Sangue e polvere da sparo:
Esercito pontificio contro esercito fiorentino e esercito milanese.
Sicuri di una vittoria facile i soldati papalini, circa 18.000 comandati dal generale romagnolo Alvise Sebastiano, mossero a marce forzate fino alla roccaforte di Ferrara. Qui attendevano i rinforzi veneti, perlomeno queste erano le indicazioni, ma dopo alcuni giorni dei loro alleati non vi era ancora alcuna traccia.
Nel frattempo le truppe fiorentine avevano avuto tutto il tempo necessario per trincerarsi e preparare la difesa. Circa 18.000 fiorentini comandati da Giuliano di Lorenzo de Medici e dal capitano di ventura Gaetano Scipioni erano determinati a resistere.
Una pioggia fittissima non avvantaggiava certo la cavalleria degli invasori.
La battaglia:
Le truppe papaline, tutto sommato ben addestrate, avanzarono in formazione lineare per rendere utili i loro numerosi archibugieri.
I fiorentini li accolsero subiro con una pioggia di quadrelli che fece qualche danno fra i miliziani, quindi organizzarono una serie di finte cariche di cavalleggeri per impaurire il nemico. La mossa ebbe un certo successo e per un paio di volte i papalini dovettero fermarsi e portare avanti i loro picchieri, inutilmente.
Mentre l'armata bianca avanzava i suoi miliziani si trasformavano in utile carne da macello e alla fine i soldati con archibugio poterono aprire il fuoco.
La pioggia non fu d'aiuto ma i picchieri nemici nelle prime linee caddero inizialmente a dozzine. Non muovendoli però i fiorentini rendevano futile una possibile carica di cavalleria nemica.
A questo punto anche le bocche di fuoco dei difensori si aprirono e benchè fossero molto meno numerose riuscivano a sparare ad una velocità sorprendentemente alta per gli standard delle truppe italiche.
La battaglia era comunque molto lenta e le truppe danneggiate contenute fino a quel momento. I papalini tentarono una carica laterale evitando la cavalleria nemica e riuscendo a colpire un fianco parzialmente scoperto ma dovettero rapidamente ripiegare con l'arrivo delle picche, causando poco meno di un migliaio di morti.
Tutto sommato le forze in campo erano ancora equilibrate quando il fianco destro del Papa fu sconvolto dall'arrivo delle truppe del Duca di Milano.
I milanesi, che contavano circa 13.000 uomini comandati dal giovane Massimiliano Sforza, leader di fanteria, tentarono di sfondare il fianco nemico con una carica di cavalleria che non andò in porto ma si fecero sentire vuotando proiettili e quadrelli sui nemici.
Anche loro avevano archibugi migliori, che tiravano molto più rapidamente e si ricaricavano meglio. I pontifici rischiavano in questo modo di essere accerchiati e tentarono di ripiegare verso sud rallentando l'avanzata nemica con alcune finte cariche. Sui milanesi la mossa fu produttiva e vennero rallentati a sufficienza da compattare l'esercito del Papa.
Dopo ormai alcune ore di combattimenti pareva chiaro che fosse giunto il momento dello scontro corpo a copro. I fiorentini continuavano ad usare la tattica mista da loro chiamata "picca e spara", impedendo cariche di cavalleria, mentre l'esercito leggero e mobile dei milanesi si muoveva abbastanza rapidamente da permettere ai fanti leggeri di colpire le salmerie pontificie.
A questo punto Alvise si lanciò in una carica a cuneo con i fanti leggeri, avendo ormai esaurito i cavalieri da tempo, per spezzare l'assalto milanese.
Le truppe del Duca, meglio equipaggiate, tennero testa senza eccessivo forzo mentre i fanti pesanti fiorentini uscivano allo scoperto. Forse impediti dalla pioggia persero parecchio tempo massacrando i miliziani ponitifici e diedero il tempo ad Alvise di raccogliere ciò che rimaneva dei suoi in una formazione a cerchio.
Era ormai chiaro che la netta inferiorità numerica e militare potesse permettere ai ponitifici solamente una fuga dignitosa.
Fortunatamente una manovra a tenaglia della fanteria combinata dei nemici fallì e le truppe papaline poterono incanalarsi fuori dal campo di battaglia conservando il grosso di ciò che gli rimaneva.
Esito:
Vittoria netta della coalizione fiorentino-milanese:
Le truppe pontificie lasciano sul campo circa 8000 uomini
Le truppe fiorentine lasciano sul campo circa 5000 uomini
Le truppe milanesi lasciano sul campo circa 1200 uomini
Esercito pontificio contro esercito fiorentino e esercito milanese.
Sicuri di una vittoria facile i soldati papalini, circa 18.000 comandati dal generale romagnolo Alvise Sebastiano, mossero a marce forzate fino alla roccaforte di Ferrara. Qui attendevano i rinforzi veneti, perlomeno queste erano le indicazioni, ma dopo alcuni giorni dei loro alleati non vi era ancora alcuna traccia.
Nel frattempo le truppe fiorentine avevano avuto tutto il tempo necessario per trincerarsi e preparare la difesa. Circa 18.000 fiorentini comandati da Giuliano di Lorenzo de Medici e dal capitano di ventura Gaetano Scipioni erano determinati a resistere.
Una pioggia fittissima non avvantaggiava certo la cavalleria degli invasori.
La battaglia:
Le truppe papaline, tutto sommato ben addestrate, avanzarono in formazione lineare per rendere utili i loro numerosi archibugieri.
I fiorentini li accolsero subiro con una pioggia di quadrelli che fece qualche danno fra i miliziani, quindi organizzarono una serie di finte cariche di cavalleggeri per impaurire il nemico. La mossa ebbe un certo successo e per un paio di volte i papalini dovettero fermarsi e portare avanti i loro picchieri, inutilmente.
Mentre l'armata bianca avanzava i suoi miliziani si trasformavano in utile carne da macello e alla fine i soldati con archibugio poterono aprire il fuoco.
La pioggia non fu d'aiuto ma i picchieri nemici nelle prime linee caddero inizialmente a dozzine. Non muovendoli però i fiorentini rendevano futile una possibile carica di cavalleria nemica.
A questo punto anche le bocche di fuoco dei difensori si aprirono e benchè fossero molto meno numerose riuscivano a sparare ad una velocità sorprendentemente alta per gli standard delle truppe italiche.
La battaglia era comunque molto lenta e le truppe danneggiate contenute fino a quel momento. I papalini tentarono una carica laterale evitando la cavalleria nemica e riuscendo a colpire un fianco parzialmente scoperto ma dovettero rapidamente ripiegare con l'arrivo delle picche, causando poco meno di un migliaio di morti.
Tutto sommato le forze in campo erano ancora equilibrate quando il fianco destro del Papa fu sconvolto dall'arrivo delle truppe del Duca di Milano.
I milanesi, che contavano circa 13.000 uomini comandati dal giovane Massimiliano Sforza, leader di fanteria, tentarono di sfondare il fianco nemico con una carica di cavalleria che non andò in porto ma si fecero sentire vuotando proiettili e quadrelli sui nemici.
Anche loro avevano archibugi migliori, che tiravano molto più rapidamente e si ricaricavano meglio. I pontifici rischiavano in questo modo di essere accerchiati e tentarono di ripiegare verso sud rallentando l'avanzata nemica con alcune finte cariche. Sui milanesi la mossa fu produttiva e vennero rallentati a sufficienza da compattare l'esercito del Papa.
Dopo ormai alcune ore di combattimenti pareva chiaro che fosse giunto il momento dello scontro corpo a copro. I fiorentini continuavano ad usare la tattica mista da loro chiamata "picca e spara", impedendo cariche di cavalleria, mentre l'esercito leggero e mobile dei milanesi si muoveva abbastanza rapidamente da permettere ai fanti leggeri di colpire le salmerie pontificie.
A questo punto Alvise si lanciò in una carica a cuneo con i fanti leggeri, avendo ormai esaurito i cavalieri da tempo, per spezzare l'assalto milanese.
Le truppe del Duca, meglio equipaggiate, tennero testa senza eccessivo forzo mentre i fanti pesanti fiorentini uscivano allo scoperto. Forse impediti dalla pioggia persero parecchio tempo massacrando i miliziani ponitifici e diedero il tempo ad Alvise di raccogliere ciò che rimaneva dei suoi in una formazione a cerchio.
Era ormai chiaro che la netta inferiorità numerica e militare potesse permettere ai ponitifici solamente una fuga dignitosa.
Fortunatamente una manovra a tenaglia della fanteria combinata dei nemici fallì e le truppe papaline poterono incanalarsi fuori dal campo di battaglia conservando il grosso di ciò che gli rimaneva.
Esito:
Vittoria netta della coalizione fiorentino-milanese:
Le truppe pontificie lasciano sul campo circa 8000 uomini
Le truppe fiorentine lasciano sul campo circa 5000 uomini
Le truppe milanesi lasciano sul campo circa 1200 uomini