[FRB] S&G

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Chosen one
A causa dei disordini scoppiati nell'ultimo biennio la redazione di zzrveno, plavo, belo (ZPB) è stata colpita duramente vedendo i propri uffici devastati da un'autobomba che, fortunatamente, ha causato solamente danni alle apparecchiature informatiche, essendo stato il personale tutto, evacuato per tempo dalle forze di polizia belgradesi.

A seguito di ciò si è deciso di sciogliere la testata essendo, nel tempo, mutati diversi fattori sia politici che istituzionali per la Serbia ed i Balcani.

Negli stessi uffici, rimodernati e riparati, è stato concesso gratuitamente ad un gruppo di studenti della facoltà di Storia delle università di Belgrado, Podgorica e Skopije, di sviluppare il progetto di un foglio di discussione geopolitica.

Tale progetto è stato chiamato Sukhoi & Golubovoi (Falchi & Colombe), abbreviato in S&B.I redattori sono tutti giovani studenti universitari, ciascuno specializzato in una determinata zona geopolitica ma tutti, sostanzialmente, amatori.

Il giornale nasce, inizialmente, negli ambienti universitari del circolo di Geopolitica dell'Università di Belgrado.


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Solctis

Chosen one
2021: Il nuovo ciclo delle guerre fredde


ASIA


Per il continente asiatico il 2021 è stato carico di novità e di trasformazioni.
Il proseguio della ristrutturazione istituzionale e del rinnovamento democratico del gigante cinese, il rafforzamento dell'autorità australiana come nuovo gigante marittimo, l'eterea politica nipponica.


Mai come in questa zona del globo i cambiamenti sono avvenuti così velocemente e con così grande rilevanza storica.
La Cina ha cementato il cambiamento di rotta politica e, sotto una nuova bandiera, ha ripreso a recuperare le perle che il decaduto regime cinese aveva rischiato di regalare ai concorrenti vicini.
La repubblica cinese ci ha mostrato la forza delle sue proporzioni, riuscendo a riprendersi da un collasso totale ed a ricostruire credibilità e autorevolezza nell'area asiatica nell'arco di pochissimi anni.


Per contro il Commonwealth d'Australia, confermando quella teoria in base alla quale l'eco delle proprie azioni ricade e si amplifica attraverso i propri discendenti, ha totalmente sostituito le vecchie glorie britanniche con un proprio piccolo impero politico-militare (la SEATO) prendendo sotto la propria ala protettrice le piccole democrazie oceaniche ed affacciandosi da grande concorrente su tutto l'arco indo-oceanico.
Camberra stà lavorando di fino con ottime mosse e, pur dopo le recenti e serissime crisi politiche ed economiche, sembra aver trovato una propria dimensione senza timore di paragoni col passato inglese.


Enigmatica e sibillina, come la mistica che permea i suoi tramonti, una terza potenza regionale (seppur capace di portata mondiale) stà giocando un ruolo molto spesso ignorato ma tuttavia da non sottovalutare assolutamente.
Parliamo del Giappone. Il paese del Sol Levante lavora, dietro le quinte, da diverso tempo ed ha conseguito risultati che nella sua storia andrebbero descritti come di rilevanza storica.
Il passaggio ad un esercito professionista e l'abolizione dell'articolo della sua costituzione (frutto delle condizioni imposte da Washington a guera conclusa lo scorso secolo) che vietava qualcosa di più di un esercito di autodifesa; la riconquista delle isole russe delle Curili (che i nipponici chiamano Chishima), il rafforzamento di un ombra politico-militare che si estende dalla Corea del Sud, alle Ryukyu sotto l'egida di un esercito tecnologicamente tra i più avanzati del mondo.


Sotto il profilo economico i tre dominatori asiatici ci mostrano, attraverso i dati economici, l'ampiezza delle loro trasformazioni geopolitiche.
Come al solito è la Repubblica cinese a guidare la classifica con un incremento del +4,06 del PIL rispetto all'anno scorso (ma con un incremento del PIL che, al passaggio di consegne tra comunismo e democrazia, registrava un mostruoso +36%). Ricettivo e sveglio il sistema economico australiano fa registrare un +2,05% di incremento, segno che la politica di fidelizzazione economico-militare tra l'Australia, la Nuova Guinea, le Filippine e l'area indo-pacifica stà dando i propri frutti.
Sostanzialmente invariata l'economia nipponica che fa registrare un decremento del -0,51, dato da inquadrare nel fisiologico andamento di un'economia ricchissima, come quella nipponica, in confronto agli altri due attori asiatico-oceanici considerabili come economie 'giovani'.


L'interesse maggiore di questo scenario sarà ora la partita che Cina e Australia stanno giocando sulla linea Indonesia-Filippine; una partita calda che, sotto i sorrisi smaglianti degli ex commissari politici cinesi e la britannica freddezza dei diplomatici australiani, mostra tutta la tensione di ua partita che si gioca sul filo delle armi.
Incognita ancora da scoprire appieno è la superpotenza del Giappone.
Il fatto che Tokyo riesca a far trapelare solamente pochissimo della sua politica estera, agli analisti extra-asiatici, è sintomo di quanto seriamente stia giocando sotto il banco diplomatico.


Mira Antic


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AMERICHE


Le Americhe, più di ogni altra zona del Pianeta hanno costituito, durante l'ultimo anno, un interessantissimo segnale per tutti gli analisti di geopolitica.
Le terre scoperte dal genovese Colombo alla fine del 1400 hanno infatti visto 4 fondamentali punti di svolta.


Il punto più interessante è la caduta del mito di invincibilità politica della superpotenza americana.
Mentre sul piano militare nessuno si sognerebbe mai di sfidare, senza pensarci almeno una decina di volte prima, la superpotenza statunitense, il recente crollo politico e conseguente piccola rivoluzione economica interna al gigante con base a Washington ci ha mostrato come nulla sia immutabile.


Ancorata da troppo tempo ad una politica estera sostanzialmente improntata al 'colpisci prima, colpisci due volte e se avanza del tempo lancia pure una testata nucleare' la superpotenza americana s'è fatta, inevitabilmente, trascinare in troppi problemi.


Incapace di riportare sul trono arabo i Saud, incapace di fara parlare inglese a Cuba, incapace di affermare senza dubbi la propria egemonia sui paesi del sud America tradizionalmente alleati di Washington, incapace di contenere il nuovo pericolo socialista meridionale, la gestione repubblicana ha letteralmente sgretolato il concetto di dominio globale statunitense.


La passata crisi di Cuba, dove per la prima volta dal crollo dell'URSS e dalla guerra ispano-americana una potenza europea ha rimesso piede in modo stabile nelle Americhe, ha visto un sostanziale naufragio delle speranze panamericane USA.
Qui i SUM, giocando abilmente, hanno sfruttato la situazione adoperandosi affinchè Cuba non cadesse nell'orbita americana e, complice il non disinteressato intervento brasiliano, si sono tolti uno dei molti sassolini che avevano nei confronti dei rivali statunitensi.


Sul fronte del Sud America il gravissimo scandalo che ha visto coinvolto l'ormai ex presidente Whitemore ha avuto due effetti.
Intaccare seriamente l'immagine degli USA nel sud America, rafforzando l'idea del Paese come paese amico dei narco-stati e soprattutto ancorato, per non dire fossilizzato, ad una politica neo-imperialista, nei confronti del sud America, tipica del secolo scorso.
Come secondo effetto quello di lasciare scoperto il fianco meridionale alla penetrazione socialista del nuovo pericolo rosso brasiliano.


Allo stesso tempo il gigante nordamericano si è visto risucchiato in un vortice di pubblicità negativa complice la sconfitta nella causa araba, complice l'impossibilità di fornire una deguato supporto allo storico alleato israeliano, complice l'impossibilità di mantenere a debite distanze la nuova superpotenza mediterranea ed, in generale, gli ex europei.

Crollo epocale? La profezia che si autoadempie con la vendetta sovietica rimandata solo di una trentina di anni?
Niente affatto; il nuovo corso democratico, a guida Clark, solido ed autorevole economista, ha visto un'intelligente politica nel paese dell'aquila dal collo bianco.


Un abbassamento del valore del dollaro, il richiamo per capitali esteri col ritorno di compagnie sfuggite al clima economico instaurato sotto la gestione Whitemore e, fatto storico, la riapertura alla Vecchia Europa hanno mostrato come il gigante nordamericano sia lungi dall'essere sconfitto.


Prima potenza militare, capace di muoversi ancora su scala globale ed ancora a capo di uno dei due più grandi blocchi politico-militari del globo, gli USA rimangono ancora la vecchia guardia (contrapposta alla giovane superpotenza mediterranea) con cui confrontarsi per entrare nel 'club dei grandi'.


Grazie a tutto questo, comunque, è stato possibile vedere finalmente il fiorire di due nuovi grandi attori nella scena delle Americhe.


Il Canada, sottovalutato vicino settentrionale degli USA e la nuova superpotenza socialista del brasile.

Il primo, complice un'oculatissima politica economica, mostra di essere una delle economie più solide al mondo.


I successi nel campo della cantieristica, lo sbarco di esperti canadesi in Cina, lo sviluppo di fonti d'energia sottomarina (di cui il paese è ricchissimo, in particolare verso nord-est e nord-ovest) e la ricerca tecnologica hanno fatto della democrazia dell'acero la più promettente, solida e prosperosa delle Americhe nella prospettiva futura.
Sfatando secolì di scherni e stereotipi ora sono i canadesi, con l'ingresso di investitori e capitali canadesi nella AFC, grande azienda agricola, a colonizzare i vicini meridionali portando apprezzatissimi posti di lavoro nella stagante e boccheggiante economia USA.


Il Paese, inoltre, partecipando a numerose iniziative militare della NATO, mostra di aver sviluppato un rispettabilissimo arsenale militare capace di non far sfigurare il paese ovunque esso sia impegnato.


Infine, ma non per importanza, come il compimento del peggiore degli incubi di ogni buon repubblicano statunitense, il sorgere di uno stato socialista in Brasile ha riportato alla mente di tanti americani i vecchi malumori di sovietica memoria.


Pur essendo ancora un'economia giovane, pur avendo mezzi diversissimi da quelli sovietici e pur essendo sostanzialmente figlio dell'ordine mondiale imposto da Washington, il Brasile stà dimostrando autorevolezza e capacità di costituire un'alternativa non solo ideologica ma anche e soprattutto economica, per Washington.


In ultimo i dati economici.
Gli USA si mantengono assolutamente stabili rispetto all'anno precedente sul piano dell'incremento del PIL.
Pur avendo sentito notevolmente la crisi economica, l'economia americana rimane una delle più ricche del pianeta.
Canada e Brasile, dal canto loro, mostrano timide positività (+0,02% di incremento del Pil ciascuno) segno che, nonostante tutto, la strada, purchè corretta e dai buoni frutti, sia ancora lunga.

Cuba, in questo caso, ci offre un'esauriente metafora della situazione.
Isola a lungo tra i desiderata di Wahsington; tenuta in vita dai SUM, occupata più o meno velatamente dai brasiliani.
Questo è l'attuale stato delle Americhe.
Vecchi attori che devono accettare l'arrivo di nuovi competitori che, in modo più o meno forzoso ed apparente, si affacciano al dominio ed all'influenza delle Americhe.


Svetislav Subotic




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