Gilrain ar-Feiniel [Eteride]
Delle infinite volte in cui Gilrain si era messa a pensare al suo breve passato, quella era sicuramente la più importante. Era "nata" all'inizio del morbo, quando ancora il mondo aveva un colore diverso, quando la morte e la paura venivano solamente dai mostri e dai soprusi dell'Impero, ed in quel tempo aveva seguito i dettami che animavano il cuore di molti giovani vii, dando uno scopo alla sua vita come Dama Errante, viaggiando perl e foreste e aiutando chiunque avesse bisogno di una mano. E in quel lustro di tormento che flagellò e ridusse in ginocchio l'Impero, ella vide e sperimentò il significato primo della morte, il fatto che nessuna delle sue gesta potesse cambiare l'inevitabile fato. Non si arrese, non si arrese mai all'evidenza, e continuò a vagare di villaggio in villaggio, di rovina in rovina, in groppa al suo bianco destriero sforzandosi di preservare quel poco di buono che c'era rimasto, rischiando di dar via la propria vita incurante del flagello che come una cancrena si mangiava il mondo. Era venuta al mondo nel 1415 e in quel breve lasso di tempo aveva visto e sentito più male di quanto un cuore avrebbe mai dovuto, senza mai spezzarsi. Chi aveva la fortuna d'incontrarla, mentre viaggiava di rudere in rudere portando viveri ai sopravvissuti e prendendosi cura di seppellire i morti quando arrivava troppo tardi, non aveva che belle parole per lei, sempre chiusa nella sua armatura scintillante, silenziosa nel muoversi eppure rincuorante nelle poche parole che pronunciava. E dacché in cielo le stelle erano scomparse, la gente prese a chiamare colei che errava per i boschi oscuri Gilrain, la Stella Errante, che al suo passaggio lasciava dietro di sé una tenue luce anche nella notte più nera. A quello pensava, Gilrain, quando fu convocata al Trono Arboreo in quella sera di primavera del 1421, al suo passato, a quanto aveva fatto sino a quel momento. Sentiva di aver fatto il possibile ma allo stesso tempo di non aver ancora adempiuto appieno al suo dovere. Continuava a chiedersi se il poco tempo che aveva a disposizione le avrebbe permesso di arrivare a comprendersi, a capire il perché della sua permanenza su Ysfilos. E una volta che fu giunta nella sala del trono, trovò Gwenniel ad attenderla da sola, senza corte né cortigiani.
«
Mae govannen tarì nin.» disse. La voce, femminile e leggerà, riverberò appena nell'aria, eterea.
«
Mae govannen, feiniel.» la regina si girò verso la eteride, sorridendole e appellandosi a lei col titolo di bianca dama. «
Vi ringrazio per essere giunta qui così celermente e senza preavviso alcuno.»
Gilrain fece una riverenza con la testa e poi restò immobile, attendendo che la regina continuasse a parlare.
«
I tempi stanno cambiando, e non parlo solamente della nostra indipendenza. Il dolore che ci siamo lasciati alle spalle è... grande, ma rischiamo di infilarci dentro un rovo ancor più difficile da dirimere. La nostra gente ha bisogno di vedere che la speranza continua a brillare anche nella penombra della foresta.» Gwenniel parlava lentamente, riflessiva, come se volesse dare tempo all'altra di capire un sottinteso, un non detto importante che nel bene o nel male presto sarebbe arrivato.
«
Avete fatto molto per la nostra gente, per la vostra gente, molto più di quello che si potrebbe chiedere a qualcuno della vostra età.» continuò. «
Sono in molti a conoscere la vostra gentilezza, la vostra compassione, io stessa vi ho veduta dal mio esilio andare e fare, aiutare e rimediare anche l'impossibile.»
«
Voi mi lusingate, mia signora.» un velo d'imbarazzo la fece smuovere dalla postura rigida. La voce le vibrò con un timbro più alto di quanto avrebbe voluto. «
Non ho fatto più di quanto hanno fatto altri Cavalieri Erranti.»
«
Questo non è del tutto vero, feiniel. Il vostro vero nome è ignoto a tutti, eppure le vostre gesta vi hanno permesso di averne uno. Perché aiutavate? Perché errate in lungo ed in largo per tutto il reame senza requie?»
L'eteride titubò un attimo, poi si portò le mani all'elmo e lo sfilò con grazia dal capo rivelando il volto bianco e privo di lineamenti, con solo due occhi luminosi di un ceruleo terso ad abbellirle il viso.
«
Perché poco era il mio tempo e nessuno il mio scopo, mia signora.» rispose. «
E ho creduto che se la mia apparizione in questo mondo fosse stata un difetto. Un'anima senza scopo, un'esistenza effimera in una terra di creature ancestrali. Ho voluto dare un senso alla mia esistenza.»
Gwenniel ascoltò e annuì, sorridendole infine.
«
E credete che questo non sia abbastanza?» le chiese.
«
Credo che la mia sia una vita troppo effimera per essere ricordata in queste terre.» rispose lei, affranta.
«
Oh, feiniel, che si viva un giorno o mille anni non è il tempo a definire chi siamo. Sono le nostre gesta, il nostro retaggio. Perché se siete qui oggi lo dovete alle vostre azioni, non alla mera fortuna, al caso e nemmeno agli Spiriti.» le spiegò. «
Siete qui perché la vostra parola di conforto ha allietato cuori affranti, il vostro coraggio salvato vite innocenti e lo sprezzo della morte impedito al male di imperare indisturbato in queste terre.»
Gilrain chiuse gli occhi e per un attimo il suo volto divenne una maschera di bianco.
«
Voglio fare di voi una Bianca Sentinella, feiniel. Voglio che le vostre gesta ispirino le genti non solo della foresta ma di ogni dove. Voglio che mostriate al mondo cosa può fare l'animo di un vero cavaliere.» la regina le si avvicinò, mettendosi dinanzi a lei. L'avrebbe resa una delle figlie del tempio di Ruinelion.
«
Quandanche la mia storia sia destinata ad estinguersi in un soffio delle vostre vite?» azzardò.
«
Se sarà così sarete comunque il soffio, il sospiro, migliore che ci possa essere.» Gwenniel le poggiò le mani sulle spalle fissando gli occhi in quelli luminosi di lei. L'eteride ebbe l'impulso di tirarsi indietro ma alla fine desistette.
«
Credete davvero che la mia parola possa fare la differenza?» chiese.
«
Lo ha già fatto. Lo farà ancora. Per tutto il tempo che sarà.»
«
È questo il mio scopo?» chiese ancora.
«
È questo lo scopo che volete avere?» le rispose Gwenniel.
Gilrain si fermò. Ricordò i briganti uccisi per salvare innocenti, le bestie ammazzate per ripulire le strade, i litigi sedati e le buone parole che avevano dissuaso ora questo ora quest'altro dall'inutilità della violenza. Forse era quello il suo scopo, forse era quello il motivo per cui La Fiamma Imperitura, Ruinelion, l'aveva fatta nascere di quello strano candore. E se anche da secoli la voce del Dio non si udiva più nei suoi templi, forse la volontà del creatore dei vii aveva superato anche la morte. Decise di convincersi di quello, di credere che le parole della sua regina fossero più veritiere di qualsiasi tipo di dubbio e, alzato il viso a fissar la sovrana, annuì più fiera di quanto non avesse mai fatto.
«
E allora che tu sia Gilrain ar-Feiniel, la Dama Bianca che erra tra le stelle. Possa il tuo splendore rimediate a quello che manca nei cieli notturni.»
Mai, come in quel momento, Gilrain sentì di avere uno scopò.