Battaglie turno 14:

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Leggerezze:

Forze in campo: esercito dei caledoni contro esercito dei Dani.

Oreste II, al comando di oltre 20.000 dei suoi, si apprestava a lanciare l'attacco decisivo sulle colline della Pittia, per riprendersi la terra che reclamava come sua.
Una bellissima giornata di primavera era il contorno per la marcia dell'armata, in cui figuravano i soldati della Legione, i carri da guerra celtici e i druidi, una eterogenea unione di antiche tradizioni celtiche e del mondo romano.
Per i Dani la situazione non era rosea. Nonostante si fossero trincerati alla meno peggio su di una collina, il comando centrale li aveva totalmente abbandonati. Nessun generale, nessuna scelta sulla strategia da prendere.
Se ci aggiungiamo il loro numero esiguo, meno di 10.000, si comprende come la battaglia non fosse certo da prendere alla leggera.

La battaglia:

Sfurttando la collina i Dani lasciarono che i nemici si avvicinassero e, una volta a portata di tiro, cominciarono a vessarli con una fitta pioggia di freccie. I Caledoni ben presto risposero all'attacco con una possanza di fuoco superiore di oltre 4 volte quella nemica.
Ci furono perdite da entrambe le parti e fu chiaro da subito che per i Dani sarebbe stata una mattanza, l'unica cosa che restava da fare era una carica frontale diretta sfruttando il dislivello.
La fanteria pesante danese si mise al centro cercando di sfondare il fitto muro di lancie della Legione caledone.
L'impatto fu disgraziatamente molto misero e la compattezza dei difensori non fu infranta. Andò meglio sul lato sinistro, dove appena 1000 fanti leggeri dani, invocando Odino, si schiantarono contro 1000 fanti pesanti nemici, infliggendoli oltre 300 perdite con una sola carica, venendo poi però fermati da una risposta compatta e decisa.
Sul lato destro 2000 bande da guerra norrene combatterono come leoni contro un nemico armato pesantemente, infliggendo oltre 200 perdite a fronte di 500 subite.
I Caledoni avevano intenzione di chiudere la faccenda rapidamente; Oreste comandò una carica sul lato dei carri da guerra, nonostante il dislivello, e fece intervenire i suoi druidi che lanciarono le loro "magie" contro le truppe nemiche.
La calca era molto forte e i Dani combattevano con immenso valore, cedendo pochissimo terreno per volta e portandosi dietro almeno un morto ogni 3 subiti, considerando però l'armamento assolutamente migliore dei Caledoni.
I cavalieri pesanti Sveoni tentarono di intercettare i carri da guerra ma fallirono. Questi si riversarono sulle retrovie nemiche compiendo grande strage, prima lanciando una serie di giavellotti e poi caricando direttamente.
La cavalleria dei Dani tentò di dare aria ai propri fanti leggeri caricando sul lato destro ma la cavalcata fu prima rallentata da fortissimi nugoli di dardi, infine fermata bruscamente da circa 2000 fanti pesanti nemici.
Per i Dani non c'era alcuna speranza, oltre a quella di una morte gloriose alla salita nel Walhalla.



Esito:
Vittoria schiacciante dei Caledoni:
I Dani lasciano sul campo: il grosso dell'esercito in battaglia, le restanti truppe sono gettate a mare e imbarcate alla meno peggio.
I Caledoni: lasciano sul campo circa 1000 fanti pesanti, qualche decina di arcieri, altri 2000 fra carri, fanti leggeri e bande da guerra.
 

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Secondo assalto a Kartveli:

Forze in campo: esercito armeno e esercito persiano contro esercito d'Iberia.

Per la seconda volta l'esercito armeno tentava di superare le forti difese del Limes degli Iberici. L'esercito del generale Arapis contava circa 11.000 soldati supportati da un piccolo contingente di cavalleggeri persiani di 2000 effettivi. L'avanzata procedette lenta e faticosa, fra la pioggia ed il fango di una stagione non proprio fortunata.
L'esercito iberico attendeva, spiando i suoi nemici con una serie di vedette appositamente arruolate, infine decise di dare battaglia quando gli sembrò che il nemico fosse sufficientemente affaticato, approfittando del vantaggio di una collina.
L'esercito del valente re Mhirdad II contava oltre 20.000 soldati, in massima parte freschi e motivati al combattimento. Non rivaleggiavano nell'equipaggiamento e nell'addestramento alla legione armena, ma sapevano comunque il fatto loro.

La battaglia:

Di fronte alla moltitudine dei nemici la consueta tattica armena sembrava un tantino fuori luogo. Inizialmente Arapis sperava di contare sulla superiorità dei suoi tiratori ma dovette ricredersi quando gli iberi inviarono oltre 4000 arcieri a cavallo nella parte bassa della collina. Questi cominciarono a vessare i nemici con fastidiosissimi attacchi mordi e fuggi.
Fortunatamente le armature dei fanti armeni potevano reggere abbastanza, sicchè le perdite furono contenute mentre i 1000 arcieri armeni tentavano in qualche modo di rispondere al fuoco.
I persiani uscirono dal campo di battaglia per aggirare i nemici, mentre Arapis tentava di prendere la collina mandando avanti i valenti tiratori armeni.
Questi furono investiti da una leggera pioggia di dardi nemici che fu poco rilevante, dopodichè gli iberici mandarono in prima linea le proprie bande da guerra che caricarono giù per la collina.
L'attacco si rivelò un fortissimo insuccesso. Ondate di giavellotti trafissero i malcapitati guerrieri che caddero in gran numero, inoltre circa 300 di un gruppo non ressero alla paura e si diedero alla fuga.
Nel frattempo gli arcieri a cavallo non riuscivano a sfondare un improvvisato muro di scudi nemico e dovettero desistere e conservare le freccie, dirigendole successivamente sui meno armati tiratori.
Una volta macellata la banda da guerra i tiratori tentarono un colpo fortuito contro i fanti pesanti iberici ma la cosa non ebbe fortuna e ci furono solamente 61 vittime.
I fanti leggeri iberici tentarono una carica sul lato ma fortunatamente i tiratori armeni seppero nascondersi dietro agli alleati appena in tempo.
Lo scontro corpo a corpo era appena iniziato.
Circa 2000 lancieri armeni tentarono di reggere l'urto del nemico ma la situazione era disperata. Oltre 5000 fanti pesanti iberici si riversarono con ira su di loro e li costrinsero a chiudersi a riccio, venendo però accerchiati.
2000 fanti leggeri subirono l'urto di una controparte numerosa il doppio e avvantaggiata dalla collina. Benchè la caparbietà degli armeni era forte le perdite si contavano numerosissime: circa 500 contro 150 nemici uccisi in pochissimo tempo.
Fortunatamente i persiani riuscirono a compiere il loro giro e piombarono sul fianco del nemico, ingaggiando 3000 arcieri a cavallo ora senza il vantaggio del tiro. Per i difensori ci furono almeno 400 perdite in pochissimo tempo, tanto che due gruppi dovettero fuggire sopra la collina, al riparo grazie al supporto di 3000 lancieri alleati.
I fanti pesanti iberici stavano mietendo orde di vittime, tanto che Arapis fu costretto a mandare i tiratori in corpo a corpo per prendere un po' di tempo. I fanti leggeri armeni, invece, riuscirono a mettersi a cuneo sfondando il fianco destro dei propri nemici e infliggendo 354 morti con meno di 120 perdite.
A questo punto Mhirdad II decise di intervenire personalmente per porre fine alla battaglia.
1000 arcieri a cavallo armeni lo videro e cominciarono a tempestare di freccie il suo reparto di cavalleria pesante ma i risultati furono molto modesti e il re degli iberi si schiantò contro il fianco di 1000 lancieri armeni.
L'urto fu violentissimo e mandò in rotta l'unità, nonostante questa riuscisse a infliggere una cinquantina di perdite fra i nemici.
Nel frattempo la cavalleria persiana si fece stupidamente circondare dai lancieri nemici. Nonostante la differenza di equipaggiamento combattè al meglio prima di perire, lasciando sul campo circa 400 nemici.
Era comunque chiaro che non ci fosse alcuna possibilità di vittoria. Accontentandosi di essere vivo, Arapis fece ritirare in fretta e furia i suoi

Esito:
Vittoria schiacciante degli iberici.
Gli Armeni lasciano sul campo: circa 6000 uomini.
I persiani lasciano sul campo praticamente tutto il loro corpo di spedizione: 1941 cavalleggeri
Gli iberici perdono poco più di 4000 soldati, di cui almeno 1000 della banda da guerra.
 
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