Space Monkey
IL PARTITO TI OSSERVA
Uno stanco e provato Enrico Dandolo giunse nella grande sala del Palazzo Ducale. Qui era riunito il Maggior Consiglio al completo. Questa volta però il Doge non veniva per riferire di grandi vittorie militari, di una nuova compagnia commerciale o di chissà quale successo della Serenissima. Veniva a rispondere delle inadempienze degli ultimi due anni.
Infatti dopo essere succeduto al Polani (accusato come lo era lui adesso di aver trascurato i fatti e gli obblighi all'interno della Laguna) e dopo un magnifico dogato che aveva trasformato Venezia in una delle potenze maggiori d'Europa, Enrico si era totalmente dimenticato di essere il Doge della Serenissima primo servitore della Repubblica. Dopo la vittoria contro i pirati Ziridi e la sostanziale conquista del Mediterraneo, Enrico aveva iniziato ad atteggiarsi come un Re, le sue vesti da quelle di ricco mercante si erano trasformate in vesti preziosissime di seta cinese ricamate con fili d'oro. Si atteggiava con estrema superiorità anche con i collaboratori più stretti e gli uomini che erano poco meno che mezzo scalino sotto di lui nella scala sociale.
Namiero Polani, figlio di Pietro il vecchio Doge, non nascose mai la sua antipatia personale per Enrico e fece di tutto negli ultimi quattro anni per vederlo cadere in disgrazia. Riuscì a portare dalla sua Diodato Dandolo, fratello del Doge.
Diodato era più piccolo di 10 anni di Enrico, di certo non era ne più intelligente, ne più scaltro, ne più abile nei commerci di Enrico ma era estremamente ambizioso. Venne però messo da parte negli affari di famiglia dallo stesso Enrico quando lo relegò al ruolo di governatore della Dalmazia, la più povera delle provincie della Repubblica.
Namiero non attaccò direttamente Enrico solamente grazie all'intervento di sua moglie Jacobina, cugina del Doge. Il Polani quindi logorò i fianchi di Enrico dietro le quinte, arrivò al punto di corrompere alcuni domestici del Palazzo Ducale per essere informato di continuo sulla vita privata del Doge.
L'occasione che aspettava si presentò quando Enrico sparì per tre mesi dal Palazzo, non presentandosi nemmeno ad una riunione del Maggior Consiglio. I servi non avevano la minima idea di dove fosse tanto che si vociferò per tutta Venezia che era stato rapito durante la notte. Si seppe dopo che era andato in Germania alla corte dell'Imperatore ma imprudentemente non aveva lasciato alcuna disposizione. Tornò a Venezia per meno di due giorni e ripartì di nuovo alla volta di Zara per incontrare i potenti d'Europa, senza però minimamente informare i patrizi di Venezia. Era chiaro che Enrico Dandolo si considerava come il Principe di Venezia ed aveva totalmente scavalcato gli organi decisionali della Repubblica.
Il Commune Veneciarum, sotto pressioni del Polani votò per la sfiducia verso il suo Doge. Furono pochissimi i voti contrari e il suo potere fatto cadere.
Il Maggior Consiglio lesse le accuse contro il vecchio Doge, ora tornato alla semplice carica di patrizio della città. Questi si difese con un lunghissimo ed elaborato discorso carico di retorica. Il carisma di Enrico era proverbiale a Venezia e vide dalle facce di alcuni membri del Consiglio che cambiarono lentamente espressione.
Tra i più fedeli al vecchio Doge vi era Francagilda Da Roi che intervenne in sua difesa ed addirittura propose che Enrico tornasse alla carica di Doge professando una nuova, più severa, Promissione Ducale. L'intervento di Francagilda fece scoppiare in una fragorosa risata buona parte dell'aula. Sante Orsoleo attaccò Enrico con durissime parole, Sante era il più anziano del Consiglio ed era famoso per essere un vecchio decrepito che odiava tutto il mondo, ma una cosa era certa, quando bisognava affossare qualcuno lui era la persona adatta. Sembrava che godesse del fallimento altrui.
A fatica si alzò in piedi ed iniziò ad attaccare, delle volte anche in modo volgare, tutte le azioni negative del Doge, e lesse da un elenco tutti gli strappi istituzionali che questi fece lungo la sua carriera. Si ridire a proposito delle parole usate dall'Orsoleo ma non del contenuto, Enrico Dandolo era pienamente colpevole.
In virtù del suo tutto sommato buon governo del Dandolo egli venne privato della possibilità di ricoprire cariche pubbliche ufficiali ma poteva rimanere a disposizione come consigliere per i prossimi Dogi.
Dopo un mese di vacanza del seggio Ducale si istituirono nuove votazioni. Il giovinetto scelto per dare il via alle votazioni fu Lorenzo Bonaffini che estrasse le ballotte contenenti i nomi di 30 consiglieri, dai quali si tirarono a sorte 9, che ne nominarono 40, che vennero poi ridotti a 12 per ballottaggio. Questi elessero 25 membri, da cui ne vennero estratti 9 che elessero 45 consiglieri, da cui vennero estratti 11 che nominarono infine i 41 che elessero Domenico Morosini nuovo Doge di Venezia.
Venne presentato al popolo con la consueta forma "questi xe monsignor el Doxe, se ve piaxe", ci furono un paio di buu subito sovrastati dagli applausi. I due contestatori vennero subito arrestati, erano due mercanti slavi che si scoprì avevano finanziato un gruppo di ribelli Illiri. Domenico infatti era stato governatore d'Illiria e non aveva le simpatie di quella parte della popolazione poiché favoriva i mercanti italiani della costa.
La Promissione Ducale di Domenico impegnava il Doge a ristabilire l'autorità del Maggior Consiglio e a presenziare alle sue riunioni.
Appena preso possesso della carica Dogale Domenica inviò benevoli messaggi di saluti al Papa, all'Imperatore Tedesco, all'Imperatore d'Oriente, al Console di Milano, al Console di Sardegna e Corsica, al Console di Toscana, al Console di Siena, al Re di Sicilia, al Re d'Ungheria, al Re di Spagna, al Gran Principe di Kiev, al Re d'Inghilterra, al Re di Norvegia, alla Regina di Svezia, al Re di Curonia, al Gran Maestro dei Templari, allo Sceicco del Maghreb, allo Shah di Persia, all'Imam Fatmitide ed al Khan del Kara Kitay.
Infatti dopo essere succeduto al Polani (accusato come lo era lui adesso di aver trascurato i fatti e gli obblighi all'interno della Laguna) e dopo un magnifico dogato che aveva trasformato Venezia in una delle potenze maggiori d'Europa, Enrico si era totalmente dimenticato di essere il Doge della Serenissima primo servitore della Repubblica. Dopo la vittoria contro i pirati Ziridi e la sostanziale conquista del Mediterraneo, Enrico aveva iniziato ad atteggiarsi come un Re, le sue vesti da quelle di ricco mercante si erano trasformate in vesti preziosissime di seta cinese ricamate con fili d'oro. Si atteggiava con estrema superiorità anche con i collaboratori più stretti e gli uomini che erano poco meno che mezzo scalino sotto di lui nella scala sociale.
Namiero Polani, figlio di Pietro il vecchio Doge, non nascose mai la sua antipatia personale per Enrico e fece di tutto negli ultimi quattro anni per vederlo cadere in disgrazia. Riuscì a portare dalla sua Diodato Dandolo, fratello del Doge.
Diodato era più piccolo di 10 anni di Enrico, di certo non era ne più intelligente, ne più scaltro, ne più abile nei commerci di Enrico ma era estremamente ambizioso. Venne però messo da parte negli affari di famiglia dallo stesso Enrico quando lo relegò al ruolo di governatore della Dalmazia, la più povera delle provincie della Repubblica.
Namiero non attaccò direttamente Enrico solamente grazie all'intervento di sua moglie Jacobina, cugina del Doge. Il Polani quindi logorò i fianchi di Enrico dietro le quinte, arrivò al punto di corrompere alcuni domestici del Palazzo Ducale per essere informato di continuo sulla vita privata del Doge.
L'occasione che aspettava si presentò quando Enrico sparì per tre mesi dal Palazzo, non presentandosi nemmeno ad una riunione del Maggior Consiglio. I servi non avevano la minima idea di dove fosse tanto che si vociferò per tutta Venezia che era stato rapito durante la notte. Si seppe dopo che era andato in Germania alla corte dell'Imperatore ma imprudentemente non aveva lasciato alcuna disposizione. Tornò a Venezia per meno di due giorni e ripartì di nuovo alla volta di Zara per incontrare i potenti d'Europa, senza però minimamente informare i patrizi di Venezia. Era chiaro che Enrico Dandolo si considerava come il Principe di Venezia ed aveva totalmente scavalcato gli organi decisionali della Repubblica.
Il Commune Veneciarum, sotto pressioni del Polani votò per la sfiducia verso il suo Doge. Furono pochissimi i voti contrari e il suo potere fatto cadere.
Il Maggior Consiglio lesse le accuse contro il vecchio Doge, ora tornato alla semplice carica di patrizio della città. Questi si difese con un lunghissimo ed elaborato discorso carico di retorica. Il carisma di Enrico era proverbiale a Venezia e vide dalle facce di alcuni membri del Consiglio che cambiarono lentamente espressione.
Tra i più fedeli al vecchio Doge vi era Francagilda Da Roi che intervenne in sua difesa ed addirittura propose che Enrico tornasse alla carica di Doge professando una nuova, più severa, Promissione Ducale. L'intervento di Francagilda fece scoppiare in una fragorosa risata buona parte dell'aula. Sante Orsoleo attaccò Enrico con durissime parole, Sante era il più anziano del Consiglio ed era famoso per essere un vecchio decrepito che odiava tutto il mondo, ma una cosa era certa, quando bisognava affossare qualcuno lui era la persona adatta. Sembrava che godesse del fallimento altrui.
A fatica si alzò in piedi ed iniziò ad attaccare, delle volte anche in modo volgare, tutte le azioni negative del Doge, e lesse da un elenco tutti gli strappi istituzionali che questi fece lungo la sua carriera. Si ridire a proposito delle parole usate dall'Orsoleo ma non del contenuto, Enrico Dandolo era pienamente colpevole.
In virtù del suo tutto sommato buon governo del Dandolo egli venne privato della possibilità di ricoprire cariche pubbliche ufficiali ma poteva rimanere a disposizione come consigliere per i prossimi Dogi.
Dopo un mese di vacanza del seggio Ducale si istituirono nuove votazioni. Il giovinetto scelto per dare il via alle votazioni fu Lorenzo Bonaffini che estrasse le ballotte contenenti i nomi di 30 consiglieri, dai quali si tirarono a sorte 9, che ne nominarono 40, che vennero poi ridotti a 12 per ballottaggio. Questi elessero 25 membri, da cui ne vennero estratti 9 che elessero 45 consiglieri, da cui vennero estratti 11 che nominarono infine i 41 che elessero Domenico Morosini nuovo Doge di Venezia.
Venne presentato al popolo con la consueta forma "questi xe monsignor el Doxe, se ve piaxe", ci furono un paio di buu subito sovrastati dagli applausi. I due contestatori vennero subito arrestati, erano due mercanti slavi che si scoprì avevano finanziato un gruppo di ribelli Illiri. Domenico infatti era stato governatore d'Illiria e non aveva le simpatie di quella parte della popolazione poiché favoriva i mercanti italiani della costa.
La Promissione Ducale di Domenico impegnava il Doge a ristabilire l'autorità del Maggior Consiglio e a presenziare alle sue riunioni.
Appena preso possesso della carica Dogale Domenica inviò benevoli messaggi di saluti al Papa, all'Imperatore Tedesco, all'Imperatore d'Oriente, al Console di Milano, al Console di Sardegna e Corsica, al Console di Toscana, al Console di Siena, al Re di Sicilia, al Re d'Ungheria, al Re di Spagna, al Gran Principe di Kiev, al Re d'Inghilterra, al Re di Norvegia, alla Regina di Svezia, al Re di Curonia, al Gran Maestro dei Templari, allo Sceicco del Maghreb, allo Shah di Persia, all'Imam Fatmitide ed al Khan del Kara Kitay.