Parisathis giunge sul terreno di gara seguita da due commilitone della guardia della Capitale, già abbigliata per il combattimento e silenziosa.
Nell'ombra vermiglia della tenda studia una rastrelliera di armi esotiche, tra le quali sceglie il fidato falcione. Di fronte a lei, oltre la pista di sabbia cotta dal sole, scorge l'imponente sagoma del suo avversario.
Gambe corte e braccia lunghe. Lunghe come Nani in piedi.
Armi pesanti. Armatura pesante. Passo pesante. Si spera.
Ishtar dammi concentrazione, Thanghar dammi coraggio.
Assicurata alla cintura anche una breve daga ricurva, la soldatessa avanza in pieno sole, l'elmo ancora sottobraccio.
"Il Cielo di Sarvan ti sia lieve, Ongari. Il mio ferro non lo sarà."