GDR [Repubblica Feana] Sedute del Senato

Rebaf

Get a life
Fantacalciaro
"Io, Bulio Lasiano Munto, in qualità di senatore più anziano, dichiaro la seduta del Senato della Repubblica numero 3457, aperta. All'ordine del giorno..."

La quasi totalità degli astanti smise di ascoltare Lasiano Munto, la verve di un quasi novantenne cieco non era certamente irresistibile e il lungo ordine del giorno aveva la stessa appetibilità delle lezioni di retorica che i senatori dovevano obbligatoriamente frequentare per mantenere, come sosteneva la legge repubblicana, una favella in grado di sostenere le importanti discussioni che avvenivano al Senato. Nella realtà dei fatti quelle lezioni erano solo un modo per dare ancora più soldi ai già sufficientemente potenti e corrotti membri dell'Arte della Retorica, una delle corporazioni più in vista della Repubblica. Ancora peggio se ci si fermava ad analizzare il concetto di "importanti discussioni", giacché la maggior parte delle discussioni servivano solo a rendere ancora più ricchi i ricchi, più poveri e indebitati i liberi cittadini, e se possibile ancora più schiavi gli schiavi. Nali Vele Reto aveva sentito fin troppe interrogazioni al Senato atte a perpetrare una delle cose che la Repubblica negli anni aveva saputo fare meglio: corruzione e consolidamento di una piccola elité incapace di vedere al di là dei suo campi in Mendalia coltivati da schiavi. Quando aveva iniziato la sua carriera politica ancora credeva di poter cambiare le cose, si era fatto padre padrone di una Consorteria che aveva nelle sue politiche principali la volontà di rendere la Repubblica un luogo più equo e dove davvero, e non solo per tradizione, si portasse avanti l'idea di un posto aperto a tutte le razze e dove l'unione di sensibilità diverse potesse fare la differenza. Quando qualche anno prima riuscì ad arrivare alla carica di licude, massima carica istituzionale, capì subito che una volta seduto sullo scranno del potere è impossibile rimanere puri. Il potere logora, sia chi ce l'ha, sia chi non ce l'ha, Nali era almeno un decennio si sentiva sempre più svuotato e logorato ma le sue convizioni erano forti e mai una volta aveva pensato di lasciare la politica, magari per tornare al suo tanto amato otium, tra una raccolta di liriche di Nolone e un trattato sull'agricoltura di Dulio Meso Colna. Si voltò a sinistra, lo sguardo si incrociò subito con Rogo Seca Forato. Non aveva mai avuto un buon rapporto con il suo collega licude, i due erano così agli opposti che la satira repubblicana era da anni impegnata a trovare nuove metafore per descrivere il loro rapporto conflittuale. Si passava da poetici: sono come sole e luna, fino a più prosaici: sono come marito e moglie (e Nali ancora non aveva capito se la moglie fosse lui o il suo esimio collega).

Il giorno precedente Nali e Rogo avevano avuto la più drammatica delle loro riunioni, la situazione nell'Impero era caotica, le ribellioni ormai non si contavano più sulle dita di entrambe le mani, e la Repubblica era chiamata a fare la propria parte. Inizialmente Nali, incalzato dai suoi, era rimasto ferreamente convinto della necessità di seguire la ribellione per portare un nuovo avvenire, lontano dalla barbarie di un Impero decadente, inoltre il Fronte Egalitario stava acquisendo sempre più forza e addirittura alcuni membri della sua Consorteria avevano lasciato la politica per la lotta armata. Rischiava di vedere eroso il suo consenso sempre di più. Così era rimasto fermamente convinto della necessità di battere il Fronte Egalitario sul loro stesso campo da battaglia e potersi togliere dal giogo imperiale sarebbe stata esattamente la mossa che avrebbe permesso una Repubblica libera di modificare il proprio assetto sociale e politico. Durante la riunione, per l'ennesima volta, si era però dovuto scontrare contro la realtà dei fatti: tutti i nobili, e molti liberi contadini che lavoravano alle loro dipendenze, continuavano a essere fortemente filo-imperiali, grazie alle celeberrime Patenti, vere e proprie autorizzazioni imperiali rilasciate dallo Thautì che servivano a dare in concessione perpetua determinati terreni o lavori. L'Impero negli anni era stato molto bravo a crearsi una base di consenso e ora, queste persone, erano impaurite dalle idee di redistribuzione delle terre e di collettivizzazione del lavoro. Non che Nali volesse arrivare a tanto, si riteneva più intelligente degli utopisti del Fronte, ma negli anni aveva sempre cercato di scardinare questo sistema un passo alla volta. Questa volta però era tutta un'altra storia, lui vedeva un'occasione ma sapeva anche che un licude correva sempre il rischio di finire come il buon Gele Torlio Corvo, impiccato per volontà dal Senato dopo che aveva tentato di far passare una serie di leggi che promulgavano l'abolizione della schiavitù e una serie di epocali riforme sociali. L'Impero non aveva gradito, il suo destino segnato rimase come monito per quarant'anni. Solo Nali, con fatica e rischiando anche la vita in almeno tre tentativi di assassinio, aveva riportato la fazione anti-imperiale al potere. Ora doveva decidere: seguire le proprie ambizioni rischiando di far crollare tutto il castello o accordarsi?

Così quando era uscito dal Palazzo della Lince, sede del governo e dei due licudi repubblicani, Nali era torvo in volto e il giorno dopo, mentre la sua scorta lo portava alla Villa dei Feani, dove da quasi duecento anni il Senato si riuniva un paio di volte al mese, il suo umore non era migliorato. Complice anche una notte insonne passata a scrivere lettere ai suoi più fedeli collaboratori dislocati in tutta la Repubblica, una prostituta non molto propensa a fare il suo lavoro e una cena troppo pesante che ancora faticava a digerire. La voce del suo collega Rogo lo risvegliò dai pensieri in modo traumatico, Nali aveva deliberatamente rifiutato di ascoltare le prime discussioni che riguardavano questioni tecniche e burocratiche che riuscivano ad annoiare anche il più zelante membro dell'Arte dei Notai.

"Primo Senatore Bulio Lasiano Munto, con il potere conferitomi dalla mia carica di licude e in accordo con il mio collega Nali Vele Reto, richiedo ufficialmente che si passi al prossimo ordine del giorno. Già troppo abbiamo perso tempo in questioni che possono aspettare, noi tutti siamo consapevoli della situazione imperiale, è tempo che il Senato prenda una decisione."

Inaspettato Rogo, lui che era sempre stato deferente verso il Senato, consapevole che se era lì era soprattutto per i soldi che la sua Consorteria aveva elargito all'ala più conservatrice del Senato, eccolo che dava una bella batosta a quei vecchi incartapecoriti. Nali sorrise, poi si alzò e prese la parola.

"Appoggio la richiesta del licude Rogo Seca Forato, è tempo che si decida la posizione della Repubblica."

Qualche voce di protesta si levò, soprattutto da qualche senatore che ancora non capiva la gravità della situazione ed era convinto che i problemi di tutto il mondo passassero in gran parte dal fatto che l'aumento del prezzo degli schiavi rischiava di non permettergli più di avere scorte di ragazzini da insidiare e stuprare nel buio della sua villa rustica. Quanto li odiava, quei senatori. La discussione proseguì infervorata, come da tradizione i due licudi rimasero in silenzio e i membri delle Consorterie rappresentate in Senato intervenirono lungamento portando punti verso le due posizioni che il Senato stava vagliando: ribellarsi o rimanere fedeli. Dopo quattro ore di discussione, due pause e un tentativo non riuscito di svegliare Bulio Lasiano Munto che ormai si era irrimediabilmente addormentato appoggiato al suo bastone, finalmente si passò alla votazione.

Il Senato si zittì, così tanto che quasi fece rumore, Bulio Lasiano Munto si svegliò e l'esito fu pronunciato.

"Nel nome del popolo della Repubblica, nel nome delle Arti dei Mestieri, nel nome di tutto ciò che ha reso grande la nostra Repubblica, io Primo Senatore annuncio il risultato finale della mozione."

Bulio si fermò non perché volesse fare una pausa drammatica, ma più che altro perché faticava a leggere ciò che era scritto sul foglio che gli era stato passato. Uno dei suoi collaboratori gli sussurrò qualcosa nell'orecchio, Bulio si ricompose e continuò.

"Con 67 voti a favore, 30 a sfavore e 3 astenuti, il Senato della Repubblica dichiara la fedeltà all'Impero."

Scoppiò il finimondo, qualche Senatore arrivò anche ad azzuffarsi, anche sotto gli occhi soddifatti dello Thautì che, pur non potendo prendere la parola essendo il rappresentante ufficiale dell'Imperatore, assisteva da sempre a tutte le sedute e riusciva pure ad influenzarne, spesso solo con uno sguardo che faceva intendere più di mille parole. Attorno a Nali e Rogo la scorta dei licudi fece scudo, mentre il Senato assomigliava sempre di più a una di quelle arene di combattimento sotterranee illegali. Dopo circa mezz'ora la situazione si calmò, ma Nali sapeva che il difficile iniziava proprio ora: convincere quei 30 che avevano votato a sfavore che lui non aveva tradito la causa e che paradossalmente rimanere fedeli, con la possibilità di influenzare un impero in decadenza, era la soluzione migliore per una Repubblica che da sempre aveva costituito un bacino importante di ricchezza e di potenza navale per gli Imperatori che si erano susseguiti. Non sarebbe stato facile, forse, questa volta, quelle noiose lezioni di retorica sarebbero servite. O forse, sarebbero servite di più quelle vecchie conoscenze della Lura, quelle che sapevano tirarti fuori alla bisogna un sicario o una prostituta, adatti a convincere anche i più restii che quella posizione era l'unica possibile.

Intanto, messi diplomatici vennero immediatamente inviati alla corte Imperiale e alle corti dei domini imperiali rimasti fedeli, per informarli della decisione del Senato. Cosa sarebbe successo dopo, non era dato saperlo, ma Nali sapeva benissimo che il gioco del potere era appena iniziato.

Per chi non avrà voglia, comprensibilmente, di leggersi tutto: la Repubblica rimane fedele, per ora senza condizioni. @Mikhail Mengsk e @Arminio oltre che alla corte imperiale, messi repubblicani arrivano anche alle vostre porte congratulandosi con voi per la scelta lealista e proponendo in futuro un incontro a tre. Se mi sono dimenticato qualche altro lealista, è ovviamente invitato e si vedrà arrivare analoghi messi. L'invito è esteso a un rappresentante della Corte imperiale.
 
Ultima modifica:
Alto