eccellenze, per quest'opportunità. Perdonate se la mia lingua non vanterà il votro stesso registro ma le mie origini sono umili e in realtà ho imparato a leggere solo qualche anno fa.

Per rispondere alla vostra domanda comincio col dire che ignoro quanto i vostri precedenti regnanti abbiano diffuso in merito alla nostra Santa Chiesa, ma mi permetto col dire per prima cosa che il Culto del Padre Celeste e quello di Astera non divergono poi di così tanto. Anzi, è più giusto dire che uno sia nato, o meglio sia la naturale continuazione dell'altro. Permettetemi di recitare una preghiera dela mia Chiesa che al meglio riassume i nostri dogmi:


Credo in un solo Padre, Signore Onnipotente,
Dio tra gli Dèi che abitano cielo e terra,
E in Clovis, figlio di Egis,
Suo grande Profeta, nostro Salvatore,
il quale nacque per volere dell'Altissimo,
liberò i molti dai pochi, gli Uomini dai Demoni,
bandì negli Inferi i Servi del Caos
e protesse il gregge fino al giorno della sua morte.
Tornato in cielo, siede alla destra
del Padre Onnipotente.
Credo nei suoi figli, e nei figli dei suoi figli,
poiché il loro Regno non avrà mai fine e con
essi il Regno degli Uomini mai fine conoscerà.
Credo nella Santa Luce,
la santa Ecclesiarchia,
la comunione dei santi,
la remissione dei peccati,
la vita eterna.
In questo Credo: possa la mai fede
e il Padre liberarmi.
Amen."

Recitò ad alta voce e scandendo bene, chiudendo gli occhi e incrociando le mani. Gli sembrò per qualche attimo di trovarsi nella sua umile cappelletta, in un piccolo villaggio poco fuori Louvigny.
Aperte gli occhi riprese a parlare.

"Il Nobile Clovis, eterna gloria a lui nel più alto dei cieli, ottenne l'illuminazione del Padre Celeste mentre trasportava a schiena una legnaia per il suo padrone rakshasa. Egli era uno schiavo, ma benedetto dalla luce divina il quale gli fece capire cosa fosse realmente abbandonò il proprio servilismo e sconfisse i demoni. Prima il proprio padrone, poi un altro, poi un altro ancora, finché lui e i suoi seguaci non rovesciarono province e poi intere regioni, fino ad eliminare del tutto il maledetto Impero di Lanka.
Questi sono i segni del favore che il Padre Celeste prova verso i suoi figli umani.

La nostra è una fede aperta a tutti quelli che accettano la Santa Luce del Padre, ma è palese quanto egli preferisca l'Uomo agli altri cittadini di Ea. Nostro compito come uomini e fedeli è accrescere il suo regno e la sua gloria, schiacciando l'eresia del Caos e dei culti da esso derivati ma accettando con garbo e rispetto ogni razza sotto l'ala protettiva del Padre, come è suo volere d'altronde.
La Santa Ecclesiarchia è sempre stata più permissiva e aperta a fedeli di razza non umana rispetto, con rispetto, alla Chiesa di Astera. Filosofia che tra l'altro ha abbracciato e anima Britannia stessa, che da anni ha contatti d'amicizia con le più svariate culture e fedi, intrecciando legami che la rendono un vero paradiso in terra.

Lascio a voi, Nobili Eminenze, l'ultimo giudizio sulla nostra vicinanza o meno al vostro nobilissimo e antico Culto.
"
 
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Tzasstan

Useless Member
Mentre il Confessore esponeva e predicava Goffredo lanciò un'occhiata ai presenti. Il concilio dei vescovi era chiaramente frammentato nella sua opinione. Sentir dire che la fede di Astera altro non era che un passato obsoleto rispetto al culto del Padre Celeste, o almeno credere di sentire questo, indignò molti fra i presenti. Ma una nutrita fetta era invece in ascolto, diversi punti erano innegabilmente vicini ai dettami della fede della Nuova Chiesa di Astera. Di contro era chiaro sentendo parlare del loro fondatore, Clovis, come mai erano stati considerati eretici dai defunti Arconti.
Il brusio divenne un'accesa discussione fra tutti i presenti fino a divenire una cacofonia imbarazzante di rumori, accuse e oscenità. Reginaldo si alzò dalla sua sedia e batté a terra per tre volte il suo pastorale.

"Silenzio! Il concilio dogmatico non verrà trasformato in un mercato del grano!"

Le voci lentamente scemarono fino a bisbigli pieni di vergogna e l'ordine ritornò nella sala delle udienze. Senza sedersi, il Cardinale Reginaldo rivolse il suo sguardo verso Alderic. La congrega riunita stava aspettando che desse la sua opinione. Era richiesto dalla sua posizione, e quello che avrebbe detto sarebbe stato considerato per gli anni avvenire la posizione ufficiale della Teocrazia.

"Vi ringrazio per la vostra lezione, Confessore Alderic. Il vostro linguaggio è molto dotto per essere un uomo che ha imparato a leggere da pochi anni. Riguardo le vostre origini, ogni uomo è uguale agli occhi di Astera, che sia nato in una stalla o fra le sete profumate di un palazzo. Alla fine dei nostri giorni davanti alla divinità suprema siamo giudicati tutti allo stesso modo"

In un certo senso, il fare più umile del religioso imperiale metteva ad agio Reginaldo. Dicevano le scritture che l'umiltà è terreno fertile dove piantare i semi del paradiso. Se Goffredo condividesse questo suo sentimento, Reginaldo non lo sapeva. Il suo vecchio commilitone era sempre stato enigmatico, subdolo a tratti, ma fondamentalmente diffidente verso gli altri, nel bene o nel male.

"Sulla vostra fede, temo che ci siano giunte molte menzogne e del vostro padre fondatore, Clovis, figlio di Egis, abbiamo storie che non ripeterò in questa sede, per non offendere i presenti con profanità e blasfemie. La vostra chiesa è arrivata molto prima di noi alla conclusione che abbiamo raggiunto solo pochi anni fa: Ea ci è stata donata da Astera ma è dovere di noi, come razza umana, difendere questa terra e le creature che la abitano."

Alcuni dei vescovi aggrottarono le sopracciglia. Gli esseri umani ad Agarthi erano stati per anni dominatori, legittimati a prendere quello che volevano quando lo volevano da chi era inferiore a loro. Ci sarebbero voluti anni per cambiare le mentalità delle persone.

"Ed è per questo, per questo senso di dovere verso il Creato che credo voi condividiate con noi che vi proponiamo, a nome della Devota, di iniziare un processo di unificazione delle nostre fedi. Una sintesi e centralizzazione del potere spirituale per creare un fronte unito verso le forze che minacciano la stabilità di Ea. Il potere temporale dei due stati rimarrà nelle mani dei rispettivi sovrani, ma gli insegnamenti del divino verranno impartiti da un concilio unificato formato da rappresentanti di entrambi i nostri stati. Sappiamo che proponiamo qualcosa di inusuale, e lungo da preparare, ma siamo convinti che la razza umana non potrà far altro che giovare da una simile unione. Inoltre un simile avvenimento farebbe senza dubbio riconoscere il Nobile Clovis come Santo a tutti gli effetti di Astera."

Reginaldo finalmente smise di parlare, e si rivolse ai due dignitari imperiali, pronto a sentire la loro opinione a riguardo.
 

Dyolance

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I Britannici rimasero in silenzio per tutta la durata del contestare dei teocrati ed anche quando prese parola su tutti gli altri il venerabile Reginaldo, che evidentemente godeva di maggiori favori o agli occhi della Divina Giustina o a quelli della congrega lì riunita. Era una sorta di uomo forte della situazione, il saggio che con esperienza e sapienza doveva aiutarli -assieme a molti altri- a trasportare la Teocrazia oltre la valle delle tenebre.

Parlò quindi con la sicurezza del sovrano e la determinazione del leader, ordinando prima il silenzio e poi prendendo in mano la situazione. Si destreggiò ottimamente con le parole, vantando una parlantina tipica degli oratori abituari.

Tuttavia, nel suo parlare qualcosa scivolò troppo velocemente, o meglio il senso di quel suo dire arrivò tremendamente bene alle orecchie dei britannici, che si sarebbero dovuti guardare tra di loro in modo interrogatorio e sorpreso, ma tale fu un gesto che interessò solamente il Confessore Alderic.
Il Principe Albrecht VI Britannia, Cugino del Sacro Imperatore Lelouch IL Britannia nonché Gran Ciambellano del Sacro Britannico Impero, ebbe una reazione molto più composta alle parole del Cardinale Reginaldo... E dal punto di vista solo del suo compatriota più sinistra, poiché un ghigno maligno comparve sul suo volto nascosto dalle mani incrociate davanti al viso, e l'unico che poté accorgersene fu proprio il Dotto di Britannia.

Ricompostosi, il Principe prese a parlare.

"La vostra è una splendida proposta, Eminenza. Indubbiamente ciò appianerebbe le differenze dogmatiche tra i nostri stati e le nostre Chiese, senza contare il prestigio che deriverebbe da tale intesa. Sarebbe la giusta chiusura di un ciclo di odio e distanza diplomatica; e non nego che io, come il resto della mia famiglia, sognamo da anni una canonizzazione del mio caro Zio -possa il Padre averlo sempre in gloria- anche secondo il rito di Astera. Tuttavia..."

E pensò a qualcosa, o meglio fece finta di pensare, per dare l'impressione di essere tormentato da un dubbio.

"Tuttavia vi invito a seguirmi in questo ragionamento: Britannia è un paese che si è costruito interamente da solo. Per quanto ai tempi della Fondazione esistesse una Chiesa che potesse sostenere un nuovo baluardo degli uomini ad Ovest, mio Zio venne abbandonato dai vostri Arconti, costringento la Famiglia Regnante a inventarsi e ingegnarsi per poter sopravvivere. Fortunatamente, dopo più di trent'anni, esistiamo ancora e più forti che mai aggiungerei.
Crescendo lo stato è cresciuta la nostra Chiesa, ormai un'istituzione che non ha bisogno di sostegni tanto è grande, ricca e potente; con il prosperare di Britannia è prosperato anche il Culto del Padre Celeste, tanto che adesso è un organo indipendente e anzi agli occhi di tutti una Chiesa completamente a sé e non un sottoculto eretico di un altro credo.

Anzi, oserei definirla non una Chisa ma La Chiesa, sicché è innegabile quanto gli uomini attualmente guardino alla Chiesa del Padre Celeste piuttosto che al Nobilissimo Culto di Astera.
"

Disse così, per poi far cadere un breve attimo di silenzio per far sedimentare le frase e aggiungere gravitas. Il politico Albrecht sapeva anche quando dire la verità nuda e cruda, poiché quanto detto poteva essere degradato a opinione dai più dei presenti ma quelli con il turbante in testa, quelli che davvero leggevano nel cuore degli uomini e detenevnao il potere sapevano che quanto detto fosse un fatto inattaccabile e innegabile. Riprese.

"Nobilissimi Uomini, Eminenze di Agharti, le nostre azioni parlano da sole: il nostro primato religioso è incontestabile e la nostra posizione inscalfibile. Questo, comprendo, possa causare problemi ad uno stato che fa della religione la propria linfa e il proprio cuore, anzi la propria forma di governo; ma dobbiamo al contempo salvaguardare noi stessi e quanto abbiamo costruito in questi anni."

Come un oratore tra tanti oratori così parlò ai dignitari della Teocrazia, guardando ora l'uno e l'altro intensamente negli occhi, anche se più spesso incrociava quelli di Reginaldo e Goffredo.
Era un momento estremamente serrato: i teocrati volevano ovviamente appianare le differenze e tornare quanto meno a dettare legge agli occhi degli uomini in fatto di fede e religione, mettendosi sullo stesso piano con una nazione che gli era in tutto superiore. Albrecht non avrebbe giocato al loro gioco; tuttavia, spazi per incontri ve n'erano... E già un disegno era stato dipinto nella sua mente.
Incrociò le braccia e si propose in avanti col corpo, andando ad assumere la posizione di qualcuno in attesa. Le Eminenze avrebbero molto presto capito il perché.

"Siamo già forti e indipendenti, e la nostra Chiesa lo è con noi. Perché vi chiedo, NObilissimi Signori, dovremmo quindi accettare questa proposta e perdere la possibilità di far religione da noi? Per canonizzare il già più Santo tra i Santi secondo il nostro rito? Per appianare uno scisma pianto e maledetto soltanto dai vostri predecessori?
Non mi aspetto che mi rispondiate "per unire e fortificare la razza umana presente in Ea" perché sappiamo tutti quanto la realtà sottostia a ben altre leggi di quelle dell'idealismo e quanto Britannia abbia -equamente alla Teocrazia- un'opinione pubblica da soddisfare e curare, la quale sarebbe indubbiamente contraria ad una tale nostra rapidità nel dimenticare i torti, le invettive e le scomuniche subite in questi anni
."

Battè sul tavolo con un unghia per scandire un po' il discorso e, quando ebbe finito, staccare l'ultima frase dal resto. Si avvicinò ancora di più in avanti, il corpo praticamente proteso interamente sul lego.
Forse qualcuno tra i presenti avrebbe potuto scambiarlo per un diavolo che sta parlando con un umano disperato, uno di quei mefistofeli che da un momento all'altro avrebbe proposto un contratto eternamente vincolante ed estremamente vantaggioso per tutti i contraenti. D'altronde però questa è la maschera a cui più frequentemente si accostano i più scaltri e subdoli politici.
Quale sarebbe stato il suo prezzo e quale la sua proposta? Secondo sua volontà, era ancora il turno dei dignitari della Teocrazia giocare il pallone.

"Non vi è nient'altro che sareste pronti ad offrirci e concederci per permettere questa felice ricongiunzione tra le nostre fedi?"
 

Tzasstan

Useless Member
La risposta del Principe era naturale. Un uomo scaltro e pragmatico, così come si era presentato fin dall'inizio. Curato nei modi di parlare e anche nella gestualità, non solo un politico ma anche un vero e proprio uomo d'intrattenimento. Che fosse per il suo intrattenimento rispetto a quello degli altri poco importava.
Mentre parlava Reginaldo fece del suo meglio per rimanere stoico, anche se era evidente a Goffredo che il suo imbarazzo non conoscesse confine. Dopo aver smontato con i fatti il disegno utopistico del Cardinale ora l'Impero chiedeva cos'altro potesse offrire la debole e sciocca Teocrazia. Il potere spirituale messo in ginocchio dal potere temporale.
Il Cardinale Goffredo si limitò a guardare il suo collega, chiedendogli con lo sguardo se potesse intervenire. Non che avesse bisogno di un permesso, e neanche per rispetto per Reginaldo. Una questione di classe, non infierire su un avversario a terra. Quando ricevette un cenno di capo d'assenso si alzò dal suo seggio con un caldo ed onesto sorriso sulle labbra.

"Spesso anche un uomo saggio e con diversi inverni sulla schiena può avere i sogni di un bambino..."

Disse dando una pacca rassicurante sulla spalla dell'umiliato Custode del Dogma. Lo sguardo di Goffredo si fissò sui dignitari di Britannia.

"Quello che dite, nobile Principe Albrecht VI, il succo del discorso, se così si può dire, è indubbiamente vero: siete uno stato potente, uno dei più potenti fra quelli umani nel mondo conosciuto. La bellezza delle vostre città, la profondità della vostra cultura, la potenza del vostro esercito...tutte cose che sono giunte alle nostre orecchie e ci hanno riempito di meraviglia e, ammettiamolo, un po' di invidia. Pretendere da voi di rinunciare alla vostra sovranità è un'idiozia, pensare che la cosa possa anche solo essere presa in considerazione è un buon tratto per essere assunti come giullari di corte."

Non poteva vedere Reginaldo poiché gli stava di fatto dando le spalle, ma poteva comunque sentire la rabbia in lui. Probabilmente in quel momento doveva sentirsi tradito da Goffredo, ma la verità dei fatti era ben altra.

"Ma permettete di fare una chiarificazione. La nostra volontà di appianare le differenze non è dettata da un voler coprire il nostro capo con la cenere, o fare ammenda per torti passati. Questo Concilio nasce, che lo crediate o meno, per capire se le nostre preghiere vanno allo stesso Dio, non per chiedere ad un "cane grosso", perdonate la metafora, di condividere un pezzo del suo osso. Ciò che un uomo ha guadagnato nella sua vita e suo di diritto, e non è tenuto a condividerlo se non ne ha desiderio. Chiedo scusa se siamo stati poco chiari a tal riguardo."

Sotto gli Arconti o no, la gente di Agarthi rimaneva un popolo fiero. Alcuni dicevano che era parte della "natura umana" sempre pronta a considerarsi al di sopra di tutti, altri invece la correlavano alla credenza quasi fanatica di avere il favore di Astera. Se il Dio Onnipotente di Ea guarda con favore su di te non c'è motivo di chinare la testa.

"Come avete detto, mentre da voi la venerazione della vostra divinità è una parte importante della vostra società, qui rendere grazie ad Astera è l'essenza stessa che rendere la Teocrazia di Agarthi quello che è. Sapere se stiamo trattando con fedeli della nostra stessa divinità è una cosa importantissima. E' la differenza fra trattare con una potenza estera o con i nostri fratelli. Non si tratta solo di immagine pubblica, poiché è impossibile averne una peggiore di quella passata. Qui si tratta del problema del primato religioso."

Albrecht sicuramente aveva un modo di parlare che affascinava Goffredo, sperava che non gli portasse troppo rancore il principe per avergli presto in prestito il termine "primato religioso".

"La vostra fede, sebbene lodevole, è, per vostra stessa ammissione, vostra soltanto. Nata dalla necessità e cresciuta in qualcosa di totalmente diverso, qualcosa di maestoso ma non derivativo dalla nostra Chiesa. Ispirata forse in passato, ma sicuramente non una sua evoluzione. Questo concetto, seppur semplice, è essenziale per l'umile gente di Agarthi per poter guardare al mondo. Astera è l'unico Dio. Esistono entità, benigne e maligne a cui la gente di Ea dedica le sue preghiere, ma il Dio Creatore è solo Uno. So che per gli esterni è difficile da capire, essendo puramente un concetto spirituale. Ed è per questo che questo Concilio non riconosce Astera nella Chiesa del Padre Celeste, con tutto quello che ne consegue. "

Una presa di posizione piuttosto drastica da parte di Goffredo, ma una che nessuno dei dignitari di Agarthi provò a contestare. Reginaldo non sembrava intenzionato intervenire e molti dei vescovi presenti sembravano essere soddisfatti dall'allontanamento dogmatico che il Cardinale stava prendendo dalla religione imperiale. Non potevano esistere due culti di Astera, ma se non poteva esisterne solo uno neppure, allora il Padre Celeste non era Astera, ma qualcos'altro. Di natura benigna, ma di sicuro non la divinità creatrice e protettrice degli uomini.

"Riguardo a cosa offriamo a voi, nobili uomini del grande Impero di Britannia, per il disturbo che vi siete presi ad arrivare fino da noi, sappiate che sebbene le nostre fedi siano diverse la Teocrazia di Agarthi non chiuderà i suoi confini a voi. Abbiamo avuto motivo in questi anni di legare con molte realtà diverse dalla nostra, e sarà sicuramente interessante, se voi lo vorrete, considerare il potente impero umano di Britannia come nostro alleato. La Teocrazia sarà ben felice di offrire convenienti trattati commerciali di Cibo e Legname e un alleato stabile nel lontano Est."

Dal campanile del Palazzo Bianco suonarono otto rintocchi, segno dell'ora del pasto serale. Sebbene il discorso fosse stato percepito come rapido e conciso, in realtà il tempo era volato fra preparazioni, predicazioni e discussioni.

"Spero che, finito il vostro intervento, ci onorerete di presenziare ad un banchetto tenuto in vostro onore"
 

Dyolance

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Rise. Rise, ovviamente di sottecchi e tra sé e sé, ma rise.
Perché gli uomini, per quanto santi, per quanto potenti o acculturati erano pur sempre uomini e lui, per l'ennesima volta, aveva predetto l'andamento dei loro cuori molto prima che quei vari sentimenti si manifestassero nei singoli. Era tra l'altro sua opinione comune che i singoli fossero immagine della società in cui vivevano, quindi conoscendo la società si poteva prevedere quanto i singoli avrebbero fatto.

Ad una rapidissima analisi la Teocrazia era uno stato fondamentalmente piegato, superbo e speranzoso.
Ognuno di questi tre aggettivi aveva trovato nei suoi occhi una bellissima metafora, una sorta di avatar che ne riassumesse pienamente i tratti: il palazzo era ovviamente il "piegato", la decadenza dilagante.
Reginaldo era lo "speranzoso", poiché dopo un periodo buio lo slancio di rivoluzione e cambimaneto portava all'ingenuità, o meglio ad un estremo idealismo, generato proprio da quelle nuove idee che finalmente ribaltavano quel determinato scenario politico.
Goffredo era il "superbo", poiché davanti al fatto oggettivo lo ripudiava comunque, negandolo dall'alto del proprio scranno, che poi ai suoi occhi era probabilmente quello di Dio.

I viventi sono creature prevedibili se si studia attentamente le loro usanze e maniere; e per Albrecht, che era uomo e quindi sapeva benissimo quali fossero i principi e le credenze che erano stati alla base della sua crescita, gli uomini erano un po' come dei libri aperti: traeva un piacere immenso in quella sua dote, perché per quanto fosse vero che a volte riusciva a dirigere la sensazione e la discussione proprio come voleva lui, in altri casi il semplice dipanarsi del caso esattamente come aveva predetto lo riempiva di realizzazione e, non neghiamolo, accresceva il suo ego già smisurato.
In quel particolarissimo caso, quanto fatto dai teocrati era perfettamente in linea con le sue previsioni, ma ciò non implicava che fossero già suoi o che la partita fosseera chiusa già prima di cominciare.
Al contrario: quanto fatto finora era solo il prologo.
Il vero incontro iniziava ora. La vera incognita iniziava in quel preciso momento.

"Se non è troppo disturbo per voi e per i vostri stomaci, Eminenza, io avrei delle proposte da farvi." - disse lapidario per troncare bruscamente l'altrettanto brusca interruzione dell'incontro decretata dal Cardinale Goffredo.

Alcuni dei presenti si erano già alzati, compreso il Confessore Alderic, che lo fece mestamente; tuttavia i sorpresi scivolarono nuovamente sui loro seggi, colti in controtempo dall'avanzare del Principe, che dalla sua parte ora guardava solo Goffredo e saltuariamente anche Reginaldo.

"Quanto sto per dire potrebbe indignare alcuni dei presenti, ma vi chiedo la pazienza di ascoltarmi fino alla fine poiché nessuna delle mie parole vuole essere un insulto alle vostre persone. Piuttosto che accantonare la possibilità di ricongiungere le nostre fedi per... Cavilli politici preferisco e Britannia interamente preferisce superare queste differenze con una proposta che possa definirsi equa."

Insistette sul "cavillo politico", guardando intesamente Goffredo. La sua non era dimostrazione di superiorità quanto piuttosto di una maggiore esperienza nel Grande Gioco: saggi uomini potevano esplorare il significato profondo delle parole quando esse parlavano di cose sacre, ma trovare e pesare il senso di ogni singolo sillabo in politica era tutt'altra manica. Nei silenzi tanto quanto nelle parole vi era grande storia. Spiegò infatti velocemente il significato di quella sua affermazione.

"Perdonate se mi permetto, Eminenza, ma quando il Cardinale Reginaldo esponeva la vostra ottimistica proposta e conseguentemente quando la mia persona ha gentilmente espresso tutti i problemi che una così felice risoluzione poteva comportare per il nostro beneamato paese nessuno in questa Santa Sede ha avanzato rimostranze sulla vicinanza dei due dogmi. Avete giustamente obiettato sul fatto che abbiamo etichettato la Vostra Nobile Chiesa come obsoleta, e se ad alcuni santi uomini qui possiamo aver causato disagio me ne scuso. Ma è anche vero che ho letto una chiara attenzione, degli occhi sinceramente vicini a quanto detto dal Confessore Alderic, e che l'idea di una ricongiunzione non sia poi così tanto impossibile."

Si alzò, rimanendo però al suo posto. Fu un gesto istintivo, perché tanto quanto egli amasse il suono della propria voce e dei propri pensieri, in quei momenti massimi era il figlio di Britannia ad avere la meglio; perciò tornava serio, anzi pieno di una pesantezza, di una dignità e di una ufficialità che stridevano con il precedente volto del disinteressato e superbo ciambellano di corte. Albrecht amava il suo paese e alcuni dicevano che l'amasse talmente tanto che non aveva preso moglie perché era sposato con la sua stessa patria. Le sue azioni e le sue belle parole non erano per il suo tornaconto personale o per il piacere di se stesso, quanto piuttosto per il piacere di servire la patria. I suoi cugini erano bene o male tutti guerrieri rinomati o strateghi brillanti, mentre lui, il più anziano di tutti i Cloveringi, era stato benedetto con un gran intelletto ma con una forma gracile. Era il suo modo per ampliare la gloria di Britannia.

"Sia chiaro questo: io ho bene in mente quale sia lo scopo di questa santa sede e dalla nostra parte siamo partiti con le migliori intenzioni poiché sappiamo quanto Astera e il Padre Celeste siano espressioni della stessa supremissima entità. Quindi io non ho contestato l'unione dei nostri riti sul piano dogmatico poiché non vi ho mai nascosto che per Britannia sarebbe l'ideale ricongiungersi con la Chiesa a cui nostro Zio era fedele, al quale chiese protezione e da cui venne ripudiato, costringendolo quindi a dichiarare uno scisma tra i fedeli dell'Est e quelli dell'Ovest. Io contesto la filosofia temporale e politica con il quale è stata presentata l'intesa: avete parlato bene dicendo che Britannia è uno stato che fa della religione una parte importantissima e che Agarthi ne fa la parte fondamentale, ma in entrambi i casi confermate quanto la religione entri e sia, parzialmente, politica dei due stati.
Come possiamo spiegare politicamente un incontro equo quando equa non è la situazione politica, economica e strutturale dei due stati? Come possiamo spiegare ai nostri sudditi che pur di ottenere l'approvazione dei Cardinali di Agharti la Famiglia Reale si è coperta di umiliazione, accettando di parlare tra pari con gli inviati di un altro stato? Eminenza, gli uomini sono eguali davanti a Dio, ma essi sono profondamente diversi davanti ad altri uomini."


La brutalità delle sue parole nascondeva un velo di durezza e anche malinconia. Pensò davvero adesso a quanto stava per dire.

"Rinnovo quanto affermato prima: Britannia detiene agli occhi degli umani di Ea il primato sociale e religioso, una posizione che nelle condizioni attuali della vostra teocrazia non potrete sovvertire facilmente.
Potete certamente decretare il nostro culto come diverso, distante, qualcosa che mai potrà conciliarsi con Agarthi e Astera, e che per questa distanza la posizione di difensori della fede degli Uomini viene ancora detenuta dalla Nobile Giustina e per estensione dai fedeli di queste terre. Ma non potete tappare le orecchie degli uomini, non potete negare loro la facoltà di capire e comprendere quanto la fede di Britannia e di Agarthi sia una sola, divisa in due dall'originale ambizione e superbia di alcuni uomini che ai tempi non vollero accettare che un povero schiavo fosse l'Uomo più Vicino a Dio.
Noi auspichiamo ad una risoluzione, ma per quanto riguarda il piano politico essa non può avvenire così facilmente come invece può avvenire quella religiosa. Ecco dunque il nostro patto..."


Prese un forte respiro e procedette cn la sua parabola.

"Un giorno, due vecchi amici separati da un litigio si riunirono, poiché la terra del primo -il quale era stato originariamente insultato- produceva ancora frutti, mentre la terra del secondo era diventata arida e consumata.
Entrambi si vennero incontro perché più non sopportavano l'idea di essere divisi dal litigio, così ricongiuntisi il primo amico propose all'altro di trasferirsi nella sua casa e nei suoi campi come bracciante, e che assieme avrebbero goduto della terra ancora fertile, così come assieme avrebbero trovato un modo per sanare la terra arida e consumata".


I presenti poterono notare una cosa: lacrime scorrere dagli occhi di Albrecht. Poche, ma comuqnue presenti. Si asciugò per poi riprendere.

"La parabola dei due amici era una storia che mio Zio era solito raccontarci nei suoi ultimi anni e crescendo noi tutti abbiamo capito il suo senso: il primo amico era Britannia, il secondo era Agharti.
Il Santo Clovis ha sempre voluto una ricongiunzione tra di noi, così come ha sempre sognato che lavorassimo insieme per prosperare assieme e godere dei frutti mentre ne avremmo creati di nuovi... In questa parabola c'è anche una risoluzione al problema politico."

"Dogmaticamente Astera e Padre Celeste sono nomi del Padre degli Uomini, del Padre del Tutto, e i suoi rappresentanti sulla terra possono chiamarsi Inquisitori e Confessori così come Cardinali, Preti, Abati o Frati. La Divina Giustina e il Supremo Ecclesiarca sono i Pontefici, i costruttori e i difensori del ponte che collega Britannia con la Teocrazia. Il Santo Clovis fu colui che parlò al Padre di Tutto e che per primo ricevette l'illuminazione di un popolo umano forte e protagonista nel mondo di Ea, quindi Santo tra i Santi. Si risolve così il problema del primato religioso, poiché non vi è primato a cui aspirare o contendersi se esso è condiviso.
Il problema politico invece è risolto da una collaborazione, in cui Agarthi sarà vassallo di Britannia e Britannia aiuterà il suo vassallo a prosperare. Quando vi attaccheranno arriveremo in vostro aiuto, quando noi muoveremo guerra verrete in nostro soccorso; moneta non ne vogliamo, poiché sarà anzi probabile che saremo noi a investirne nei vostri territori. Così rispettiamo il valore che gli uomini e il mondo dà allo stato e si risolve anche il secondo punto.
La nostra felice unione può quindi dirsi fatta."


E smise di parlare. Era un'idea, solo una lontana idea che poteva fare del gran bene per entrambi. Pregò Astera, il Padre Celeste, il Padre di Tutto affinché dall'altra parte capissero quanta bontà c'era in quel disegno.

Se vuoi delucidazioni in merito a quanto sto proponendo, chiedimi pure via mp
anche se più o meno è davvero quanto ho scritto qui sisi
 
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Tzasstan

Useless Member
Il Concilio Dogmatico sperimentò un'intera serie di emozioni mentre, sebbene Goffredo avesse dichiarato che la questione di fede fosse chiusa, il Principe Albrecht continuò, a discapito di tutto, forse con un pizzico di non del tutto ingiustificato senso di superiorità a parlare. Rabbia e oltraggio inizialmente, ma, con l'avanzare del discorso, anche un senso di umiliazione e vergogna per la loro stessa testardaggine.
Si potrebbe dire che i vescovi rimasero nella sala per rispetto della nobiltà degli inviati di Britannia, la verità dei fatti era che sebbene il Cardinale Goffredo avesse chiuso la riunione, era Reginaldo il capo di quel Concilio e le guardie Rimembranti non avrebbero consentito a nessuno di uscire senza che il Cardinale in comando avesse dato il via libera. Alcune di queste guardie, tuttavia, abbandonarono la sala alla fine del discorso dei dignitari di Britannia.
Le parole del Principe di nuovo mostravano una sconcertante oggettività che sebbene apparentemente irrispettose, addirittura crudeli, avevano un fondo di verità che nessuno dei presenti poteva negare. Neppure Goffredo. Non che fosse tipo da esporre apertamente quando era in errore, ma il fatto che si limitò ad ascoltare quello che Albrecht aveva da dire, senza controbattere, né con l'intenzione di farlo, diceva molto sul peso che stava avendo la discussione sui presenti.
Reginaldo rimaneva di contro in silenzio, ma la sua anima era piena di una cauta gioia. Unificare le fedi era il desiderio espresso dalla Devota, ed il fatto che Britannia, sebbene per scopi non solo dogmatici avesse interesse nella stessa cosa era sicuramente rincuorante. Il problema era come interpretare la proposta di vassallaggio, rinunciare a parte del proprio potere per un vantaggio politico ed economico era una mossa rischiosa. Una che temeva di non avere il coraggio di fare sebbene Giustinia I gli avesse dato l'autorità per farla.
Provò a rispondere ma sentiva il peso di tutti gli sguardi, ma prima che potesse aprire bocca il rumore di distanti canti votivi che diventavano sempre più forti e l'odore di incenso invase le sue narici. Le porte si aprirono e una processione, non diversa da quella che aveva accolto i dignitari di Britannia scortò all'interno della sala una grande portantina coperta da suntuose stoffe di seta bianche. Due chierichetti agitavano i loro incensieri verso una minuta figura adagiata su un cumulo di cuscini che formava una specie di letto di fortuna. I presenti di Agarthi chinarono il capo per accogliere nella sala la Pontefice.
Reginaldo e Goffredo scesero dai lori seggi e si misero al fianco della portantina a capo chino, mentre esso veniva rivolto verso il Principe Albrecht. Due valletti alzarono il velo rivelando una Giustinia pallida come un fantasma, con la fronte fradicia di sudore, ma ciononostante vestita negli abiti cerimoniali più comodi che una figura del suo lignaggio si potesse permettere e con uno sguardo deciso e conciliante.

"Devota, vi chiedo perdono per..."

Provò a dire rapidamente Reginaldo, ma un gesto da parte sua lo mise subito a tacere. La sovrana della Teocrazia si rivolse verso di lui.

"Ti chiedo io perdono, Reginaldo, per averti dato questo fardello."

La sua voce uscì dalle sue labbra come un debole sussurro, la malattia non le aveva ancora dato tregua, ma la situazione non poteva essere gestita da un semplice cardinale. Prese una lunga pausa per riprendere fiato, annusando un sacchetto di erbe curative che i medici le avevano dato per scacciare gli umori cattivi.

"Quanto a voi, nobile Principe Albrecht VI, Confessore Alderic, ringrazio Astera che ha reso possibile oggi la vostra presenza. Ciò che è stato detto oggi ha sicuramente toccato il cuore del problema del primato religioso. E come è stato detto, non vi è competizione se la fede è sola ed una. Posso capire e concordare con questo vostro punto di vista"

"Non è per questo che tuttavia voglio insieme a voi, nostri fratelli di Britannia, dare inizio a questo processo di unificazione, tanto sognato dal Santo Clovis, ora Santo fra i Santi, quanto da me. La mia convinzione, così come quella della Teocrazia di Agarthi, è che ciò a cui noi come umani dobbiamo aspirare è alla pace mondiale ed eterna su Ea. Pace, ad ogni costo. Un utopia per molti, una certezza per me. Ma è oggi che penso che l'aspetto del "ad ogni costo" venga più messo alla prova."

"Oggi alla Teocrazia di Agarthi viene richiesto di mettere da parte la sua superbia a favore di un futuro glorioso per tutti, ed è questo che voglio fare. Oggi noi saremo per voi il secondo amico. Agarthi e Britannia lavoreranno assieme per sanare la terra arida e faranno dare più frutto a quella fertile. Sire e vassallo. Tutto sotto Astera, il Sommo Padre Celeste, unico Dio degli umani, Padre Creatore di Ea"


Un lungo discorso per una persona ancora debilitata come lei, ma ciononostante uno che sentiva necessario fare.
 

Dyolance

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I volti imbarazzati e contrariati lasciarono immediatamente trasparire il pensiero che i dotti di Agharti avevano verso quella proposta, anche se alcuni venivano trovati molto più aperti e ben disposti rispetto ad altri. Il Cardinale reginaldo, per esempio, sorrise e quasi gioì delle parole del Principe, perché in fondo uno spiraglio era ancora disponibile. Indubbiamente l'ora era sempre più inoltrata, e parlare ad un uomo il cui stomaco chiedeva sostentamento sarebbe stato più difficile... Ma quanto ancora avrebbe dovuto aspettare quella riunione per raggiungere un verdetto?

Molto poco pensò Albrecht, il quale aspettò l'apertura della bocca di Reginaldo, la quale si fece attendere come il fatidico rintocco della mezzanotte; in quello spazio tra la fine del parlare di una persona e quello dell'inizio di un'altra, eterno, s'intrufolò qualcosa di estraneo alla seduta, sia per provenienza che per forma: una musica che proveniva da oltre i grossi portoni, troppo angelica per poter essere il suono della trattazione politica, molto più simile al tamburo da guerra, all'incedere della cavalleria da una collina o allo scoppiare dell'artiglieria nella piana.

Reginaldo si ammutolì e l'attenzione di Albrecht passò dall'uomo alla porta, che aprendosì mostrò il largo corteo.
Ah. - fece tra sé e sé il Principe, visibilmente sorpreso da tanta pomposità. Non credeva che Agharti desse ancora peso a certe forme d'etichetta o glorificazione dei simboli dello stato: il trovarsi davanti la sovrana induscussa di quel regno santo lo preso di controtempo, poiché non si aspettava un'entrata così scenica in un momento così importante. Sembrava tutto un grande piano architettato da Dio per dare ancora più forza a quell'attimo storico.
Inoltre, oltre che per l'ironia del tempismo, fu sorpreso appunto per tutto quel seguito, che serviva sì probabilmente a dar sollievo alla sofferente sovrana ma che comunque univa l'utile all'ulteriormente utile, contemporaneamente curando la Giustinia malata ed elevando la Giustinia Regina.

Parlì immediatamente con chiarezza allo stuolo di Cardinali e Dotti che fino a pochi secondi prima pontificavano contro o per quell'unione, a partire da Goffredo e soprattutto Reginaldo, quest'ultimo servo umilissimo della sua sovrana.
Una ragazza giovane eppure così brillante e saggia, una stella di spiritualità che irradiava tutti gli uomini con la sua fede. Sentendola e vedendola Albrecht venne sinceramente toccato da Astera, dal Padre Celeste, e la sua fede vibrò con la forza di mille soli: se gli avessero chiesto di dirigere una campagna in solitaria contro qualsiasi dei regni di Ea, per quanto gracile e non avvezzo alla tattica militare, l'avrebbe fatto, poiché tale era l'influenza e il santo carisma della giovane.

Un pensiero balenò nella sua testa: ella ricordava tremendamente lo Zio. Come dubitarne, d'altronde? Era noto quanto Dio operasse tramite menti elette e illuminate nel mondo, ovvero persone capaci di guardare oltre l'immanente e proiettare il proprio occhio e il proprio io decine di anni se non secoli in avanti, e questo facendolo semplicemente sospinti da un'idea. Fatalmente, l'idea del Profeta di Britannia e della Divina di Agharti era esattamente la stessa.

Albrecht si spostò dal suo scranno e andò incontro alla giovane, felice, felice come non lo era mai stato prima di allora. Solo le notti dopo aver liberato il suo stato dall'ombra insistente e sempre più influente dell'Impero dell'Arpia potevano avvicinarsi alla gioia di quel momento.

"Benedetta, Benedetta siete voi, Mia Signora! Non esiste parola per spiegare quanto vi sia grato e quanta felicità portate nel mio cuore: i posteri ricorderanno con gioia la vostra decisione e quanto deciso in questa sede!"

Era sorridente come può esserlo un bambino. Sorrideva anche il Confessore Alderic, che comprendeva benissimo l'importanza storica di quell'occasione: anche lui rendeva grazie, portando alla bocca il santo rosario del Padre Celeste e ringraziando mille e mille volte le schiere degli angeli e tutti i fratelli di Britannia che erano caduti per permettere a quel sacro momento di avvenire.
Albrecht invece si genufletté davanti alla portantina della ragazza e annunciò i suoi intenti.

"Oh Santa Vivente, Divina Giustinia! Permettete a questo membro del vostro nuovo gregge di porvi omaggio!" - disse, per poi tendere la mano in avanti nell'attesa che ella avanzasse la propria. Con una cura e un amore sopraffini avrebbe fatto un baciamano che suggellava quella bellissima unione, in un rovesciamento quasi epico dei nuovi ruoli che si erano creati: il signore baciava la mano del servo, in uno spirito che pienamente rappresentava i dogmi che gli Uomini seguivano.

"Gioiamo, fratelli, gioiamo e festeggiamo! Uniti nella fede e nella forma, riuniremo tutta Ea sotto lo stendardo degli Uomini e di Dio!"
Chiuse su quella nota l'intervento, invitando indirettamente tutti i dignitari presenti ora sì a sfogarsi nel lauto banchetto, poiché v'era tanto da festeggiare.

Alcuni avrebbero potuto dire che incosciamente il politico comunque influenzò le parole del fedele, e che quello stendardo a cui Albrecht facesse riferimento fosse indubbiamente quello di Dio, ma piuttosto che degli interi Uomini fosse di Britannia, che comunque era sinonimo ma pur sempre pregno di sfumature diverse e più precise.
Ciò però non aveva importanza: sigilli erano stati messi e nessuno avrebbe osato opporsi a quella unione santa e santificata dall'unione della fede. Sarebbe passato del tempo per stabilire come trovare un incontro vero e proprio tra Astera e il Padre Celeste, probabilmente in un qualcosa che abbracciava entrambe ma che non era per niente qualcosa di nuovo o rivoluzionario. Ci sarebbe stato un giusto Concilio tra i Dotti di Agharti e britannia per giungere ad un incontro che unisse tutti, certamente: ma di quello se ne sarebbe parlato più avanti.

Così, negli ultimi giorni della primavera dell'Anno del Signore 3952, la Chiesa degli Uomini tornava ad essere una e unica.

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Nel suo studiolo, il Sacro Imperatore soffriva emicrania da diversi giorni per il duro lavoro e le ore piccole fatte nelle settimane precedenti. Molto e molto ancora c'era ancora da fare e lui non aveva alcuna intenzione di fermarsi.
Tuttavia, mentre scriveva e firmava l'ennesimo documento, in un attimo la sua anima fu incredibilmente più leggera e vivace, come se fosse gioisse di un qualcosa; era tarda sera e l'ultima volta che aveva guardato fuori dalla finestra pesanti nuvole oscuravano i cieli della capitale, un paesaggio fin troppo famigliare ai residenti di Britannia. Quell'ultimo sguardo fugace era stato dato non più di un minuto prima.

Ad una nuova occhiata, un tappeto di stelle copriva la volta celeste, in un placido silenzio che aveva immeditamente incantato sovrano e sudditi. I secondi si riversarono nelle strade, indicando, guardando, i bambini tra di loro gioendo, mentre il secondo aprì la finestra del suo palazzo e si godette a bocca aperta l'incredibile spettacolo. A quella visione non ebbe più alcun dubbio.

"Padre, di qualsiasi gioia ti stai beando in questo momento, sappi che ora la condivido con te."

Quella notte fu una delle più terse e splendide che Britannia aveva avuto da lì a dieci anni.

Molto bene, ottimamente direi!
Credo che non ci sia più niente da dire, abbiamo trovato l'intesa (se vuoi aggiungere altro fai pure)

io intanto mi muovo con @Silen che abbiamo assai di cui discutere :zizi:
colgo inoltre l'occasione per ringraziare di questa giocata ideatore e partecipante, che al di là del risultato finale favorevole mi è piaciuta davvero esplorare e ruolare!
 
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