Battaglie turno 2

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La battaglia della collina di Lundein

[size=1.35em]Forze in campo: [/size]Esercito lealista romano ed alleati Caledoni contro ribelli di Costantino

L'Impero aveva annunciato che la ribellione di Costantino sarebbe stata schiacciata nel sangue e non si è affatto smentito. Le truppe romane, forti di 10mila uomini al comando del generale Costante muovono con sicurezza verso la roccaforte di Lundein, saldamente nelle mani dei ribelli. Sono affiancate da circa 4500 caledoni giunti inaspettatamente ed accolti con immensa gioia. Li comanda il generale Nudd, il suo secondo è il generale Ruahirid. Le truppe di Costantino contano circa 10mila uomini. Consci dell'inferiorità numerica si piazzano sopra ad una collina e li si preparano a reggere l'urto dalla posizione sopraelevata. Il giorno della battaglia si alza una nebbia fittissima e densa che oscura la visuale di tutti i presenti e rende certamente ogni tattica più difficoltosa e impegnativa.


[size=1.45em]La battaglia:[/size]

[size=1em]L'esercito romano-caledone avanza in marcia lungo il pendio della collina, per poi cominciare un'ordinata scalata. A questo punto i ribelli cominciano a vessare gli assalitori con freccie e dardi. La nebbia di certo non aiuta gli assalitori, che devono faticare per scalare e in più non riescono nemmeno a vedere chi o cosa stia tirando.
I ribelli vessano senza pietà trasformando il pendio in un autentico lago di sangue. Le truppe romane subiscono perdite considerevoli ma continuano ad avanzare in formazione compatta. Le bande da guerra caledoni sono vessate con una tale furia da mietere un numero straordinariamente alto di caduti. In pochi minuti un'intero gruppo viene totalmente distrutto dai darti e il morale dei suoi vicini viene compromesso seriamente. << Continuate ad avanzare! >>. L'urlo di Nudd richeggia nell'aria e supera il rumore delle urla dei morenti; i caledoni ritrovano coraggio e continuano la loro marcia.
Scalata la collina comincia lo scontro vero e proprio.
I romani lealisti si lanciano contro il centro e il lato sinistro dei ribelli. Entrambi gli schieramenti hanno numerosi fanti leggeri e lancieri ai lati. La banda da guerra caledone invece si trova a fronteggiare 2000 fanti leggeri romani. La carica dei caledoni, rabbiosi per gli amici appena periti, si rivela devastante. La banda da guerra impatta con foga contro i suoi nemici causando un elevato numero di perdite. Purtroppo l'elevata qualità di questi fa si che l'unità non vada in rotta e anzi, riesca a resistere e a reagire con violenza. Le numerose perdite nella banda da guerra la convincono a spezzare le fila e gettarsi nel panico giù dalla collina. Imbaldanzati dal successo i fanti leggeri romani chiamano in proprio soccorso anche gli arcieri che, una volta sguainato il coltello, si lanciano all'inseguimento del nemico. E così cadono nella trappola!
I fanti leggeri e gli arcieri romani improvvisamente impattano contro un piccolo battaglione di fanti pesanti caledoni, armati di lunghe aste ed equipaggiati alla maniera dei romani, comandati da Ruahirid. Una specie di falange arresta bruscamente l'avanzata dei nemici.
Intanto la lotta fraticida dei romani continua. Tra il clamore, il fetore e il sangue sono i ribelli ad avere la meglio, aiutati dalla collina. Riescono a respingere l'assalto del nemico ed a cacciarlo lentamente giù dalla scarpata, pur subendo gravissime perdite. Nella mischia sia Costantino che Costante perdono la vita e vengono calpestati dai loro stessi uomini che probabilmente non si accorgono nemmeno dell'accaduto a causa della fitta nebbia.
Il fianco caledone si mette improvvisamente male. La falange è troppo poco numerosa per resistere da sola e sta per essere schiacciata quando improvvisamente il fianco destro viene riempito dall'arrivo di 800 fanti pesanti caledoni, che si schiantano a cuneo contro gli arcieri nemici.
Intanto, mentre i ribelli continuano a mietere vittime, devono fare i conti con un'avvenimento inaspettato: improvvisamente il fianco sinistro dei fanti leggeri cede di schianto. Dalla nebbia si riescono a vedere delle sagome nere di grossi cavalli britanni che trainano carri con lame alle ruote. Grazie alle condizioni atmosferiche quest'arma letale è passata inosservata e può tranquillamente colpire con tutta la sua foga.
I ribelli sono colti dal panico: non riescono a vedere nulla, non capiscono cosa stia succedendo e non sentono più le urla di Costantino, mentre avvertono i versi del caledone Nudd al comando dei carri.
In breve tempo i superstiti gettano le armi e si arrendono, chiedendo di essere rispettati per il valore dimostrato e di essere reintegrati nell'esercito.
La ribellione di Costantino era finita.


[/size][size=1.45em]Esito:[/size][size=1em]
Vittoria netta dei lealisti romani e dei caledoni
I caledoni lasciano sul campo: 368 fanti pesanti (di cui quasi tutti della Falange Caledone), 1560 soldati della banda da guerra e 15 carri.
i romani lealisti lasciano sul campo: il loro generale, circa 2000 fanti leggeri, circa 1000 cavalieri leggeri, 632 fanti pesanti, 1743 lancieri.
I romani ribelli lasciano sul campo: praticamente tutto l'esercito comandante compreso. Si salvano solamente 432 lancieri, 12 arcieri, 762 cavalieri leggeri e 1123 fanti leggeri.
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[size=1.45em]La battaglia della Marcomannia[/size]

[size=1.35em]Forze in campo: [/size]Esercito della coalizione Silingi, Quadi, Longobardi contro Marcomanni

Il momento della resa di conti per la guerra longobardo-marcomanna pare arrivato. Le armate marcomanne si sono riunite per tentare un'ultima resistenza contro gli invasori. La situazione sembra immediatamente disperata. L'esercito marcomanno conta poco più di diecimila uomini al comando del generale Odomario. I silingi schierano un numero di uomini poco inferiore mentre i longobardi schierano circa novemila uomini supportati da poco meno di seimila quadi. I marcomanni sanno che non possono vincere da soli contro una tale mianccia, perciò decidono di affrontare gli eserciti separatamente. Muovono contro i silingi in marcia, sotto una pioggia leggera, nelle verdi colline della bassa germania.



[size=1.45em]La battaglia:[/size]

[size=1em]La battaglia si dimostra di una ferocia inaudita, con i Marcomanni decisi a tutto per di vincere e i Silingi ben armati e pronti ad accoglierli. Lo scontro impegna le fazioni per diverse ore e quando sopraggiungono gli eserciti longobard e quadi i Marcomanni sono in leggero svantaggio. I nuovi arrivati iniziano a vessare i nemici di freccie, per poi caricare su entrambi i lati con forza. Di fronte ad una tale dimostrazione di possanza i Marcomanni non possono fare altro che arrendersi e sperare di ricevere pietà. Il loro capo pare sia morto durante le prime schermagliate della battaglia mentre quello silingio è vivo e vegeto. La battaglia viene sostanzialmente vinta dai Silingi, le truppe alleate sono arrivate già a scontro concluso, non si sa se per puro caso o se per decisione....


[/size][size=1.45em]Esito:[/size][size=1em]
Vittoria netta della coalizione longobardo-quado-silingia.
I Marcomanni lasciano sul campo: praticamente tutto l'esercito tranne un gruppo di cavalleria e alcune centianaia di fanti leggeri.
i Longobardi lealisti lasciano sul campo: 324 soldati della banda da guerra, 3 berserker, 19 tiratori e 4 arcieri
I Quadi ribelli lasciano sul campo: circa 110 soldati della banda da guerra e 7 arcieri
I Silingi: sostanzialmente i 2/3 dell'esercito.
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[size=1.45em]La battaglia l'alta Svevia[/size]

[size=1.35em]Forze in campo: [/size]Esercito vandalico contro esercito svevo

Dopo la recente vittoria in bassa Svevia. i soldati vandalici si apprestanto a chiudere l'opera di conquista con un attacco diretto in alta Svevia. L'esercito vandalico conta circa novemila uomini mentre secondo rumori vari quello svevo dovrebbe essere leggermente più numeroso. Tuttavia, i vandali possono contare oltre che sull'amato Gunderico anche sul nobile Gundemondo lo Svevo, nobile meticcio da tempo alla corte vandalica ed esperto delle strategie belliche sveve. è proprio lui ad indicare al principe Gunderico di non tagliare attraverso la foresta ma di costeggiarla per un lungo tratto per poi colpire direttamente i grossi villaggi svevi del nord. La marcia prosegue per diversi giorni sotto una pioggia battente e ad un certo punto i Vandali devono necessariamente superare uno stretto corridoio di terra battuta in mezzo ad un bosco. è qui che Gundemondo si aspetta l'attacco svevo. La pioggia aveva appena smesso di cadere ed il terreno era un'unico ammasso di fango e melma che rendeva faticosissimi i movimenti di tutti gli armati.


[size=1.45em]La battaglia:[/size]

[size=1em]Aspettandosi un attacco incrociato Gunderico ordina di posizionare gli arcieri al centro, la banda da guerra e i fanti leggeri in un secondo anello e in quello esterno fanti pesanti e lancieri. Mentre l'esercito vandalico continuava la sua lenta marcia temendo il peggio da un momento all'altro ecco che all'improvviso si ode il rumore della tromba sveva nell'aria. Dagli alberi circostanti partono salve di freccie e dardi in gran quantità, molti dei quali ben mirati. I soldati vandalici si dispongono a quadrato, incuranti delle perdite e rispondono al fuoco. Entrambi gli schieramenti sono vessati da ogni tipo di saetta ma gli svevi hanno il vantaggio degli alberi e subiscono molte meno perdite. Un secondo squillo di tromba ordina la carica frontale da parte dei soldati svevi; per prime arrivano le bande da guerra in carica. Il loro passo è lento e faticoso, complice il pantano, sicchè i lancieri e i fanti pesanti vandalici possono tranquillamente posizionarsi e prepararsi all'urto.
In breve l'esercito vandalico è circondato su tutti e 4 i lati. I lancieri subiscono perdite consistenti e non riescono a respingere l'assalto, complice la scarsa possibilità di manovra in uno spazio stretto e nel fango. La fanteria pesante, invece, incassa bene il colpo e tiene duro infliggendo rilevanti danni. A questo punto il morale dei lancieri crolla e questi cercano una via di fuga per scappare dalla battaglia, purtroppo però si ritrovano circondati da ogni lato e non gli rimane altro che continuare a combattere fino alla fine. Il re svevo non comprende che aprendo una falla potrebbe far scappare parte dell'esercio vandalico e anzi, coglie l'occasione per inviare a combattere la propria fanteria, ordinando agli arcieri di cessare il fuoco per non colpirli alle spalle.
I tiratori vandalici purtroppo fanno più rumore che danno; i lancieri sono totalmente annientati dalle bande da guerra sveve ma il loro vuoto viene colmato dai soldati della fanteria leggera. La fanteria pesante vandalica, dopo vari tentennamenti, con una spinta verso il centro riesce a mettere in fuga le bande da guerra sveve ma a caro prezzo. Il nobile Gundemondo viene colpito a morte da una coltellata, mentre lo stesso Gunderico rischia tremendamente in battaglia quando un colpo di lancia gli buca il palmo della mano destra, recidendone i tendini.
La cosa fa spaventare i soldati della fanteria pesante che si stringono attorno al loro principe per proteggerlo, aprendo inavvertitamente una falla verso la banda di guerra vandalica. Nel buco si infilano i fanti leggeri svevi, mentre quelli pesanti si gettano contro i rimasugli di quelli vandalici.
La banda da guerra regge perfettamente all'urto, mentre i fanti pesanti si ritrovano schiacciati fra due fuochi. I fanti leggeri vandalici resistono per un po' all'urto, dopodichè crollano per le troppe perdite e cercano una via di fuga che non trovano, anche loro si dedicano al combattimento fino alla fine.
I tiratori vandalici lanciano la loro ultima salva di proiettili, mirati contro i fanti svevi, dopodichè sguainano i coltelli e si lanciano nella mischia per difendere il loro principe.
La battaglia continua ancora per diversi, interminabili minuti; l'arrivo dei tiratori da un po' di sollievo ai fanti pesanti che riescono a proteggere il principe e a chiudere la falla. Il re svevo alla fine si ritrova con pochi uomini, a lui la scelta se tentare il tutto per tutto lanciando un attacco diretto con i tiratori e la propria guardia personale oppure ritirarsi ordinatamente.
La scelta ricade sulla seconda opzione.
Un terzo squillo di tromba annuncia la ritirata dell'esercito svevo, i soldati rimasti abbandonano la battaglia e corrono nei boschi. I Vandali non hanno né le forze né gli uomini per inseguirli e l'unica cosa che possono fare è ordinare un dietro front di quel che resta del loro esercito e tornare in terra amica.



[/size][size=1.45em]Esito:[/size][size=1em]

Sul campo vittoria di misura dei vandali, tatticamente vittoria di misura degli svevi che mantengono la regione e guadagnano tempo. Un sostanziale pareggio.
I vandali lasciano sul campo: 899 tiratori, 1230 soldati della banda da guerra, annientati i lancieri e i fanti leggeri, 1345 fanti pesanti e il generale Gundemondo.
Gli svevi lasciano sul campo: 2333 soldati della banda da guerra, 89 tiratori, 890 fanti leggeri, 998 fanti pesanti, 1543 fanti leggeri.
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[size=1.45em]La battaglia delle colline dello Jutland[/size]

[size=1.35em]Forze in campo: [/size]Esercito dei Dani contro esercito degli Juti

Nell'ottica di un'espansione nell'entroterra due grosse armate dei dani si muovono dalle proprie isole fino ad arrivare nello Jutland. Qui attuano una serie di raid volti a scoprire la posizione delle armate locali, nel frattempo si muovono con sempre più sicurezza verso l'entroterra una volta ottenuto il controllo della costa.
Un primo scontro navale avviene proprio poco dopo lo sbarco dei Dani, quando alcune navi sottili jute attaccano di sorpresa quelle nemiche alla fonda, complice un mare piatto e placido. Prima che possano riorganizzarsi le navi degli invasori subiscono perdite rilevanti ma alla fine l'ammiraglio Sven "il gabbiano" (ma gli ho dato io sto nome di merda?) riesce a resistere e ad ottenere un successo netto.
Per quanto la terraferma, l'esercito degli juti decide di dare battaglia ai piedi di una grossa collina, in una giornata di fortissimo vento. I difensori contano circa 9000 uomini e sono comandati dal re Denteazzurro in persona.
Gli agressori hanno un esercito sostanzialmente identico nel numero e sono comandati dai generali Fervir (armata più piccola) e Danr (armata maggiore).


[size=1.45em]La battaglia:[/size]

[size=1em]I Dani si dimostrano subito assolutamente competenti per quanto riguarda la guerra. La due armate pongono alla loro teste gli arcieri e attaccano in formazioni lineari ma trasversalmente. Gli juti rispondono allargando la propria formazione di arcieri per subire meno danni ma i tiratori non sono molto fortunati questo giorno. Il vento rende imprevedibile la traiettoria dei dardi e dopo poco entrambi i contendenti decidono di inviare i propri effettivi nelle retrovie.
L'esercito dei dani allora passa alla seconda fase della sua tattica. Le armate cominciano ad avanzare in modo trasversale, facilitate dal fatto di non essere rallentate dalle freccie avversarie. Ad un certo punto i berserker sul lato sinistro lanciano urla di guerra tremende e caricano all'impazzata. Nel frattempo le due armate si avvicinano sempre di più fra loro e si uniscono in un unico corpo pronto per uno scontro frontale.
I berserker impattano contro 1500 soldati della fanteria leggera che vengono letteralmente spazzati via di colpo. Nonostante i fieri norreni subiscano perdite molto gravi riescono a massacrare i loro opponenti e a mettere in rotta i pochi sopravvissuti. Segue una carica generale di tutte le forze dei dani.
La fanteria pesante giunge su entrambi i lati mentre quella leggera si lancia per prima contro 2000 soldati della banda da guerra che presidiano il centro.
Lo scontro rimane per lungo tempo incerto, con entrambe le linee che mostrano orgogliosamente il proprio coraggio e il proprio valore.
Gli Juti tentano di tappare l'avanzata dei berserker inviando 1000 lancieri sul fianco sinistro; questi riescono a contenere i berserker con una certa facilità ma gli uomini-orso non ne vogliono sapere di rompere le righe e continuano a combattere disperatamente fino alla fine. Il sopraggiungere dei fanti pesanti crea un momentaneo e precario equilibrio.
Sul lato destro i fanti pesanti mettono facilmente in fuga quelli leggeri degli juti. Il loro re, tentando disperatamente di non perdere il controllo del campo, prende i suoi fanti pesanti e si dirige a contenere la falla. Nel frattempo gli arcieri e i soldati della banda da guerra dei dani si dispongono a cerchio attorno all'armata degli juti, di fatto circondandola e impedendole ogni via di fuga.
Si assiste ad un cambiamento delle sorti quando le bande da guerra degli juti riescono a mandare in rotta i fanti leggeri dani ma l'arrivo tempestivo dei rinforzi dani riequilibra la zona.
Sul fianco destro il re Denteazzurro e i suoi lottano come leoni e con immensa fatica riescono a scacciare i fanti pesanti dani, uccidendo perfino il coraggioso generale Fervir che stava tentando il tutto per tutto con un attacco laterale. Anche qui poco dopo arrivano i soldati della banda da guerra a tappare la falla.
Per quanto riguarda il fianco sinistro la fanteria dei dani, pur con grosse perdite, riesce ad avere la meglio e a mandare in rotta i suoi avversari. Questi però non trovano alcuna via di fuga e cedono al panico, gettandosi a terra ed implorando pietà.
La sorte della battaglia pare andare a favore degli invasori. il re juto riesce ad aprirsi una via di fuga che potrebbe sfruttare per andarsene ma alla fine decide di rimanere per il popolo e per l'onore, gettandosi nella mischia e sparendo fra i fendenti delle asce e delle spade. La sua morte decreta la fine della battaglia e l'acclamazione di Danr a grande vincitore del campo di battaglia.






[/size][size=1.45em]Esito:[/size][size=1em]

Sul campo vittoria di misura dei dani
I Dani lasciano sul campo: 344 berserker, 230 arcieri, 560 soldati della banda da guerra, 890 fanti leggeri, 943 fanti pesanti e il comandante Fervir
Gli Juti lasciano sul campo: sostanzialmente tutto l'esercito. Circa 3000 uomini si arrendono e chiedono pietà. Poco più di duecento riescono a scappare oltre la collina.
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