SoH-Pensiero Intervista a Lukàcsz - Calcio organico e l'uomo in più

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Durante la settimana nell'inserto del venerdì del celebre quotidiano di area sinistrorsa Frankfurter Rundschau esce una lunga intervista a Lukàcsz effettuata dal noto giornalista sportivo Johann Gelb. Nella cornice della villa estiva di Lukàcsz situata all'interno della Foresta Nera nella campagna intorno al centro termale di Baden-Baden, il giornalista non è apparso accondiscendente come in tanti articoli - perlopiù usciti dagli "organi di regime" del principe di Al-Thani - ma onestamente curioso di capire la filosofia del calcio dell'allenatore ungherese e, soprattutto, il suo tentativo di conciliare il suo impegno politico con la convivenza con un sostanziale autarca come lo sceicco propietario della squadra.

Mister Lukàcsz grazie per averci accolto nella sua splendida casa. Così è questo lo studio dove durante l'estate, cito testualmente, "mi piace passare le notti, lume di candela, a studiare la Scuola di Francoforte, Marx e a leggere romanzi di formazione, la mia vera passione". Una biblioteca notevole, immagino che i soldi del principe abbiano fatto comodo in tal senso.

Non lo nego, senza il mio stipendio non mi sarei potuto certo permettere questa collezione di libri antichi nè la possibilità di avere uno studio con questo panorama [NdR Lukàcs indica la favolosa Foresta Nera fuori dalla finestra]. Ma credo che sia tutto meritato, svolgo un lavoro e vengo pagato per questo. Non rubo niente a nessuno.

Certamente, però, non deve essere facile per lei lavorare con un vero e proprio "dittatore". Si dice che nel suo principato il rispetto per i diritti umani sia tra i più bassi dell'area medio orientale. Come si rapporta eticamente con questa cosa?


Cerco di dividere nettamente le due cose, io non sono qui a fare politica nel senso letterale del termine, sono stato chiamato a fare calcio ed è quello che tento di fare. Non è facile, è vero, ma bisogna capire che sono due sfere separate.

Chi tra gli allenatore all'interno della SFL l'ha stupita?

Tendo a pensare più a me che agli altri, non amo giudicare e dare aria alla bocca parlando degli allenatori altrui. Tuttavia se parliamo dell'anno scorso credo che Amarolla abbia raccolto meno di quello che si sarebbe meritato, mentre Frionzola ha avuto coraggio a disattendere un pubblico esigente come quello del Lokomotiv. Gli è andata bene, ma solo quando ha lasciato perdere una certa "sicumera" e si è piegato a moduli più avezzi alla filosofia della società pan-slava. Zamato ha avuto il pregio di dare un'identità forte alla sua squadra ma dubito che il suo calcio offensivo possa funzionare nella massima serie. Se parliamo di quest'anno non posso che rimanere affascinato dalla neghentropia di Sciacca, non l'ho mai conosciuto ma è un intellettuale, ancora prima che un allenatore. Non vedo l'ora di incontrarlo sul campo per scambiare quattro chiacchere. Vedo bene anche Buscaglione, i nostri sistemi di gioco non sono così dissimili, e Castus che ha imparato la lezione del pressing, secondo me vero e proprio nume tutelare del calcio moderno. Senza dimenticare il buon Neve, prima della finale ci siamo stretti la mano perchè credo che l'Atletico sia una squadra che ha raccolto poco ma che ha un allenatore molto dotato, gran motivatore.

Quando lei allenava l'International de Mon Reeve [NdR Ex squadra di Lukàcsz che l'allenatore ungherese ha condotto dalla serie C alla serie A della SFL in soli quattro anni ma che ora, senza di lui, vivacchia in posizioni di metà classifica in cadetteria] si era sempre scagliato molto contro i giri di soldi eccessivi nel calcio, esaltando quello che avevate fatto con l'International: crescita dei giovani, privilegiare il collettivo a scapito dell'individualità. Le cose sono cambiate, ora con quei soldi si può permettere le più grandi individualità e non pare a nessuno che lesini su questo.

Su questo c'è un misunderstanding della mia filosofia del calcio o, meglio, sulla mia politica ontologica del calcio. Io credo fortemente in un calcio organico, fatto di compiti ben precisi: formule e matematica. Quello che sto cercando io è l'equazione perfetta che mi porti al modulo perfetto, ma non posso prescindere dal fattore umano. Quando stavo all'International ho dovuto adattarmi ad una situazione finanziaria pessima, continuo a pensare che i soldi siano il male ma quello che sto tentando di fare è di utilizzare questa quantità immorale di denaro per sviluppare la mia teoria calcistica. Voglio elevare questa squadra, farla divenire paradigma della mia scienza calcistica. Questo intendo con calcio organico. Ma non è tutto qui. [NdR Lukàcsz viene interrotto dal vulcanico giornalista tedesco]

Però non rinuncerebbe mai a Ylmaz e Dessen, o il costosissimo Prajak.

Ed è qui che volevo arrivare, dove entra in gioco il secondo caposaldo della mia filosofia: l'uomo in più. Organicità, scientificità, ogni passaggio come il numero di una funzione matematica complicatissima che tenti di rendere la sublime casualità del calcio giocato, ma anche la fantasia e l'imprevidibilità. Senza queste ultime due sarebbe impossibile carpire la complessità di questo gioco che, d'altronde, non è altro che la complessità della vita che ci circonda. Un giocatore come Ylmaz è emblematico di tutto questo, vero e proprio uomo in più in grado di saltare fuori dai miei schemi pur essendoci dentro pienamente.

Molti chiamerebbero, mi scusi il francesismo, "paraculismo" questa sua spiegazione.

Che pensino quello che vogliono, io so cosa sto facendo. Che vadano a rileggersi le mie interviste di quando stavo all'International, dicevo le stesse cose e avevo giocatori ben differenti. Credo sia sotto gli occhi di tutti che il mio credo ideologico calcistico è netto e che non ho problemi ad inimicarmi questi "uomini in più" se ritengo non abbiano svolto il loro dovere verso la collettività. Come dicevo: tutti sono necessari al modulo, nessuno è indispensabile.

Di questo dobbiamo darle atto, sa cosa sta facendo. Come si dice: ai posteri l'ardua sentenza.

Esatto, a fine stagione tireremo le somme, sono consapevole che il Principe non accetterà nessun'altro risultato se non la vittoria. Sarà compito mio far funzionare l'equazione.

L'intervista termina con una conclusione del giornalista che traccia un quadro di Lukàcsz come un personaggio sicuramente affascinante, dalle idee chiare ma anche diviso a metà tra la fedeltà al club e la sua ideologia politica.
 
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