Nell'estate viene pubblicato sotto il patrocinio dell'accademia, il romanzo "Un anno a Kyrne Lamiya: vita e affari nella capitale dell'impero meridionale" di Venanzio D'Alhambres mercante di stoffe, spezie, vini e merci di lusso, nonchè filologo dilettante con velleità di scrittore. Il libro è soprattutto un resoconto, visto ovviamente dal punto di vista dello scrivente, della vita nella capitale dell'impero meridionale, delle usanze del popolo e delle molteplici bizzarrie della razza dominante. In mezzo a molti aneddoti e curiosità, si nascondono alcune informazioni statistiche di indubbio interesse. Venanzio stima ad esempio la popolazione dell'impero meridionale a circa 200 unità standard di cui almeno 50 sarebbero arpie mentre fra le rimanenti 150 la razza umana sarebbe la più numerosa con circa un centinaio di unità standard; altri 20-25 sarebbero mezzelfi e i rimanenti un miscuglio di elfi, uomini lucertola, naga e altri. Interessante è anche la disamina delle diverse distinzioni operate dalle arpie nei confronti delle altre specie e della loro evoluzione nel tempo. Dove un tempo esistevano solamente Schiavarazza, Venanzio nota le diverse categorie di Domestici nonchè delle Ein'kethi per le quali l'autore mostra una certa avversione. Il mercante annota anche che il Panteismo, in declino pressochè in tutto il mondo conosciuto, è ancora fiorente nell'impero a punto di essere stato riconosciuto come religione ufficiale dello stato, sebbene Venanzio non manchi di constatare il disinteresse delle arpie in questo campo. La chiesa panteista d'altro canto sembra aver approfittato di questo vuoto per organizzarsi e propagandare attivamente il proprio credo in maniera molto più efficiente che nel resto del mondo. Venanzio nota in particolare come la struttura della chiesa panteista del meridione ricordi molto l'organizzazione della chiesa del Padre Celeste, probabilmente presa a modello dalla vicina britannia.
Seppure reso ponderoso dalle descrizioni fin troppo accurate dei viaggi d'affari dell'autore e delle transazioni che il suo ufficio richeideva, il romanzo è pur sempre una descrizione ragionevolmente accurata e in gran parte imparziale della società del sud e di come si vive nelle grandi città che le arpie hanno fatto costruire e riscuote un discreto successo sia fra i saggi che fra la gente comune per quanti manchi totalmente di una disamina della sfera polticia o di quella militare. La più grande lacuna è comunque quella relativa alle stesse arpie che l'autore palesemente giudica del tutto incomrpensibili e che attira alcune critiche anche abbastanza feroci. Ad esempio Matthew Pascal, rinomato autore di alcuni apprezzati saggi su razze e religioni di Ea, liquida il romanzo del mercante con le parole "Un libro sullo stato delle arpie che non parla delle arpie...non c'è altro da dire."