«E quindi ho il secondo posto assicurato. Il che non è male visto e considerato tutto.» commentò Shandris mentre, intenta a farsi acconciare i capelli da una servitrice, si godeva l'espressione di Amdir.
«Hai avuto solo fortuna, lo sai sì?» replicò lui.
«La fortuna aiuta gli audaci. Mi sembra che dica così il detto, nevvero?» strizzò l'occhio all'arcimago.
«E a quanto pare anche i giovincelli particolarmente esuberanti...»
«Non puoi semplicemente essere contento per me? Per noi?» sbuffò lei, lievemente scontenta. «Voglio dire che lo scherzo è bello e fa anche ridere, ma dopo una certa una si indispone. Diglielo anche tu.» fece alla ragazza che le stava sistemando l'acconciatura e quella, di rimando, si strinse nelle spalle e guardò Amdir.
«Eh, oddio, tutti i torti non li ha, Arcimago. Shandris ha vinto uno scontro molto difficile, anzi due se consideriamo Shiver. Un minimo di riconoscimenti credo le vadano concessi.»
Il mago brontolò emulando una specie di bramito di dolore e sofferenza sin troppo teatrale.
«Forse potrei scendere a patti col fatto che sei molto brava. Forse persino migliore di me.»
«Ho sentito un complimento?»
«Forse.» rimarcò l'eldar.
«Secondo te è un complimento?» chiese alla serva.
«Secondo me sì, signorina. Secondo me è un complimento.»
Un secondo bramito di dolore si levò da Amdir Talarim.
«E come pensi di vincere alla finale? Eh? Hai visto di cosa è capace Garnet?» cercò di cambiare discorso, sviandolo via dalle sue gaffe a cascata.
«Ho visto perfettamente di cosa è capace e un uccellino mi ha anche detto che probabilmente è la maga più forte dell'Impero. Il che non mi sorprende a dire la verità, considerata la sua particolare condizione.»
«Intendi l'essere albina?»
«No, Amdir, intendo manipolare il flusso vitale. Hai mai pensato alle implicazione della cosa? Non parlo a quelle puramente belliche, ma a quelle sociali. Onestamente arrivata a questo punto sono più interessata ad approfondire la conoscenza di quel genere di magia che non a vincere questo torneo.» Oramai aveva già tra le mani la medaglia d'argento e si sentiva più che tranquilla, forse più di quanto non lo fosse mai stata durante l'intero torneo. Voleva conoscere, sapere, in lei c'era solamente una grande curiosità più che desiderio di rivalsa.
«L'ultima volta che qualcuno di noi ha utilizzato la magia del sangue non è finita benissimo, non penso ci sia bisogno io ti ricordi questa cosa.» Amdir affilò lo sguardo, dubbioso.
«Questo è vero, e non l'ho dimenticato, semplicemente non credo che sia il potere a determinare l'azione delle cose. Prendi le spaccature, in esempio, di per sé il loro potere non è più malvagio di un fulmine o di una palla di fuoco, ma è il gesto che c'è dietro a rendere abietta e deprecabile l'azione. Dor Lomin, Shatima... secondo te è colpa della magia o della crudeltà di chi ha lanciato quegli incantesimi?»
«Sei giovane e non ti faccio una colpa della poca lungimiranza che hai in tal senso, ragazza.» disse il mago, alzandosi in piedi dacché era seduto. «Ma se anche quanto dici è vero, perché è vero che è stata la crudeltà a fare quegli scempi, sappi però che è il potere stesso a corromperti, a renderti incapace di discernere il giusto dallo sbagliato, il bene dal male. Se col potere delle dita potessi far esplodere l'Impero e polverizzare Silene, lo faresti?» chiese, serio.
«È Molto probabile. E credo lo farebbe chiunque su Ea, non per odio ma per paura.» rispose lei, guardandolo.
«E questo cosa dovrebbe renderti? Un'eroina o un mostro?»
Lei alzò gli occhi al cielo, meditabonda.
«Ti sollevo io dal dubbio: un mostro. Quindi studia tutta la magia del mondo, affronta tutte le vicissitudini che Ea può offrire se desideri, e consulta tutti i maghi con cui riesci a parlare ma ricordati chi sei e non lasciare che la vittoria ti dia alla testa. Che lo faccia il potere.» poi si fermò per un secondo. «Solo una cosa dura per sempre, Shandris, e non è né potere né vita, ma la tua anima. Non venderla anzitempo, potresti pentirtene amaramente.»
Lei si rabbuiò, guardando in viso l'arcimago.
«Stiamo ancora parlando di me?»
Lui non rispose e uscì dalla tenda, lasciandola sola coi suoi dubbi.
[ ... ]
Shandris uscì nell'arena con addosso i migliori paramenti in suo possesso, tra gli applausi del pubblico esultante che si aspettava, quantomeno, una esibizione degna del gran finale del torneo. Alzò la mano libera per salutare, facendo una veloce piroetta su se stessa mentre procedeva al cospetto dell'arpia per dare inizio ai classici convenevoli pre-duello. Arrivatale vicino s'inchinò facendo tintinnare i vari gioielli che adornavano la sua veste, in un gesto di profondo rispetto e cortesia, poi parlò.
«È un onore potervi incontrare in questa finale, Garnet. Ho avuto modo di vedere il vostro operato e di assistere alle vostre dimostrazioni nel corso del torneo e, mi sento di dirvi, credo di avere molto da imparare sulla vostra arte.» sorrise. «Si tratta di qualcosa di affascinante ai miei occhi, sconosciuto perlopiù, e se vorrete una volta concluso questo evento, mi piacerebbe passare del tempo ad approfondire la questione con voi, se siete concorde. Credo che l'avvicinamento tra le nostro culture possa averci aperto nuove porte che prima erano, ahimé, chiuse ma siamo ancora in tempo per recuperare gli anni perduti.»
S'inchinò di nuovo. «Detto questo che vinca la migliore e, in ogni caso, già arrivare sino a qui è stato un traguardo di tutto rispetto per entrambe!» a quel punto voltò le spalle all'avversaria chiamando il favore del pubblico con l'ennesimo gesto delle braccia, esortandolo a fare un nuovo, scrosciante, applauso per il gran finale del torneo arcano; a quel punto si mise in posizione ed attese il consenso dei giudici di gara per procedere all'attacco.
Non potendo vantare dominio sulla vita, né potendo creare illusioni abbastanza forti, decise di fare l'unica cosa che le sembrò meno sciocca di attaccare a testa bassa, ossia tramutare il suo intero corpo in roccia. Non sarebbe riuscita a restare in quelle condizioni molto a lungo, ma finché l'avesse fatto avrebbe sopperito ai suoi flussi vitali utilizzando il semplice mana; così facendo sperava di rendere meno facile a Garnet il debilitarla e il prenderla di mira. Per colpire, invece, decise di sfruttare la tecnica che le sembrava aver funzionato meglio - e che la divertiva anche di più - sino a quel momento, ossia si lanciò - levitando - contro l'albina e iniziò menare fendenti magici a corto raggio generando tra le mani sottili e taglianti lame di pietra che, infrangendosi sullo scudo di Garnet avrebbero creato una miriade di frammenti da poter manipolare e reindirizzare nuovamente contro l'avversaria.