GDR I Guardiani del Nord

MisterTango

Useless Member
-Chi lo dirà al Re?-

Era una frase che veniva ripetuta spesso nelle sale della Rocca di Rhuvan, ma anche per le lande di Gizeh, quando i servitori del sovrano si ritrovavano in missione fuori della mura della capitale.

In genere, quell'incombenza toccava sempre a lui, e difficilmente quella volta sarebbe andata diversamente.

Vladimir osservò di traverso il suo compagno, dalla sella del destriero nero.
-Tu, forse? Ne dubito. È che... non saprei proprio cosa dirgli-

-Limitati a raccontargli i fatti-, rispose Robert, facendo spallucce.

Già, i fatti. Non era ancora riuscito a capirli lui, i fatti, e inorridiva alla prospettiva di doverli raccontare al suo sovrano. Forse accompagnando la spiegazione con una brocca di rosso di Farquart...

Ciò che era successo aveva detto dell'incredibile. Le note tragiche della scena che gli si parlava dinanzi erano incrinate da striature comiche che lo rendevano confuso persino sui sentimenti da dover provare. Un tragico scherzo della sorte, una bieca ironia del destino...? Non avrebbe saputo definirlo meglio.

Le razzie dei predoni non erano così inusuali da rimanere sorpresi quando accadevano e, seppur meno frequenti, nemmeno le incursioni dei demoni delle terre desolate. Quel giorno, però, gli abitanti di quel piccolo villaggio non si erano fatti mancare nulla. Stando alle ricostruzioni delle guardie di frontiera, un gruppo di predoni si era precipitato sul villaggio all'alba di tre giorni addietro. I predoni del nord erano crudeli, ma in genere non più violenti del necessario. Si limitavano a derubare i cittadini di tutte le ricchezze e di gran parte dei generi alimentari, senza però darsi a massacri i controllati. Perché distruggere ciò che puoi saccheggiare di nuovo nella stagione successiva? Erano furbi, in un certo tal senso.

Dopo aver massacrato i pochi uomini che avevano tentato una resistenza, i predoni avevano occupato il villaggio e costretto i popolani di radunare tutte le loro ricchezze e cibo per un mese al centro del villaggio, sotto minaccia di bruciare le loro case. Ed era stato in quel momento che, attirati dall'odore del sangue e dagli echi della violenza, i demoni erano comparsi dalla neve.

Creature quadrupedi, abomini, troppo astuti e crudeli per poter essere definiti animali, avevano accerchiato il villaggio e fatto incursione, uccidendo e distruggendo, popolani e predoni, indiscriminatamente. A nulla valse la resistenza dei saccheggiatori che, in uno scherzo del destino, furono costretti ad eleggersi come difensori del villaggio che stavano derubando, perché privi di alcuna via di fuga.

Il massacro fu sistematico e, all'arrivo della guarnigione, richiamata poco dopo dell'arrivo dei predoni dagli abitanti del contado, nessun sopravvissuto venne scovato tra le ceneri del villaggio.

Robert tirò le redini del suo cavallo, voltando le spalle a quello spettacolo.
-Abbiamo bisogno di più uomini, Vladimir-, disse, un momento prima di spingere al galoppo alla sua cavalcatura.

Vladimir esitò un istante prima di seguire il suo compagno.

-No, abbiamo bisogno di alleati-, disse tra sé, prima di lasciarsi tutta quella morte e disperazione alle spalle.
 

MisterTango

Useless Member
-A nord una bagascia che fluttua a mezz’aria, a sud lupi troppo cresciuti, ad est le stramaledette terre morte infestate dai caduti. Forse dovrei cambiare i miei esploratori, la cattiva sorte sembra perseguitarli in ogni ricognizione-

Mentre Re Cleobert si portava alle labbra il calice, Mastro Vladimir si massaggiò le tempie con le dita, cercando di capire come avrebbero potuto uscire da quell’ampasse.

-Sire, c’è da considerare che le nostre esplorazioni hanno portato ad esiti positivi. Le comunità di elfi e frostlings che abbiamo convinto a giurarci fedeltà, ad esempio, oppure…-

-Me ne sbatto degli esiti positivi di due anni fa, Marcel!-, tuonò Cleobert battendo un pugno sul tavolo del Consiglio.

Nella sala calò il gelo.

-È possibile che questo mondo maledetto celi pericoli in ogni anfratto puzzolente del terreno? Voglio buone notizie, e quanto prima. Altrimenti manderò tutti i presenti a combattere i lupi a sud, con una daga e un brocchiere. Così almeno vedrete di ragionare con più coscienza…-, minacciò il sovrano, scolandosi il resto del contenuto del suo calice.

Nessuno ebbe il coraggio di controbattere.

Ser Robert era rimasto in passibile, come suo solito. Forse era stato quello meno impressionato dalla minaccia del Re: l’ampio sfregio che sfoggiava sul volto, dall’angolo destro della mascella sin sopra il sopracciglio sinistro, non si era ancora del tutto cicatrizzato. Probabilmente non vedeva l’ora di prendersi la sua vendetta contro le bestie che gliel’avevano procurata.

Anche Foldo sfoggiava il suo solito, inalterabile sorriso, ma Vladimir notò senza troppa fatica una leggera increspatura delle labbra, che forse poteva tradire una certa inquietudine. I volti angosciati di Marcel e Tardish, invece, non avevano bisogno di essere interpretati.

Il silenzio perdurava da alcuni, imbarazzanti secondi, e Vladimir stava per prendere la parola per stemperare gli animi, quando la porta della Sala del Consiglio si spalancò senza alcun preavviso.

Un messaggero, forse uno dei cacciatori di bestie del nord, si affacciò dall’uscio affiancato da una guardia.

-Che c’è ora?-, tuonò seccato il Re.

Il cacciatore non rispose, circumnavigando il tavolo per giungere al fianco del sovrano, al quale cominciò a sussurrare qualcosa all’orecchio.

Vladimir era troppo lontano e la voce del messaggero troppo bassa per essere udita, ma ebbe modo di interpretare il flusso delle emozioni di Re Clebert dalle espressioni che si susseguirono sul suo volto: dapprima una smorfia seccata, poi, dopo alcuni istanti, spalancò gli occhi e rimase con la bocca aperta, stupito. Infine, la fronte si aggrottò, gli occhi si chiusero a fessure e la mascella si contrasse, in una espressione che Vladimir conosceva fin troppo bene.

-Maledizione!-, sbottò Cleobert, battendo entrambe le mani sul tavolo quando il cacciatore ebbe abbandonato la sala del consiglio.

Nessuno ebbe il coraggio di fare l’ovvia domanda, e il Re li lasciò friggere nella curiosità per diversi, incessanti secondi.

Infine, il sovrano sbollì la rabbia e si afflosciò sulla poltrona.

-L’hanno trovata-, disse soltanto.

Di nuovo calò il silenzio, prima che i presenti riuscissero a dare un contesto all’affermazione di Re Cleobert. Poi tutti, Vladimir compreso, si lasciarono andare allo stupore.

Robert si fece avanti sulla sedia, con uno sguardo serissimo. -Dove?-

Il Re si tormentò la barba rossiccia prima di rispondere. -Sai bene che il primo problema non è dove, ma chi, dannazione!-

-Dobbiamo inviare delle staffette a cercarla-, fece Vladimir, cominciando a elaborare un piano d’azione nella sua testa.

Se l’avessero trovata, sarebbe cambiata ogni cosa. Avrebbero potuto respingere l’oscurità lontano dalle loro terre, avrebbero risparmiato le vite di migliaia dei loro soldati, e finalmente Re Cleobert avrebbe ottenuto la buona notizia che tanto desiderava.

Ma, come si suol dire, tra il dire e il fare ci sono le Terre Morte, e riuscire nell’impresa non sarebbe stato affatto semplice, temeva. A partire dal rintracciare l’unica persona che sarebbe stata in grado di riuscirci.

-So dov’è. Andrò io-, fece Ser Robert, senza scomporsi.

Re Cleobert osservò in tralice il suo generale, riflettendo.

-Sorvolerò sul come è sul perché tu sia in possesso di questa informazione, Robert. Pensi di essere in grado di convincerla?-

Vladimir non conosceva tutta la storia, ma di sicuro il Re sì, e di certo non aveva gradito che uno dei suoi sottoposti più fedeli continuasse ad intrattenere rapporti con qualcuno che gli aveva mancato di rispetto in più occasioni. C’era anche la questione del legittimo erede al trono, ma l’individuo in questione non sembrava mai aver palesato interesse a riesumarla, nonostante avesse avuto molte occasioni per reclamare il suo diritto.

Nello specifico, Robert le era stato molto vicino, tempo addietro, e ciò non faceva che rendere la questione ancor più… interessante.

Il cavaliere annuì senza esitare. -La conosco, non mancherà di rispondere alla chiamata-

Il Re si appoggiò sullo schienale della poltrona, soddisfatto della risposta.

-Ebbene, Aryanna Ruvandoch tornerà a calcare le sale del mio Palazzo. E ti avverto, sarai tu a rispondere delle sue stronzate. Tieni la sua lingua a guinzaglio-, accusò il Re, puntando l’indice verso Robert.

Questo, ancora, non si scompose. Piuttosto si alzò, sistemandosi il cinturone con la spada. -Con permesso Sire, ho intenzione di partire immediatamente. Prima agiamo, meglio sarà-

Il Re squadrò il suo cavaliere per alcuni secondi, ma alla fine acconsentì con un cenno del capo.

Ser Robert si esibì in un inchino, guadagnando l’uscita. -Farò rapporto non appena avrò notizie, Sire-

Di nuovo, Cleobert annuì, e Ser Robert sparì oltre il corridoio.

A quel punto, il Re si volse verso i servi alle spalle. -Allora? Devo dirvelo io? Il mio calice è VUOTO!-, tuonò.

Subito dopo si rivolse al consiglio. -E voi, fuori dai piedi. Ho bisogno di bere-
 

MisterTango

Useless Member
Il piccolo accampamento non ospitava più di qualche dozzina di uomini, che accompagnarono il suo ingresso con sguardi poco amichevoli e frasi mormorate sottovoce.
Robert smontò da cavallo di fronte alla tenda più grande, e un sergente si fece avanti controvoglia per afferrare le briglia.

-Lei è qui?-, gli domandò Robert.

Il sergente annuì senza proferire parola. Robert fu costretto ad attendere che l’uomo sistemasse il suo cavallo e andasse a riferire del suo arrivo.
Udì un rapido scambio di parole all’interno della tenda, e pochi secondi più tardi dalla stessa fece capolino una donna.

-Non posso credere ai miei occhi-, esordì questa con un sorriso beffardo. –Re Cleobert ti ha dato il permesso di uscire di casa?-

Robert osservò la donna, che se ne stava di fronte a lui con una mano appoggiata sul fianco e il mento alto, tormentandosi con la mano libera la treccia color cannella che le scendeva sul petto.
Non era cambiata poi tanto dal loro ultimo incontro. –No, ha lasciato una finestra aperta e sono scappato-, rispose lui, indicando poi la tenda. –La tua cortesia lascia un po’ a desiderare, non credi?-

-Oh, perdonami-, rispose la donna, fingendosi mortificata. –Entra pure-

Robert la seguì all’interno di quella che non sembrava di certo la residenza da campo di un Re: un quadrato di dieci passi per lato, con un piccolo scranno, due sgabelli dall’aria scomoda e un sacco a pelo gettato in un angolo. In mezzo c’erano armi, vesti e cianfrusaglie gettate in bauli aperti o totalmente alla rinfusa.

La donna si accomodò su uno degli sgabelli, incrociando le gambe e facendogli cenno di fare altrettanto.
–Immagino che per una buona notizia non ti saresti scomodato fin qui. Beh, sputa pure il rospo-

-Buongiorno, Anna. È passato molto tempo dal nostro ultimo incontro, chissà quante cose avrai da raccontarmi-, fece lui, ignorando del tutto la richiesta dell’altra.

Aryanna rimase interdetta per un’istante, poi rise. –Dev’essere proprio brutta, eh?-

Robert annuì, passandosi il guanto tra la folta barba. –L’hanno trovata, Anna-, disse poi, tutto d’un fiato.

Stavolta, la donna non ebbe il bisogno di fingere lo stupore. Rimase a bocca aperta per alcuni secondi, fissandolo con gli occhi verdi. Poi, si alzò.

-Sai, per un’istante mi sono illusa che fossi soltanto venuto a trovarmi-, disse, con un sorriso velenoso dipinto sul volto. Poi, la sua espressione divenne improvvisamente seria, e con due passi raggiunse l’uscio della tenda. –Dì al tuo Re che non ho intenzione di assecondare alcuna delle sue richieste-

Detto questo, uscì.

Robert sbuffò, seguendola con tutta calma di fuori, nell’accampamento. Stava andando tutto come previsto.

-Hai considerato che il tuo orgoglio potrebbe precluderti un’occasione per fare del bene, a te stessa e al mondo intero?-, fu costretto ad alzare la voce ed affrettare il passo Robert, inseguendo la donna che aveva già praticamente raggiunto il limitare delle tende.

Anna rise di nuovo. –Oh, non venirmi a raccontare la favola della salvezza del mondo, ora. In ballo c’è soltanto il trono di quell’idiota che chiamate Re-

Robert riuscì finalmente a raggiungerla e a bloccarla, afferrandola per un braccio. –Certo, perché senza gente su cui regnare non potrà più esserci alcun trono-, le disse a denti stretti.

Anna lo guardò esterrefatta per un istante, poi si divincolò dalla presa. Sostenne il suo sguardo per un po’, ma alla fine gli occhi verdi si abbassarono lentamente verso il suolo. Robert conosceva bene quell’espressione, la stessa che faceva da bambina quando capiva di aver torto ma non aveva voglia di ammetterlo. In quel momento, venti inverni dopo e tutti e due con l’armatura indosso, la situazione non era cambiata.

-Dovrai soltanto far parlare me-, rincarò la dose lui, ma con tono più gentile. –Ed eseguire i miei ordini, non i suoi-

Nora sollevò di nuovo lo sguardo, mentre il sorriso sardonico tornava a illuminarsi sul suo volto lentigginoso. –Al massimo, sarai tu ad eseguire i miei-

Robert rise.
Avrebbe dovuto insistere e pregare ancora un po’, ne era certo. Ancora per un bel po’.
Ma, alla fine, sarebbe stato più semplice di quanto pensasse.
 
Ultima modifica:

MisterTango

Useless Member
-Sai, più penso a quello che sta succedendo e più mi sorprendi, ci credi?-

-In cosa ti starei sorprendendo?-, rispose Robert, roteando gli occhi al cielo.

-Una volta non eri così… diplomatico. Non avresti nemmeno pensato a uno stratagemma del genere. Avresti seguito l’istinto, e ti saresti gettato a testa bassa nella mischia-, incalzò Aryanna, appoggiandosi con i gomiti al pomolo della sella.

-Perché? Non l’ho fatto?-, rispose Robert con un ghigno. La cicatrice che si era procurato tre anni prima non era scomparsa –e probabilmente non lo avrebbe mai fatto- ma l’uomo ne faceva sfoggio con orgoglio, insieme a dozzine di nuovi graffi ben più freschi.

Allora fu il turno di Aryanna di roteare gli occhi al cielo. -Sai che non intendo quello. Una volta non avresti aspettato un inverno e una vittoria prima di portarmi alla corte di quell’idiota malato di gotta-

Gli avvenimenti dell’ultimo anno sembravano essere trascorsi in poco più che una stagione. Dopo averla trovata nei più sperduti confini settentrionali del Regno, a cacciare mostri e a proteggere i villaggi di confine, Robert non l’aveva riportata con sé a Gizhaya. No, le aveva affidato direttamente una colonna dell’esercito reale –ripensare alla reazione di Re Cleobert, che le era stata raccontata da Robert, le procurava ancora un piacevole brivido alla schiena- e si erano dati appuntamento ai confini meridionali della terra di Farquart, laddove si erano dati da fare con un branco di lupi mutanti che infestavano la zona.

Soltanto allora, dopo aver ripulito le foreste del sud dai mutanti e con una carta da giocare per ingraziarsi la volubilità del suo Re, Robert si era convinto a portarla con sé nella capitale. E soltanto allora, mentre cavalcavano alla testa dell’esercito reale e varcavano i confini delle terre della Corte di Gizhaya, le era sovvenuto di tirar fuori quel discorso.

Robert non parve divertito dalla sua affermazione. –Le persone cambiano, Anna. Sono passati quasi dieci inverni da quando te ne sei andata dalla corte. Ho dovuto adattarmi-, disse, rabbuiandosi improvvisamente.

Lei osservò il suo compagno in tralice prima di rispondere. Improvvisamente, la piega che stava prendendo quel discorso cominciò a non piacerle affatto. –Non vedo l’ora di incontrare l’avvinazzato, allora-, disse, cercando di trascendere.

Robert parve particolarmente ben disposto a fare altrettanto. –Fai parlare me, e tutti e due ci terremo la testa attaccata al collo, d’accordo?-, le suggerì questo con un ghigno.

Lei restituì il sorriso canzonatorio al compagno, ma non appena questo si voltò, ogni traccia di allegria scomparve rapidamente dal suo volto.
Erano cambiate davvero tante cose.
O forse non era cambiato proprio niente.
 
Alto