Eto Demerzel era un bravo soldato, ma più di ogni altra cosa era un bravo marinaio. Dopo la distruzione totale della flotta ed il tardivo impegno del regno nel ricostruirla, non aveva potuto far altro che dedicarsi a studiare tattica, affinare le sue doti come amministratore e - ovviamente - andare a cavallo per distrarsi dalla lontananza dal mare. Nonostante fosse emozionato quella non era la sua prima giostra, e mentre s'infilava l'armatura aiutato da alcuni garzoni non poté fare a meno di pensare alla sfida che lo aspettava di lì a pochi minuti; affrontare Fritz von Carstein non sarebbe stato uno scherzo, ancora si parlava del suo agire al torneo Sylvano nei salotti nobiliari del Minnonar, ma avrebbe fatto del suo meglio per non sfigurare davanti ai propri signori. Si chiuse i guanti e salì in sella, tenendo l'elmo sotto al braccio mentre entrava nell'arena al trotto, salutato dalle delegazioni alleate con un pacato applauso. Non aveva certo lo stesso, carismatico, modo di fare di Calarel, ma per certi versi appariva ancora più statuario e impassibile di molti suoi connazionali: si era rasato i capelli e teneva sul viso solamente un bizzarro paio di baffoni a manubrio coadiuvati da un grosso pizzetto, entrambi biondi come il grano maturo. Con gli occhi cerulei cercò il proprio avversario, dall'altra parte del campo, avvicinandosi lentamente per andarlo a salutare prima dell'inizio dello scontro.
«Vostra Grazia, è un onore incontrarvi sul campo.» lo salutò, rivolgendogli una riverenza con la testa. «Ho sentito molto parlare di voi, spero di essere alla vostra altezza.»
Proprio come Calarel anche Eto aveva, sul cavallo e sulle vesti, i simboli del Ducato che sormontavano quelli del regno. In un certo qual senso la giostra avrebbe visto due contendenti che facevano capo al medesimo schieramento, somigliava più ad uno scontro di allenamento che non ad una vera e propria gara.
«Che possano gli dei guidare le nostre lance ed il migliore guadagnare la vittoria.» con un secondo, riverente, cenno della testa prese congedo, raggiungendo i giudici per recuperare una lancia. A quel punto si mise in posizione, calcandosi l'elmo sulla testa e concentrandosi il più possibile sull'obiettivo. Il peso dell'armatura non era un grosso problema, sebbene non fosse abituato a portarne, ma l'idea di scontrarsi contro un giostratore esperto lo metteva in una certa difficoltà, se non altro a livello psicologico. Si fece forza, immaginandosi quale gloria avrebbe potuto ottenere se fosse riuscito in quell'impresa, non solo per se stesso, ma anche per tutto il regno... una prova di coraggio e di onore che, immaginava, il Duca avrebbe potuto senz'altro apprezzare.
Alzò la lancia, come era usanza fare nel Minnonar per salutare i propri avversari nelle giostre, poi attese il segnale per la carica.
Lanciò la monta al galoppo, aggrappandosi alle redini per spronarla ancor di più, poggiando la lancia in resta e inquadrando Fritz dalla fessura dell'elmo. Sapeva di non poter competere per esperienza e cercò di ovviare con un minimo di tattica in cui tanto eccelleva: rimase basso sulla sella, con la schiena lievemente incurvata in avanti, puntando a colpire la parte esterna della guardastanca del sylvaniano. Nella sua idea avrebbe colpito all'esterno e poi, con un movimento deciso del braccio armato, puntato verso l'interno in modo da far ruotare l'avversario all'indietro e, eventualmente, fargli perdere la presa. Si puntò bene sulle staffe e sperò, fermo e deciso, di aver la meglio.