Battaglie turno 13

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Il massacro di Cadusi

Forze in campo: esercito reale d'Albània, Lazica e Armenia contro esercito persiano.

L'esercito unito degli alleati caucasici viaggiava ferso sud, lungo le colline di Cadusi. Settimane di pioggia battente avevano reso il terreno fangoso e difficoltoso da attraversare, tanto che uomini e cavalli sprofondavano in continuazione, abbandonandosi allo sconforto e alla fatica.
Gli iberici non erano venuti e questo non giovava certamente al morale dell'armata unita. Gli armeni del generale Vasak, 11.000 uomini, comandavano la spedizione contro i persiani occupando il centro.
Il lato destro era in mano a 5000 laz del generale Leone mentre il sinistro, orgoglio dell'armata a 14.000 abàni del generale Deiray, eroe della precedente guerra con la Persia.
Il nemico si fece trovare asserragliato su di una collina, pronto con oltre 30.000 uomini al comando del generale Shapur.

La battaglia:

Vasak sapeva di essere in svantaggio e convinse gli alleati ad avanzare in modo compatto fino ai piedi della collina per poi risalirla e colpire come un unico esercito.
All'avanzata i persiani risposero con grossi nugoli di freccie tirati dalla loro fanteria.
Gli albàni furono colpiti marginalmente, mentre ci furono alcune decine di morti per armeni e laz.
L'avanzata continuava, su per la collina. Shapur posizionò 8000 cibanarii, 4000 per ogni ala, pronti per caricare.
I laz e gli albàni mossero i loro lancieri sul lato per fare un muro di scudi, mentre i persiani parevano stranamente baldanzosi e si preparavano ad una carica giù dalla collina con diverse migliaia di fanti leggeri.
E a quel punto avvenne l'inaspettato.
Mentre i catafratti si lanciavano alla carica, seguiti dai fanti leggeri, l'esercito armeno si voltò di scatto contro i propri alleati, cominciando a combatterli.
I laz furono colti totalmente alla sprovvista ed investiti da una pioggia di giavellotti nelle retrovie, quindi sfidati dagli addestratissimi fanti pesanti armeni, che fecero una strage in pochissimi minuti.
2000 uomini della banda da guerra albàna furono impegnati dal nemico ma seppero resistere, nonostante lo sgomento, tanto da permettere a Deiray di risposizionare i suoi.
Un reparto di lancieri si lanciò alla carica contro i cibanarii, venendo falciato ma interrompendone la devastante avanzata.
I tiratori cercarono di sfoltire le fila della fanteria persiana che, colta alla sprovvista, vide cadere un'intera linea contro i giavellotti dei valenti albàni.
I laz dovettero subire i cibanarii sul fianco e non ci fu più nulla da fare, Leone fu travolto ed ucciso e l'esercito si disperse, incalzato dalla cavalleria e dalle freccie.
L'urto della fanteria persiana unita ad un terrificante cuneo creato dagli armeni non lasciava possibilità di vittoria agli albàni, che tentarono la fuga.
Gli arcieri a cavallo furono i primi a riuscire a scappare, seguiti dai fanti pesanti che trovarono abbastanza forza per correre via, gettando al vento elmi, spade e corazze. Molto peggio per le bande da guerra e i fanti leggeri, che furono accerchiati e schiacciati dal nemico.
Arcieri e tiratori riuscirono a schermagliare abbastanza da crearsi una via di fuga, non indolore.

Il tradimento era completo.


Esito:
Vittoria schiacciante dei persiani e degli armeni.
I laz lasciano sul campo: praticamente tutto l'esercito.
Gli albàni lasciano sul campo: tutte le bande da guerra, i fanti leggeri e i lancieri, più della metà fra arcieri e tiratori e diverse centinaia di fanti pesanti.
Gli armeni perdono circa 500 fanti
I persiani perdono circa 300 fanti e 70 catafratti.
 

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[size=1.45em]Battaglia oltre il Limes Iberorum:[/size]

Forze in campo: esercito d'Iberia, esercito imperiale romano e esercito lazico contro esercito reale armeno e esercito persiano


Sotto una forte piggia battente l'esercito armeno, supportato da un contingente di 10.000 persiani, forte quindi di circa 20.000 uomini comandati dal valido Vasak, si lanciavano contro le fortificazioni del Limes degli Iberi, costruito con grande spesa dal re d'Iberia solamente 5 anni prima.
Le difese furono forzate, non senza perdite, il grande fiume che da tempo immemore separa Armenia e Iberia guadato, ma gli iberi avevano preso abbastanza tempo per organizzare la loro resistenza.
800 arcieri a cavallo laz erano giunti da poco, dopo la sconfitta di Cadusi. C'erano poi 4000 romani, messi di stanza in questi anni per garantire i termini della Foederatio e ovviamente erano accorsi a sud.
Infine, il cuore della difesa, l'armata iberica di Mhirdad II Archilvelishvili, forte di 14.000 uomini, cui si aggiungevano alcuni reparti di arcieri e bande da guerra richiamati dalla capitale Telavi.
I due eserciti erano molto diversi. Quello armeno, ben equipaggiato ed addestrato, quasi poteva sfidare le legioni romane. Invece, quello iberico contava moltissimo su un morale fuori dal comune, dato dallo zelo con cui venivano addestrati i guerrieri locali fin da piccoli.

La battaglia:

Mhirdad II, che fin da piccolo aveva combattuto contro i persiani, ed odiava gli armeni accusati di aver detronizzato suo padre. Inviò due gruppi di arcieri a cavallo per colpire il lato sinistro del nemico, mentre un gruppo di arcieri romani si sarebbe occupato del destro. I risultati di entrambe le parti furono abbastanza modesti ma i vari gruppi continuarono a colpire e ritirarsi, in successione, lasciando che l'esercito nemico avanzasse infastidito dai colpi.
Sia armeni che iberi disponevano di molte truppe da tiro che non tardarono ad usare.
La prima salva fu nettamente in favore degli iberi, che tirarono con una precisione assolutamente maggiore rispetto alla propria controparte.
Vasak mosse cavalleria pesante e cibanarii persiani su due gruppi distinti sulle ali, proprio come accaduto a Cadusi, preparandoli per un attacco.
Ancora dardi in volo, questa volta un tiro inconcludente per entrambe le parti.
Si cercò di rimediare con i giavellotti che diedero il punto agli armeni e alla loro compattezza nel combattimento, facendo cadere almeno 300 iberici e una decina di romani.
Ancora un'altra schermaglia con la cavalleria che vedi gli armeni in vantaggio di 120 morti contro 80 subiti.
Ancora una volta i giavellotti armeni e persiani furono superiori, Mhirdad comandò una carica di cavalieri leggeri per disperdere il nemico ma non andò bene e i cavalieri dovettero ripararsi per evitare di beccarsi il fuoco incrociato.
L'esercito iberico si compattò con quello romano, mettendo i fanti pesanti al centro e la bande da guerra ai lati, pronte per subire la carica dei cibanarii che si facevano strada prima con gli archi e poi con le lancie.
Nel frattempo armeni e persiani lanciavano una carica centrale con i fanti leggeri.
Un tentativo di sostituire all'ultimo la banda da guerra con i lancieri fallì all'ultimo e i cibanarii travolsero ogni resistenza. Sul lato destro ci furono oltre 1000 morti al primo colpo ma poi si arrivò a contatto con le punte delle lancie. Meglio sul sinistro, dove la pioggia rallentò eccessivamente i cavalieri che fecero solamente 300 morti e cominciarono a combattere.
La carica dei fanti non fu un totale diastro ma poco ci mancò. Impacciati dal freddo e dal fango i soldati si schiantarono con ferocia contro un compatto muro di scudi e subirono parecchie decine di perdite infliggendone meno di 100 nei primi istanti della lotta.
Mhirdad tentò un aggiramento con i suoi cavalieri pesanti ma fu intercettato da una pioggia di freccie degli arcieri che tuttavia causarono pochissimi morti.
Il lato sinistro continuava a cedere, nonostante l'arrivo dei lancieri i catafratti persiani parevano inarrestabili e facero altro 400 morti. Anche sul destro costressero alla fuga le bande da guerra iberiche ma furono fermati da un compatto muro di scudi.
Al centro i fanti leggeri persarmeni combatterono come leoni, fiaccando terribilmente il nemico prima di ritirarsi per il basso morale e lasciare spazio a 3000 persiani della banda da guerra.
Ancora una volta Mhirdad tentò di cambiare le sorti della battaglia colpendo i cibanarii sul fianco ma i suoi cavalieri furono intercettati dal tiro di 2000 arcieri armeni, che li costrinsero a rallentare la carica.
L'arrivo dei rinforzi fece precipitare il lato sinistro iberico, i soldati regi si diedero allafuga mentre i romani resistettero ancora per un po', subendo comunque oltre 1000 perdite.
L'altro lato vide gli iberoromani fermare l'avanzata nemica nonostante l'arrivo di altri 1000 fanti pesanti nemici.
Tutto si giocava al centro alla fine, le bande da guerra persiane alla fine furono costrette alla fuga ma le truppe iberiche e romane non avevano più uomini per tappare un'ulteriore carica.
Si ammassarono sul lato sinistro cercando di colpire con la poca forza che gli rimaneva, al comando di Mhirdad che non temeva freccie o colpi di spada.
Le sorti si decisero quando una freccia vagante colpì Vasak al collo, disarciondandolo e uccidentolo.
I persiani rimasti, non vedendo più un capo si diedero alla fuga e presto li seguirono gli armeni.
La battaglia sanguinosissima di Telavi era finita.



Esito:
Vittoria di misura della coalizione iberico-romano-lazica
I laz perdono il reggimento di arcieri a cavallo di cui disponevano
i romani perdono circa 4000 uomini
Gli iberi perdono circa 8000 uomini
Gli armeni perdono circa 6000 uomini
I persiani perdono circa 6500 uomini.
 

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Incursione sulle colline della Caledonia:

Forze in campo: esercito dei Dani e esercito dei norvegi contro esercito reale caledone

Dopo anni di semplici incursioni i Dani si erano decisi a fare sul serio. Massacri e massacri in Pittia precedettero la calata vera e propria a sud, verso la Caledonia.
Arn comandava un esercito forte, anche se un po' fiaccato dai recenti fatti della Pittia. 8000 fieri soldati del nord.
Inaspettatamente e senza chiedere il consenso dei Dani giunsero dal lato sinistro dei due schieramenti 3000 guerrieri norvegi. Il loro intento era chiaro, massacrare i celti e depredarne le terre anche se possiamo parlare di un'alleanza momentanea e di fatto che non regolare con i Dani.
A difesa della Caledonia c'era ancora un volta il furioso Brix, con poco più di 5000 uomini.
L'esercito dei difensori si era trincerato sulle colline, protetto dai Dun di pietra e attendeva l'arrivo della marea.

La battaglia:


Una pioggia leggera picchiava sul campo di battaglia. L'esercito dei Dani avanzò coraggiosamente, sfruttando la superiorità numerica.
Gli arcieri dei Dani erano in netta superiorità numerica e cercarono di sfoltire le file dei nemici con rapidi attacchi mordi e fuggi. Tuttavia la piogga e il dislivello del terreno resero l'operazione molto faticosa, tanto che i caledoni poterono tranquillamente fare il tiro al piccione infliggendo 300 morti contro appena 71 subiti.
I norvegi caricarono dal lato sinistro dopo una lunga camminata, Brix decise di combatterli di persona al comando di 50 carri da guerra caledoni.
Intanto le schermaglie continuavano fra i vari contendenti. Questa volta i dani risposero efficacemente al fuoco e i pochi arcieri Caledoni si diedero alla fuga dopo aver subito consisenti perdite.
Il buco fu riempito da 2000 uomini della banda da guerra, mentre altri 2000 furono lasciati ai lati sperando di intercettare un lungo giro della cavalleria pesante dei Dani.
Senza più una risposta gli arcieri fecero altri 434 morti prima di lasciare il posto alla carica della fanteria, che aveva lentamente camminato su per la collina.
Brix caricò con abile maestria, sfruttando l'impeto dei suoi e le sue doti di generale. 881 soldati della banda da guerra norvegia furono spazzati via in un solo colpo, il resto dell'unità andò in rotta seguita da un gruppo di 1000 fanti leggeri.
Rimasero solamente altri 1000 soldati a tentare di arginare la furia dei carri, una lotta abbastanza impari.
La cavalleria danese riusciì nel suo aggiramento e si abbattè con forza contro i suoi nemici facendo oltre 500 perdite, l'unità restò a combattere insieme ai compagni ma già il morale del gruppo era compromesso.
Al centro la carica delle bande da guerra dane e di 300 berseker fu un colpo molto duro per i pochi difensori che cadevano uno dopo l'altro.
Sembrava finita, quando un corno tuonò rompendo il rumore della battaglia, per un momento.
Oreste II, al comando di quasi 18.000 Caledoni aveva raggiunto il Dun e stava lanciando tutta la possanza dei suoi uomini, stanchi ma desiderosi di lottare.
La mischia dei carri fu favorevole ai Caledoni, ma un coltello lanciato da breve distanza colpì Brix, uccidendolo.
L'esercito caledone devastò di freccie le retrovie nemiche e caricò con tutta la forza della fanteria pesante, alla cui testa c'era l'ormai famosa Legione Caledone.
Le bande da guerra scapparono lasciando il campo ai soldati alleati e ci fu un grande urto.
Il lato destro fu immediatamente favorevole ai Caledoni che falciarono le bande da guerra nemiche con oltre 900 morti. Il sinistro resse un po' di più mentre al centro i bersker furono circondati e massacrati, dopo aver comunque combattuto molto bene ed aver fatto quasi 600 morti fra i fanti pesanti nemici. Arn cadde nelle prime fasi del combattimento.
La cavalleria degli sveoni dani abbandonò il campo ancora intatta mentre il resto dell'esercito dei Dani corse lontano dalle colline, in fuga.

Esito:
Vittoria schiacciante dei Caledoni:
I norvegi lasciano sul campo circo 2400 uomini.
I dani lasciano sul campo il comandante Arn, circa 4500 uomini.
I caledoni lasciano sul campo circa 5000 uomini (in massima parte banda da guerra) e il comandate Brix.
 
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