GDR Il Regno senza Re, il Re senza Regno.

Last Century

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«Sei sicuro di quello che vai facendo?» domandò Fianna, poggiando le mani al balcone dal quale stava ammirando il paesaggio oltre le mura di Ainatur.
«Qualcosa mi dice che non prestavi attenzione durante le lezioni di filosofia. Ricordi quali sono i tre mestieri impossibili?» sorridendo, vagamente divertito, Carnil le si avvicinò mettendosi a guardare il medesimo orizzonte.
«No, ma immagino che me li dirai tu adesso.» fece un piccola smorfia.
«Educare, curare e governare. Quindi no, non sono sicuro di quello che vado facendo come non dovrebbe esserlo nessun regnante sano di mente. Questionarsi è importante, criticarsi è importante.»
«Sì ma se poi ti uccidono cosa resterà a questo paese? Immagina poi la figuraccia davanti ai nostri alleati se le cose dovessero mettersi male.» rispose, stizzita, sbuffando.
«Resteresti comunque tu. E anche mio figlio se è per quello, per quanto sia ancora giovane. Sono comunque fiducioso di quello che mi aspetta... del resto io non sono Elenwen.» lo disse con una certa naturalezza, come se non sentisse nemmeno il legame di sangue che, seppur vago, lo univa alla defunta regina eldar. Si era dispiaciuto a sufficienza di quell'evento, restare a tormentarsi non l'avrebbe portato da nessuna parte, senza contare che i modi della sovrana non erano stati tra i più piacevoli.
«Quella era più stupida delle mosche.» borbottò. «Va bene, ho capito l'antifona, non sono scema. Cerca solo di stare attento. E portati dietro almeno Maiev, assieme ad un manipolo di soldati.»
Il principe scosse lievemente la testa, divertito e allo stesso tempo felice di vedere quella premura nei suoi confronti.
«Credi che le arpie di stanza ad Almarillan cercheranno di uccidermi?»
«No, no Carnil. Mi preoccupa che lo faccia qualcun'altro. Questo è un momento delicato e tanti hanno gli occhi puntati su di noi. E molti di questi occhi sono accompagnati da lame affilate.» sentenziò, seria in viso.
Vedendola in quelle condizione l'eldar allungò una mano poggiandola sulla spalla della principessa. Voleva rincuorarla e confortarla ma, caso raro per un diplomatico come lui, quella volta faticava a farsi sovvenire le parole giuste. Aveva il suo fondato timore su quello che lo aspettava fuori dai confini sicuri del suo piccolo rimasuglio di regno, ma non poteva né tirarsi indietro né aspettare la fine chiuso tra le mura di casa. Quella era una cosa che troppi nobili eldar avevano fatto e lui, tra tanti, non voleva figurare come un codardo.
«È il fardello della corona. Regnare non significa sedere su un trono dettando vita e morte di un regno, né banchettare con i delegati stranieri o pianificare guerre attorno ad un tavolo.» un sorriso, più amaro, si delineò sotto la folta e curata barba dell'elfo.
«Significa assumersi le responsabilità del proprio popolo. Ogni scelta, ogni parola che noi reali diciamo è per conto dei nostri sudditi. Non possiamo chiedere a decine di eldar di imbracciare le armi per combattere le nostre guerre, se non siamo disposti a dividere il fardello del fallimento con loro.»
«Ma se tu muori, il regno muore!» ribatté, con forza.
«No, Fianna, no.» si infilò una mano dentro al mantello estraendone una piccola tiara d'argento. «Sai cosa è questa?» domandò.
«È la tua corona?» rispose subito, senza nemmeno bisogno di guardarla.
«Sì, è la mia piccola corona da principe. Me l'ha data mio padre quando ha abdicato... ma non l'ho mai indossata volentieri.» confessò.
«Ma è tua, ti spetta di diritto. Dovresti indossarla con orgoglio davanti ai delegati ad Almarillan.»
Lui prese il gioiello e lo posò sul capo della cugina, lentamente. La lucentezza dell'argento si sposava quasi perfettamente col candore dei capelli di lei, rilucendo come una stella.
«Non è la spada che ti rende un cavaliere, non è la bacchetta che ti rende un mago, non è la fede che ti rende pastore. Non è la corona, Fianna, che ti rende Re.»
Lei lo guardò negli occhi per un lungo istante, senza dire niente. Capiva, capiva molto bene dentro di sé quello che le stava venendo detto, l'importanza di quel gesto, il significato più profondo di quelle parole. Lui non aveva paura di perdere il potere, né di perdere la vita, quello di cui aveva paura era di perdere sé stesso e, con sé, anche tutto quello in cui credeva. Non avrebbe commesso l'errore di credersi migliore di chi aveva attorno, non aveva educato così suo figlio e non avrebbe educato così il suo futuro regno.
«Se io muoio muore un elfo, non muore il regno. Il regno continuerà a vivere fintanto che chi vi abita si sentirà parte di esso. Cambiano le bandiere, cambiano i nomi... cambiano le genti e la vita va avanti imparando dai propri errori.» chiuse gli occhi, lasciando che la brezza gli carezzasse dolcemente il viso.
«Nel primo cassetto della mia scrivania c'è un documento che stavo scrivendo. Si tratta di un primo abbozzo di costituzione per il futuro regno, lo avevo promesso ai delegati delle Province Unite... se non dovessi tornare vorrei che tu lo consegnassi a mio figlio Ailas.»
«Non dire così... va bene essere disfattisti ma non c'è motivo, Carnil, io...» colpita da quelle parole l'elfa titubò.
«Se dovesse accadere, Fianna, dovrai portare i miei saluti ad Ailas. L'ho mandato a conoscere la sua futura compagna e non ho cuore di dirgli quello che sto andando a fare. Diciamo che non voglio questioni in sospeso quando arriverò alle porte di Almarillan.» la guardò. «Puoi farlo per me, cuginetta?» sorrise.
Lei abbassò gli occhi, sospirando profondamente, più triste di quanto non avrebbe voluto apparire.
«Sì. Sì promesso.» si morse il labbro inferiore, alzando la testa a guardare di nuovo Ainatur. «Stai attento per favore.»
«Farò del mio meglio.» annuì. «Promesso.»

Alcuni giorni dopo, Almarillan, Territorio Occupato di Timodiel.

Si era fatto annunciare senza troppe cerimonie, arrivando con un ristrettissimo gruppo di guardie giusto sufficienti a proteggerlo da eventuali malviventi, fermando il suo incedere alle porte della città. Con lui c'era la fidata Maiev che, come da consiglio di Fianna, oramai era diventata praticamente la sua ombra. Per l'occasione si era anche messo l'armatura da parata, più per il vezzo di presentarsi in maniera elegante che per qualche motivo specifico: voleva conservare un minimo di dignità per la sua gente, presentandosi non come un vinto in catene ma come un umile depositario del futuro della nazione.
Aveva mandato un emissario anche dal Duca, informandolo delle novità e notificandogli un invito a presenziare alla riunione. Visto e considerato tutto era il minimo che potesse fare per non indispettire il Ducato. La vista della capitale era ben diversa da come la ricordava, anche l'aria vibrava in maniera diversa, come se ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato in atto; qualcosa di oscuro. Non ci badò troppo, ricacciando quella sensazione in profondità. A quel punto non gli restava che aspettare di essere ricevuto.

 

Silen

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Le porte di Almarillan erano custodite da un numeroso contingente di soldati imperiali; umani per lo più, insieme a qualche mezzelfo, tutti con impresso sull'armatura il simbolo degli schiavi da battaglia come erano soprannominati i coscritti provenienti dalle razze soggette: una spada appoggiata sopra uno scudo. Alto sopra le mura sventolava il vessillo dell'Impero delle Arpie: Una coppia di ali bianche sormontate da una nera mano artigliata, su fondo azzurro. Il capo della guarnigione si fece avanti e scambiò qualche parola con Maiev per poi fare cenno verso le porte; la loro visita none ra evidentemente una sorpresa.
L'antica capitale del regno eldar aveva sofferto molto per i combattimenti dell'anno prima; gli scontri avevano infuriato strada per strada mentre le truppe imperiali si aprivano una via verso il Palazzo Reale e là dove la popolazione aveva opposto resistenza le rappresaglie non si erano fatte attendere, come le rovine di quelle che erano state abitazioni e palazzi di nobili testimoniavano. A un anno di distanza le ferite di Almarillan avevano appena iniziato a rimarginarsi ma quaà e là erano visibili i segni della guarigione o almeno del suo inizio: un gruppo di eldar che stavano riattando una delle abitazioni in rovina per renderle di nuovoa bitabili, un mercato affollato, anche se nemmeno lontanamente come era stato prima della guerra, e altro.
La presenza degli occupanti era fin troppo evidente: l'esercito che aveva occupato Almarillan era molto grande e drappelli di soldati si potevano incontrare molto frequentemente; le arpie invece erano molto meno visibili. Quando Maiev, incuriosita, fece una domanda an soldato imperiale di passaggio questi scrollò le spalle "Le sovrane alate vanno dove desiderano" spiegò semplicemente l'uomano "e Almarillan non è molto di lorog radimento. Per lo più di giorno vanno a cacca e solo alcune rimangono in città. Ma se andate a parlare con Ilias...beh ne incontrerete anche troppe."
Cosa intendesse il soldato divenne sempre più evidente man mano che Carnil e la sua scorta si avvicinavano al Palazzo Reale, là dove l'ultima resistenza era stata vinta. Dapprima una singola figura alata volteggiò nel cielo, parecchi metri sopra di loro, poi due, poi molte. Quando il Palazzo fu a breve distanza parecchie arpie volavano pigramente in cerchio sopra di loro, o li guardavano passare da tetti o balconate. Le creature alate si limitavano a fissarli senza dire nulla, ma la loro ostilità era scoperta.

Il Palazzo Reale fu una visione quasi traumatica per chi ne ricordava l'antica gloria: lo scontro nelle vicinanze e all'interno era stato feroce e dopo la fine della battaglia era stato deliberatamente saccheggiato e devastato, solo in un secondo tempo Ilias, la comandante imperiale, aveva deciso di stabilirvi il suo quartier generale ma, e questo era tipico della razza alata,s enza curarsi minimamente di riparare i danni se non per quanto necessario alla difesa e alla sicurezza; l'orgogliosa residenza di Elenwen era così diventata una cupa e trascurata fortezza; in rovina statue ed opere d'arte, asportati o in rovina gli arredamenti; molte stanze erano palesemente abbandonate e sembravano non essere state toccate da dopo la fine della battaglia.
Anche qui numerosi guerrieri erano stazionati all'ingresso e fra essi anche alcune arpie rivestite di mithril, il corpo di punta che le altre razze avevano soprannominato "Artigli di Silene" o semplicemente "Artigli".
"Ilias ti stà aspettando, preda" disse una di queste guardando Carnil che era evidentemente il capo della delegazione "starei attento se fossi in te. Potrebbe divorarti intero come sei e chiedere il bis".
La battuta fece accigliare Maiev e suscitò una risata fra le arpie presenti ma Carnil sospirò rassegnato; era venuto li aspettandosi una accoglienza ben peggiore e non si sarebbe certo fatto scoraggiare da qualche battuta sarcastica.

La scorta dovette fermarsi all'ingresso; soltanto Carnil e, dopo qualche insistenza, Maiev furono ammessi all'interno, scortati da alcuni schiavarazza umani. Infine giunsero alla sala centrale, che sotto Elenwen era stata la Sala del Trono ma ora era stata trasformata nella sala di comando di un esercito. Un grande tavolo era stato piazzato al centro al posto del trono e su di esso una mappa di Ea molto aprticolareggiata sulla quale , tramite spille di diverso colore,e ra segnate le posizioni dei vari eserciti. Soldati umani facevano al guardia agli angoli e all'ingresso ma anche numerose arpie armate fino ai denti erano presenti nella stanza, per lo più disposte a capannello accanto ad Ilias.
Non si poteva negare che l'arpia a comando dell'esercito del nord fosse dotata di una certa maestà; il suo piumaggio dorato, insolito nella razza alata, la faceva spiccare fra le altre e sebbene le mancasse l'imponenza fisica che era stata la caratteristica di Falka, aveva il portamento altero e la sicurezza di sè di qualcuno che è abituato a comandare, ad "aprire la strada" come dicevano le arpie, ed era abituata ad essere ubbidita.
Quando il principe e la sua guardia del corpo fecero il loro ingresso Ilias alzò il capo dalle carte che stava studiando e fissò a lungo Carnil e poi Maiev, per poi tornare sul nuovo re di Minnonar.
"Carnil Calenardon Elensil" disse con una voce melodiosa ma fredda, con una lieve enfasi sul nome della dinastia regnante di Minnonar "Una visita inattesa, la tua. Avrei pensato che il principe degli eldar avrebbe atteso la partenza delle Sorelle da questa città prima di tornare a prenderne possesso, specialmente un Elensil. Come credo tu sappia bene, non ho motivo di amare la tua casata; Falka era mia sorella-vera."
Non ho motivo di amare la tua casata...un eufemismo se mai ne ho sentito uno, pensò Carnil, specie vista la fine fatta da Elenwen.
 

Last Century

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Carnil non era cresciuto ad Almarillan, ma dalle poche volte che c'era stato ne aveva serbato un ricordo quantomai piacevole. Non si scomodò a turbarsi per la barbarie con cui gli invasori avevano lasciato il palazzo, non si sarebbe comunque aspettato niente di diverso dopo l'ecatombe di quella guerra, invero si fermò solamente davanti ad una porta, per qualche istante, prima di proseguire. Non disse nulla a Maiev, ma era chiaro come ci fosse un ricordo, nel principe, legato alla piccola stanza che si celava oltre la soglia. Forse avrebbe avuto tempo e modo di controllare, una volta ripresa la città, tutto quello che voleva.
L'idea di incontrare Ilias non lo entusiasmava particolarmente, del resto si trattava del peggio tra il peggio per quanto riguardava le Arpie, anche perché era consapevole del genere di accoglienza che lo avrebbe atteso una volta entrato nella sala del trono. Scrutò attentamente i vessilli, le armature, sorprendendosi di quante poche arpie vi fossero - effettivamente - come effettivi nell'esercito. Al cospetto di Ilias, però, gran parte di quei dubbi sparirono dando spazio unicamente all'arpia.

Maiev, sapendo bene di non dover aprire bocca in quel contesto, rimase di lato passando gli occhi su tutti i presenti nella sala. A differenza di Carnil celava meno volentieri il suo profondo disappunto per come avevano ridotto la città, ma il tutto traspariva unicamente dall'espressione stizzita del volto, dai gesti ritmici delle mani. Era vagamente nervosa.

Il principe, dopo una piccola riverenza, rispose.
«Invero, comandante, sono venuto proprio a parlare con voi.» fece un passo in avanti. «Temo che la guerra abbia tirato fuori il peggio tra tutti noi e le conseguenze sono state abbastanza disdicevoli.»
Portò le mani dietro la schiena, apparentemente calmo.
«Immagino che nessuno abbia fatto le condoglianze per la scomparsa di madonna Falka, quindi spero vogliate accettarle. Nei suoi ultimi giorni di vita Elenwen non ragionava più troppo lucidamente e temo che le sue azioni ed il suo giudizio siano stati offuscati da alcuni...» fece una breve pausa. «... amici poco lungimiranti.»
«Capisco la reticenza nei confronti della mia famiglia ma, come immagino si potrà vedere dalla mia faccia, io non sono Elenwen, né sono responsabile delle sciocchezze che ha compiuto nel suo, fortunatamente breve, regno. Posso chiedere scusa a suo nome, se questo può in qualche modo servire, ma di certo non posso assumermi la colpa di quello che ha commesso, dei crimini che ha compiuto. Quello, di fatto, non sarebbe giusto. Lei ha sbagliato e il suo popolo ne ha pagato il prezzo; io mi sono ripromesso di essere un sovrano migliore di lei...» parlava lentamente, scadendo molto bene le parole.
«... è per questo che sono qui, dopotutto.»

Maiev, intuendo dove sarebbe andato a parare il discorso, si voltò verso il principe per ascoltarlo.
« Non c'è più niente che riguardi Elenwen ancora in vita, è morta e con lei è morto il suo retaggio. Ogni altra diatriba non farebbe altro che turbare la memoria dei morti che, come tali, andrebbero o onorati o dimenticati.» guardò Ilias. «Spetta a noi decidere come sviluppare la cosa. Sono venuto qui per "rimediare" a qualche errore e ho mandato a chiamare anche un emissario del Duca notificandogli le mie intenzioni.»
Si guardò attorno, come cercasse qualcuno che non riusciva a trovare. «Penso sia giunto il momento di riparare una ferita che danneggia questo regno da quasi un decennio, nella speranza che i nostri popoli non debbano più sopportare quello che hanno già sopportato. Sempre che siate disposta a vedermi per quello che sono veramente, anziché come una propaggine di uno sgradevole ricordo che risponde al nome di Elenwen.»
 

Balto

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In quell'istante i portoni della sala si spalancarono di botto facendo sobbalzare i presenti e causando la caduta di qualche calcinaccio
Intrat un allegro Duca Konrad accompagnato da un nutrito manipolo di Guardie Nere dagli sguardi truci

"PERO'! Certo che ne ha di fegato il ragazzo eh?! Mica male presentarsi qui davanti ad Ilias... Ahahaha mi piace, ebbravo il nostro Principe! Però ascolta, quando torni qui devi far costruire un po' meglio sta roba che sta cadendo a pezzi, guarda qua: posso manco aprire un porta che questa tra un po' mi rimane in mano! -mostrando un pomolo- Ti pare normale? BWAHAHAHAHA sì sì, lui mi piace... di tutto mi sarei aspettato tranne che sentire offendere così Elenwen! Quella era matta come un cavallo se volete la mia opinione... parola di equino! Ma vabbè... Bando alle ciance! PINGUINOOOOOOOH!!!! APPORTA IL VINO DA BRAVO! DAI CHE ABBIAMO OSPITI CAZZO! No, no, non tu faccetta di cazzo che mi guardi male, tu c'hai le ali e voli, i pinguini mica volano, ti pare? Ma che le studiate scienze naturalistiche a scuola voialtre? Ti pare che devo venire io da Sylvania a insegnarvi le robe sui volatili a voi? Bah... proprio vero che l'ignoranza è una brutta roba, non si nasce tutti imparati, ma per questo ci sono io che sono il Dio della cultura! Bevete un po' di questo e starete subito meglio tutti quanti, con qualche punto di Q.I. in più! Oh Principe, bevi, fai come se fossi a casa tua, tranquillo eh! Oggi sono di buon umore, e pensa che non ho ancora ammazzato nessuno... allora... a cosa dobbiamo il piacere?"
 

Silen

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Il discorso di Carnil suscitò un brusio di commenti incomprensibili da parte delle arpie presenti nella stanza; la stessa Ilias scambiò un paio di parole nella sua lingua natia con una sua consorella che le si era fatta accanto, una arpia minuta dalle ali nere e dagli abiti parimenti neri. Difficile dire il significato di quei commenti; la lingua delle arpie, aspra e ricca di toni duri, inadatti a una laringe umanoide, era ancora in larga parte un mistero tanto più che le arpie mostravano una notevole capacità di apprendere non soltanto il comune ma anche le lingue di buona parte delle razze soggette e non si curavano di insegnare la propria lingua ai propri sudditi.
Brusii che aumentarono sensibilmente di intensità quando il duca Konrad fece il suo, rumoroso, ingresso nella sala. Ilias per parte sua scosse le ali con aria infastidita e poi emise un rumoroso sospiro, come se pensasse che avere il duca di Sylvania in mezzo ai piedi fosse una maledettissima seccatura, ma una che bene o male era costretta a sopportare. A un cenno della comandante un paio di attendenti umani si mossero per soddisfare le richeiste del duca, mentre Ilias tornò a focalizzarsi sull'eldar.
"No, non sei Elenwen. Questo almeno te lo devo concedere" disse Ilias passando con disinvoltura al comune e concedendosi un lievissimo sorriso "io non sono famosa fra la mia gente per essere la più accomodante nei confronti delle razze delle prede. In effetti a differenza di Shayla, non ritengo che ci sarà mai una vera comprensione fra noi; ma una cosa deve esserti chiara...gli eldar per me non sono mai stati meglio o peggio di una qualunque delle razze delle prede, non fino a quando la loro regina ha tentato per ben due volte di assassinare una delle mie sorelle-vere. Se non fosse stato per...per un colpo di fortuna, io oggi starei piangendo Silene e Falka." in quella Ilias indirizzò un'altra occhiataccia a Konrad che sembrava deciso ad innervosire tutte le arpie presenti nella sala con i suoi lazzi, per poi proseguire "No, eldar, il mio odio per la tua Elenwen e il suo popolo è ben meritato." Ilias inclinò la testa da un lato e osservò Carnil per qualche istante, come per soppesare le sue reazioni "D'altro canto, tu sei il primo eldar che ad oggi si mostra disposto ad ammettere la vostra colpa e desidera fare ammenda e questo vorrà dire pur qualcosa. Hai ottenuto la mia attenzione, Carnil Calenardon Elensil." Ilias accennò con la destra ai seggi presenti nella stanza; la maggior parte erano sedie eldar a cui era stato rimosso senza tanti complimenti lo schienale in modo da essere più adatte alla fisionomia delle arpie ma ve ne era anche qualcuna intatta, probabilmente per gli ufficiali domestici e schiavarazza "Siedi, se lo desideri. Qui ed oggi io sono la Voce della Prima e di tutte le Sorelle del Territorio di Caccia. Puoi essere certo che ogni parola che dirai oggi verrà fedelmente riportata alla Prima come anche ogni eventuale accordo a cui dovessimo giungere."
Carnil era probabilmente troppo preso dal dialogo con Ilias per accorgersene, ma Maiev notò che tutte le arpie presenti nella sala (quelle che non guardavano male Konrad per lo meno) ora fissavano intensamente il sovrano degli eldar. In effetti ne stavano arrivando altre, come se un silenzioso passa-parola avesse segnalato alle arpie presenti ad Almarillan che era in corso un incontro a cui valeva la pena assistere.
 

Balto

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"Credo abbia detto 'anvedi 'sto bbburino'.... nah impossibile... mica sono le iene... devo rispolvere il mio vocabolario umano-volatile volatile-umano.... mmmhhh... ah no no aspetta pinguino! Ce l'ho ce l'ho! 'ti ammazzerei qui seduta stante maledetta preda chiassosa'... sì questa mi pare più accurata"
 

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Il principe rivolse un sorriso e un cenno della testa al Duca. Invero non si aspettata di trovarlo lì in persona ma, idealmente, di vederci nuovamente Mannfred o un altro portavoce. Tuttavia la presenza del comandante supremo del Sylvania lo rincuorava in un certo senso, dava l'idea di essere una persona abbastanza propensa al dialogo. Ammesso di avere le parole giuste e il giusto metro di giudizio. La situazione non era delle migliori, anche se in cuor suo Carnil sapeva di aver trovato Ilias di particolare buonumore, a giudicare dall'assenza di velati insulti o minacce in quelle parole. Annuì lentamente, all'affermazione dell'arpia, andando verso una delle sedie. Si fermò lì vicino, dando un'altra lunga occhiata alle creature alate; si sentiva osservato e giudicato, ma per la prima volta dopo anni un elfo sedeva allo stesso tavolo dell'impero. Era un dato particolarmente significativo anche senza raggiungere nessun accordo, a suo dire.
«Se non fosse così raro chiederei di farle ricostruire in Mithril, Duca, ma sfortunatamente non avrei i soldi per costruire la stanza, poi.» scherzò, in merito al pomello.
Attese alcuni istanti ulteriori, per educazione, e si fece tentare da Konrad per un bicchiere di vino. Solo a quel punto si decise a parlare.

«So che è ancora presto perché possiate accettarlo, ma vi assicuro che se anche tutti i responsabili delle atrocità sono eldar, non tutti gli eldar sono responsabili di tali atrocità. Può sembrare una sottigliezza ma è ciò che fa la differenza tra me ed Elenwen.» guardò il calice di vino stringendosi nelle spalle. «Ringraziamo la buona sorte che la Prima sia ancora in vita, allora. Fare ammenda per una vita è già triste, farlo per due sarebbe stato probabilmente l'ultimo chiodo alla bara del buonsenso della vecchia amministrazione.»

Nel frattempo Maiev si era portata dietro la sedia del principe, rimanendo quasi appollaiata come un avvoltoio. Scrutava e riscrutava cercando di capire se qualcuno, in quella sala, potesse anche solo pensare di nuocere al futuro re. Il loro arrivo a palazzo aveva causato un poco di trambusto, nonché incredibile interesse, vista la rarità dell'evento... e questo la metteva leggermente a disagio. Troppe ali di cui tenere traccia, troppi artigli di cui ricordare la posizione.

Carnil proseguì. «Il Duca ricorderà sicuramente che, prima della pace, avevo già chiesto una udienza presso il Visconte Mannfred per cambiare lentamente direzione riguardo ai rapporti intrapresi tra i nostri due paesi. Non ho certamente dimenticato quel fatto, ed è il motivo per cui vi ho cortesemente invitato a presenziare: credo sia giunto il momento di cambiare andazzo per la mia gente. E per farlo c'è bisogno che ci si metta tutti seduti ad un tavolo a discutere di come questa cosa possa essere fatta.» prese una piccola pausa. «Spero non vi dispiaccia se ho dato per scontato che vi interessi un futuro Minnonar "amico" piuttosto che l'ennesimo campo di battaglia inutilmente sanguinoso. La proposta può interessare l'Impero ed il Ducato, miei signori?»
 

Balto

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Konrad assunse un'espressione corrucciata e rimase in silenzio

"hmmmmmmmm...................................."
 

Silen

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"Una fortuna, come tu dici. In caso contrario tu non saresti in questa stanza, oggi, come mio...ospite. Non da vivo." disse Ilias in tono piatto. Era fin troppo evidente che l'arpia non era disposta a essere più accomodante di così sull'argomento.
"Mi chiedo quale proposta abbia tu in mente per essere così certo che le Sorelle siano interessate."
Concluso questo discorso l'arpia osservò per un momento l'imbarazzatissimo attendente che stava servendo il duca e con un cenno gli diede licenza di scomparire...cosa che questi fece senza pensarci due volte, con tutta la velocità permessa dalla situazione.
 

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La violenza verbale delle arpie non gli era mancata, se ne accorse in quel momento.
«Un cambio di ruoli.» annunciò. «Invece di continuare a farci le guerra e ammazzarci tra di noi, preferirei riparare i torti ed evitare che ne vengano fatti di ulteriori. Non so se le sorelle possano essere interessate dall'idea di avere gli elfi come amici, voi stessa sembrate poco accomodante in tal senso, ma credo che sia tutta colpa di chi ha agito prima di me. E che non ci sia niente di particolarmente irreparabile, per quanto disastroso possa essere il danno al momento.»
Il principe guardò l'arpia e poi il Duca, cercando di capire quanto fossero interessati alla cosa. Non era sicurissimo che potesse andare in porto ma, onde evitare, decise di rivelare tutto quello che sapeva.
«Siete stata informata dalla vostra negoziatrice, credo si chiamasse Francesca, di come si è atteggiato Re Stannis al consiglio di pace?» alzò le sopracciglia, quasi stesse sottolineando l'ovvio. «Non so cosa pensi, ma sicuramente non pensa ai nostri morti, né al benessere del mio popolo. Del resto voi avete per caso udito un sostegno da parte sua nei miei confronti? Avete sentito parole di commiato per gli elfi periti per difendere le sue terre?» scosse debolmente la testa. «Nemmeno per sbaglio. Ma in compenso ha pianto il lutto di un'assassina quale era Elenwen. Questo dovrebbe dire molto dell'uomo che governa il Regno della Tempesta. E a me questo agire dice "guerra", dice "morte", dice "perdita".»
Per la prima volta, in un consesso pubblico, Carnil espresse liberamente il suo disappunto per la condotta del proprio alleato. Non voleva calcare troppo la mano, ma se proprio la colpa di quella guerra doveva ricedere su qualcuno, il candidato più sensato era il belligerante Stannis, non certo quella disgraziata di Elenwen.
«Sapevate che quel fine stratega aveva pagato una parte della mia gente, la più corrotta, per starsene buona durante la guerra? Quell'uomo ha deliberatamente foraggiato una ribellione nel regno di Minnonar, per poi trascinarlo in una guerra che non poteva vincere.» si rivolse direttamente ad Ilias a quel punto. «Quanti uomini ha perso per cercare di prendersi Justa? Se avesse portato quegli uomini a sostegno dei suoi alleati, cioè noi, magari le cose sarebbero andate diversamente in guerra... ma non lo sapremo mai, perché egli ha preferito agire diversamente.»

Maiev abbassò per un attimo lo sguardo. Non aveva mai sentito il principe parlare tanto schiettamente, seppur con la solita pacatezza, di quel problema.
«Quindi la mia proposta è di lasciare che il Regno della Tempesta faccia la sua prossima, sporca, guerra da solo. Il mio popolo ha chiuso con gli spargimenti di sangue per conto di terzi. E, in sincerità vi dirò, ho paura che voglia infangare il trattato e colpire i territori ribelli, occupandoli militarmente. Non so a voi ma l'idea di regalare anche un solo granello di sabbia a quel pazzo mi disturba più che vedere Almarillan in queste condizioni. Se voi siete disposti a dare alla mia gente una possibilità di dimostrarsi migliore di quanto ha fatto fin'ora, il nord non sarà più un problema.»
Poi, quasi a rafforzare il concetto, concluse. «Mai più.»
 

Balto

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Konrad rimase assorto e corrucciato, fissando Carnil dritto negli occhi mentre assorbiva ogni sua parola.
Alla fine del discorso dell'elfo, concedendosi ancora qualche istante per pensare

"Ma certo.... pomoli in mithril! Perchè non ci ho pensato prima! CAZZO QUESTO RAGAZZO E' UN GENIO!!!"

Rendendosi conto di essere osservato, con aria sbigottita, da tutti

"Hm? Che c'è? Sono sporco in faccia? Allora... che stavamo dicendo... ah sì... il Nord, e la guerra eccetera eccetera.... e va bene... tu mi stai simpatico ragazzino, e hai un cazzo di buon gusto in materia di arredamento e architettura... pomoli in mithril... cazzo geniale.... quindi sai che ti dico? Facciamo così Ilias, fai sgombrare tutti che voglio sentire bene cos'ha da dire il Principe, mi piacciono le proposte, ma le tue arpie stanno facendo troppo casino, non riesco neanche a pensare con tutto sto baccano.... cazzo di maleducati, non c'è più rispetto a questo mondo!"

continuiamo in privato please
 

Last Century

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All'apertura delle porte della sala del trono di Almarillan, Maiev uscì a passo svelto percorrendo senza far rumore le ampie sale. Lasciò il Principe intento a dialogare con il Duca e Ilias, andando a svolgere il compito che le era stato assegnato. Da lì a poco le cose sarebbero cambiate e lei, senza rendersene conto, era diventato un piccolo ingranaggio di una macchina infinitamente più grande.
 
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