A trattativa avvenuta Mamarco Mezentio tiene un discorso a Velzna, che verrà poi replicato da messaggeri nelle altre città della lega. Per il tono e la complessità del linguaggio è chiaramente un discorso rivolto agli aristocratici e ai mercanti più acculturati, ma naturalmente si estende a tutti per quello che riescono a comprendere.
In questo giorno di profondo dolore, io, Mamarco Mezentio, fino a ieri Lucumone della lega, mi rivolgo direttamente a voi, abitanti di Velzna, e a tutti gli abitanti delle città etrusche, dal momento che l'autorità delle nostre assemblee e delle nostre istituzioni ha, di fatto, cessato di esistere.
Come probabilmente già sapete, il Patto Italico è stato duramente sconfitto dalle forze della Repubblica Romana. E' comprensibile, ma sciocco, che molti di voi incolpino me di questa sconfitta, soprattutto coloro che non hanno potuto vedere coi propri occhi l'entità delle armate che hanno varcato le mura di Velzna. Oltre sessanta mila uomini e un'apparato militare impressionante. Persino Elvezi e Lingoni, popoli galli di cui conosciamo appena il nome, sono calati su di noi dal cuore dell'europa, convinti dalla potenza incontrastabile di Roma.
E' vero. Io ho commesso un delitto in base alle nostre leggi assumendo il comando diretto delle armate alleate. Ma l'ho fatto perché la superiorità dei nostri nemici richiedeva la rapidità decisionale di un solo generale, anziché dei nostri due onorevoli magistrati. Ho condotto le truppe anche in qualità di sacerdote oltre che di generale, dal momento che solo un diretto intervento divino avrebbe potuto mutare le sorti di questo confronto. Ebbene proprio gli dei hanno deciso la nostra sconfitta e ciò che ne consegue.
Da questo momento la lega Etrusca cessa di esistere e tutti noi dovremo considerarci a tutti gli effetti cittadini della Repubblica Romana. E' sconcertante, lo so bene. Non si può descrivere a parole quanto questo addolora tutti noi. Noi che un tempo fummo dominatori anche su Roma. Ma queste condizioni, oggi, sono le uniche possibili. Roma è stata magnanima con noi sconfitti, riconoscendo il nostro valore e la nobiltà del nostro popolo, e questo fa onore al popolo che oggi ci sottomette, che si è dimostrato saggio e lungimirante nella figura del console Lucio Postumio Megello.
Le nostre terre sono state arate da un aratro enorme, magnifico e irresistibile. Ma su di esse Roma ha scelto di seminare, pur avendo potuto spargervi il sale, se solo avesse voluto.
Ora questa è l'unica soluzione che evita un epilogo indegno per la nobiltà del popolo etrusco, fatto di massacri e schiavitù. E sottopone i nostri confini alla protezione di una forza militare considerevole.
Qualsiasi popolo vinto invidierebbe questa nostra dolorosa condizione.
Dunque io vi dico: oggi noi tutti accettiamo il volere di Tinia e non respingiamo la magnanimità di Roma. Perché non esistono altre possibilità.
Così sia.