Dyolance
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Per un individuo, una vita non può che essere una successione naturale di dolore e di gioia. I periodi dell'una o dell'altra variano in durata, intensità, magari nella compagnia con cui s'affronta la prova o si festeggia il giubilo, ma è facile tracciare linee di distinzione tra i due opposti, e anzi essi si danno senso a vicenda. Non c'è caldo senza freddo d'altronde, luce senza buio, e così il sorriso e pianto. Pare non dissimile l'esistenza e l'evoluzione di uno stato, specialmente se quello stato è a sua volta assimilabile in un solo individuo panuniversale, e difatti ciò era stato vero per il Coro Astrale sin dalla sua formazione. Ad anno negativo s'era susseguito anno positivo, per poi sposare negli stessi anni successo e insuccesso e potendo così solo sfoggiare sorrisi amari.
Il 4316 era stato pienamente regola: la felicità d'accogliere nel proprio abbraccio (anche se non ancora pienamente) una Grande aracne e le sue figlie, e l'infelicità di vedersi negata nuova espansione e anzi d'incontrare un qualcosa profondamente avverso alla natura stessa dell'Uno, per giunta perdendo una propria figlia nel frattempo. Messo tutto assieme, tra gli anni precedenti e quello immediatamente passato, risultava famigliare all'Uno e al suo Coro quella sensazione d'incompiutezza, come l'artista che dipinge un grande quadro ma al contempo è il più grande critico di se stesso; istintivamente egli sa che l'opera non si potrà mai definire "capolavoro", e quindi si dispera e prende una nuova tela e il pennello per ripartire.
Si chiedeva, il Coro: là, oltre le montagne e le colline, al di là dei raggi emessi dall'Albero Astrale, c'era qualche stato che era stato capace di compiere un capolavoro, a differenza loro?
La Loro disperazione era non sapere, e per questo istintivamente si sentivano indietro rispetto a tutti, anche a ciò che ancora non avevano incontrato.
Questo bruciante desiderio d'essere pronti, di dare un definitivo impulso alla gloria del loro amore spinge verso Isteria Grigorija delle Bianche Betulle, tribuna delle driadi, esperta diplomatica e guerriera.
Partiti assieme ai loro fratelli e sorelle verso Est, questo gruppo d'astanti s'è seperato dall'altro alla biforcazione in Sulonis, gli uni diretti verso le pianure e i secondi, cioè questi, verso le colline; entrambi verso l'ignoto. L'assortimento di guerrieri e guerriere driadi era come sempre ricolmo d'ottime intenzioni eppure già temprato dalla battaglia anni prima in Dor-Lomin e da numerose altre spedizini: il Coro riteneva necessaria maggiore cautela nell'esplorazione di questa regione in quanto più vicina a Ramshar -e quindi all'Apoptosi in essa incontrata- rispetto al piano di Duran. Cosa sarebbe successo infatti a un gruppo di non veterani, capeggiati a loro volta da una signora della guerra temibile, se si fossero imbattuti nuovamente nell'essere così nemico e aggressivo verso di loro, il loro Padre e il loro Uno?
Direzione primaria come sempre l'antico centro abitato della regione segnato sulle antiche cartine: Montcouchet, di costruzione britannica, in quanto i formian che a lungo controllarono la regione mai ritennero necessaria un'opera d'urbanizzazione della stessa, forse considerandola di troppo poco conto per doverci spendere risorse più del dovuto.
Una formazione non troppo complicata quella degli astrali, occupati tutti a sopportare il peso dei carapaci ferrosi incastonati nella loro pelle di driadi: la tribuna a capo e gli altri a seguire, in special modo gli astanti portanti le famose ceste del Coro. Ceste che per molte volte s'erano rivelate inutili, in quanto i nativi della regione troppo ostili per poter o voler accettare l'offerta di pace e comunità dei "Molti che erano Uno", detta alla dragonide.
Sarebbe stata quella la volta buona, la volta giusta? Chissà.
Il 4316 era stato pienamente regola: la felicità d'accogliere nel proprio abbraccio (anche se non ancora pienamente) una Grande aracne e le sue figlie, e l'infelicità di vedersi negata nuova espansione e anzi d'incontrare un qualcosa profondamente avverso alla natura stessa dell'Uno, per giunta perdendo una propria figlia nel frattempo. Messo tutto assieme, tra gli anni precedenti e quello immediatamente passato, risultava famigliare all'Uno e al suo Coro quella sensazione d'incompiutezza, come l'artista che dipinge un grande quadro ma al contempo è il più grande critico di se stesso; istintivamente egli sa che l'opera non si potrà mai definire "capolavoro", e quindi si dispera e prende una nuova tela e il pennello per ripartire.
Si chiedeva, il Coro: là, oltre le montagne e le colline, al di là dei raggi emessi dall'Albero Astrale, c'era qualche stato che era stato capace di compiere un capolavoro, a differenza loro?
La Loro disperazione era non sapere, e per questo istintivamente si sentivano indietro rispetto a tutti, anche a ciò che ancora non avevano incontrato.
Questo bruciante desiderio d'essere pronti, di dare un definitivo impulso alla gloria del loro amore spinge verso Isteria Grigorija delle Bianche Betulle, tribuna delle driadi, esperta diplomatica e guerriera.
Partiti assieme ai loro fratelli e sorelle verso Est, questo gruppo d'astanti s'è seperato dall'altro alla biforcazione in Sulonis, gli uni diretti verso le pianure e i secondi, cioè questi, verso le colline; entrambi verso l'ignoto. L'assortimento di guerrieri e guerriere driadi era come sempre ricolmo d'ottime intenzioni eppure già temprato dalla battaglia anni prima in Dor-Lomin e da numerose altre spedizini: il Coro riteneva necessaria maggiore cautela nell'esplorazione di questa regione in quanto più vicina a Ramshar -e quindi all'Apoptosi in essa incontrata- rispetto al piano di Duran. Cosa sarebbe successo infatti a un gruppo di non veterani, capeggiati a loro volta da una signora della guerra temibile, se si fossero imbattuti nuovamente nell'essere così nemico e aggressivo verso di loro, il loro Padre e il loro Uno?
Direzione primaria come sempre l'antico centro abitato della regione segnato sulle antiche cartine: Montcouchet, di costruzione britannica, in quanto i formian che a lungo controllarono la regione mai ritennero necessaria un'opera d'urbanizzazione della stessa, forse considerandola di troppo poco conto per doverci spendere risorse più del dovuto.
Una formazione non troppo complicata quella degli astrali, occupati tutti a sopportare il peso dei carapaci ferrosi incastonati nella loro pelle di driadi: la tribuna a capo e gli altri a seguire, in special modo gli astanti portanti le famose ceste del Coro. Ceste che per molte volte s'erano rivelate inutili, in quanto i nativi della regione troppo ostili per poter o voler accettare l'offerta di pace e comunità dei "Molti che erano Uno", detta alla dragonide.
Sarebbe stata quella la volta buona, la volta giusta? Chissà.