Battaglie turno 7

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[size=1.45em]Scaramuccia fra le dune:
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[size=1.35em]Forze in campo: [/size]Esercito reale ghassanide contro esercito dell'Emirato di Tobruk

Da tempo i ghassanidi tenevano sottocchio le terre arabe del sud, in vista di una possibile conquista. Avevano inviato vari araldi a domandare la sottomissione della popolazione locale e molte insignificanti tribù si erano arrese all'arrivo dell'esercito con la Croce, sperando di ottenere una serie di benefici vantati dagli invasori. Ma alcuni preferivano combattere per la propria libertà. Una forte alleanza comandata dall'Emiro di Tobruk, radunò un esercito forte di 8000 uomini e diede battaglia agli invasori durante una giornata dal vento sottile e dal cielo sereno.
I Ghassanidi non si erano certo fatti cogliere impreparati. Avevano assunto il controllo di diverse oasi e pozzi d'acqua, in più erano riusciti a scombussolare la popolazione interna di Tobruk facendo leva sulle minoranze locali, in particolare sugli ebrei.
Re Stefano I guidava personalmente i propri soldati.


[size=1.45em]La battaglia:[/size]

Come prima azione i ghassanidi inviano un piccolo manipolo raccogliticcio di arcieri all'attacco del nemico. Disgraziatamente la nettissima inferiorità numerica fa si che le truppe ghassanidi vengano sterminate praticamente senza tirare un solo colpo. I soldati di Tobuk a questo punto si sentono imbaldanzati dal successo ed avanzano lentamente, coronando il tutto con varie salve di freccie contro le truppe ghassanidi, totalmente prive di difese.
Le bande da guerra, in prima linea, subiscono perdite abbastanza consistenti e tremano all'idea di scontrarsi con le proprie controparti.
Gli arabi pagani tentano di sfondare sulle ali con un'attacco di ampia portata, supportato da due contingenti di guerrieri su dromedario, a cui viene affidato il prestigio della carica frontale.
Sfortunatamente il piano va in frantumi quando due enormi nubi di polvere si addensano oltre le dune del campo di battaglia. I Ghassanidi tentano un accerchiamento su entrambi e lati del nemico ma gli arabi se ne accorgono. Dividono l'esercito, fermano la carica e si posizionano in difesa, lasciando rivolti verso i soldati ghassanidi visibili solamente 3000 soldati della banda da guerra.
Re Stefano ordina la carica generale in questo momento favorevole, comandando di persona oltre 2000 guerrieri su dromedario. I cavalieri si schiantano contro la banda da guerra nemica, infliggendo danni tutto sommato modesti.
Circa 2000 fanti leggeri ghassanidi impattano contro altrettante truppe nemiche, non riuscendo a sfondare ma infliggendo perdite considerevoli. La vera fortuna si ha sul lato sinistro, dove oltre 3000 soldati della banda da guerra mettono facilmente in fuga un gruppo di 1500 arcieri, sfruttando l'impeto della carica.
Grande sconforto si abbatte sul campo dell'emiro di Tobuk quando scopre di essere stato ingannato. I suoi cavalieri incontrano solamente poche dozzine di guerrieri su dromedario ghassanidi, che trascinando enormi tronchi per alzare polvere e simulare un numero maggiore.
I soldati ghassanidi sono facilmente scannati, mentre la battaglia continua più a sud.
I guerrieri su dromedario infliggono nuovamente un numero modesto di vittime, subendo qualche perdita, i fanti leggeri non reggono la carica frontale di mille lancieri arabi e crollano. Oltre 1000 ghassanidi si danno alla fuga, aprendo una pericolosissima falla nelle linee dello scontro.
Il buco viene colmato dai soldati della banda da guerra che fanno da carne da cannone, permettendo agli altri di prendere tempo.
Finalmente, al terzo tentativo i dromedari di Stefano mettono in fuga i pochi arabi superstiti.
L'Emiro di Tobuk decide di salvare la propria cavalleria e ritirarsi nel deserto, dove ha maggiori speranze di condurre una guerriglia efficace.
Stefano vince una battaglia tutto sommato di poca importanza. La città di Tobuk è ai suoi piedi ma il controllo effettivo dei ghassanidi è solamente sulla costa.





[size=1.45em]Esito:
[/size][size=1em]Vittoria di misura dei Ghassanidi:
Entrambi gli schieramenti perdono poche migliaia di effettivi.
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[size=1.45em]Guerra per la Caledonia:
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[size=1.35em]Forze in campo: [/size]Esercito dei caledoni contro esercito dei pitti.
 

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L'assedio di Yeravan

Forze in campo: esercito reale d'Iberia, mercenari onogurs, soldati del pretendente Artaxes contro esercito reale d'Armenia e ribelli del pretendente.

Le lunghissime ed estentuanti trattative per la pace si rivelarono alla fine. Nonostante Narses si fosse totalmente umiliato a ad accettare condizioni inique gli iberi stavano solamente prendendo tempo. La cosa fu palese quando giunsero da nord oltre 4000 cavalieri barbari, assetati di sangue e morte, oltre a più di duemila fanti iberici di rinforzo.
Nonostante l'esercito iberico avesse subito pesantissime perdite si trovava nuovamente in superiorità rispetto agli armeni.
Il generale Mitridate decise di sfoderare tutta la sua crudeltà lanciando corpi putrefatti all'interno di Yeravan, tentando di causare una pestilenza, incurante della sorte della popolazione.
Narses allora capì che l'unica cosa da fare era lanciare una sortita per spezzare l'assedio e così fece.
Era una giornata calma e serena, senza una nuvola nel cielo

La battaglia:

Narses capì subito che la situazione era critica. I nemici avevano il vantaggio della distanza e una cavalleria molto più numerosa, perciò l'unica cosa da fare era accorciare le distanze il prima possibile e sperare in una mischia favorevole.
Mitridate inviò i propri arcieri a cavallo, circa 3000, facendoli disporre a cerchio in modo da rendere meno efficaci i colpi dei nemici. Artexes rimaneva misteriosamente nelle retrovie a guardare le salmerie.
Narses decise di sacrificare i propri arcieri a cavallo, attirando i dardi del nemico.
La cosa ebbe un discreto successo, i soldati armeni furono falciati e si ritirarono in breve tempo ma l'esercito vero e proprio aveva guadagnato abbastanza terreno da tentare un primo colpo. 4000 tiratori armeni si lanciarono contro i fanti leggeri persiani di Artaxes, causando purtroppo poche perdite.
Mitriadate dispose quindi i fanti pesanti armeni di Artaxes e gli altri soldati come prima linea, preparando gli iberici per un successivo scontro.
Frattanto gli arcieri a cavallo onogurs avevano finito con i cavalieri armeni e si diressero contro i tiratori, pur non infliggendo grandi perdite.
Anche i tiratori armeni non riuscirono a fare molto, forse demoralizzati dal fatto di dover colpire dei propri fratelli.
Narses ordinò la carica delle proprie bande da guerra e tutto si sarebbe concluso in un gran bagno di sangue se Tigrane, capitano della fanteria dei ribelli armeni, non avesse ordinato di non fare del male ai propri confratelli.
La lontananza di Artaxes, la pestilenza indotta e l'arrivo degli Onogurs avevano spezzato il morale dei ribelli armeni che non solo decisero di non cambattere più per il loro signore ma anzi, si voltarono e caricarono "gli infedeli persiani invasori".
L'attacco fu un'autentica sorpresa e oltre 2000 fanti leggeri persiani furono obbligati a rompere le righe per intrattenere quel nuovo fronte.
Frattanto le truppe di Narses continuavano la loro avanzata, giungendo a contatto con il nemico.
Sul fianco destro l'impero degli armeni fu talmente grandi da infliggere perdite spaventose ai soldati persiani li presenti. Al centro la carica fu brutalmente stroncata dai fanti pesanti iberici, che ressero perfettamente l'urto, sul lato sinistro i soldati armeni riuscirono a guadagnare alcuni palmi di terreno contro 1000 lancieri iberici.
Un tentativo di oltre 2000 cavalieri leggeri Onogurs di colpire sul fianco le bande da guerra armene si risolse in un fallimento. I cavalieri vennero intercettati da 1000 lancieri armeni che li fecero letteralmente a pezzi con la loro superiorità tecnica.
Il fianco sinistro continuava ad arridere agli armeni, nonostante questi fossero costretti ad inviare altri 1000 soldati di supporto. Il centro si ruppe totalmente e gli iberi cominciarono a dilagare, Narses intervenne personalmente con i suoi fanti pesanti per tappare la falla. Sul lato destro, nonostante l'immenso sforzo dei soldati armeni supportati dai tiratori, non riuscirono ad aprire un varco a causa della netta inferiorità numerica con le proprie controparti.
A questo punto Narses e i suoi cavalieri pesanti intervennero direttamente al centro dello schieramento. L'impatto fu molto forte e diversi gruppi di iberici dovettero darsi alla fuga per i danni subiti; il generale Mitridate intervenne personalmente con i suoi cavalieri pesanti ed al contempo inviò 1000 cavalieri leggeri a colpire sul lato destro.
Sul lato sinistro l'esercito armeno cedette di schianto dopo l'arrivo di varie centinaia di tiratori iberici armati di coltello per il corpo a corpo.
Peggio sul lato destro per gli iberici, dove l'arrivo della cavalleria si trasformò in un insuccesso totale, forse a causa della confusione della battaglia. I cavalieri non riuscirono a colpire il punto migliore dello schieramento armeno e persero dozzine di effettivi senza causare perdite rilevanti.
Il fulcro della battaglia continuò al centro. Mitridate combattè personalmente Narses ed alla fine i due si uccisero a vicenda, mentre le truppe iberiche riuscivano a tenere il campo ma non certo a spingere contro gli armeni.
Demoralizzati dalla perdita del proprio comandante gli armeni si diedero alla fuga in disordine, decretando la vittoria degli Iberi.
Yeravan cadeva così in mano agli invasori.

Esito:

Vittoria di misura della coalizione iberica
Entrambi gli eserciti soffrono perdite molto consistenti.
 

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[size=1.45em]La grande battaglia di Ratiara[/size]

[size=1.35em]Forze in campo:[/size] esercito reale visigoto contro esercito degli Unni

La guerra non stava certo precedento in modo roseo per la Coalizione antiunna. I guerrieri del nord si erano lanciati in una serie di ambiziosi attacchi contro le guarnigioni dell'Impero d'Oriente e contro una Coalizione a nord apparentemente fiacca e timorosa. Un tentativo visigoto di invadere l'Alania era stato abbandonato in fretta e furia quando gli Unni avevano minacciato direttamente Ratiaria, capitale del regno.
Fortunatamente il limes, le prefetture e i rinforzi dell'Impero d'Oriente avevano fatto il loro lavoro ed alla fine agli Unni non rimanevano che 35mila soldati, un numero molto ridotto rispetto alla forza iniziale, comandati dal Khan Rua in persona.
A contrastarli non c'erano che 20mila goti, comandati dal valente Ataulfo. Difficile dire se la riforma militare di recente applicazione sarebbe bastata.
La battaglia avvenne in un giorno di pioggia battente che, fortuntamente per i goti, svantaggiava leggermente i leggendari tiratori unni.

[size=1.35em]La battaglia:[/size]

Rua e i suoi parevano sicurissimi di ottenere una vittoria rapida. Il piccolo esercito gotico rimaneva compatto ed immobile, Ataulfo sul fianco sinistro con la cavalleria pesante.
Gli Unni optarono per una tattica standard, carica di arcieri a cavallo e violentissime salve di freccie, tutte dirette contro il centro dello schieramento, presidiato da diverse migiaia di traefen, sorta unione fra bande da guerra e tiratori.
Le cose si misero immediatamente male per gli Unni, forse a causa della pioggia molti arcieri calcolarono male le distanze e finirono letteralmente in bocca ai treafen, senza peraltro infliggere perdite rilevanti. La ritirata veloce non fece scomporre le truppe gotiche, era chiaro che avevano ricevuto l'ordine di non spezzare la formazione in nessun modo.
La seconda ondata di freccie fece parecchi morti, almeno 400 e questa volta gli Unni seppero ben calibrare le distranze.
Ancora una finta ritirata e poi un nuovo assalto, peraltro di scarsa efficacia. La parte inferiore dello schieramento rimaneva protetta dai lancieri goti, sicchè Rua decise di puntare tutto su uno sfondamento centrale, dove il nemico pareva più vulnerabile e dove i cavalieri potevano colpire con maggior impeto senza rischiare.
Dopo aver ulteriormente sfoltito le file dei traefen, che parevano ora molto spaventati, Rua comandò una carica di oltre 3000 cavalieri pesanti Unni, comandando agli arcieri a cavallo di colpire sui lati in modo da rendere difficoltose eventuali manovre nemiche.
La carica fu particolarmente devastante, i treafen non riuscirono ad evitarla in tempo e vennero massacrati praticamente tutti ma a quel punto intervennero i Darute, lancieri goti, che incuranti del pericolo caricarono sul lato la cavalleria pesante unna. Il loro scopo apparve subito non come quello di battersi a sconfiggere i cavalieri, quanto di chiudergli la ritirata e spingerli in avanti, dove si celava una trappola accuratamente preparata precedentemente dagli abili genieri gotici: fosse con pali appuntiti, nascoste dai tefen.
Rua, sentendosi intrappolato, comandò la carica generale del suo esercito. Era il momento decisivo della battaglia.
Gli arcieri a cavallo sfoderarono le spade corte e tentarono di colpire i Darute sui lati ma Atauflo inviò contro di loro due reggimenti di mastini da guerra, cani opportunamente addestrati a gambizzare i cavalli.
Sul lato sinistro i cavalieri unni evitarono il pericolo dei cani e si salvarono con un'ampia virata mentre sul destro non si accorsero e vennero travolti dalle zanne delle bestie, che li impegnarono per lungo tempo.
Un tentativo di forzare il blocco causò la morte di 433 Darute e un gruppo al centro parve cedere ma fortunatamente per i goti Alarico inviò in loro soccorso 4000 uomini della fanteria leggera, l'ideale per guadagnare tempo.
Frattanto l'esercito unno era quasi giunto a contatto. Alarico decise di sfoltirne le fila con una carica diretta dei propri Koer, la cavalleria pesante della nobiltà gotica, il cuore dell'esercito, supportata da 1000 cavalieri leggeri.
Purtroppo la pioggia gli si ritorse contro e l'impatto contro le bande da guerra unne fu molto ridotto ma almeno servì a fermarne l'avanzata.
Un nuovo degli Unni di aprirsi la strada fallì, i cavalieri vennero massacrati dalle lancie o spinti contro le fosse, Rua cadde da cavallo e fu catturato da un giovanissimo Milis che immediatamente reclamò per sè la gloria ed il bottino.
Senza più l'impaccio della cavalleria i goti si lanciarono contro le truppe unne, tornando compatti e rincuorati da oltre 2000 fanti pesanti, appena chiamati dalle retrovie.
La cavalleria leggera gotica impegnò ancora per un po' le bande da guerra dando il tempo a 2000 Koer di affettuare una manovra a mezzaluna con una carica finale nel fianco delle bande da guerra unne. Questa volta l'effetto sortito fu fortissimo, oltre 2500 soldati morirono sul colpo e i restanti si diedero alla fuga in modo disordinato e scomposto.
A creare ancora più scompiglio ci si misero 1000 arcieri goti appena giunti, che tennero impegnati altrettanti unni, subendo comunque più perdite.
1000 cavalieri leggeri goti intercettarono un tentativo di aggiramento di 3000 fanti leggeri unni, pur non infliggendo grandi perdite.
Diverse dozzine di mastini, appena liberatisi dall'impiccio dei cavalieri, si gettarono contro la fanteria pesante unna, venendo massacrati ma dando il tempo ai Koer di colpirli sul lato infliggendo 800 perdite.
Dopo diverse ore di combattimento la battaglia era nelle mani dei goti. Sarebbe stata una vittoria completa se un lanciere unno non avesse colpito a morte Ataulfo all'inguine.
Nonostante questo l'esercito unno fu costretto a darsi alla fuga, Ratiara era salva.





[size=1.35em]Esito:[/size]

Vittoria netta dei Visigoti
I Visigoti perdono più di metà dell'esercito e il loro comandante ma catturano il Khan Rua e infliggono oltre 20mila morti ad un esercito molto superiore al loro.
 
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