Felce
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Io vorrei sapere tutta la storia che c'è dietro la tua richiesta di lavoro in Lituania, Felce
Approfitto della domanda che mi ha posto Oghard per sapere dove siamo arrivati e cosa stiamo facendo, a così tanti anni di distanza dalle ultime (splendide) riunioni di SOHead.
Per chi non vuole leggersi tutto (tl;dr): mi sono fatto licenziare -> 2 corsi da pizzaiolo con esperienza totale di 8 mesi (pagati di tasca mia), più un corso di cucina con esperienza di 6 mesi (gratuito ma, per entrarci, sono stato selezionato), intervallati da mesi di nulla cosmico -> finito in Lituania pensando che, all'estero, fosse tutto rose e fiori...
Anni fa lavoravo, come receptionist/portiere, in un'università americana (http://www.nyu.edu/florence.html) tramite un''impresa multiservizi (pulizie, facchinaggio, portierato). La sede principale era a Roma, ma con una filiale a Firenze.
La guardia di finanza scoprì diversi illeciti e gli amministratori vennero arrestati, condannati e messi in prigione.
La ditta fallì a causa di ciò ed a noi lavoratori spettava una buona somma di denaro che, grazie alla responsabilità solidale, ci venne pagato dall'università stessa. In compenso, ci ritrovammo ad essere assunti da una cooperativa scelta dalla dirigente in carica.
Sin dalla prima riunione fu molto chiaro che al presidente interessava solo una cosa, ovvero di farci soci. Cosa che scelsi di non fare poiché avrei preso fino a 200 € in meno di stipendio.
Passarono gli anni e venni a sapere che acquisirono un nuovo appalto, un complesso più vicino a casa e chiesi di farmi lavorare lì (https://fondazionespazioreale.it/). Le mansioni erano le stesse e, pure qui, dovevo avere a che fare con studenti, solo che questi erano ragazzi perlopiù italiani -con qualche extracomunitario- aventi diritto all'alloggio pagato con le borse di studio (https://www.dsu.toscana.it/).
Venni accontentato ma, nel giro di un anno e mezzo circa, la situazione degenerò: la nuova direttrice si mise a fare dei lavori di ristrutturazione a fini estetici come "investimento" (non necessario, se non per il suo ego spropositato) che durarono per 6 mesi, la cosa decurtò in maniera considerevole le finanze della fondazione e si ritrovarono a limare denaro ovunque, compreso ridiscutere il contratto con la cooperativa, mettendo i loro stessi dipendenti a lavorare nei giorni feriali dalle 8 alle 20. Quindi un portiere/receptionist per notte e 3 nei festivi.
A causa di ciò io, ultimo arrivato, ero in più, perciò mi venne proposto di lavorare altrove solo nei week-end ed integrare altre ore, all'occorrenza, con sostituzioni in altri appalti. Sarei dovuto passare da 170 ore lavorative mensili a 48. Me lo dissero nei loro uffici, con il sorriso sulle labbra ed il loro avvocatuccio accanto. Presi il contratto in mano dicendo loro che ci avrei pensato, uscii e mi diressi subito allo studio legale per i diritti del lavoro più quotato a Firenze (https://www.legalilavoro.it/firenze) e feci in modo di uscirmene da quel troiaio di cooperativa con tutti i soldi che mi spettavano.
Ero stanco, psicologicamente. Ho sempre fatto del mio meglio per essere efficiente, preciso, rispettoso ed educato. Niente mi era stato riconosciuto né dai datori di lavoro, né dal personale degli appalti in cui ho lavorato. Ero solo un fazzoletto di carta pronto all'uso, cosa che mi ha portato a sviluppare il disturbo ciclotimico (https://www.my-personaltrainer.it/salute-benessere/ciclotimia.html).
Ben sapendo che difficilmente sarei riuscito a ritrovare lavoro come receptionist, poiché non ho esperienza con programmi di gestione alberghiera e conosco solo l'inglese, scelsi d'imparare un mestiere che mi permettesse di diventare un professionista e, soprattutto, di cambiare luogo di lavoro a mia scelta. Guardai su internet: pizzaiolo. Pagai 2 corsi, uno da 2 mesi, giusto per apprendere le basi, mentre l'altro, organizzato mesi dopo, come avviamento alla professione. Quest'ultimo stava anche andando bene: il maestro pizzaiolo mi tenne oltre il mese obbligatorio del corso come stagista, pagandomi 30 euro in contanti ogni giorno. Questo fino a che non volle aprire un altro locale ed iniziò ad impazzire per i soldi spesi: ogni giorno c'era sempre qualcosa che non andava bene ed io ho resistito più che ho potuto, fintantoché non mi prendevano gli attacchi d'ansia ogni volta che dovevo andare a lavoro. Me ne andai tranquillamente, spiegandogli che non ce la facevo più.
Dopo qualche mese lessi di un corso anch'esso professionalizzante, finanziato dalla regione Toscana e dalla Confesercenti di Prato, ma come cuoco e decisi di andare alle selezioni. (Questa scelta fu dovuta al fatto che gli ingredienti della pizzeria li preparavo e cucinavo io, facendomi diventare un misto aiuto cuoco/aiuto pizzaiolo.) Di 60 persone ne scelsero 12, io l'unico maschio in quello che poi si è rivelato un pollaio. Lo passo piuttosto indenne, ma più che felice d'averlo terminato.
Pochi mesi dopo, nonostante 2 attestati come pizzaiolo ed 1 di aiuto cuoco, non ricevetti alcuna risposta dalle offerte di lavoro a cui mandai i curricula e perciò, a febbraio, sbottai e scelsi di rispondere alle offerte provenienti dall'estero sul sito thegastrojob.com. Neanche 15 minuti dopo averlo fatto, ricevetti una chiamata per venire a Vilnius, capitale della Lituania. Sperando che fosse la volta buona, ho persino venduto la mia auto per avere più soldi.
Da quando sono qui, però, ho capito la ragione per cui sono in pochi a decidere d'andare all'estero per lavorare nei ristoranti, specie in questi paesi di seconda scelta: ti sfiniscono di lavoro, non sai quali diritti hai fintantoché non trovi l'autoctono/autoctona che te li spiega e ti aiuta a farli valere -difficile nelle nazioni dell'est europa perché le persone sono chiuse e diffidenti-, difficoltà nel creare rapporti interpersonali (appunto), sporadici episodi di razzismo (gente che mi guarda malissimo, solo perché ho capelli neri e carnagione mediterranea).
Per motivi di orgoglio personale non tornerò a casa fino a che non avrò riguadagnato i soldi spesi per il viaggio, più il mio mantenimento e magari qualcosa in più ma, onestamente, non vedo l'ora di tornare a casa.
La guardia di finanza scoprì diversi illeciti e gli amministratori vennero arrestati, condannati e messi in prigione.
La ditta fallì a causa di ciò ed a noi lavoratori spettava una buona somma di denaro che, grazie alla responsabilità solidale, ci venne pagato dall'università stessa. In compenso, ci ritrovammo ad essere assunti da una cooperativa scelta dalla dirigente in carica.
Sin dalla prima riunione fu molto chiaro che al presidente interessava solo una cosa, ovvero di farci soci. Cosa che scelsi di non fare poiché avrei preso fino a 200 € in meno di stipendio.
Passarono gli anni e venni a sapere che acquisirono un nuovo appalto, un complesso più vicino a casa e chiesi di farmi lavorare lì (https://fondazionespazioreale.it/). Le mansioni erano le stesse e, pure qui, dovevo avere a che fare con studenti, solo che questi erano ragazzi perlopiù italiani -con qualche extracomunitario- aventi diritto all'alloggio pagato con le borse di studio (https://www.dsu.toscana.it/).
Venni accontentato ma, nel giro di un anno e mezzo circa, la situazione degenerò: la nuova direttrice si mise a fare dei lavori di ristrutturazione a fini estetici come "investimento" (non necessario, se non per il suo ego spropositato) che durarono per 6 mesi, la cosa decurtò in maniera considerevole le finanze della fondazione e si ritrovarono a limare denaro ovunque, compreso ridiscutere il contratto con la cooperativa, mettendo i loro stessi dipendenti a lavorare nei giorni feriali dalle 8 alle 20. Quindi un portiere/receptionist per notte e 3 nei festivi.
A causa di ciò io, ultimo arrivato, ero in più, perciò mi venne proposto di lavorare altrove solo nei week-end ed integrare altre ore, all'occorrenza, con sostituzioni in altri appalti. Sarei dovuto passare da 170 ore lavorative mensili a 48. Me lo dissero nei loro uffici, con il sorriso sulle labbra ed il loro avvocatuccio accanto. Presi il contratto in mano dicendo loro che ci avrei pensato, uscii e mi diressi subito allo studio legale per i diritti del lavoro più quotato a Firenze (https://www.legalilavoro.it/firenze) e feci in modo di uscirmene da quel troiaio di cooperativa con tutti i soldi che mi spettavano.
Ero stanco, psicologicamente. Ho sempre fatto del mio meglio per essere efficiente, preciso, rispettoso ed educato. Niente mi era stato riconosciuto né dai datori di lavoro, né dal personale degli appalti in cui ho lavorato. Ero solo un fazzoletto di carta pronto all'uso, cosa che mi ha portato a sviluppare il disturbo ciclotimico (https://www.my-personaltrainer.it/salute-benessere/ciclotimia.html).
Ben sapendo che difficilmente sarei riuscito a ritrovare lavoro come receptionist, poiché non ho esperienza con programmi di gestione alberghiera e conosco solo l'inglese, scelsi d'imparare un mestiere che mi permettesse di diventare un professionista e, soprattutto, di cambiare luogo di lavoro a mia scelta. Guardai su internet: pizzaiolo. Pagai 2 corsi, uno da 2 mesi, giusto per apprendere le basi, mentre l'altro, organizzato mesi dopo, come avviamento alla professione. Quest'ultimo stava anche andando bene: il maestro pizzaiolo mi tenne oltre il mese obbligatorio del corso come stagista, pagandomi 30 euro in contanti ogni giorno. Questo fino a che non volle aprire un altro locale ed iniziò ad impazzire per i soldi spesi: ogni giorno c'era sempre qualcosa che non andava bene ed io ho resistito più che ho potuto, fintantoché non mi prendevano gli attacchi d'ansia ogni volta che dovevo andare a lavoro. Me ne andai tranquillamente, spiegandogli che non ce la facevo più.
Dopo qualche mese lessi di un corso anch'esso professionalizzante, finanziato dalla regione Toscana e dalla Confesercenti di Prato, ma come cuoco e decisi di andare alle selezioni. (Questa scelta fu dovuta al fatto che gli ingredienti della pizzeria li preparavo e cucinavo io, facendomi diventare un misto aiuto cuoco/aiuto pizzaiolo.) Di 60 persone ne scelsero 12, io l'unico maschio in quello che poi si è rivelato un pollaio. Lo passo piuttosto indenne, ma più che felice d'averlo terminato.
Pochi mesi dopo, nonostante 2 attestati come pizzaiolo ed 1 di aiuto cuoco, non ricevetti alcuna risposta dalle offerte di lavoro a cui mandai i curricula e perciò, a febbraio, sbottai e scelsi di rispondere alle offerte provenienti dall'estero sul sito thegastrojob.com. Neanche 15 minuti dopo averlo fatto, ricevetti una chiamata per venire a Vilnius, capitale della Lituania. Sperando che fosse la volta buona, ho persino venduto la mia auto per avere più soldi.
Da quando sono qui, però, ho capito la ragione per cui sono in pochi a decidere d'andare all'estero per lavorare nei ristoranti, specie in questi paesi di seconda scelta: ti sfiniscono di lavoro, non sai quali diritti hai fintantoché non trovi l'autoctono/autoctona che te li spiega e ti aiuta a farli valere -difficile nelle nazioni dell'est europa perché le persone sono chiuse e diffidenti-, difficoltà nel creare rapporti interpersonali (appunto), sporadici episodi di razzismo (gente che mi guarda malissimo, solo perché ho capelli neri e carnagione mediterranea).
Per motivi di orgoglio personale non tornerò a casa fino a che non avrò riguadagnato i soldi spesi per il viaggio, più il mio mantenimento e magari qualcosa in più ma, onestamente, non vedo l'ora di tornare a casa.
E voi, adesso, cosa state facendo? Come vi sentite?
P.S.: Chiedo scusa per aver scazzato i tempi verbali ed aver scritto troppo, ho cercato di sistemare il più possibile ma, dopo tutto il tempo speso a ricordare, scrivere e correggere, questo è il meglio con cui me ne sono potuto uscire.