[Recensione Letteratura] Norwegian Wood

Oghard "El Burro" Fireburp

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Fantacalciaro
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Titolo libro: Norwegian Wood
Autore: Haruki Murakami
Genere: Romanzo di formazione
Anno di pubblicazione: 1987

Un mio piccolo omaggio al capolavoro dello scrittore giapponese Murakami, consigliatissimo a tutti. Imho un libro che tutti i ventenni del mondo dovrebbero leggere.

In generale trovo che la scrittura di Murakami sia splendida ma per questo forse dovremmo anche ringraziare il traduttore italiano. Nella prefazione di Norwegian Wood scritta da lui si può quasi sentire con mano la passione che lo muove nei confronti di questo autore. Una passione assolutamente genuina e totale.

Al di là di questo la storia non è nulla di nuovo, se leggete la sinossi vi sembrerà forse uno dei tanti emuli di quella letteratura intimistica alla Salinger, ma ciò che la rende così corposa, così importante, così vivida agli occhi del lettore, sono sicuramente i protagonisti. E in primis, il protagonista.. Watanabe Toru è un giovane Holden ma più marcio dentro, quasi come se Salinger e Chandler si fossero incontrati una sera in un fumoso locale dalle atmosfere noir e avessero pianificato di creare un personaggio letterario bevendo bottiglie di pessimo whiskey e fumando sigarette senza filtro. Ad accompagnarlo le due figure femminili del libro, all'opposto ma entrambe affascinanti. Naoko, introversa, fragile, silenziosa, folle in quella sua totale aderenza all'autolesionismo psicologico, e Midori, gioviale, attiva, spiazzante e disarmante nella sua follia da iper-socialità.

Il tutto ambientato nella Tokyo di fine anni '60 e inizio '70 durante le 'rivolte' studentesche che toccarono un po' tutto il mondo. Una Tokyo ancora immersa a metà tra la metropoli sfrenata (i quartieri occidentalizzati dove Toru segue un amico in stanchi giri per bar alla ricerca di 'easy girls'), il guardarsi ancora indietro alla guerra appena finita (il quartiere di Midori, dove c'è una splendida descrizione di questo ambiente che porta ancora le ferite dei bombardamenti e, nel suo volersi rinnovare, riesce quasi a rendersi più brutto di prima) e alla tradizione.

L'atmosfera finale risulta quindi permeata di una melanconia universale e solitaria al tempo stesso. Una tristezza che, se fossimo dei filosofi, potremmo quasi chiamare 'ontica', quando riguarda l'empirica quotidianeità di Toru, ma anche metafisica quando invece lasciamo che il libro, voluttuosamente, ci trascini come nuvole di fumo che pigramente si innalzano al cielo.

Chi non ha ancora letto il romanzo non vada più avanti nella lettura di questa recensione-omaggio e si compri immediatamente il libro, non se ne pentirà. Per tutti gli altri quella che segue è una mia critica ad uno dei libri che più ha significato qualcosa nella mia vita. Ovviamente essendo un'analisi critica ci saranno spoiler o comunque riferimenti alla trama, ergo se non volete sapere niente del libro non leggete.

Tutta la trama è intessuta con una vera maestria da grande scrittore. Watanabe Toru, il protagonista, si conferma come uno dei più grandi anti-eroi della letteratura, affronterà comunque il suo Bildungsroman e diventerà adulto. Proprio come il David Copperfield di Dickens che viene continuamente citato.
Nell'introduzione di Amitrano, il traduttore, si insiste molto su questo paragone tra Copperfield e Toru. E' indubbio che Dickens abbia ispirato alcune cose, ma è anche vero che il topos del triangolo amoroso è qualcosa che appare in letteratura sin dalla lirica greca e dai poeti latini. Ho trovato encomiabile il modo in cui Toru si sviluppa fino alla sua catarsi finale fatta di un dolore che si porterà appresso per tutta la vita ma che, in fondo, fa parte di lui.
Come fa parte di lui, profondamente, il tema della Morte. Toru lo dice chiaramente, le morti che lo accompagnano per tutto il viaggio rubano parti di lui e, spesso, ci pare che Toru flirti più con mondo dei ricordi che con quello della materialità.

Materialità che introduce il discorso su Midori. Uno dei personaggi femminili più belli della letteratura. Una ragazza di cui un uomo non può fare a meno di innamorarsi. Verso la fine anche Midori dovrà affrontare il suo personale percorso di crescita fatto di confronto, ancora, con la morte e di messa in ordine delle proprie priorità. E' indicativo di ciò il brusco cambiamento del rapporto che ha con Toru, improvvisamente pare che la solare Midori non accetti più quella complicità assieme pudica e scandalosa che aveva da sempre condiviso con Watanabe. Impone una scelta, dura ma necessaria.
Scelta che pero' sarà il destino a compiere. O meglio, nuovamente, sarà la Morte a decidere. Entità che aleggia per tutto il romanzo con una dirompente forza tragica, ineluttabile destino e parte costituente dell'essere di un uomo allo stesso modo. Se ne accorge Toru, fin da subito, nel suo peripateticismo mentale e lo sa, anche se noi lettori non ce ne accorgiamo troppo ammagliati dalla sua bellezza dirompente, Midori. Quando la affronterà ha inizio quel cambiamento di cui sopra ho già detto, Midori si fa quasi più fragile e solitaria. Non ci può quasi sembrare vero che quella ragazza, così insolentemente rappresentante del rapporto più carnale e viscerale di Toru, possa assurgere quasi ad idealizzazione di un dilemma esistenziale. Verso la fine Murakami non può che affibiarle anche parole diverse. Midori parla più spesso di lacrime e pianti e di come fosse perfettamente in grado di piangere a dirotto.
Azione, quella del pianto, che invece abbiamo legato per tutto il corso del romanzo a Naoko. Amore idealizzato di Toru, missione quasi divina che Toru intende portare a termine per amore del suo migliore amico. La fragilità psichica di Naoko è un qualcosa che ci intenerisce, tanto più che quando la ragazza si trova in condizioni più o meno stabili quasi ci spaventa la sua lucidità nell'essere profondamente consapevole di avere un problema. Naoko, continuamente, ci fa capire come il suo problema sia semplicemente lei stessa ed è proprio lei che ce ne da una rappresentazione quasi psicanalitica quando lo fa riemergere da radici profonde di una adolescenza rubata dal suo amore di sempre con il migliore amico di Toru. Ed è buffo pensare che proprio Toru, per lei e per il suo ragazzo, l'anti-eroe così profondamente distaccato dal mondo esterno, sia il rappresentante di una sorta di estraniamento dal mondo quotidiano nonostante Toru stesso ne sia pienamente dentro. Forse è solo perchè Toru non trova niente di meglio da fare, lo ripete spesso adducendolo come a motivo per cui continua a seguire le lezioni universitarie, ma fatto sta che ad un tratto è proprio lui ad assurgere da unico forte legame che tiene in bilico le deboli menti di spiriti martoriati dal dolore. Alla fine Naoko muore.
E' stupendo il modo in cui Hirakami ce lo fa notare, in un primo momento il lettore ne è sconvolto. Lo scrittore lo coglie di sorpresa, finisce un capitolo facendoci intendere come tutto andasse bene ma, nel profondo dell'ultima lettera che Reiko manda a Toru prima della morte di Naoko, intuiamo come a supportare tutto ci sia una rarefatta area di costruita finzione. Lo schiaffo al viso del lettore è nel capitolo successivo, un solo rigo "Dopo la morte di Naoko Reiko mi scrisse ancora" e il personaggio scompare. Per buona parte di quel capitolo pare di essere finiti in un altro libro, tutto ciò su cui è stato fondato il racconto va a cadere. Il dilemma della scelta, annullato dalla Morte imperturbabile, quel fantastico rapporto tra la donna fragile e angelicata e quella viva, prepotente, sboccata e teribilmente affascinante. Toru taglia ogni rapporto e si fa pellegrino solitario alla ricerca della radice del proprio dolore esistenziale. Non ne esce bene, come non uscì bene da quella primavera fatta di silenzi di Naoko e di una quasi giocosa rabbia di Midori. Tutto, pero', torna giustamente nei ranghi. Toru non vuole e non può andare avanti così, la sua catarsi è finalmente quasi compiuta. Manca solo un passo.
Lo step finale sarà proprio quello dell'ultimo incontro con Reiko. L'affascinante donna quarantenne con le più belle rughe del Giappone. Toru acquista la saggezza e la consapevolezza ma sviscera fuori da sè il ricordo di Naoko esorcizzandolo quasi con quell'improvvisato funerale fatto di canzoni dei Beatles, bossanova, fughe di Bach e di alcool a fiumi. I due fanno l'amore, Reiko indossa gli abiti di Naoko e Toru può finalmente dirsi adulto. I suoi vent'anni cominciano a pagare il prezzo di vivere, dice lui stesso quando raggiunge la fatidica età nella quale si smette di crescere e si incomincia ad invecchiare. Naoko avrà per sempre 21 anni mentre per Toru comincierà un conto alla rovescia verso il destino che, dice sapientemente Reiko nel loro ultimo incontro, toccherà a tutti.
E' a quel punto che Murakami pare quasi ricordarsi di Midori, il libro poteva finire prima ma c'è ancora un piccolo paragrafo dall'importanza assoluta. Toru è ora un adulto, ha la consapevolezza della Morte che porta, e porterà sempre, con sè ma è anche consapevole delle parole di Reiko circa le occasioni di felicità da prendere al volo. In parte è come se Murakami avesse voluto darci un indizio su come la storia, probabilmente, andrà a finire. L'attrazione c'è, la scelta è stata fatta (sebbene solo la Morte, supremo giudice, abbia potuto farla) ed è tempo di chiamare Midori. Il dialogo inizia come tanti altri, la Midori arrabbiata per qualcosa si scioglie quasi subito di fronte al fiume di parole di un Toru purificato dalla sua esperienza. Ma, a spiazzarci, alla fine c'è proprio una non-risposta.

"Dove sei?" chiede Midori e Toru non risponde. Non lo sa dov'è, non capisce e proprio come quando torna dall'istituto di recupero il mondo esterno pare essere solo un turbinio di cose troppo dannatamente avulse da sè.
In un intervista Murakami si disse dispiaciuto del fatto che i lettori potessero chiedersi come, concretamente, la storia vada a finire. Ho finito il libro e anch'io, pero', non ho potuto fare a meno di chiedermelo perchè se per Murakami Toru, Midori e Naoko sono parti di sè che mette a confronto e le fa dialogare in un mondo in cui lui è supremo demiurgo, noi non possiamo fare a meno che ricadere nell'ambito dell'affezione. E' il traduttore di Norwegian Wood, pero', a darci un consiglio interpretando la promessa che Midori fa a Toru. Se vorrai scappartene via lontano, un giorno, io verrò con te. E la nuova Midori, anche lei purificata dalle tragedie familiari e dal lacerante dilemma di Toru, giungerà, alla fine del libro, maturata e in grado di adempiere alla sua promessa. Proprio come una Agnes dickensiana, ci suggerisce Amitrano. Ciò lo vediamo anche nelle sue ultime parole, un semplice "Dove sei" che detto da lei non pare pero' freddo o cinico. Ci pare forse più rilassato, poichè nel fiume di parole con cui Toru apre la telefonata c'è qualcosa di nuovo che il suo intuito, per sua stessa ammissione assai sviluppato, può comprendere appieno. Il suo è un tono di chi ha capito che, finalmente, in un modo o nell'altro la scelta è stata fatta e a dimostrazione di ciò è il fatto che Toru ha terminato il suo apprendistato da giovane studente. Proprio come nell'Albero della Vita della cabala ebraica, Toru può finalmente assurgere a divinità di se stesso a e a manifestare la cosa nei rapporti interpersonali. Acquista anche l'ultima sefirot e completa il suo percorso. Per questo, nonostante il libro si concluda con un Toru estraniato e terribilmente confuso, è probabile che i due si siano incontrati e che, almeno per un periodo, abbiano condiviso la medesima felicità. Poichè Toru, nonostante tutto, rimane in quel luogo che non era da nessuna parte e ci rimane in linea, seppur silenziosamente, con Midori.
La scelta è compiuta e nonostante la lacerazione della morte sarà sempre presente è possibile trarne insegnamento e continua saggezza.

Ultimi due temi su cui mi volevo soffermare sono quelli del suicidio e della scrittura.

Nel caso del primo, inizialmente, mi sono sentito turbato di fronte a quel turbinio di suicidi... se quello di Naoko è sempre nell'aria, quello del migliore amico di Toru è già accaduto, a colpirmi furono quelli della sorella di Naoko, inaspettato dramma famigliare, e quello di Hitsumi, la ragazza di un amico del collegio di Toru. Per noi occidentali, impregnati di cultura cristiana, il suicidio è una realtà ancora molto difficile da accettare. Per questo inizialmente reputai quasi ridicoli quella sfilza di suicidi, poi pero' è lapidario che il relativismo culturale è fondamentale, spesso, per apprezzare appieno un'opera d'arte. Nonostante Murakami flirti spesso con l'occidente, a partire dalla sua nascita come scrittore "hard-boiled" e dalla sua passione per Chandler, la sua sensibilità di fondo rimane quella orientale. Il suicidio e la cultura giapponese sono due cose strettamente legate, vanno a braccetto ed è quindi logico che Murakami lo inserisca con tanta prepotente violenza nel micro-cosmo di Toru e gli altri protagonisti di Norwegian Wood.
Infine il tema della scrittura, che dire? Sempre presente in forma di lettere.. per Toru pare avere una funzione quasi terapeutica nelle Domeniche in cui il suo programma quotidiana non poteva salvarlo dalla noia, ma, anche, dimostra come essa può fallire. L'impossibilità di Naoko di scrivere e le numerose mancate risposte che Toru riceve nel corso di tutto il libro ci mostrano anche una scrittura spesso impotente e completamente preda della sorte e schiava completamente del proprio animo.

In conclusione erano davvero anni che un libro non mi faceva pensare così tanto. Era un libro di cui secondo me si sente il bisogno, fortissimo, e nonostante sia stato scritto qualche anno fa rimane ancora attualissimo nella sue disquisizioni esistenzialiste ed intimistiche.

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Haruki Murakami, l'autore.

Impossibile dargli un voto, imho rientra di diritto nel novero dei classici della letteratura contemporanea e spero che, in un futuro, nei licei possa essere fatto letto, discusso e studiato poichè trovo che raramente un libro possa insegnarti tanto in così poche parole e in una storia che, alla fine, non ha nulla di nuovo nel suo dipanarsi ma che possiede una carica emotiva travolgente in grado di fare crescere anche il proprio lettore, come se la lettura di Norwegian Wood fosse parte del nostro personalissimo Bildungroman quotidiano.


PS: NON ho letto tutta la recensione perché Rebaf ha giustamente avvertito di possibili spoiler e non ho voluto sputtanarmi una possibile futura lettura :look: ho rimosso riferimenti a IGZ e ad elementi tecnici da forum fino all'avviso di Rebbo. Ho aggiunto un paio di foto, giusto per spezzare un po'...Prego!

Ah, a proposito, Maby...preferisci che le recensioni si raccolgano tutte su un unico thread tematico o va bene così? Io propendo per la seconda. Alla prossima!
 
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