GDR Storia dell'Arpia e dell'Eldar che le insegnò a volare

Silen

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(gdr off, per il titolo si ringrazia senzanome che mi ha ispirato con la sua citazione :asd: in questo topic, se last è d'accordo, metterei tutti gli episodi significativi della convivenza fra Ariel e Fianna)

I primi giorni di convivenza fra Ariel, Fianna ed Aneirin furono costellati da episodi bizzarri, un pò per l'inesperienza delle due eldar che non avevano la minima idea di come allevare una piccola arpia, un pò perchè Ariel aveva le sue idee di come dovessero andare le cose nel suo nuovo "nido" e rimaneva sorpresa e perplessa quando Fianna o Aneirin non sapevano quello che per lei era ovvio. Per lei; ma non per le due eldar...

Il palazzo di Ainatur lasciò Ariel stupitissima: la piccola evidentemente non era avvezza a una architettura diversa da quella che le arpie prediligevano nei propri territori ma dopo aver chiesto a Fianna "Perchè il tuo nido è così basso?" la piccola sembrò adattarsi immediatamente. Il primo ostacolo fu il bagno: Ariel voleva assolutamente lavarsi e ripulirsi ma pur essendo piccola per fare da sola mostrò una strana riluttanza ad essere toccata e ci volle un pò perchè Fianna ed Aneirin riuscissero finalmente a persuaderla a farsi aiutare. La cosa peraltro degenerò rapidamente in una confusione di schizzi d'acqua in tutte le direzioni. Ancora una volta Fianna potè constatare coi propri occhi come era magra e malridotta la giovane arpia. Le piume, la dove erano cresciute, erano fragili e opache, la pelle dove era scoperta recava segni di graffi, punture di insetti e un paio di piaghe che forse sarebbe stato meglio far controllare da un guaritore.
Il pasto successivo vide Ariel divorare letteralmente tutto quello che le veniva messo davanti, a condizione che non si trattasse di vegetali. "Ariel non può mangiare l'erba" disse con tono imbronciato quando le fu presentato un piatto di verdure; in compenso Fianna scoprì che anche latte e uova erano bene accetti, specie il primo: Ariel sembrava adorare il latte.

Quando venne il momento di preparare il "nido" Ariel si accinse a prepararlo in maniera allegra e giocosa: ora che era pulita e ben nutrita la piccola era di ottimo umore. Dopo averle dato carta bianca, eccetto per alcuni vestiti che Fianna vietò categoricamente di toccare, le due eldar guardarono attonite Ariel mentre trascinava in mezzo alla stanza due materassi per poi recuperare tutti i cuscini su cui poteva mettere le mani e disporli in cerchio, a fare una specie di alcova.
"Questo è il nido di Ariel" disse tutta fiera prima di accoccolarsi nel mezzo della nicchia che aveva creato, solelvando poi una coperta per coprirsi. Pochi istanti e già dormiva profondamente.
 

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La convivenza con la piccola arpia non era facile, tutt'altro. O almeno non era facile per qualcuno abituato a vivere da sé, senza l'intrusione continua e costante di terzi all'interno della giornata. Sulle prime a Fianna parve di avere un cucciolo di qualche tipo di animale e, a dispetto di come quel pensiero avrebbe potuto scadere nello squallido - relegando Ariel ad un mero cane da compagnia - la realtà era ben diversa. Col passare del tempo, infatti, la cosa che più si avvicinava ad Ariel non era una bestia, ma una bambina a cui fare da balia, a cui insegnare qualcosa del mondo. E a poco importava la difficoltà della cosa, il lento e paziente approccio che sarebbe servito, se alla fine Ariel sarebbe diventata una persona nuova, un'arpia diversa da quelle dell'Impero che tanti ancora temevano.

Dopo un rocambolesco bagno, che mostrò alle due eldar quanto malnutrita fosse la loro ospite, le fecero portare da mangiare in abbondanza, scoprendo - come avrebbero potuto facilmente intuire - che non poteva mangiare verdura. In compenso uova e latte parevano far parte della dieta della piccola e, senza indugio, Fianna dette ordine che ve ne fossero sempre di freschi nelle cantine del palazzo. La guardarono costruire il suo piccolo nido, lasciando che realizzasse una specie di fortino composto da cuscini e materassi, non dissimile a quello che avrebbe eretto un bambino per gioco e diletto. E quando si addormentò Fianna rimase lì a guardarla per un lungo, interminabile, momento chiedendosi chi davvero fosse quella creatura, cosa davvero potesse diventare. Si chiese, scavando a fondo nel suo atavico astio, se non fosse stato meglio riportarla a Silene e lasciare che l'Impero si occupasse della piccola orfana, anziché allevarla lontano da casa. In un nido basso, un nido tra i boschi anziché nell'azzurro dei cieli. Congedò Aneirin, si cambiò l'abito schizzato d'acqua sporca e socchiuse le tende per tenere la luce del giorno lontano da Ariel, perché potesse riposare in pace, poi uscì sul balcone e si mise a guardare Ainatur dall'alto.

Sospirò profondamente, un sospiro lungo e carico di dubbio, appoggiando le mani sulla balaustra e lasciando lo sguardo vagare in lontananza, verso sud, oltre le rigogliose foreste. Cosa avrebbe dovuto fare? Quale era la scelta migliore? Quale quella che non le avrebbe causato l'ennesimo imbarazzo figlio dell'impazienza? E lì, ascoltando il respiro della piccola oltre il finestrone socchiuso, si domandò cosa avrebbe fatto senza Carnil, quale sarebbe stato il suo destino senza il cugino a guidare il paese. Per un attimo le parve di avere un macigno sullo sterno, le mancò il fiato, e solo un piccolo alito di vento freddo la riportò alla realtà. La sua era una battaglia persa, un conto in sospeso fatto di principi anziché di interessi, un mero volere a tutti i costi riportare le cose "in pari", anche rischiando di perdere tutto nel processo. Rientrò nella stanza, silenziosa come un fantasma, fermandosi accanto ai piedi del letto dove una grande teca di cristallo conteneva l'ultimo regalo di un popolo che, come lei, aveva chiesto troppo. Passò lentamente la mano sulla spada regalatale dai Centauri, scoprendosi per la prima volta intristita e turbata da quello che era successo ai suoi più cari amici del meridione. Strinse le labbra e abbassò gli occhi, girandosi lentamente a controllare che Ariel riposasse serenamente nella penombra della camera. Sempre in punta di piedi uscì dal palazzo, camminando per le strade della città sino a raggiungere la chiesa sita al centro di Ainatur; era vuota, con solamente qualche candela a illuminare l'altare, e subito prese posto sulle panche in terza fila, sedendosi. Alzò gli occhi alla statua che rappresentava Gallean, giungendo le mani in preghiera.

«So di non essere una buona credente.» esordì, a bassa voce. «Ho ceduto spesso all'ira, alla rabbia, ho visto il peggio di questo mondo e forse, ancora, non ho che scalfito la punta dell'orrore che Ea ci riserva... mi sono chiesta spesso se quello che sto facendo ha un senso. Se porterà a qualcosa o se, invece, siamo destinati a un eterno circolo di pace e distruzione, di prosperità e morte. Ho pensato che forse, con la fine dell'Impero le cose sarebbero andate meglio... ma inizio a credere che il problema non sia Silene.» chiuse gli occhi per un momento. «E non sia neanche Stannis, e nemmeno i Caduti del profondo nord. Il problema siamo noi, tutti noi. E sono consapevole di non essere la migliore tra la mia gente, e ringrazio te, Signore del Creato, per aver messo al mondo Carnil e Ailas che hanno avuto la forza e l'umiltà di rendere di nuovo il Minnonar quello che è...» poi sospirò di nuovo. «A dire il vero non so nemmeno perché sono venuta qui. O perché sto parlando da sola... se anche ci fosse stata una speranza di avere pace imperitura tra le genti è sfumata tanto, tanto tempo fa. Quello che resta adesso è solo una terra straziata dove i morti minacciano i vivi, dove si aprono spaccature e piovono demoni dall'altrove. Un mondo dove una creatura come Ariel è costretta a cibarsi di carogne, dove i fratelli sono divisi, i legami insignificanti.» sussultò.
«A volte mi chiedo dove tu sia. Dove siate tutti. Ci sono giorni dove vorrei solamente un segno, non importa se tuo o di Llorath o del Padre Celestre; vorrei solamente sapere che c'è ancora qualcuno in grado di guidarci, che c'è ancora un motivo per cui andare avanti, per cui sperare in un mondo migliore.» guardò di nuovamente la statua. «Vorrei avere fede, Gallean. Vorrei davvero avere la stessa fede dei miei antenati.»
Si alzò, lentamente, uscendo in silenzio come era entrata, tornando verso casa.

[ ... ]

All'ora di cena provò a svegliare Ariel, portandole personalmente altra carne da mangiare. Un filetto di cervo al sangue contornato da bacche di ginepro e insaporito nel vino. Un vera prelibatezza.
«Ti senti meglio?» le chiese. «Il nido è di tuo gradimento?»
 

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La piccola arpia si agitò e rispose in tono assonnato nella sua lingua nativa "Ukhr, ne-makht." quando Ariel mise a fuoco Fianna i suoi occhi grigi si spalancarono e la piccola si irrigidì, per poi rivolgere a Fianna uno sguardo addolorato "Ariel sognava. Per un attimo...per un attimo Ariel ha creduto di essere ancora con la madre-vera" la piccola si raggomitolò nella coperta e fu scossa da un brivido poi sembrò riscuotersi "Ariel stà molto meglio. Era da tanto che non dormiva così bene in un vero nido, caldo e comodo" disse in tono sicuro mentre sgisciava fuori dalla sua alcova con ancora addosso i vestiti che le due eldar le avevano dato subito dopo il bagno. A quel punto si accorse del manicaretto che Fianna le aveva portato; il nasino si contrasse nel sentire l'odore appetitoso "E' per Ariel?" al cenno affermativo la piccola non esitò a pescare una fetta di carne e a masticarla con gusto "Che buoooono!!!" disse tutta contenta pescando ancora nel piatto. Per qualche istante non fece altro che mangiare di gusto, poi sembrò farsi più quieta.
"Ariel stava pensando..." disse e poi si interruppe subito come se non sapesse bene cosa dire. "Ariel stava pensando..." ricominciò, piluccando il piatto senza guardare la principessa "...Fianna è stata buona con Ariel. Fianna ha salvato Ariel e Ariel lo sa. Ma Fianna non è...." la piccola fece uno sforzo visibile per continuare a parlare "...Fianna non è obbligata a prendersi cura di Ariel. Se lo desidera Fianna può portare Ariel dalle sue Sorelle. Ariel è certa che non la abbandoneranno. Ariel se la caverà." dal tono sembrava che la piccola cercasse più di convincere sè stessa che la principessa "Ariel sa che tempo fa le Sorelle e i Selvatici hanno combattuto. Ariel sa che sono morte delle Sorelle ma non aveva mai pensato che...forse anche tanti Selvatici sono morti....che forse i Selvatici odiano le Sorelle proprio come Ariel odia i mostri, perchè anche loro hanno perso la loro madre-vera....forse anche Fianna ed Aneirin..." la piccola scosse il capo e non disse altro.
 

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Fianna guardò Ariel mangiare, ascoltandola in silenzio e sorridendo di quando in quando a quelle genuine esternazioni di gioia. Si sentiva bene a fare del bene, dopotutto, anche se si trattava di una arpia, anche se ogni volta doveva fare quel piccolo sforzo in più per immaginarla diversa da Ilias, da Silene. Tuttavia c'era qualcosa, in Ariel, che la spingeva a non provare le stesse emozioni negative, lo stesso tormento. I dubbi della piccola erano anche i suoi, le titubanze, i timori. Sospirò profondamente, passandosi la mancina sul collo nel tentativo di trovare le parole giuste che - tuttavia - continuavano ad eluderla.
«Non mi sento obbligata a prendermi cura di te, e non credo si senta così nessun'altro qui a palazzo...» iniziò. «Se devo essere sincera dopo la guerra tutto è andato a catafascio, la gente ha preso ad odiarsi e scannarsi a vicenda... non solo Arpie ed Eldar, ma è tutto il mondo ad aver preso una spirale di follia. Le formiche hanno aperto la spaccatura che ha distrutto Arc-en-Ciel e so per certo che in molti hanno gioito della cosa ma non ha portato a niente. Anzi, ha portato solo altro odio.» sistemò uno dei cuscini del "nido" che stava uscendo dal posto.
«Sono in molti ad aver perso una madre-vera negli ultimi dieci anni, e molti altri la perderanno nei tempi a venire. Su questo, purtroppo, io e te possiamo fare molto poco se non sperare che le cose migliorino. Io sono abbastanza ignorante su quello che fanno le arpie nell'Impero, ma temo e immagino che la stragrande maggioranza di loro viva combattendo o cacciando. Non ce le vedo molto ad oziare o dedicarsi al giardinaggio e alla pittura.» sorrise.
«Intendo dire che, se vuoi, puoi restare qui e vivere una vita diversa. Fare scelte diverse, più libere in un certo senso, forse. E se mai un giorno vorrai andare a trovare le tue sorelle potrai farlo, alcune sono ad Almarillan, altre poco oltre il confine, nell'enclave, e nessuno ti vieterà di visitarle qualora desiderassi.» chiuse gli occhi per un momento. «Spero solo che tu possa vedere qui, con me, un futuro diverso. Magari migliore, allo stesso modo in cui guardando te io non vedo le tue sorelle, ma qualcosa di diverso. Qualcosa di migliore, appunto.» riaprì gli occhi e sorrise ad Ariel.
Le avrebbe voluto dare un abbraccio ma non sapeva, in verità, se l'avrebbe messa a disagio.
 

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Ariel alzò lo sguardo su Fianna, una espressione seria seria sul viso "Una Sorella per sopravvivere deve sapere volare e deve sapere cacciare. Non essere in grado di cacciare significa non essere in grado di vivere" disse, dando l'idea di stare ripetendo una lezione, poi chinò il capo come se stesse confessando una colpa "Per questo Ariel stava tanto male nella foresta. Ariel non sa cacciare e non sa volare. Prima di incontrare Fianna, Ariel si sentiva piccola e debole. Ariel non vuole più essere piccola e debole." di nuovo la piccola fissò gli occhi grigi in quelli di Fianna e la sua voce riprese vivacità "però Ariel non pensa di dovere imparare solamente a cacciare e a combattere." gesticolò come a comprendere il palazzo nel suo complesso "Ariel ha visto tante cose belle qui. Ariel è curiosa. Ariel non sarà sempre piccola, rimanendo con Fianna Ariel crescerà e imparerà, vedrà cose belle e farà delle cose belle. E poi Ariel ha fatto il nido qui; Ariel deve rimanere" alla fine di quel fiume di parole la piccola arpia sembrò piuttosto imbarazzata come se a sua volta non sapesse bene cosa fare. Poi timdiamente disse "Ariel è tanto stanca, ma ha paura di fare brutti sogni. Forse Ariel potrebbe dormire insieme a Fianna per questa notte?".
 

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Fianna annuì alle parole della piccola, tenendo sulle labbra quel sorriso che pareva non accennare a svanire. Per un attimo Ariel le parve la sorellina che non aveva mai avuto, l'amica del cuore - più piccola - a cui insegnare e con cui condividere tutto. Non una damigella di corte, non lo sguardo ossessivo di una custode di palazzo, ma quello genuino e bramante di vita della giovinezza, che niente cercava se non di guardare al futuro. «Penseremo a tempo debito al volo, e per la caccia ti posso insegnare io. Non sarà della stessa foggia e dello stesso tipo di quello delle altre arpie, ma è già un primo passo.» le disse, quieta.
«E ci sono altre cose da imparare, qui! C'è la poesia, l'arte, la cultura, la filosofia, la teologia, gli antichi tomi. C'è tanto e tale da riempire persino una delle nostre vite quasi infinite. E poi la cucina, il gusto del bello, la contabilità, la guerra... la diplomazia. Ogni cosa che vorrai imparare potrai imparare.» continuò. «E diventerai quello che vuoi essere tu davvero, non quello che altri decideranno per te, giacché io che non so cosa voglio essere, niente posso importi ma tanto insegnarti.» si alzò, togliendosi le vesti e infilando sveltamente la camicia da notte di sera bianca.
Tornò quindi al nido, distendendosi vicino ad Ariel. «E per scongiurare i cattivi sogni, ti racconterò una storia.» con un gesto della mano cercò a tentoni un vecchio libro e, facendosi luce con una candela, prese a leggere. «Elen sìla lúmenn' omentíelvo. Una stella brilla sull'ora del nostro incontro.» le disse, prima di iniziare a leggere.
«Ricco compenso toccò anche ai padri di elfi delle casate fedeli, Gallean andò tra loro ad ammaestrarli ed essi furono dotati di sapienza, saggezza e vita di maggior durata di ogni altra razza mortale. Venne edificata una contrada in cui gli eldar dimorassero, che non era parte del continente ma da esso separata da un ampio mare. Fu fatta sorgere dalle acque e Gallean l'arricchì di fiori e di luci sempiterne, portandole dalle sponde di Ea. E fu chiamata Andor, la terra di dono, e quando tutto fu pronto una stella lucente si erse nel cielo a segno che il tempo era giunto, come guida per mare. E tutti gli elfi si meravigliarono vedendo quella fiamma argentea rilucere sul sentiero del sole. Poi gli elfi fecero vela verso le acque profonde e il mare fu calmo e il vento favorevole...»
 

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Distesa sul fianco accanto a Fianna, Ariel sgranò gli occhi nell'udire la frase in lingua elfica; probabilmente era la prima volta che sentiva quell'idioma. La principessa notò la smorfia di concentrazione della piccola arpia e il modo con cui le labbra ripetevano silenziosamente le parole Elen sìla lúmenn' omentíelvo. Già altre volte in passato le Arpie avevano mostrato inclinazione per le lingue e Ariel sembrava non fare eccezione. (gdr off, ecco adesso per colpa tua la piccola si metterà pure a parlare in elfico a Fianna ed Aneirin). Mentre il racconto si snodava, Ariel si agitò, si coprì la testa col lenzuolo, sorrise e ridacchiò a seconda di come procedeva la narrazione nè più nè meno di come avrebbe fatto una bimba umana o eldar o di una qualunque delle altre razze di Ea nell'ascoltare una favola coinvolgente. Alla fine si strinse contro la principessa e si assopì, sognando le meraviglie dell'antica Andor.

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Fianna sospirò mentre percorreva il corridoio che la avrebbe portata nella stanza dove Ariel aveva stabilito il suo nido dodici mesi prima, maledicendo in cuor suo per l'ennesima volta il fatto che le Arpie fossero così dannatamente reticenti nel parlare di sè stesse. Lei ed Aneirin ormai avevano recuperato ogni singolo scritto sulla razza alata, la sua psicologia, cultura, tutto. Gli scritti migliori erano quelli di Sabrina Glevissig ma neanche lei aveva avuto modo di raccogliere molte informazioni su come le Alate allevassero i propri piccoli. Qualche volta Ariel dava loro qualche indizio lasciando intendere quello che si aspettava, e quello che non si aspettava, ma per la maggior parte del tempo le due eldar cercavano di fare la cosa giusta e pregavano ardentemente Gallean di non fare troppi errori.
Una cosa che non smetteva di stupirla in particolare era la velocità con cui Ariel cresceva; un anno prima era stata uno scricciolo denutrito, una bambina che non mostrava più di 10-11 anni o addirittura più giovane (in realtà era molto più giovane, ma non potevano saperlo) e che per di più pareva ben lontana dalla sua forma migliore. Nel breve arco di un anno Ariel aveva conosciuto uno sviluppo che l'aveva portata allo stadio equivalente di una ragazza fra i 15 e i 16 anni: le sue membra si erano allungate e irrobustite ed ora era alta quasi quanto Fianna. Le sue ali poi erano letteralmente esplose: i due affarini atrofici ripiegati strettamente sulla schiena e completamente immobili si erano trasformati in due ali magnifiche la cui apertura massima copriva gran parte della larghezza della stanza. Sempre più spesso la giovane le spiegava e le sbatteva, come per testarne la forza; Fianna non faticava a credere che l'istinto cominciasse a esercitare la sua chiamata verso il cielo. Anche il piumaggio opaco e fragile dei giorni della foresta si era trasformato in una lussureggiante livrea rosso-marrone; il suo volto aveva perso i tratti giovanili divenendo più netti, più marcati. Ora quando sorrideva Ariel metteva in mostra una dentatura spaventevole quasi quanto quella delle sue corraziali adulte: gli occhi però erano ancora quelli grigi della bambina sperduta nella foresta di Ostsgil.
Inevitabilmente buona parte di quell'anno era stata spesa in un reciproco processo di adattamento, costellato da numerosi episodi buffi e meno buffi. Con un altro sospiro Fianna constatò che ormai si era abituata a vedere qualche piuma di Ariel per terra, sui mobili o a svolazzare quà e là per la casa. Per non parlare di quella volta che avevano donato ad Ariel alcuni giocattoli eldar. La giovane era rimasta deliziata di fronte a quei pupazzetti di legno laccato e colorato con le membra snodabili e non aveva notato lo sguardo, assai prossimo al panico, che Aneirin e Fianna si erano scambiate alla domanda "Come mai nessuno di questi assomiglia ad Ariel?"
Non tutto era stato rose e fiori naturalmente; anzi c'erano stati parecchi problemi piccoli e grandi. Ariel stava imparando almeno altrettanto in fretta di come cresceva e spesso mescolava le nozioni apprese da Fianna o Aneirin con una visione un pò idealizzata di quanto aveva assorbito dalla sua vera madre, a volte con risultati grotteschi.

Arrivata a destinazione Fianna trovò Ariel impegnata con Aneirin. Per quanto Domabelve non avesse ilc arattere vulcanico di Fianna era comunque una persona di buon cuore e spesso si recava ad Ainatur a fare compagnia alla (non più tanto) piccola Ariel specie quando Fianna era impegnata altrove o non resisteva alla tentazione di gettarsi in qualche avventura strampalata. Quelgiorno in particolare Aneirin sembrava aver portato con sè qualcosa che stava monopolizzando l'attenzione della giovane Arpia; quando fu più vicina Fianna vide che si trattava di un bel gatto rossiccio, colore non troppo differente dal piumaggio della stessa arpia.
"Vedi? Anche lui è un cacciatore e anche lui ha i suoi artigli" gentilmente, con garbo, Aneirin stuzzicò la zampa del micio che languidamente estroflesse gli artigli. Ariel atteggiò la bocca a un silenzioso "Oooo" di meraviglia e si guardò le mani paragonando gli artigli del micio ai suoi, che promettevano di essere ben più terribili.
"Ma sembra così....pigro e...assonnato..." disse guardando Aneirin con l'aria di sospettare che l'eldar la stesse prendendo in giro "Questo perchè è un cacciatore notturno. Di giorno invece sonnecchia e si riposa." spiegò pazientemente l'altra "Vuoi provare ad accarezzarlo? Guarda si fa così...piano..." Ariel esitò, poi allungò la destra e con delicatezza estrema, come se avesse paura che ilg atto si rompesse, gli accarezzò il dorso "E' così morbido!" disse la giovane, ripetendo il gesto con maggior sicurezza. Il gatto per parte sua, aprì un occhio sentendosi accarezzare da una mano sconosciuta ma dopo qualche attimo, pago evidentemente delle coccole che riceveva, si mise a fare le fusa.
Ariel ritirò la mano di colpo e guardò preoccupata aneirin ma questa sorrise "Non preoccuparti, fa così perchè è contento. Guarda" l'eldar coccolò nuovamente il gatto e questi fece le fusa ancora più sonoramente di prima "Vuoi provare a tenerlo?" senza attendere una risposta Aneirin si spostò al fianco di Ariel e le depose in grembo il felino che miagolò, indignato per aver perso la sua comoda posizione.
Ariel esitò, poi allungò una mano consolatrice ad accarezzare l'indignato gatto. Questi scrollò la testa, fece un piccolo starnuto e poi di degnò di accoccolarsi in grembo all'arpia. Dopo qualche altra carezza riprese persino a fare le fusa mentre Ariel si lasciava scappare un risolino deliziato; per quanto fosse cresciuta in fretta, a volte si comportava ancora in modo un pò infantile.
Fianna sorrise a sua volta...Aneirin doveva aver scovato un micio di buon carattere da portare ad Ariel per quella sua piccola dimostrazione. Poco dopo la giovane arpia alzò la testa e si avvide della principessa "Zia Fianna! Zia Fianna! Hai visto cosa mi ha portato Zia Aneirin? Posso tenerlo? Posso? Ti prego!!!"
Zia Fianna. "Colpa" di Aneirin che in un uggioso pomeriggio autunnale non aveva trovato di meglio che descrivere ad Ariel i pronomi di parentela: per qualche ragione la piccoloa aveva trovato l'argomento affascinante. Quando poi Aneirin aveva spiegato alla giovane arpia l'uso rispettoso del "Zio/Zia" verso membri che pure tecnciamente non erano parte del nucleo familiare Aneirin e Fianna erano diventate Zia Aneirin e Zia Fianna nonostante gli sbuffi della principessa che non si riteneva certo una "Zia".
 

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Fianna, che in tutto quel tempo si era sinceramente chiesta - ogni istante - se fosse davvero il caso di continuare a prendersi cura di Ariel, alla fine aveva desistito all'idea di avere la piccola nella sua vita. Dopo mesi e mesi la convivenza era diventata qualcosa di "normale", per quanto costellato di piccoli momenti di imbarazzo e titubanza. I tempi della guerra sembravano essersi fatti lontani, molto lontani, e dopo quasi sette anni dalla fine dell'ultimo grande conflitto anche i ricordi di quei momenti bui parevano andare diradandosi. Lei era diventata una principessa a tutti gli effetti nel corso del tempo, perdendo lo stato di fanciulla e acquisendo quello di donna, e forse con la maturità si era anche resa conto di certi piccoli errori del passato. Spesso, parlando con Ariel, si era chiesta se non fosse il caso di tornare a Kyrne Lamiya e parlare con Francesca Findabair per riparare agli errori del passato. In ogni caso aveva sempre visto con una certa tristezza quel passato e cercava in ogni modo e maniera di farsi perdonare - o almeno di perdonare sé stessa - attraverso Ariel. Per questo e per tanti altri motivi quando la giovane - oramai non più tanto - arpia si presentò con la richiesta di tenere il gatto Fianna non seppe dirle di no.
«Certo che possiamo tenerlo.» le rispose. «Gli facciamo creare una cuccia qui nella stanza! Hai già scelto un nome? Se vuoi che resti con noi dobbiamo sapere come chiamarlo.»

Quello a cui pensava maggiormente la principessa, però, rivolveva attorno al come far imparare ad Ariel il volo. Per quasi ogni cosa c'era stato un rimedio, a partire dai giocattoli a forma di arpia fino a far sì che ci fossero sempre sedie senza schienale in ogni stanza ritenuta interessante da Ariel... ma le ali, quelli erano un altro paio di maniche. Gli Eldar, nella loro infinita sapienza, niente conoscevano dei misteri del volo e ancor meno dei modi in cui insegnare la caccia alle giovani arpie. Era tutto nebuloso e quel poco che era stato redatto dalla Glevissig non era minimamente bastevole.
Fianna si sedette a terra e, guardando Ariel, le chiese con malcelato imbarazzo: «Ariel, piccola ascolta, so che magari è strano per te ma credo tu abbia raggiunto la maturità per volare... solo che non ho idea di come fare.» sorrise, imbarazzata. «Come vedi io non ho le ali... e temo di sapere ben poco su come si vola. Forse ho un'idea ma potrebbe non funzionare. Aneirin è brava con i falchi, vorrei che ti portasse a caccia e ti mostrasse come cacciano i falchi. Potresti imparare da loro almeno la base per il volo.»
Aneirin annuì lentamente. Si erano parlate più volte di quell'ipotesi e, ogni volta, era sembrata la più intelligente tra le tante. E si che, nella disperazione, si erano persino spinte a chiedere ad Amdir - l'arcimago - di creare una pozione che facesse crescere le ali a Fianna. Inutile dire che il mago le aveva brutalmente rimandate al loro paese senza nemmeno perderci del tempo.
 

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"Grazie, oh grazie!" disse la giovane in tono raggiante "Vedrai, Ariel ti tratterà bene" continuò rivolta al felino "mangerai carne e latte e Ariel giocherà con te e ti terrà con sè nel suo nido e..." per qualche ragione Ariel tendeva a deporre nel suo nido tutto quello che considerava di sua proprietà. C'era voluto un pò di tempo per farle comprendere che le sue cose erano al sicuro e che nessuno gliele avrebbe portate via, ma nonostante questo Ariel tendeva ancora a portare ogni nuova proprietà nel suo nido di cuscini, forse per via delle sofferenze che aveva patito nel tempo trascorso nella foresta forse perchè nonostante tutto sentiva di essere l'unica della sua specie ad abitare quella casa e il suo nido rappresentava una sorta di ancora.
"Un nome?" il concetto le era nuovo, come testimoniava l'espressione stupita "Le prede non hanno un nome, sono solo prede. Però..." l'Arpia guardò intensamente il gatto che, avendo trovato una posizione comoda sulle sue gambe faceva tranquillamente le fusa. Scosse il capo come a schiarirsi le idee "..però non è una preda normale vero? No che non lo è. Voi non allevate questi cosini morbidi per mangiarli." fissò ancora il gatto per qualche istante, poi lo strinse maggiormente con fare protettivo al che il felino miagolò allarmato "Sssssh, nessuno ti mangerà" disse Ariel in tono rassicurante poi si voltò verso Fianna "Lo vorrei chiamare Rosso" disse con una certa mancanza di fantasia. Attimi di confusione come quello, durante i quali Ariel rimuginava ad alta voce le cose che aveva imparato abitando con Fianna a quanto le era stato insegnato nel nido materno erano diventati via via più frequenti man mano che Ariel cresceva e la giovane arpia era evidentemente impegnata nel tentativo di integrare due visioni del mondo alquanto discordanti.

Quando Fianna spostò il discorso sul volo gli occhi di Ariel si accesero di una nuova luce "Si, anche io lo credo, zia Fianna" ultimamente Ariel aveva cominciato ad alternare la prima persona alla terza quando parlava di sè: un altro segno di crescita "lo vedo dalle mie ali. Aspetta, ti faccio vedere" la giovane si recò velocemente al suo nido di cuscini e con mille cure, come temesse di poterlo rompere, depose Rosso su uno di essi per poi tornare accanto alla principessa "Ecco, guarda" Ariel distese le ali alla massima apertura possibile "Guarda come sono grandi e belle. Sono belle, vero?" chiese con una improvvisa incertezza nella voce.
"Andrò con zia Aneirin e cercherò di imparare, ma ho bisogno anche di esercitarmi per conto mio. Probabilmente non saprò volare subito subito, ma.." disse con un tono a metà fra il preoccupato e l'impaziente "So che tu sei una Senzali selvatica e quindi non puoi sapere...ma io...non ridere zia...io sento che mi chiama. Il cielo, intendo. Mi chiama. Mi chiama e io voglio gettarmi in lui, attraverso lui".
 

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Fianna si era oramai quasi abituata al lessico arpiesco fatto di "senzali" e "preda" disseminati come intercalari e modo di dire in ogni cosa. Le faceva ancora strano, molto strano, ma sentirlo dire senza il disprezzo malcelato tipico dell'Ilias di turno rendeva la cosa meno sgradevole. Invero, se non fosse stato per i brutti trascorsi, probabilmente non ci avrebbe neppure badato, considerandolo come un semplice vezzo linguistico, più che come una inveritiera affermazione di superiorità. Per questo, anche se le parole in sé non portavano odio, la gente si era abituata ad associarle a toni dispregiativi e sminuenti e sol col tempo e una buona dose di pazienza - da parte di tutte le parti in causa - la cosa sarebbe andata migliorando. La principessa annuì alle parole di Ariel, sapeva bene che il cielo la chiamava e non era motivo né di scherno né di divertimento: era la sua natura. Quella sì che era un qualcosa a cui nessuno, né elfo né altro, avrebbe mai potuto concretamente resistere. Non il conquistare il mondo a suon di concetti preda, non l'imporre la propria volontà al di sopra delle genti, ma esplorare il cielo nella più vasta e assoluta delle libertà concesse ai mortali.
«Sono bellissime le tue ali.» le disse. «E sono certa che il cielo ti chiami, non devi temere di sembrare strana. Così come gli alberi chiamano una driade, così il cielo chiama a sé le creature che più vi appartengono; e chi meglio della tua gente dovrebbe avere diritto di volare?» confessò.
«E non devi avere paura, nessuna creatura vola alla nascita, ma tutte imparano per istinto. Una madre spinge giù dal nido i propri pulcini non perché voglia far loro del male, ma nella consapevolezza che apriranno le ali e prenderanno il vento d'istinto, perché quella è la loro natura, il loro destino.» continuò. «Tu, Ariel, hai un grande destino davanti a te. Parte di esso è giù scritto, fa già parte della tua vita, ma il resto dipenderà dalle tue scelte. Scegliere di chiamare il gatto Rosso anziché Preda, scegliere di chiamarmi Zia anziché Fianna. Ricorda questo per il tempo a venire, ricordalo ogni volta che il tuo istinto ti dirà di fare qualcosa. Sta a te e solamente a te accettarlo o respingerlo. E qualsiasi cosa sceglierai di fare, per quello che mi riguarda, per me rimarrai sempre Ariel.» le sorrise, dandole un leggero abbraccio sulle spalle.
«Ora prepariamoci che a breve sarà pronta la cena. E poi dobbiamo lavare Rosso se vogliamo farlo stare in camera. Immagino che Amdir abbia qualche rimedio alchemico contro le pulci...»
Aneirin, ridendo sotto i baffi, finse la più acuta delle indifferenze.

[ ... ]

Alcuni giorni dopo, nei boschi fuori Ainatur, Aneirin aveva portato Ariel a caccia. Andavano a piedi tra gli alberi, lentamente, in cerca di una radura ove si fossero radunati gli animali per riposare al tiepido sole del nord. Dopo poco, in uno spiazzo senza alberi in cui scorreva un ruscello, una mezza dozzina di lepri stavano placidamente a riposo, brucando l'erba fresca e dissetandosi nel torrente. Subito la cacciatrice fececenno ad Ariel di non muoversi, nascondendosi dietro un albero. Il falco che aveva con sé, ancora bendato, venne liberato dal cappuccio e adagiato su un ramo.
«Ora guarda come si comporta Limù.» fece un lieve fischio e l'uccello spiccò il volo piombando mortalmente su una delle lepri più piccole. «Hai visto? Si è lanciato spiegando le ali. Non so se possa essere uguale per te, ma puoi provarci.» poi, passandole il proprio arco, la invitò a prenderlo. «Dovresti provare anche ad usare questo. Se un giorno riuscirai a combinare il volo con l'arceria sarai una cacciatrice formidabile.»
 

Silen

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Ariel ricambiò giocosamente l'abbraccio, con partecipazione anche se con una certa goffaggine. Dal suo punto di vista un abbraccio era un gesto innaturale poichè le ali erano un fattivo impedimento a gesti del genere. Le Arpie avevano usanze diverse e Ariel le mise in pratica quando, dopo l'abbraccio, afferrò a sua volta Fianna appena sotto le spalle e si sollevò sulla punta dei piedi in modo da toccare la sua fronte con la propria. Quel gesto, fronte contro fronte, era l'equivalente fra le Alate di un abbraccio, come la stessa giovane Arpia si era incaricata di spiegarle.
Ariel sorrise, avendo cura di cercare di non scoprire per intero la sua dentatura acuminata: per quanto giovane vivendo in mezzo agli eldar aveva già capito quale effetto faceva sugli umanoidi quel suo sorriso tutto zanne e cercava di limitarne l'effetto, una cortesia che poche fra le sue Sorelle erano solite concedere alle altre razze.
"Io posso fare delle scelte, come decidere fra chiamarti Zia e chiamarti Fianna" disse inclinando il capo e con uno sguardo malizioso negli occhi grigi "Ma tu com'è che preferisci essere chiamata? A me piace chiamarti zia, ma se tu preferisci essere chiamata Fianna, io ti chiamerò semplicemente Fianna. Dato che posso scegliere, scelgo di chiamarti come a te piace essere chiamata" il tono usato dalla giovane era allegro e giocoso ma Fianna notò che l'offerta era sincera.

[...]

Ariel sembrava decisamente su di giri mentre camminava al fianco di Aneirin. Nell'anno precedente si era avventurata raramente al di fuori della dimora di Fianna: in verità anche quando la principessa aveva provato ad invogliarla ad uscire l'Arpia aveva msotrato una forte riluttanza. "Ariel è troppo piccola per lasciare il nido" aveva risposto seria seria la prima volta che Fianna le aveva proposto di fare una passeggiata all'aperto dando l'impressione di ritenere quasi che una volta uscita non avrebbe più potuto tornare. Col senno del poi Aneirin aveva rilevato che in effetti non si vedevano molte piccole arpie in giro nemmeno nelle loro città il che faceva pensare che forse le giovani non lasciavano mai la sicurezza della dimora materna fino a quando il loro sviluppo non era completo o quasi.
Quale che fosse la verità, Ariel ora sembrava entusiasta e decisa ad esplorare il mondo esterno. Seguì con sguardo affascinato la caccia del falco ed afferrò l'arco che Aneirin le porgeva in modo quasi reverente. "Ar ne-makt...voglio dire, la mia madre-vera, diceva sempre che l'arco è l'arma di tutte le cacciatrici. Insegnami zia Aneirin, per favore."
Per un paio d'ore Aneirin diede lezioni di tiro con l'arco ad una entusiasta Ariel. Risultò presto che la giovane aveva una vista straordinariamente acuta e una mira non meno buona; nondimeno i suoi primi tiri furono alquanto mediocri. Ci volle un pò di pratica ma una volta che Aneirin ebbe insegnato ad Ariel la corretta postura e il modo corretto di tendere la corda e prendere la mria, questa si rivelò un'allieva promettente.

Venne poi il momento del primo volo: Ariel si abbassò e si inclinò in avanti, prese la rincorsa e spiegò le ali, battendole poi per cercare di prendere quota come aveva visto fare al falco. Volò rasoterra per qualche metro...e poi ruzzolò per terra, rotolando un paio di volte su sè stessa. Quando Aneirin corse a vedere come stesse la giovane, Ariel borbottò, ricadendo nella terza persona
"Ariel ha volato per un poco.....ahio...."
 

Last Century

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«Fa che sia il tuo cuore a scegliere come vuoi chiamarmi.» disse Fianna. «Per me fa lo stesso. Ho imparato a mie spese che non è il nome a identificare il rapporto che c'è tra due persone. E non è nemmeno il sangue, se per quello.» prese una breve pausa, guardando Ariel. «È quello che sentiamo per gli altri. E finché siamo in grado di riuscire a esprimere queste emozioni, questi sentimenti, a gesti o parole non importa, qualsiasi appellativo andrà bene! Se ti piace Zia, usa Zia. A me non da fastidio, tutt'altro Ariel, tutt'altro.» le sorrise nuovamente. Alla fine quel suo discorso non s'allontanava poi tanto dal plastico respingere le nomenclature comuni che adottavano le arpie, preferendo i termini quali prede e schiavarazza piuttosto che la controparte regolare. In fondo erano solo... termini. Alcuni più adeguati e meno offensivi di altri ma, pur sempre, termini. E se si fossero sforzati tutti di vederla in quella maniera il mondo sarebbe stato un posto immensamente migliore, senza se e senza ma. Quelli, però, erano ragionamenti per un altro momento, per un altro tempo, che niente avevano da rubare a quell'attimo di intima affettuosità.

[ ... ]

«Ma certo che ti insegnerò, piccolina!» le disse Aneirin. «Nessuno nasce imparato a questo mondo, che sia nel saper volare o nel tirare d'arco. Ma se hai anche un quindicesimo di certe tue sorelle in quanto a talento vedrai, ti parrà naturale come mangiare o dormire.» così, dopo qualche ora di allenamento doveroso, l'eldar scoprì una giovane promessa del tiro in quel corpo minuto e alato. Proprio come aveva sospettato Ariel aveva un che di naturale, spontaneo, per il tiro che niente aveva da invidiare ai partecipanti del torneo Britannico. Niente assai.
«Sai, se mai ci sarà un prossimo torneo mi piacerebbe partecipassi anche tu. Ti divertiresti! Forse eri appena nata quando c'è stato quello dell'Impero Britannico, abbiamo fatto una discreta figura noialtre... anche se alla fine ha vinto un drow.» si strinse nelle spalle. «Ma tu hai le potenzialità per fare un lavoro eccellente, ne sono più che sicura. Poi ti farò fare un arco su misura, così non avrai problemi a causa dell'altezza.» annuì sorridendole. «Vedrai, andrai alla grande.»

Quando provò a volare, invece, la storia fu molto diversa. Chiaramente non era facile, anche se istintivo, spiccare il volo di punto in bianco e un ruzzolone non simpatico accolse la giovane arpia. Fortuna che il sottobosco in qualche modo le impedì di farsi seriamente male: Aneirin non se lo sarebbe mai perdonata. Accorsa alla piccola l'eldar s'inginocchiò accertandosi che fosse tutto apposto.
«Certo che hai volato! Eccome se l'ho visto! C'è da festeggiare, vedrai vedrai! Ma ora rimettiti in piedi e riprova, dai dai.» le prese una mano e l'aiutò a rimettersi in piedi. Aveva paura che lo scossone preso nel capitombolo potesse in qualche modo respingerla dal tentare nuovamente. In larga parte s'immaginava il rischio - concreto - che le succedesse come a quei fantini novizi che, cascando da cavallo, non rimontano subito e iniziano a meditare sulla paura delle cadute, finendo per non cavalcare più per lo spavento. Così la incoraggiò a riprovare, correndole accanto per aiutarla a non rovinare nuovamente al suolo. Aneirin le ali non le aveva e, di sicuro, non sapeva come insegnare a volare ad una arpia... ma poteva fare del suo meglio perché il processo fosse meno doloroso possibile. Le fece anche vedere più volte come il falcetto spiccava il volo sbattendo le ali prima di librarsi in aria, sperando che in qualche modo l'aiutasse.
«Vedi? Lui sbatte le ali una singola volta con forza, per staccarsi da terra. Prova a fare lo stesso da ferma, magari riesci meglio!» poi, scherzando aggiunse. «E non caschi per terra!»
 

Silen

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Ariel fece un gran sorriso alle lodi di Aneirin, come tutte le adolescenti era molto sensibile e molto incerta sulle proprie capacità "Ariel sarebbe contenta di partecipare al torneo" disse ricadendo nella terza persona, una cosa che accadeva ogni volta che la giovane era emozionata o turbata. Purtroppo i primi tentativi di volo non furono altrettanto fortunati e se la giovane non esitò a riprovare subito nonostante il brutto ruzzolone, anche i tentativi di prendere il volo da ferma non andarono molto meglio e anche se la giovane Arpia non cadde nemmeno riuscì a prendere quota, riducendo la cosa a una serie di grossi balzi e mezzi voletti davvero minimi nella loro entità. Purtroppo il metodo scelto da Aneirin non era il più adatto alla povera Ariel: il volo delle arpie era più basato sulla potenza e sul sapiente sfruttamento delle correnti ascensionali e dei venti che sulla velocità e l'agilità: in una parola assomigliava più allo stile dei volatili di grandi dimensioni come aquile ed avvoltoi che non al rapido e agile falchetto. Ma anche che se l'eldar avesse avuto presente questa differenza, come avrebbe potuto portare un aquila o un avvoltoio per mostrare ad Ariel come quei grandi uccelli volavano? E come avrebbe potuto spiegarle come individuare le correnti ascensionali, con quali parole? L'impresa era palesemente al di là della sua portata, tutto quello che poteva fare era cercare di agevolare il compito della giovane ma Ariel avrebbe dovuto fare il grosso del suo apprendistato con le sue sole forze.
Dopo alcune ore e diversi tentativi falliti, Ariel aveva i nervi a fiori di pelle. L'Arpia cadde in ginocchio e colpì il terreno con entrambi i pugni, una, due, tre volte. Nonostante la sua rabbia, il labbro inferiore le tremava ed aveva gli occhi rossi...ed Aneirin aveva l'impressione che la piccola fosse sul punto di scoppiare in lacrime per la rabbia e la frustrazione.

[...]

Fortunatamente, nel tentativo successivo il caso diede una mano alla giovane Arpia. Ancora una volta Ariel spiccò un balzo e si mise a battere furiosamente le ali, senza badare troppo alla direzione quanto allo sforzo di cercare di rimanere in aria; ad un tratto perse l'assetto e nello sforzo di non cadere si mosse lateralmente e come il destino volle si imbattè in una di quelle correnti ascensionali che sola le avrebbe permesso di prendere quota con facilità. Ariel emise un gridolino di deliziata sorpresa nel sentire come improvvisamente l'aria le sostenesse le ali permettendole di salire in alto più di quanto avesse fatto in quell'intera giornata "Leggera...l'aria è leggera qui" disse, non sapendo lei stessa come descrivere quel che provava in quel momento. Con rinnovato vigore si mise a volare in cerchio, battendo le ali più forte ogni volta che sentiva la corrente sotto si sè e sia pure con una certa pesantezza si alzò in alto, sempre più in alto "Ariel vola! Ariel vola! Ariel vola!" gridò, più volte, dimentica della disperazione di poco prima e presa dall'estasi del volo con l'istinto, finalmente soddisfatto, che le urlava nelle orecchie e nelle vene, dimentica persino di Aneirin che con una certa preoccupazione la vedeva rimpicciolire fino a diventare un puntolino nella immensità del cielo. I venti in quota con la loro forza furono un'altra sorpresa per Ariel e la giovane venne trascinata lontano coprendo una distanza ragguardevole quasi senza sforzo. Non che le importasse: Ariel era ormai completamente assorbita dalla esaltazione del volo e non pensava più a niente.
Il sole volgeva ormai al tramonto quando finalmente la giovane tornò in sè e cominciò a guardarsi attorno per capire dove fosse finita e come tornare al suo nido. Planando in modo da scendere un pò di quota e basandosi da un ricordo approssimativo della direzione in cui era stata trascinata dal vento Ariel cominciò la strada del ritorno. Era ormai buio quando finalmente Ariel riuscì a ritornare al palazzo dove Fianna ed Aneirin attendevano, piuttosto in ansia per la sorte della giovane alata. Chiamate a gran voce dalla giovane arpia le due uscirono dal palazzo in tempo per essere letteralmente investite da una esausta Ariel in fase di atterraggio provocando un capitombolo generale e un bizzarro groviglio umano formato da due eldar e una Arpia; ma neanche questo alterò lo stato di esaltazione della giovane "Kar velt! Fianna, kar velt!" disse in tono trionfante, senza rendersi conto di parlare nella sua lingua natale per poi addormentarsi sul posto afflosciandosi mentre era ancora addosso a Fianna ed Aneirin.
 

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Lettera alla principessa Fianna

Un saluto a voi Principessa,
da Gwaith-Host abbiamo seguito con estrema attenzione l'evolversi della crescita della giovane Arpia Ariel di cui vi state così bene occupando, all'epoca del suo ritrovamento non nego vi fossero diverse perplessità riguardanti la vostra scelta, ma siamo per certi versi felici di dover ammettere che avete mostrato saggezza e che, forse, è stata la mano del grande padre Gallean a muovere le vostre azioni.
La giovane Ariel da quanto ci è stato riferito ha compiuto i primi passi nel mondo del volo, e necessità strategiche ci impongono per il bene di tutta Ea di richiedere il suo intervento ed i suoi servigi nonappena abbia raggiunto il pieno sviluppo, evento che ci risulta debba avvenire entro 2 anni.
Al fine di preparare al meglio la giovane per ciò che la aspetta mettiamo a disposizione della vostra persona uno dei nostri draghi, in modo che voi possiate non solo seguirla nel volo ma che possiate migliorarne ulteriormente le capacità, inoltre un giovane volontario, Spike, questo il suo nome d'arte da giullare, accompagnerebbe il drago, il ragazzo oltre ad essere sotto certi aspetti quasi un coetaneo della ragazzina è un nostro agente addestrato e conosce tutti i dettagli della missione.
So di chiedervi molto ma molto è in ballo, ed è necessario un certo livello di segretezza.
Con profondo rispetto.

Arminas Foglia D'argento, Presidente dell'Unione
 

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«Sei sicura che abbia preso il volo per bene e che non sia sia persa?» chiese Fianna, visibilmente preoccupata.
«Sì, Principessa. Stia tranquilla, si è messa a volare. Credo abbia trovato una corrente ascensionale, tipo un aquilone, perché è partita come un dardo strillando che riusciva a volare.» Aneirin si grattò la testa, smuovendo i capelli con fare nervoso. Fortunatamente dopo qualche ora di ansioso scrutare il cielo, finalmente captarono una voce nota chiamarle a squarciagola. Dapprima era un puntino, poi un'ombra nel cielo che sfrecciava contro le nuvole, e infine la videro piover giù dal cielo come un fulmine, piombando loro addosso. Con un capitombolo non indifferente, per fortuna effettuato sull'erba del giardino e non sul marmo dei pavimenti, Aril si erse vittoriosa dal suo primo volo. Con ancora la testa scossa per l'impatto, Fianna guardò la propria protetta chiedendosi cosa mai stesse dicendo. Si ripromise di chiedere a qualcuno un maledetto dizionario di arpiesco, così da poter iniziare a interfacciarsi con Ariel alla pari, anziché fare la faccia sorpresa ad ogni idioma sconosciuto e ogni parola strana.

«Ariel, per gli dei ci hai fatto spaventare!» la redarguì la Domabelve.
«Credevamo ti fossi persa o fossi caduta da qualche parte facendo fatica a tornare a casa... devi stare attenta piccola mia.» tirandosi in piedi, a fatica, abbracciò poi l'alata. «Mie paure a parte, però, sei riuscita a volare! E per un sacco di tempo, per giunta! Devi essere orgogliosa di quello che hai ottenuto, e senza aiuto alcuno se non il nostro maldestro tentativo di fare qualcosa.» sospirò la principessa.
«Vedrete quanto sarà brava quando imparerà a tirare con l'arco a mezz'aria, vedrete.» aggiunse Aneirin. «E ora che sappiamo anche quanto sia talentuosa nel volo, per natura, è certo che niente potrà fermale. Non è vero, Ariel?» la esortò la cacciatrice, esortandola a sentirsi fiera di quanto fatto.
«Sì va bene tutto, ma ora è il caso tu mangi qualcosa. Sarai sfinita dopo tutto questo svolazzare in giro. Tante emozioni fanno venire fame, vero?» prendendo la piccola per mano si avviò verso la sala grande, strillando ai domestici di preparare la cena anzitempo.

[ ... ]

Quando Fianna lesse la lettera inviatagli dal Presidente dell'Unione, per poco non le venne un infarto. Capiva l'importanza della cosa, ma non avrebbe mai mandato, per nessun motivo, Ariel in una missione del genere. Era la sua sorellina minore e, di certo, non avrebbe rischiato di mandarla a morire nel profondo nord. Contro i non morti. Sulle prime si limitò ad accartocciare la missiva e lanciarla dall'altra parte dello studio ma in seguito, su consiglio di Aneirin, rispose come decoro imponeva.

"Ad Arminas, Presidente dell'Unione di Carandor,
Ariel non è, e non sarà mai una risorsa militare da usare a uso e costume né del Minnonar, né del Carandor. Quello che chiedete non è dissimile al chiedermi un figlio o un fratello e non è neanche lontanamente accettabile; Ariel è una bambina che sin ieri a stento aveva le piume e oggi compie i primi passi nel volo. Si tratta del primo caso al mondo, forse dell'unico che mai avremo, in cui un'arpia si dimostra per quello che è, anziché per come viene allevata. Io non metto in dubbio la vostra buona fede nel chiedere i servigi di Ariel e la mia collaborazione, ma come vi dicevo poc'anzi non ritengo neanche lontanamente sicuro mandarla a far chissà cosa nei cieli occupati da draghi non morti e nubi oscure. Quindi sì, chiedete molto. Quindi no, non manderò Ariel da voi come si fa coi trabucchi o con le bestie. Quando crescerà e se lei stessa lo riterrà opportuno, potrà scegliere di aiutarvi, ma fino ad allora lasciatela al sicuro in quel di Ainatur. Non vi chiedo di rivelarmi alcunché perché niente potrà convincermi a separarmi da Ariel, non adesso. Come voi avete chiesto a me io chiedo a voi: capite come mi sento io e capite l'assurdità di quanto mi avete chiesto. Se vi serve aiuto per qualcosa, qualsiasi cosa che non riguardi Ariel, sarò ben lieta ma per quanto riguarda lei non ammetto ragioni.
In fede, Ambrielle Fianna Eressel Elensil.
"

Fianna in modalità "mia figlia potrebbe morire".
Also scusate, sono sotto esami, il tempo è quello che è çç
 

Silen

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La giovane era più che altro mezza morta di stanchezza come testimoniava il fatto che si era pressochè assopita sul posto poco dopo aver preso terra e se Aneirin non la avesse scossa avrebbe probabilmente dormito li, sull'erba. Ma nei suoi occhi la stanchezza si vedeva appena tanta era la gioia estatica che le illuminava lo sguardo "Ho volato lontano lontano...ora ho capito, il vento, per alzarsi in volo bisogna seguire il vento" gli occhi improvvisamente le si riempirono di lacrime "Oh, il vento nelle ali, Fianna, Aneirin! Il vento nelle ali! Se solo voi due poteste sentire il vento nelle ali, sentirlo come l'ho sentito io...cavalcare il vento, farsi portare in alto, ancora più in alto. Ho volato, ho volato! Ariel ha volato, Ariel è forte. " l'arpia sprizzava orgoglio e stanchezza da tutti i pori "Ariel è degna di diventare una Cacciatrice! Imparerò a cacciare, e poi imparerò a combattere e poi...e poi...forse insegnerò a Fianna e ad Aneirin a parlare..." concluse riferendosi certamente al fatto che Fianna ed Aneirin non conoscessero la sua lingua. Barcollò come ubriaca e nuovamente le due eldar dovettero sostenerla.

Breve anche io, giusto per concludere questo capitolo della storia...si prosegue nel prossimo turno ^__^
 

Silen

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Il giorno in cui Fianna fece ritorno ad Ainatur il sole splendeva caldo e luminoso nel cielo; non sembrava affatto una giornata di autunno, pareva anzi che l'estate avesse deciso di prendersi una licenza e prolungare la sua durata sulle terre degli eldar sfoggiando la sua forma più mite e gradevole. Nelle campagne intorno alla città le foglie degli alberi avevano appena iniziato ad ingiallire e i campi erano dorati del colore del grano maturo. Era una splendida giornata per il viandante che attraversasse quel paesaggio bucolico e Fianna aveva messo il cavallo ad un passo tranquillo, godendosi quella pace: anche uno spirito irrequieto come il suo veniva cullato dalla serenità di quei momenti. In lontananza Ainatur e il suo palazzo si ingrandivano poco a poco e così anche la torre che costituiva l'aggiunta architettonica più recente e più vistosa. L'ultimo viaggio della principessa era stato più lungo del previsto ma Fianna aveva ricevuto di tanto in tanto lettere da Aneirin con le ultime novità sul regno, il resoconto dei lavori di ampliamento della città e la costruzione della dimora di Ariel e naturalmente quante più notizie sulla stessa Ariel, sui suoi progressi nel volo e nell'arte di tirare con l'arco oltre ad aneddoti vari sulle sue abitudini e piccole avventure. La principessa sorrise nell'apprendere come Ariel avesse perso di vista il piccolo Rosso e l'avesse cercato ovunque per un giorno intero facendo quasi impazzire Aneirin per trovare infine il pigro felino riposare tranquillo e beato in un granaio nelle vicinanze e come Domabelve stesse diventando vittima quasi quotidiana di giocosi assalti all'arma bianca da parte della giovane Arpia. Essendo Aneirin quella che era, non aveva problemi ad affrontare gli agguati di Ariel nè a fare un pò di lotta con la giovane arpia ma nel primissimo assalto di Ariel ad Aneirin i servitori del palazzo avevano seriamente temuto per la vita di Domabelve, senza capire la natura giocosa dell'attacco dell'Arpia, la sua voglia esuberante di mettere alla prova le sue nuove forze contro coloro che dovevano costituire ai suoi occhi il parametro principale con cui confrontarsi.
Con un sospiro la principessa ripose la lettera; c'erano ancora tante incomprensioni...nonostante Ariel vivesse nella sua casa ormai da tre anni non aveva molto legato con nessuno al di fuori di Fianna ed Aneirin. A dire il vero Ariel mostrava una crescente insoddisfazione ogni volta che qualche visitatore giungeva ad Ainatur per conferire con la principessa, come se pensasse che quegli estranei le stessero sottraendo indebitamente la compagnia di Fianna. Avrebbe dovuto parlarle prima o poi, pensò Fianna fra sè con un sospiro...era così assorta che non si avvide di un puntolino che si staccava proprio in quel momento dalla cima della neo-eretta torre e, dopo aver fatto un giro attorno alla costruzione, prese a dirigersi a grande velocità verso la posizione dove si trovava la principessa.
Quando Fianna si riscosse dalle sue riflessioni, era troppo tardi: all'ultimo momento l'eldar si gettò da cavallo, rotolando sull'erba e riuscendo così a schivare il primo attacco, ma fece appena a tempo a rialzarsi che il suo aggressore le fu addosso nuovamente investendola con una spallata che la mandò a rotolare nell'erba, avvinghiata ad un nemico sgusciante come un'anguilla e forte come una tigre. Fianna fece del suo meglio per controbattere ma era stata colta di sorpresa e dopo una colluttazione breve ma intensa si ritrovò spalle a terra, le mani immobilizzate da una presa ferrea ai polsi.
"Ti ho presa, ti ho presa!" gridò Ariel, la voce piena di genuina allegria "Ho vinto! Oggi tu sei la mia preda!" la giovane arpia rise, felice del buon risultato della sua impresa, poi si chinò in avanti a poggiare affettuosamente la fronte su quella della principessa in un gesto che per lei era l'equivalente di un abbraccio "E' bello averti di nuovo qui, zia Fianna." disse nello stesso tono allegro, poi con uno scintillio malizioso negli occhi grigi "Preferisci finire arrosto, lessa o stufata?"
 

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«Non sono buona da mangiare, sono tutta fibrosa.» scherzò, anche se un attimo d'ansia le attraversò la testa. Ariel stava crescendo a vista d'occhio e, nemmeno a dirlo, in capo a pochissimi mesi - se non settimane - sarebbe stata pronta a fare quello che voleva. Già in quel momento poteva superare, a occhio e croce, l'abilità media di un qualsiasi individuo del regno in quanto ad armi, ma quella sottile feralità che la contraddistingueva le deva un vantaggio insormontabile.
Scacciando via i brutti pensieri, comunque, ricambiò il gesto d'affetto con la testa, mettendosi lentamente a sedere.
«Certo che diventi sempre più forte e veloce. Non invidio le tue prede affatto!» rise. «E infatti guarda con che facilità mi hai ribaltata. Se indossare una corazza non ti disturbasse il volo te ne farei avere una per metterti alla testa di qualche drappello di soldati!» le fece una carezza sulla testa. C'era dello scherzo in quelle parole, ma anche una sottile ed evidente verità. Alraune avrebbe dovuto, prima o dopo, parlare con Ariel e così volevano fare altre arpie. Il suo era un caso internazionale, più unico che raro, che aveva permesso a due nemici storici di trovare un grande punto d'incontro che prescindesse la politica e i vecchi rancori. Ariel non era colpevole di quanto fatto dalle sue sorelle tanto quanto Fianna non era colpevole di ciò di cui s'era macchiata Elenwen. Erano figlie di due mondi diversi che avevano scoperto, involontariamente, di potersi quantomeno parlare. Forse, avrebbe osato in futuro dire, anche comprendere a vicenda.

Si tirò in piedi, lentamente, spolverandosi dopo il ruzzolone per terra.
«Mi dispiace se i miei viaggi mi tengono spesso lontana da casa.» ammise. «Ma Ailas e Carnil si occupano della gestione amministrativa del regno, non sono guerrieri. Quindi quando c'è da andare in giro per Ea a scoprire cose nuove o parlare con sconosciuti devo andarci io... ma in verità credo che a breve, se vorrai, potrai accompagnarmi anche tu.» annuì alle sue stesse parole. Non voleva dire in modo palese alla figlioccia che c'erano persone con cui avrebbe dovuto discutere o, quantomeno, vedersi ma ne riconosceva l'importanza nella crescita della giovane arpia. Non poteva tenerla segregata ad Ainatur, quandanche fosse stata la giovinetta a volerlo, giacché così facendo non avrebbe visto il mondo per come era fatto. Quando si era presa l'impegno di proteggere Ariel, anni addietro, l'aveva fatto col preciso scopo di crescere una persona dotata di libero arbitrio e capace di compiere le proprie scelte; tale destino avrebbe potuto archiviarlo solamente permettendo ad Ariel di andare a vedere il mondo. Di conoscere altre razze e culture.
E Fianna era spaventata, se non atterrita, dall'idea che certi radicalismi arpieschi potessero far breccia in Ariel mutandola in qualcosa di diverso da quel che era. Da come lei la vedeva.
«Ascolta... c'è una cosa che devo dirti.» tentennò. Tentennò perché anche se d'aspetto sembrava tale e quale alle eldar mature, statuaria e perfetta, non era che una ragazzina i cui anni doppiavano a stento quelli di un paio di mani. Costretta a compiere la scelta di un genitore decise di fare ciò che riteneva giusto per la piccola, piuttosto che per sé.
«Te la sentiresti di conoscere alcune arpie? Sono molto gentili e da quando sei qui non fanno altro che chiedermi di te.» sorrise. «Magari si potrebbe andare a Kyrne Lamiya assieme, tra qualche tempo, appena arriva la bella stagione.»
 

Silen

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"Fibrosa, dici? Bene, c'è un modo soltanto per scoprirlo!" con queste parole il capo di Ariel scattò in avanti e la giovane mimò un morso alla spalla destra di Fianna, senza notare il momento di apprensione della principessa. Ancora ridendo allegramente la giovane alata si scostò per permettere a Fianna di rialzarsi. Il suo ritmo di sviluppo, assai accelerato rispetto a quello di un umano o di un elfo, continuava a sorprendere chi le stava attorno: nel breve volgere di un anno Ariel era passata dallo stato di adolescente a quello di giovane adulta, esuberante e piena di energia. Non solo: negli ultimi mesi i suoi tratti si erano in qualche modo addolciti e le sue fattezze si erano fatte più femminee, tanto che la semplice tunica che indossava si era fatta vistosamente stretta. Ennesimo cambio di abiti in vista, pensò Fianna con un sospiro; stare dietro ai cambiamenti del fisico dell'Arpia aveva dato lavoro a più di sarto di Ainatur negli ultimi tre anni.
Ignara dei pensieri della sua sorella adottiva/tutrice/compagna di gioco Ariel si sedette a sua volta, visibilmente contenta delle lodi che le venivano rivolte
"No, ho solo avuto fortuna. Ti ho presa di sprovvista e ho potuto piombarti addosso a tutta velocità; la prossima volta non sarà più così facile"
La prossima volta???? pensò Fianna con un accenno di sgomento, cominciando a comprendere le rassegnate lamentele di Aneirin a proposito degli agguati della giovane alata. Ma Ariel stava ancora parlando

"Ricordo bene come hai abbattuto il mostro, nella foresta. Eri magnifica, quel giorno. Tu sei magnifica: una magnifica caccia, una magnifica preda. Ma io ti dimostrerò che posso essere una cacciatrice degna di te. Vedrai zia Fianna, ci divertiremo tantissimo! E poi non posso cacciare sempre e solo zia Aneirin..." in momenti come quelli, seguire la logica della giovane alata risultava ancora problematico per Fianna, nonostante tre anni di convivenza l'avessero ormai resa avvezza a molti dei manierismi e delle sfumature del pensiero di Ariel. Ora ad esempio, tutto quel parlare di caccia e di preda poteva essere inquietante ma l'espressione di Ariel, che ormai Fianna sapeva interpretare, era assolutamente aperta e sincera, il suo sguardo pieno di anticipazione. Vedrai come ci divertiremo, zia Fianna! Come i cuccioli di predatori come il leone o il leopardo ingaggiano lotte giocose fra di loro scimmiottando quelle che saranno le ben più serie battaglie della vita adulta, Ariel trovava evidentemente naturale quell'ossessione per la caccia per cui le sue consorelle erano tristemente famose eppure al tempo stesso considerava l'intera faccenda come un gioco, un gioco tanto più divertente quanto il suo obiettivo, la sua preda, era difficile da sopraffare: in quel modo, inconsciamente, Ariel si dedicava a quella che era in effetti la palestra che la avrebbe preparata alla vita adulta.

L'allegria sembrò parzialmente dileguarsi alle successive parole di Fianna; Ariel strascicò gli artigli del piede destro per terra, lasciando lunghi solchi nella polvere senza guardare la giovane eldar "Si, io capisco. Loro guardano a te perchè tu apra la via e tu non puoi sottrarti. Hai già fatto tanto per me..." sorrise, timidamente: una strana vista un'arpia in atteggiamento timido "ed è così bello il nido che avete costruito per me. E' bello potersi lanciare nell'aria senza doversi sollevare a forza di ali. Ed è bello dopo un lungo volo planare verso il tuo nido caldo che ti attende, lontano dalla terra e dal fango e dagli animali, in alto, al sicuro. E' solo che vorrei condividere tutto questo con te e con zia Aneirin; mi sento un pò sola quando voi non ci siete. Non credo di piacere agli altri eldar. Hanno paura di me. Ma io voglio solo condividere!" Ariel borbottò qualcosa, nella lingua delle arpie. Con sua stessa sorpresa, che Ariel non aveva inteso di essere compresa, Fianna si scorì a capire il senso della frase: la giovane alata aveva tenuto diverse lezioni di lingua a lei e ad Aneirin
quando ce ne era stato il tempo e l'occasione, e anche in questo caso la lunga convivenza facilitava la comprensione. Ciò che aveva borbottato l'alata era qualcosa a proposito di "Stupidi senzali dalle mani molli" ed era colorato da un accenno di disprezzo che preoccupò Fianna. Ancora incomprensioni...forse sarebbe stato opportuno trovare qualche altro eldar scevro da pregiudizi e che fosse disposto a trascorrere del tempo con Ariel. Questo l'avrebbe fatta sentire meno sola e avrebbe impedito che nella mente della giovane arpia la frustrazione si tramutasse in una porta di accesso per il supremalismo che così spesso Fianna aveva visto nelle alate e che temeva tanto di vedere insorgere anche nella giovane.
Forse anche per questo si decise a parlare ad Ariel delle sue Sorelle e del desiderio di queste di vederla e parlarle e della possibilità di un viaggio insieme.

La giovane arpia parve intrigata dalla possibilità di vedere delle altre della sua razza "Si, mi piacerebbe incontrare delle Sorelle, zia Fianna. Sono curiosa...nel nido vedevo solamente la mia madre-vera e non avevo sorelle-vere" di colpo sembrò ansiosa "Cosa penseranno di me? Anche loro crederanno che io sia...strana?...perchè vogliono vedermi? Ai loro occhi devo sembrare poco più di una implume che non è mai uscita dal nido. Una a cui una preda senzali ha insegnato a volare..."
Ma fu l'accenno al viaggio che mandò Ariel letteralmente in visibilio. La giovane si gettò addosso a Fianna a peso morto, col risultato che la principessa barcollò e finì per ruzzolare nuovamente a terra trascinandosi dietro l'alata che dal canto suo sembrò trovare tutta la cosa divertente "Si, si si! Mille volte si! Un viaggio, una avventura da condividere! E verrà anche zia Aneirin, vero? E tu aprirai la via, e io ti seguirò! Voleremo lontano, lontano e sarà bellissimo, e viaggeremo in terre lontane e condivideremo..." per qualche minuto a Fianna non rimase altro che rimanere sdraiata a terra e ascoltare i mille progetti e fantasticherie della giovane alata che, adagiata su un fianco per non pesare sulle ali, dava sfogo al suo entusiasmo con una serie interminabile di chiacchere. Infine la giovane alata tacque per qualche istante, meditabonda.
"Zia Fianna...tu sei già stata a Kyrne Lamiya" non era una domanda "Una volta...ho sentito alcuni dei tuoi fratelli" era così che a volte Ariel chiamava gli altri eldar. Una applicazione del concetto arpiesco di "Sorella" al popolo di Fianna, molto probabilmente "ho sentito alcuni dei tuoi fratelli dire che hai incontrato la Prima" Ariel aveva abbassato la voce a un sussurro, come se Silene fosse presente ad ascoltarle "Zia Fianna...com'è la Prima? E' davvero così terribile come la descrivono?"
 

Last Century

Ninja Skilled!
Certe volte Fianna aveva l'impressione di aver convissuto con Ariel per anni ma di non essere mai riuscita davvero capirla. E questo la rendeva inevitabilmente affranta e triste, alla stessa maniera in cui l'avrebbe afflitta il non riuscire a interfacciarsi con un figlio o una sorella. Anche il rapporto stesso che aveva con l'alata era andato trasformandosi ad una velocità tale da risultare scarsamente intelligibile all'eldar: dapprima l'aveva vista come una figlia, ovviamente, ma in seguito era divenuta più una sorella che non qualcuno a cui badare in maniera materna. Per una creatura longeva, il cui ritmo vitale scorreva come un lento e placido torrente, vedere quel cambiamento così repentino e veloce l'aveva destabilizzata più di una volta. E ora che la vedeva in difficoltà, eccezion fatta per i momenti di gioia come quelli, non sapeva come fare per venirle incontro. Per questo aveva scelto di agire a quella maniera, portandola a Kyrne, e a giudicare dalle parole di Ariel aveva fatto senz'altro bene.

Sorrise, scuotendo appena la testa ai complimenti dell'arpia. «Oh credimi, se continuerai così a confronto la morte di quel demone sembrerà una bazzecola rispetto a quel che ti attende.» poi le fece una carezza sulla testa, delicatamente. «E lo so che molti non ti guardano nel modo in cui vorresti, né in quello che meriteresti. Molti fanno l'errore di accomunarti con le arpie che hanno ucciso i loro cari o contro cui hanno combattuto. Tu però non c'entri in questo e le nuove generazioni di Eldar avranno un'altra visione di te.» sospirò. «Mi dispiace di non poter fare niente per velocizzare le cose, ma far cambiare idea alle persone richiede tanto, tanto tempo.» quando arrivò a parlare del viaggio, poi, Ariel sembrò andare in visibilio. Chissà da quanto sognava di poter viaggiare in compagnia di Fianna alla volta di chissà quali meraviglie! Tuttavia aveva molti dubbi, alcuni dei quali estremamente fondati, e non a tutti Fianna aveva la certezza di saper rispondere. Tuttavia sorrise, sforzandosi di superare la sua titubanza così da dipanare i dubbi dell'altra.

«Non sei strana, sei unica! Sono cose simili a orecchio ma estremamente diverse nella pratica. Sei un'arpia nata a cavallo di due mondi; si tratta di qualcosa che, di per sé, ti rende forse la creatura più interessante di tutta Ea con cui parlare. E sappi che l'unico giudizio che deve importarti è quello riferito alle tue azioni, non quello rivolto a ciò che sei. Non hai avuto il controllo su quello che è successo ad Arc-en-Ciel, né su quello che è avvenuto dopo. Se ti giudicheranno lo dovranno fare per cosa farai, per come lo farai. non certo per essere venuta al mondo in modo diverso dagli altri.» lo disse guardando in lontananza, sforzandosi di restare sorridente nonostante quel discorso la riempisse di profonda tristezza. Quanto tempo era passato dall'ultima volta che aveva saputo, con assoluta certezza, cosa era giusto e cosa sbagliato? Quando era stata l'ultima volta che il suo giudizio su qualcosa non si era gustato a causa del pregiudizio? Nel crescere qualcosa era cambiato in lei, qualcosa che non riconosceva nemmeno più come un pezzo di sé. Se fosse stata la foga della giovinezza, il furore vendicativo o quant'altro non avrebbe saputo dirlo ma sentiva di essere rimasta "in sospeso" tra le idee. E aiutare Ariel a districare i dubbi quando lei stessa ne era immersa sino al collo risultava un'impresa ai limiti dell'impossibile.

«Silene è tante cose, Ariel... tante, troppe cose.» iniziò a dire. «Se la tua domanda è "ti piace Silene" la risposta è no, non mi piace... ma il mio piacere è ininfluente in questo momento. Le arpie sono creature che spesso rifuggono la nostra logica e, inevitabilmente, questo ci porta ad entrarvi in conflitto. Che sia ideologico o armato poco importa: c'è un muro che fatichiamo ad abbattere, una parete fatta della più robusta pietra che separa noi da loro...» le sorrise. «Ma la Prima non è un mostro. Non più di chiunque altro su questa terra e credo che qualsiasi cosa io possa dire sarebbe sempre viziata dal dubbio, dalla ritrosia... da quel muro insormontabile. Ma tu sei la mia speranza per questo, tu e tu sola.» le fece un'altra carezza amorevole. «Tu sei l'unica che può abbattere quel muro. E potrai farlo perché ci sei nata sopra, non hai gli occhi coperti, puoi vedere tanto levante quanto ponente e aiutare a capirci gli uni con gli altri. Credevo di poterlo fare io, al tempo, ma ora so che questo è il compito che Gallean, o Sheika, avevano in serbo per te. E per te sola.» annuì. «Quando andremo a Kyrne Lamiya parlerai con Silene e sarai tu a farti un'idea su chi sia la Prima. Questa è l'unica cosa che ti chiedo di fare, ascolta quello che senti davvero e segui ciò che ritieni giusto. Oltre le bandiere, oltre le corone, c'è qualcosa di più su Ea, qualcosa che potrebbe unirci tutti una volta e per sempre. E vorrei tanto che fossi tu, quella cosa.»
 
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