Il Branco di Kar'Voth

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Dopo generazioni seguendo le tradizioni, le tribù avevano messo da parte le scorribande e avevano, più o meno civilmente, deciso di unirsi sotto un'unica bandiera, lo stendardo della Banda Reale.
Un vessillo che raduna la quasi totalità degli gnoll, seppur incapace di coprire il chiaro malcontento generato dall'irregimentare una linea di sangue feroce, caotica e beh, pigra come quella Gnoll.
Nell'anno 3918 una gelata tardiva dal Nord portò anche un vento di rinnovamento, capace di petrare le irsute pellicce del popolo che aveva conosciuto le comodità delle abitazioni in legno: numerosi problemi di ordine pubblico sorsero per il passaggio del predicatore Kar'Voth, portatore del verbo di un culto sconosciuto, fortemente legato al mito e alla tradizione del passato nomade degli Gnoll.

Gli archivi reali parlano di sermoni con pubblici sempre più vasti di Gnoll scontenti giovani e vecchi, attriti con le autorità atte al contenimento, infiltrazioni di idee sediziose anche tra le Guardie del Re. Già avvezzi alla naturale avversione per gli gnoll ad obbedire all'autorità monarchica, i tutori dell'ordine trascurarono quello che diventerà velocemente un incendio religioso, che aveva ghermito al cuore molti detrattori del regime, i nostalgici delle incursioni predatrici e i golosi in cerca di avventure: un numero incredibilmente alto.


Il Culto della Grande Iena, l'entità pari agli dei che generò la stirpe gnoll per dare sfogo alla propria necessità di consumare la Creazione.
L'entità che insegue il Sole per ghermirlo, per poter finalmente saziare la propria straziante e interminabile fame e per gettare la Creazione oltre il Tramonto che terminerà ogni cosa.
L'entità che tormenta i sogni di Kar'Voth, l'iroso prescelto, gettando la sua mente nel lucido caos che ben si adatta alla missione, e gli dona poteri che vanno oltre le conoscenze dei suoi simili.
Un culto che trova intollerabile la sedentarietà degli gnoll e che esige un ritorno al nomadismo e alle razzie, per consumare e divorare risorse riabilitando finalmente la razza agli occhi della Grande Madre Iena.

L'anno 3919 contò innumerevoli episodi di brutale violenza che lo stato sperava di essersi lasciato alle spalle, con un picco di voraci omicidi ai danni di figure servili dell'ordine costituito: il ritorno della pratica del cannibalismo per onorare i compagni caduti o semplicemente per consumare cibo è uno dei cardini e del culto del Tramonto Eterno. Verso la fine dell'anno la capitale è accerchiata in un silenzioso assedio da parte di province infiltrate dal culto, guidate da quello che definiscono essere il nullatenente più potente del Regno.

3920
"Il Regno della Banda Reale non è una prigione, ma un'opportunità. Ci uniamo in una sola voce per un futuro più solido e più radioso di quanto non lo sia stato in passato per la nostra gente, ma non possiamo di certo non vedere che non tutti bramano lo stesso futuro.
Come il dì è differente dalla notte."
Quando ti proclami Re non ti aspetti di dover fare un giorno un simile discorso.
"Ma questo Branco ha motivo di esistere, e la Banda Reale sa che non ha perso nessun fratello, perché un giorno o l'altro avremo tutti modo di riunirci."

"Il Vorace Branco di Kar'Voth, Prescelto della Grande-Iena-Che-Divora-il-Sole e seguace del Tramonto Eterno!"
La cittadina di Opole, evacuata dei civili per l'occasione, brulicava di gnoll: fortunatamente le rivolte estive avevano reso l'ambiente più spazioso. Migliaia di soldati presidiavano il municipio, una vera cerimonia in uno stato di guerra.
"Prenderemo la via delle steppe, sorelle e fratelli, e non lasceremo che laghi aridi e campi sterili, E VILLAGGI IN FIAMME, E OSSA SPOGLIE DELLE CARNI! Come la Iena che divora la carcassa, noi consumeremo ciò che è abbandonato a se stesso e senza guida: nel nome del Disordine tramo, corrodo, devasto!"
Il Re assistette alla secessione ed al caos che ne seguì, allontanandosi con un esercito di scorta. E non potè fare nulla, se non sperare che il legame di sangue che corre tra gli gnoll impedisse una vera guerra civile.

"Kar'Voth, e ora?"
"Come dicevo, fedele Aradvak, VILLAGGI IN FIAMME."
La cittadina di Opole, che il Re aveva concesso nei nuovi territori del Branco e ne era la Capitale, fu data alle fiamme mentre un ghignante e disordinato corteo la abbandonava le terre orientali della Banda, rifiutando i terreni concessi.

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