Una tale concentrazione di mana avrebbe senz'altro resa la mente del soggetto chiara e aperta come un libro ai maghi presenti; sfortunatamente davanti ad essi non si trovava una persona comune ma una Caduta millenaria, la cui esistenza innaturale era interamente dovuta al Dono di Tiamat, alla magia caotica che permeava e distorceva la driade oscura. A differenza di mostruosità come Ceyandev e Lord Smurgh, Selvana conservava ancora il suo antico aspetto, ma non era meno potente o meno malvagia. Sebbene resa impotente, la resistenza della sua mente al tentativo di intrusione fu più forte di quanto chiunque avrebbe potuto immaginare; risultò semplicemente impossibile leggere la mente della servitrice di Tiamat; soltanto grazie a grandi sforzi fu possibile carpire qualche lampo, qualche immagine, ricordi forse, immagini di pensieri....
Una foresta in fiamme; in ogni direzione alberi bruciati, contorti, in rovina. In mezzo a tanta devastazione la driade che diverrà nota come Selvana giaceva in ginocchio, piangendo disperatamente. Ad un tratto la creatura dei boschi stringe con rabbia la terra bruciata: la driade si rialza, le mani strette a pugno, un odio folle negli occhi verdi: levando le mani al cielo urla la sua rabbia verso chi ha compiuto un simile scempio mentre giura che, costi quel che costi avrà la sua vendetta per quanto accaduto quel giorno...
Un altro luogo, un altro tempo. Selvana stà parlando con un elfa dall'aspetto regale...dopo qualche minuto i maghi riconsocono la regina rinnegata, colei che è tristemente nota col nome di Vashti. L'argomento della conversazione è difficile da comprendere, le due parlano per allusioni e le parole arrivano come da molto lontano. Ad un certo punto Vashti sembra voler rassicurare la driade "Non temere, nel peggiore dei casi il nostro alleato ci aiuterà a..." poi le parole divengono indistinte, il ricordo sbiadisce fino a svanire.
Selvana si trova in cima alle mura di una città: sotto di sè le case bruciano , avvolte dalle fiamme; nelle strade non si vede nulla di vivo; nemmeno ciò che ancora si muove lo è. Ha avuto la sua vendetta, ha finalmente annientato i distruttori della sua foresta; ma la sua opera è appena iniziata. Tutto ciò che si muove e che è vivo rode, distrugge, minaccia di rovinare la bellezza degli alberi e delle piante. Devono essere tutti distrutti; ora che Tiamat le ha dato il potere, lei lo userà per questo scopo. Quando Tiamat ricostruirà Ea secondo la sua volontà almeno gli alberi e le piante saranno salvie in futuro potranno nuovamente prosperare liberi da quella pestilenza che ha il nome di uomo...
Selvana stà osservando attentamente un albero. Non è un albero come gli altri: il suo aspetto ricorda l'Albero della Vita sacro alle driadi. Ma questo è soltanto una parodia al confronto...contorto e dalla corteccia annerita, i rami tristi e spogli tranne che per poche foglie scure e dall'aspetto malsano. Persino Selvana prova disagio e ripugnanza di fronte a questo albero che sembra simboleggiare tutto ciò che è morte e malattia; un vero e proprio Albero della Morte. Ma se può servire alla guerra...
Il vento soffia con forza terribile; tutto attorno a Selvana è desolazione, piatte distese ricoperte di neve e ghiaccio. Un tempo non avrebbe potuto sopravvivere immersa in un tale deserto bianco, ma ora la driade oscura non sente più il freddo e il gelo; le sue membra sono permeate dall'energia caotica che la tiene in vita, che non le permette di morire. Questo è il limite ed il prezzo della generosità di Tiamat, l'atroce scherzo che la Dea del Caos ha giocato ai suoi servitori, i Caduti. Anche ora che tutte le sue speranze sono andate in fumo, anche ora che la Dea del Caos è confinata al di là della barriera, lei non può morire. Stancamente Selvana continua a camminare verso nord, sempre verso nord tra nevi e ghiacci dove nessun essere vivente può sopravvivere: soltanto in questo modo può sfuggire alle creature viventi che la inseguono e che danno la caccia a tutti i Caduti; se continua ad avanzare potrà infine trovare un rifugio sicuro e forse un giorno potrà ritornare. Un giorno...