Leader [Turno 1] Battaglie

Guy_Montag

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Proelium pro Britanniam

Prologo:
per realizzare il suo sogno di unire la britannia, Vortigern decise di muovere guerra agli angli, prendendo il comando di un'armata e muovendo verso Fens, per tagliare in due i dominii degli invasori.

La battaglia di Fens:
Il sovrano degli Angli, aveva stabilito il suo campo tra le paludi di Fens, per poter intervenire celermente in caso di problemi nelle altre provincie dei suoi dominii britannici. Le truppe dei britanni, quindi, non riuscirono a prenderlo di sorpresa e i due schieramenti si prepararono alla battaglia, da entrambi i leader giudicata decisiva. I britanni, forti della loro superiorità numerica, caricarono il nemico, appiedato, con la loro cavalleria la quale, tuttavia, venne abilmente bloccata dai lancieri angli, complice il terreno paludoso, che ne fecero strage. Vista la situazione il sovrano britannico ordinò la carica generale che, nonostante le grosse perdite subite, non si infranse contro lo schieramento nemico. Non appena le truppe vennero a contatto si vide subito che la freschezza e la maggiore abilità degli angli nel combattimento avrebbero deciso la battaglia a loro favore, tuttavia le truppe britanniche combatterono con coraggio e determinazione, facendo infine contare molto di più la loro netta superiorità numerica. Alla fine della giornata risultarono quindi vincitrici le forze di Vortigern, mentre gli angli si riparavano nella piazzaforte di Londinium.

Epilogo:

Vittoria tattica delle truppe britanniche, che lasciano sul campo 1543 fanti e 500 cavalieri e conquistano la provincia; gli angli perdono 1385 fanti.
 

Guy_Montag

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Incursio terras Sclavis

Prologo:
Vista la necessità di contenere la nascente potenza Slava, le truppe coalizzate dei prussiani e degli unni invasero le terre della tribù degli Slavi, contemporaneamente da nord e sud, scontrandosi subito con le forze nemiche. L'avanzata dei prussiani dapprima non conobbe resistenza, prendendo la provincia di Polabia senza colpo ferire.

La battaglia di Polabia:
Dopo aver conquistato senza problemi la provincia, le truppe prussiane vennero attaccate dalle forze slave, decise a riprendersi la terra appena perduta. Le forze slave, dopo un breve scambio di giavellotti e frecce, caricarono il nemico con i propri fanti pesanti, mentre la fanteria leggera e gli arcieri continuavano a bersagliare il nemico. L'impatto venne abilmente gestito dai prussiani i quali, guidati dal loro sovrano, riuscirono anche a contrattaccare il nemico. Questo contrattacco giunse inaspettato agli slavi, che accusarono il colpo anche se riuscirono a resistervi sacrificando gli arcieri che erano rimasti a bersagliare l'avversario. A questo punto i fanti pesanti slavi riuscirono a rinserrare le fila ed a cercare la mischia contro i propri omologhi prussiani. La mischia tra le due fanterie durò a lungo senza che emergesse alcun vincitore, tuttavia i prussiani, abilmente incitati dall'esempio del loro coraggioso leader, riuscirono ad aumentare il loro ardimento ed a decidere lo scontro in loro favore.

Epilogo:
Vittoria netta delle truppe prussiane, che perdono 1167 fanti; gli slavi lasciano sul campo 1195 fanti.


La battaglia di Mazovia:
Dopo aver sconfitto gli slavi in Polabia, i prussiani proseguirono la loro avanzata verso est, attaccando i resti dell'armata sconfitta nella provincia di Mazovia. Tuttavia questa volta gli slavi avevano imparato la lezione e tesero numerose imboscate al nemico nelle foreste della provincia prima di giungere allo scontro definitivo. A differenza della battaglia precedente, il sovrano prussiano ordinò subito ai propri fanti leggeri di attaccare il nemico, per costringerlo a caricare, essendo loro sprovvisti di tiratori. La carica degli slavi, tuttavia, fu più impetuosa del previsto e le prime linee prussiane cedettero di schianto ma, ancora una volta, il coraggio del sovrano riuscì a fare in modo che le truppe continuassero a combattere e riguadagnassero lentamente le posizioni perdute. A questo punto, dopo aver subito l'iniziativa del nemico, sorprendentemente, gli slavi trovarono la forza di contrattaccare nuovamente e questa volta a nulla bastarono gli incitamenti del sovrano; le truppe prussiane quindi si sganciarono e si ritirarono, senza essere inseguite dal nemico, nei loro accampamenti in Polabia.

Epilogo:
Vittoria tattica delle truppe slave, che lasciano sul campo 353 fanti; i prussiani perdono 183 fanti.


La battaglia di Vislania:
Le orde unne varcarono il confine con le provincie degli slavi e piombarono sull'armata di stanza in Vislania forti della propria superiorità numerica e qualitativa. I difensori, tutti appiedati, cercarono di tenere a distanza i cavalieri unni con i propri tiratori ma la pressione degli avversari si faceva sempre più intensa e la carica della cavalleria pesante degli unni travolse completamente i fanti leggeri e gli arcieri slavi, che non riuscirono nemmeno a rifugiarsi nel quadrato formato in fretta e furia dai fanti pesanti. A questo punto furono i tiratori unni a bersagliare gli slavi, che resistettero fino alla successiva carica dei cavalieri nemici, che spazzò via ogni resistenza consentendo, tuttavia, la ritirata dei pochi sopravvissuti.

Epilogo:
Vittoria schiacciante delle truppe unne, che perdono 375 fanti e 172 cavalieri e conquistano la provincia; gli slavi lasciano sul campo 1278 fanti.
 

Guy_Montag

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Punire Herulis!

Prologo:
Dopo aspre ed infruttuose trattative diplomatiche, tese a restaurare il dominio sulle terre degli eruli, gli unni dichiararono guerra, inviando una potente armata a razziare la provincia di Carpathes, capitale della tribù degli Eruli.

La battaglia di Carphates:
Le truppe degli Eruli, guidate dal loro Re Edico, si disposero a difesa cercando di sfruttare al massimo le asperità del terreno, a loro ben noto, consci delle basse probabilità di vittoria contro la ben più numerosa orda degli Unni. Questi inviarono subito i propri arcieri a cavallo a bersagliare ed impegnare il nemico, per proteggere l'avanzata della fanteria. Gli arcieri e la fanteria leggera degli Eruli, infatti risposero al fuoco degli arcieri infliggendo non poche perdite, prima di venir spazzati via dalla carica della cavalleria pesante unna che, dopo aver causato pesanti danni, venne respinta dal coraggioso intervento dei lancieri eruli. A questo punto Lampedo, il comandante unno, decise di inviare i suoi fanti a contrastare la fanteria avversaria, mentre la cavalleria venne impiegata per aggirare il nemico e colpirlo ai fianchi. Sotto la pioggia incessante delle frecce degli arcieri a cavallo la fanteria degli eruli riuscì a sconfiggere i fanti avversari, ma la carica della cavalleria nemica, che colse gli Eruli impreparati, mise velocemente fine allo scontro. Tuttavia la ritirata dei difensori non fu molestata dagli Unni, impegnati a razziare il campo di battaglia.

Epilogo:

Vittoria netta delle truppe unne, che lasciano sul campo 860 fanti e 408 cavalieri; gli eruli perdono 1191 fanti e 450 cavalieri.
 

Guy_Montag

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Inruptio ad meridiem

Prologo:
Radunato un gran numero di guerrieri e di alleati warni, il prussiano Jaguttis partì per razziare quante più provincie possibile, per tornare a casa pieno di gloria e bottino.

La battaglia di Albis:
La prima provincia ad essere investita dall'orda prussiano-warna fu la boscosa Albis, dove stazionava un'armata di longobardi, al comando del loro sovrano. Il primo atto della battaglia fu la carica dei cavalieri warni, ansiosi di dimostrare il proprio valore. Tuttavia la conformazione del terreno e l'abilità dei lancieri longobardi vanificò del tutto questa carica, che si risolse in un disastroso fallimento. Nonostante le grosse perdite tra i cavalieri warni, la loro azione consentì alle truppe appiedate di avvicinarsi ed ingaggiare battaglia con i fanti nemici, confidando nella propria nettissima superiorità numerica. Questa, infatti, fu la causa che fece pendere sempre di più l'ago della bilancia in favore degli invasori, in quanto anche il grande coraggio dei guerrieri longobardi dovette, infine, soccombere al numero degli avversari. Nemmeno una carica della cavalleria dei difensori, decisa all'ultimo minuto dal sovrano per riequilibrare le sorti dello scontro, riuscì ad infliggere abbastanza danni al nemico da costringerlo alla ritirata. Vista la situazione i longobardi preferirono lasciare la vittoria al nemico e sgombrare la provincia, che venne così saccheggiata.

Epilogo:

Vittoria tattica delle truppe prussiano-warne, che perdono 1385 fanti e 450 cavalieri; le forze longobarde lasciano sul campo 1254 fanti e 450 cavalieri.


La battaglia di Moenus:
Gli incursori prussiano-warni, carichi del bottino saccheggiato ad Albis ed in Bohemia, sconfinarono nel territorio dei turingi, trovando presto una loro armata a sbarrargli il passo. La carica dei fanti prussiani fu debole, presi com'erano dalle preoccupazioni riguardanti il bottino, e venne abilmente gestita dalla fanteria dei turingi, anche se la superiorità delle truppe nordiche si fece sentire. A questo punto furono gli invasi a contrattaccare, confidando in un attacco congiunto da parte della cavalleria leggera, abituata a combattere nei boschi, ed ai propri temibili fanti pesanti. La stessa paura di perdere il bottino, che prima aveva bloccato la carica, questa volta fu di giovamento ai prussiano-warni, che sostennero la pressione del nemico. Tuttavia la grossa concentrazione di truppe offrì un bersaglio facile agli arcieri nemici, le frecce dei quali diedero un deciso colpo al morale degli invasori. Sottoposti al continuo tiro degli arcieri, ed incalzati dalla fanteria e della cavalleria nemica, i razziatori, poco a poco, cominciarono a cedere terreno, finché, vista la situazione che si faceva sempre più critica per le proprie truppe, Jaguttis non ordinò la ritirata, riuscendo a conservare il bottino delle razzie compiute.

Epilogo:
Vittoria tattica delle truppe turingie, che lasciano sul campo 882 fanti e 336 cavalieri; le forze prussiano-warne perdono 696 fanti.
 

Guy_Montag

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Bellum civile Nobatium

Prologo:
Grazie al denaro romano, la fazione aristocratica della tribù dei Nobati innalzò le bandiere della ribellione, arruolando un numeroso esercito e chiedendo aiuto a Costantinopoli.

La battaglia di Amonia:
Le forze regolari, guidate dal sovrano dei nobati, Amila II, si lanciarono all'attacco del nemico, nonostante la netta inferiorità numerica, mentre gli arcieri colpivano il serrato schieramento nemico. Il comandante delle forze romane orientali, Aspar, decise di inviare la cavalleria ad occuparsi degli arcieri, mentre i fanti romani e quelli nobati si sarebbero occupati di gestire la carica del nemico. L'impatto delle forze regolari fu tremendo e la fanteria dei ribelli, al centro dell'armata, cominciò a cedere terreno; per questo motivo il generale Aspar inviò dei rinforzi per contenere riempire le falle dello schieramento. Mentre infuriava la mischia tra le fanterie, la cavalleria romana riusciva a raggiungere gli arcieri, dopo alcune brevi schermaglie contro la cavalleria dei nobati, eliminando in breve tempo, ma non senza perdite, qualsiasi resistenza. Il ritorno dei cavalieri permise all'armata romano-nobata di respirare, alleviando la pressione esercitata dalle truppe di Amila II, che si ritrovò a combattere su due fronti. Dopo un attimo di pausa, quindi, le truppe dei ribelli ritornarono all'attacco, rincuorate dalla presenza della cavalleria. A questo punto, viste le numerose perdite, le truppe regolari riuscirono a ritirarsi, lasciando le truppe nemiche a conquistare la provincia.

Epilogo:

Vittoria netta delle truppe romano-nobate, che lasciano sul campo 1464 fanti e 561 cavalieri; le truppe regolari perdono 2242 fanti e 436 cavalieri.


La battaglia di Dakhla:
Dopo la sconfitta subita, le truppe regolari dei Nobati si erano riorganizzate nei pressi della Capitale. I ribelli, dopo aver conquistato la provincia di Amonia, si mossero quindi alla volta di Dakhla, galvanizzati dalla vittoria e ben decisi ad installare il proprio candidato sul trono della tribù dei Nobati. Le ridottissime forze regolari si disposero quindi a difesa della capitale, mentre i comandanti nemici ordinavano la carica. Questa, sebbene non ci fossero unità particolarmente pesanti, riuscì a far ben presto breccia nello schieramento delle truppe regolari, soprattutto grazie alla sensibile superiorità numerica. Per cercare di rincuorare le proprie truppe, il sovrano dei Nobati si spinse in prima linea; tuttavia un nutrito gruppo di soldati ribelli riuscì a circondarlo ed a disarcionarlo. Questo fece crollare il morale dei difensori che si dispersero in breve tempo lasciando così lo Stato in mano all'ambizioso Fasilidas.

Epilogo:
Vittoria netta delle truppe romano-nobate, che perdono 196 fanti e 183 cavalieri; le truppe regolari lasciano sul campo 258 fanti e 512 cavalieri.
 

Guy_Montag

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Bellum contra Mauris

Prologo:
Indispettiti dal comportamento della tribù dei Mauri e ben decisi ad affermare il loro dominio sull'Africa del Nord, i Vandali scesero in guerra, contando sull'aiuto dei Getuli e dei Garamanti, loro foederati.

La battaglia di Numidia:
Confidando nella loro netta superiorità numerica i Vandali si accinsero alla conquista della Numidia senza particolari accorgimenti tattici. Le truppe dei Mauri, invece, confidando nella superiorità della loro cavalleria leggera su un terreno conosciuto, assunsero un'impostazione più offensiva. Questa disparità di strategie si vide ben presto all'opera, quando il centro degli invasori, formato da truppe pesanti vandale, venne messo in difficoltà dalle veloci truppe leggere dei difensori. Meglio andò alle truppe dei Getuli sull'ala sinistra, grazie anche alla loro abilità nel combattimento in aree desertiche. Brutte notizie, invece, arrivarono dall'ala destra dei Garamanti, che si trovavano in nettissima inferiorità numerica. La battaglia, quindi, vide in un primo momento una prevalenza dei difensori sulle ali dello schieramento, dove i Mauri riuscirono a mettere in rotta i Garamanti, dopo una breve lotta, mentre i Getuli sostennero a lungo il nemico prima di ritirarsi. A questo punto gli sforzi dei difensori si indirizzarono verso il centro dello schieramento nemico. I Vandali si disposero quindi a difesa, riuscendo a far valere la loro superiorità numerica e di equipaggiamenti, respingendo gli attacchi del nemico. Col passare del tempo i Mauri si fecero sempre più scoraggiati, non riuscendo a scalfire le difese delle truppe pesanti vandale. Questo scoramento fece acquisire coraggio ai Vandali che, con una mossa inaspettata, contrattaccarono con tutte le truppe disponibili. Le forze dei Mauri, dispostesi velocemente a difesa, non riuscirono a contenere la sorprendente ondata nemica, cedendo conseguentemente sempre più terreno finché il loro comandante non ordinò la ritirata, che si svolse indisturbata in quanto gli invasori preferirono concedersi del tempo per conquistare la provincia e richiamare gli alleati sconfitti.

Epilogo:

Vittoria tattica delle truppe dei Vandali, che lasciano sul campo 3015 fanti e 991 cavalieri; le truppe dei Mauri perdono 810 fanti e 1960 cavalieri.


La battaglia di Sitifensis:
Radunate nuovamente le truppe i Vandali mossero ancora verso ovest ed entrarono nella provincia di Sitifensis, dove trovarono nuovamente a fronteggiarli le truppe dei Mauri. Anche questa volta i difensori riuscirono ad avere la meglio sugli sfortunati Garamanti, mentre i Vandali, avendo imparato la lezione, si sbarazzarono rapidamente delle truppe inviate a contenerli. La battaglia si concentrò quindi sull'ala sinistra dello schieramento, dove i Getuli stavano cercando di tenere a bada il grosso delle forze nemiche, venendo tuttavia lentamente sopraffatti. L'intervendo del centro vandalo riuscì a sorreggere l'ala destra, anche se i Getuli, fiaccati nel morale, non riuscirono a tenere il campo a lungo. Le due ali dello schieramento mauro si lanciarono quindi contro i Vandali che, memori della precedente battaglia, si chiusero in uno schieramento difensivo, ritirando però la cavalleria, che ricevette ordine di compiere un largo giro attorno alle truppe nemiche, per poi colpire la retroguardia. Le ondate dei Mauri si infransero quindi nuovamente contro il solido muro di scudi degli avversari, anche se poco a poco riuscirono ad aprire qualche breccia nello schieramento vandalo. Tuttavia queste piccole vittorie vennero vanificate dall'intervento della cavalleria vandala che, nonostante il terreno accidentato, riuscì a scompaginare totalmente lo schieramento dei Mauri, consentendo ai fanti di contrattaccare, stringendo quindi il nemico tra due fuochi. Data l'impari lotta i Mauri preferirono nuovamente la ritirata, lasciando al nemico la provincia.

Epilogo:
Vittoria tattica delle truppe dei Vandali, che perdono 1353 fanti e 795 cavalieri; le truppe dei Mauri lasciano sul campo 882 fanti e 945 cavalieri.


La battaglia di Atlas:
Dopo due sconfitte di seguito il morale delle truppe maure era a terra, tuttavia dopo mesi di avanzate e battaglie nel deserto anche le forze dei Vandali cominciavano seriamente a risentire del clima e del terreno avverso, mentre tra i foederati serpeggiava il malcontento per le perdite subite in quella che doveva essere una guerra breve e vittoriosa. Con questi stati d'animo i due eserciti si scontrarono sulle montagne di Atlas. Questa volta, però, i Mauri aspettarono la carica del nemico, cercando di far valere i propri tiratori e di far giocare in loro favore le asperità del terreno. Questa tattica si rivelò fin da subito vincente; infatti solo le truppe dei vandali riuscirono a raggiungere il nemico; i Garamanti, infatti, avendo perduto il grosso dell'esercito nelle precedenti battaglie, vennero facilmente messi in rotta dopo le prime salve, mentre i Getuli furono messi in rotta dopo essere stati attaccati al fianco dalla cavalleria leggera dei Mauri ed aver subito grosse perdite. La carica dei Vandali, già stanchi per il tragitto percorso, ebbe un impatto decisamente debole contro le fila dei Mauri, che riuscirono a contenerli facilmente. A questo punto, per alleggerire la situazione dei fanti, venne dato ordine alla cavalleria germanica, tenuta fino ad allora in riserva, di caricare il nemico; tuttavia una sortita dei cavalieri leggeri dei Mauri li intercettò e nella battaglia che ne seguì i più veloci e motivati difensori riuscirono ad aver la meglio sugli attaccanti. Vedendo la sconfitta della propria cavalleria ed il contrattacco dei fanti nemici ai danni dei suoi, al comandante dei Vandali non restò altro che ordinare la ritirata. La fuga dei Vandali venne molestata dai cavalieri nemici, che riuscirono ad infliggere numerosi danni agli avversari in rotta.

Epilogo:
Vittoria netta delle truppe dei Mauri, che lasciano sul campo 136 fanti e 624 cavalieri; le truppe Vandale perdono 1047 fanti e 757 cavalieri.
 

Guy_Montag

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Sanguinem in Caucaso

Prologo:
Dopo numerosi screzi di confine ed a corto di denaro, il Re d'Armenia decise di promuovere un'incursione contro il vicino Regno d'Iberia.

La battaglia di Iberia:
Le forze armene, occupate nel saccheggio dei campi attorno alla capitale vennero attaccate da quelle degli Iberi. Dopo essersi disposti a difesa, i lancieri armeni fecero scudo agli arcieri, che cominciarono a bersagliare il nemico in carica. La fanteria leggera ibera, tuttavia, non riuscì a scompaginare le difese degli avversari e quindi subì il contrattacco dei fanti nemici che cominciarono a respingerli, sempre supportati dai propri arcieri. La mischia durò ben poco; infatti le truppe leggere degli Iberi furono ben presto costrette alla ritirata dal nemico, armato più pesantemente, lasciando campo libero alla continuazione del saccheggio della provincia.


Epilogo:

Vittoria tattica delle truppe armene, che perdono 267 fanti; gli Iberi lasciano sul campo 283 fanti.
 
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