Battaglie turno 10

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Guerra fratricida:

Esercito del Sultanato ottomano contro esercito del Quaid della Pecora Bianca.

L'inspettato attacco del Quaid e dei suoi vassalli georgiani aveva travolto le misere difese ottomane ad Oriente.
Totalmente impreparati a causa della guerra ungherese, gli ottomani dovettero procedere a marce forzate fino alla Cappadocia sotto assedio, trovandola già occupata dai nemici.
La morte del generale ottomano Beyazed Reis inizialmente scoraggiò le truppe ma il suo posto fu rapidamente preso dal suo luogotenente, sicchè lo scontro potè cominciare senza troppi problemi.
Il vantaggio principale del Quaid era la posizione arroccata sulle montagne, mentre gli ottomani vantavano una maggior conoscenza del territorio e la fortuna del meteo, che mostrava un vento lieve e non eccessivamente fastidioso.
In totale gli ottomani disponevano di oltre 30.000 soldati, poche migliaia in più dei turchi del Quaid

La battaglia:

I turchi del Montone decisero di attendere l'avanzata degli ottomani vessandoli di freccie dalla loro posizione assolutamente favorevole.
Sfruttarono inoltre i punti più esterni dei monti per lanciare una serie di cariche dei propri temibili arcieri a cavallo.
Per gli arcieri i risultati furono inizialmente modesti ma i cavalieri riuscirono a infastidire le ali degli ottomani, causando un certo numero di perdite. Fra i morti si contava anche Muhammud, capo mercenario al servizio ottomano.
I soldati di Istambul risposero con il tiro dei propri arcieri e mettendo ai lati i sacrificabili miliziani.
Successivamente venne ordinata una lenta avanzata sotto al fuoco nemico per cercare un punto abbastanza favorevole da poter vessare il Quaid con gli archibugi.
L'avanzata fu lenta e a tratti faticosa, costando la vita di diverse centinaia di miliziani e gruppi sparsi di lancieri e fanti leggeri.
Ai lati il contrattacco dei balestrieri a cavallo ottomani fu vano e il reparto dovette rapidamente ripiegare con oltre 600 perdite.
Una volta giunti a portata di tiro gli ottomani fecero volare i loro proiettili.
La prima salva fu di utilità modesta e almeno una ventina di ottomani furono uccisi dai difetti nelle armi.
La Pecora prese coraggio e continuò a vessare il nemico. Un reparto di archibugieri fu costretto alla fuga mente 2000 cavalleggeri ripiegarono all'interno dello schieramento dopo aver subito il fuoco incrociato del nemico.
Una nuova salva di proiettili sortì un effetto molto migliore, falciando almeno 2000 arcieri nemici. Per la prima volta gli ottomani mostravano un uso massiccio di un nuovo tipo di archibugio, più piccolo e più maneggevole che permetteva loro una mobilità migliore (quello che viene chiamato archibugio "in stile Novgorod").
Sfruttando il vantaggio creato dal panico e la successiva rabbia del Quaid, le truppe corazzate furono messe in prima linea, pronta a ricevere la carica di oltre 10.000 fanti nemici.
Sull'ala sinistra un reggimento di picchieri non riuscì ad intercettare il nemico e subì pesanti perdite, un'altro invece colpì alle spalle un gruppo dei turchi in ritirata e causò 351 morti subendo poche perdite.
Una nuova salva di proiettili rallentò l'avanzata nemica e fece una grande strage.
I reparti di fanti leggeri e lancieri del Quaid di schiantarono contro circa 4000 fanti pesanti supportati anche da 3000 lancieri, mentre i fanti della mezzaluna si rifiutarono di caricare i fratelli musulmani.
Lo scontro fu sanguinosissimo e vide gli ottomani tenere saldamente la posizione nonostante perdite spaventose.
Sulle ali il Quaid tentò una carica della cavalleria pesante ma la controparte ottomana riuscì a fermarla in tempo, nonostante subisse perdite maggiori rispetto al nemico.
Ad un certo punto giunsero i fanti pesanti della Pecora e fecero tremare lo schieramento ottomano, tanto che fu ordinata la carica generale di tutti i soldati, tiratori compresi.
L'arrivo dell'esercito di supporto riuscì in qualche modo a tappare la pericolosissima falla ma creò un tritacarne mortale.
Gli ottomani tentarono di premere sul fianco destro ma il quaid seppe resistere con fierezza.
Pareva che le truppe ottomane fossero in grande difficoltà ma fortunatamente il superiore addestramento e la qualità migliore delle armi gli permise di mantenere il morale alto per più a lungo.
Alla fine le truppe del Quaid furono costrette alla ritirata poichè gli ottomani continuavano a tenere la posizione e subivano meno morti ma non fu una vittoria.
Il Quaid riuscì a fuggire insieme a quel che restava della sua cavalleria mentre l'esercito ottomano si trovò decimato e impossibilitato a prendere parte alla campagna ungherese.
La fatica e le perdite erano talmente gravi che non si tentò nemmeno di recuperare la Lazica, difeda ora dai georgiani.

Esito:
Vittoria di misura degli ottomani.

Gli ottomani lasciano sul campo circa 20.500 uomini
La Pecora Bianca lascia sul campo circa 23.000 uomini
 

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Invasione del Marocco:

Esercito reale portoghese e castigliano contro esercito del sultanato di Fez.

Dopo aver ammassato a Gibilterra un esercito di circa 10.000 uomini comandati dal vecchissimo generale Juan de Brangaca, i portoghesi mossero la loro potentissima flotta per sbarcare a Fez.
Li supportava un esercito castigliano di 17.000 uomini comandati dal generalissimo Diego Velzques de Cuellar. Entrambi gli eserciti avevano un solo, grosso svantaggio cioè quello di non riuscire a sbarcare contemporaneamente a causa della penuria di trasporti ma necessitavano di una tattica ad ondate.
Muhammud Ab Haqq, l'emiro di Fez, comandava il suo esercito di 15.000 uomini, deciso ad impedire lo sbarco dell'armata congiunta. I presagi gli erano favorevoli, il sole cocente non avrebbe lasciato scampo agli infedeli.

La battaglia:

L'emiro appostò le proprie truppe in alcuni siti strategici lungo le spiagge. Arcieri e archibugieri pronti a fare fuoco, truppe da mischia a proteggerli.
Inizialmente gli infedeli spiegarono alcuni reparti di cavalleria leggera, forse a scopo esplorativo. Non appena essi toccarono il terreno furono travolti da una fitta pioggia di proiettili che ne uccise almeno 600 e causò un panico generale.
Seguì l'arrivo dei contingenti di miliziani, anche essi furono travolti dai dardi nemici ma forse a causa della loro posizione sparsa subirono perdite poco consistenti.
Nel frattempo stavano giungendo anche i fanti pesanti castigliani e le truppe da fuoco, armate con i nuovi archibugi "alla Novgorod". I continui colpi facevano vittime nei miliziani ma nel frattempo giungevano anche i fanti leggeri che si lanciarono in una carica sul lato sinistro dello schieramento.
L'attacco si interruppe bruscamente non tanto per la violenza del fuoco de fezzani quanto per la vecchia tattica della finta carica castigliana, che comunque non causò l'attacco nemico.
In ogni caso l'emiro inviò i propri gruppi di archibugieri su dromedario per sfoltire il lato destro dei nemici.
I miliziani e i fanti leggeri cristiani erano ormai ampiamente in fuga e vennero rimpiazzati dalla carica delle truppe a cavallo portoghesi e castigliane. I cavalli però si dimostrarono nettamente inferiori ai dromedari nel clima caldo e la sabbia li rallentò eccessivamente, rendendoli un bersaglio facilissimo per il nemico.
Nel frattempo sbarcavano anche i picchieri e i primi reparti di cavalleria pesante. Le superiorità di fuoco delle nuove armi castigliane cominciava a farsi sentire e le armate marocchine dovettero ricorrere a deviarne le traiettoria sui propri miliziani.
A questo punto i castigliani ordinarono la carica generale.
I fezzani si affrettarono a compattare le proprie fila con i lancieri e tentarono di intercettare i cavalieri pesanti nemici con la carica dei propri dromedari.
La mossa riuscì e la carica dei cristiani fu interrotta dagli agili cavalcatori del deserto.
Anche la carica dei fanti pesanti fu bloccata da una salva di freccie e dalla controcarica dei lancieri nemici, con il morale più alto che mai.
Sul lato i picchieri sprofondavano nella sabbia e annegavano nel sudore causato dal caldo, diventando un bersaglio ideale.
I portoghesi tentarono una controcarica con le truppe dei lancieri ma furono intercettati dai miliziani magrebini che combatterono come leoni e mantennero la posizione.
La tattica cristiana stava vacillando, la carica era stata interrotta. I reparti di cavalleggeri riuscirono a lanciarsi nel fianco nemico, causando oltre 2000 morti fra arcieri ed archibugieri ma vennero rapidamente raggiunti da 2 gruppi di lancieri e in gran parte massacrati.
La cavalleria pesante riuscì a mandare in rotta i dromedari ma Diego Velazques fu colpito al collo da una sciabola e cadde a terra. Brangaca pareva morto alle prime avvisaglie della battaglia, forse stroncato da un infarto.
Con immenso sforzo le truppe scristiane riuscirono a erodere passo dopo passo le posizione dei fezzani, ormai stremati per l'inferiorità numerica. Nonostante avessero combattuto egregiamente il loro schieramento si schiantò duramente quando gli archibugieri portoghesi fecero pressione sul lato sinistro, consentendo una controcarica di fanti leggeri.
L'emiro riuscì a fuggire senza eccessiva difficoltà richiamando la sua guardia personale.
Per i cristiani era una vittoria tattica ma strategicamente un enorme insuccesso, concludendo almeno per il momento la possibile conquista totale del Fezzan

Esito:
Vittoria di misura della coalizione cristiana:
I fezzani lasciano sul campo: circa 9000 uomini.
I portoghesi lasciano sul campo circa 6000 uomini e 1000 miliziani distrutti e il generale
i castigliani lasciano sul campo circa 10.000 uomni, 1000 miliziani distrutti e il generale
 

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La rabbia tedesca:

Dopo aver attraversato il confine le truppe del Brandeburgo conquistarono abbastanza facilmente Danzica e li si riunirono con quelle dei teutoni, appoggiate fra l'altro dalla flotta anseatica e da essa rifornite.
In totale poco meno di 30.000 uomini comandati dal gran generale Gregor Von Neumark.
I polacchi stavano arrivando da sud, assieme ai lituani, dopo una lunghissima marcia a tappe forzate e dopo aver subito il sabotaggio delle vettovaglie da parte delle abili spie tedesche.
L'esercito polacco, forte comunque di 30.000 uomini comandati dal giovane re Sigismondo I si affrettavano a scacciare i tedeschi, ora trincerati nelle proprie posizioni, in una giornata leggermente piovosa.

La battaglia:

Sfruttando la superiore mobilità della propria cavalleria i polacchi lanciarono una doppia carica di arcieri a cavallo su entrambi i lati. Caddero i primi morti, principalmente miliziani usati apposta per lo scopo.
Sigismondo sperava di stuzzicare i suoi avversari e indurli a lanciarsi in una carica scomposta ma i tedeschi non caddero nel tranello e preferirono continuare a subire l'urto nemico che diventava via via pù pressante.
I balestrieri tedeschi tentarono di riequilibrare il campo, senza troppo successo mentre per gli archibugieri era ancora troppo presto. I polacchi continuavano a tirare, prendendo sempre più coraggio ma non vedendo lo schieramento nemico muoversi in avanti per colpirli. Decidendo di aver inflitto sufficienti perdite il sovrano polacco si mise alla testa della sua cavalleria, circa 8000 cavalieri pesanti e si lanciò in una carica frontale mentre i suoi arcieri a cavallo mettevano in fuga gli ultimi reparti di miliziani presenti sul campo e infliggevano oltre 500 perdite ai balestrieri.
La cavalleria pesante, avvantaggiata dalla pianura, fece tremare la terra ed i cuori dei tedeschi che tuttavia non fuggirono.
I lancieri furono preparati all'urto mentre archibugieri e balestrieri dovettero tirare tutto il loro fuoco sulle truppe nemiche, sperando di rallentarle.
I proiettili degli archibugi bucarono le pesanti corazze della cavalleria e fecero crollare almeno un migliaio di nobili guerrieri, con un risultato tutto sommato ottimo. I balestrieri, ormai esigui nel numero, diedero un discreto supporto.
La carica non si infranse ma dozzine di altri cavalieri furono abbattuti, fra di essi lo stesso re Sigismondo, colpito al volto da un proiettile.
I suoi però non se ne accorsero subito e si schiantarono fieramente contro i lancieri tedeschi, abbattendone almeno 3000 nelle primissime fasi della battaglia e causando un panico generale nelle truppe alleate.
Fortunatamente il generale Gregor corse in loro soccorso con i suoi cavalieri pesanti e rianimò i il loro morale con forti esortazioni. Nel frattempo la cavalleria leggera tedesca si lanciava all'inseguimento degli arcieri a cavallo polacchi, ormai senza più munizioni.
I polacchi chiamarono la propria fanteria all'attacco per dare il colpo di grazia ai tedeschi, che cercarono combattere in un cuneo allargato con l'ausilio dei fanti leggeri.
Nel corpo a corpo i picchieri cominciarono a fare strage della cavalleria nemica, la cui fuga fu bloccata mentre i fanti pesanti si misero contro le truppe polacche in arrivo ma non ne ressero l'urto, ripiegando verso le zone controllate dagli alleati.
Nel frattempo le truppe di cavalleggeri si affrontavano con un leggero vantaggio per i tedeschi.
Nonostante l'arrivo della fanteria il morale dei polacchi era ormai compromesso e le perdite nella cavalleria pesante irreparabili. I tedeschi caricarono con le truppe da tiro ebbero quel quanto basta in più per convincere il nemico a lasciare il campo.

Esito:
Vittoria di misura della coalizione tedesca:
Il Brandeburgo lascia sul campo circa 9000 uomini e un reparto di balestrieri distrutto
I Teutoni lasciano sul campo circa 6500 uomini
La Polonia-Lituania lascia sul campo il re Sigismondo circa 12.000 uomini ma il grosso della cavalleria pesante.
 

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La più grande battaglia del secolo:

L'entrata dell'Ungheria nel Sacro Romano Impero faceva presagire un grosso movimento di truppe. L'esercito ungherese, ancora rattoppato e lacerato dalla recente sconfitta poteva comunque contare su quasi 14.000 uomini al comando del re di Moldavia Stefan Musatini.
Con loro le truppe austriache, 13.000 soldati freschi e pronti che si erano uniti alla battaglia. Infine l'esercito papalino comandato dal capitano di ventura Alvise Sebastiano, forte di ben 17.000 uomini.
In posizione di difesa a proteggere le foreste di Budapest c'era l'esercito mamelucco dell'Imam Muhammud ib Faruq, forte di 25.000 uomini rafforzati dai recenti arrivi dei fanti della Mezzaluna, appena accettati nel Sultanato. Non irrilevanti erano anche i valacchi di Vlad V, Voivoida della Grande Valacchia. Infine, un gruppo di rinforzo di 5000 soldati del khanato di Crimea, desiderosi di vendetta sui polacchi, che non arrivarono.
Il cielo sereno era un ottimo presagio per uno scontro sanguinossissimo.

La battaglia:

Inizialmente le forze cristiane speravano di circondare il nemico su più lati per annientarlo totalmente ma il mancato intervento dei polacchi fece decadere tutta l'idea in merito.
I pontifici si posizionarono sul lato destro, gli ungheresi sul sinistro e gli austriaci al centro, avrebbero accerchiato il nemico anche senza i polacchi e lo avrebbero schiacciato.
Le truppe musulmane si misero a semicerchio, comprendendo l'azione nemica e come prima cosa inviarono vari gruppi di tiratori e arcieri a infastidire il nemico.
Gli arcieri si rivelarono abili ma gli alberi ne ostruivano il tiro a ciuffo e i balestrieri cristiani, molti anche a cavallo, potevano muoversi con maggiore libertà e tenere alta la testa.
Dopo diversi minuti di scambi di dardi la parte ungherese sembrava aver avuto la meglio, tanto che i musulmani decisero di mettere i lancieri all'esterno ad attendere la carica nemica.
Nonostante avessero subito in proporzione più perdite ora i cattolici potevano spiegare gli archibugieri, totalmente assenti nello schieramento nemico. Circa 7000 soldati vuotarono il loro piombo sulle armate nemiche, supportati dai balestrieri.
L'effetto sortito ribaltò la situazione del momento, con almeno 4000 morti in pochissimi istanti, fra cui molti dei corazzati fanti della mezzaluna.
Incalzati dal forte successo i cristiani lanciarono una carica generale, supportati dal fuoco amico e decisi a spezzare la resistenza del nemico. I primi ad arrivare a contatto furono gli austriaci
che furono però terribilmente fermati dalla reazione congiunta di valacchi e mamelucchi, nonostante la carica combinata della cavalleria pesante.
Al centro andò peggio per gli ungheresi, i cui reparti già duramente provati cadevano come mosche per il bassissimo morale e rischiavano di aprire una falla terribile.
Molto meglio per i papalini che, supportati dai fanti pesanti, erosero parecchi passi al cerchio nemico incuneandocisi con forza e facendo strage dei fanti leggeri dell khanato.
La mossa costò la vita al capitano di ventura papalino che fu ucciso nel corpo a corpo. La cosa fece infuriare le sue truppe che si animarono con maggior coraggio e riuscirono a vendicarlo uccidendo Vlad V con una lancia nella schiena.
Muhammud venne abbattuto da un proiettili vagante mentre combatteva nelle prime linee ma la stessa sorte subì il condottiero austriaco, forse ucciso dal fuoco amico. Privato il campo di battaglia di buona parte dei propri comandati lo scontro divenne più caotico e cruento.
Le truppe palaine furono incalzate dai fanti pesanti valacchi e dovettero retrocedere perdendo centinaia fra fanti leggeri e lancieri. Ungheresi ed austriaci riuscirono a bloccare l'avanzata nemica assestandosi in un punto preciso sperando di ricevere l'aiuto della cavalleria pesante che tuttavia era stata intercettata dai nemici ed era impegnata in una dura lotta, che comunque stava vincendo.
Gli austriaci cercarono di piegare il fronte per accerchiare una parte dell'esercito nemico ma l'Ungheria non aveva abbastanza forze per muoversi in una simile manovra e dovette tenere la posizione, facendo fallire il tutto. I ponitfici continuavano a ripiegare ma disponevano di una forza ancora abbastanza elevata per dare battaglia come si deve.
Sempre l'Austria, in questo caso i suoi picchieri supportati dai balestrieri armati di coltello, riuscì a creare un canale abbastanza largo da consentire agli ungheresi di spingere con una certa sicurezza, guadagnando terreno sui pochi cimmeri rimasti, che si diedero ad una fuga goffa e lenta.
Vedendo le sorti dell'armata capovolte, i pontifici caricarono con violenza i fanti della mezzaluna e i lancieri valacchi, riuscendo a metterne in rotta 3 reparti.
Ormai i cristiani erano in netto vantaggio, sfruttando tutti quello che gli rimaneva riuscirono a circondare una parte dell'esercito nemico e a spezzare il cerchio. I papalini fecero da tappo orientale e, nonostante una gloriosa resistenza, gli accerchiati ebbero rapidamente la peggio.
Ormai il cerchio era infranto e i musulmani dovevano fuggire. Budapest era alle porte, l'esercito cristiano aveva vinto.

Esito:
Vittoria di misura dell'esercito cattolico:
L'austria perde circa 6000 uomini
Il Pontificio perde circa 10.000 uomini ed il comandante
L'Ungheria perde circa 6500 uomini e 3 reparti sono totalmente distrutti
La valacchia perde circa 4700 uomini, un reparto totalmente distrutto
Il Khanato perde circa 2500 uomini
I Mamelucchi perdono circa 13.000 uomini, 5 reparti sono totalmente distrutti
 
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