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Drej Majee'd Ahmed Ibn-Lahad
Per ogni sogno c'è una fine, per ogni re c'è una caduta, per ogni uomo c'è una morte
L'Arcimago Reinhardt era un gran logorroico quando si trattava di magia e soprattutto durante le sue lezioni all'aperto pareva sempre e particolarmente in forma: fiumi e fiumi di parole e d'informazioni si riversavano nell'aria e quindi nelle orecchie di Marianne, che non poteva evitare ogni tanto di distrarsi. Scivolare con lo sguardo nell'acqua sporca tra i ciottoli, guardare le figlie del fornaio che imparano dalla madre come si cuce: c'era un'atmosfera pacifica a Cloveringe, di tranquillità; il parziale trance venne interrotto dallo schiocco di dita dell'Arcimago, quasi una dichiarazione di guerra nell'idillio in cui si era rifugiata la Principessa.
"Marianne dei Cloveringi, state forse divagando?"
"Certamente no maestro; mi limitavo a guardarmi intorno e a compiacermi di quanto indubbiamente, come voi dite sempre, la Magia permanga in tutte le cose."
"Uhm. Dovete stare attenta, ragazza mia: non potete fare sempre affidamento alla buona lingua che apparentemente appartiene alla vostra intera famiglia."
"Oh Arcimaestro, quando sarà il momento saprò rispondere col silenzio, ne sono sicura"
"E l'attenzione, magari"
Entrambi Savi, tra i due scorreva un rapporto amichevole che era stato fortunatamente svuotato dalle etichette britanniche come l'utilizzo dei titoli (di qui il permettersi dell'Arcimaestro di non utilizzare il rispettoso "Principessa" come da protocollo) ma non della dinamica maestro-allieva. In un certo senso, nella normalità era Marianne che rispettava più Reinhardt e non viceversa.
Dopo quel breve scambio anche l'Arcimaestro però si rilassò e i due, dalle elucubrazione mattutine sulla natura dei demoni e come la magia si lega ad essi e da essi viene deformata e corrotta, continuarono la loro camminata con piacevole quiete, godendosi il Sole che rimbalzava sulle pozzanghere e sulle finestre della capitale.
"La carità, fate la carità per i poveri"
Reinhardt XI Lionesse e la sua attenzione furono nello stesso attimo catturati e scansatisi dal vagabondo, che ad un'occhiata sorprese l'Arcimago per una gioventù già spenta: non aveva più di venticinque anni il ragazzo e il suo volto, lordo di sporcizia, era pesante e segnato; una folta barba incorniciava il viso, grigia addirittura dalle parti delle basette. Nel secondo attimo del suo guardare rimase ancora più stupito l'Arcimaestro, perché uomini dalla perlle di quel colore non se ne vedevano nella capitale da anni: mulatto, forse un viandante dal Sud, forse un qualche figlio di immigrati in Roussan ai tempi dell'occupazione delle Arpie. Le ampie vesti polverose nascondevano gran parte del suo corpo e solo dal viso si poteva notare quel particolare.
"Spiace buon uomo, non ho monete per voi, ma sono sicuro che qui in giro ci saranno bravi cittadini pronti a darvi un lavoro" - disse Reinhardt, che per quanto uomo di cuore era leggermente germofobico e non apprezzava sare appresso alla sporcizia, anche quando essa si trovava in forte difficoltà. Scansandosi di lato però si accorse di una forte assenza: la Principessa, poco prima vicino a lui, adesso non c'era, rimasta indietro.
"Principessa?" - fece Reinhardt girandosi, trovando una Marianne sbalordita e impietrita, con gli occhi sgranati e il respiro corto. Guardava il vagabondo dalla pelle mora con la stessa insistenza con cui si guarda un mostro, o un fantasma o un dio.
"Maestro... Quell'uomo..."
Durante quelle parole Reinhardt sentì un fruscio, come di un corpo in movimento. Nel girarsi non ebbe tempo di reagire e il vagabondo fu presto con la mano attorno al suo braccio e la faccia a pochi centrimetri dalla sua.
Fu allora che la sentì, quell'opprimente e gigantesca aura magica fino ad allora inibita dall'uomo e che solo una persona che aveva nel sangue una connessione con il Mana -come sembravano essere i Cloveringi, in particolare la loro linea principale- poteva aver visto.
Lo sguardo dell'uomo era quasi pazzoide, eppure colmo di una lucidità abissale.
"Visto che non avete danaro vi chiedo udienza, Arcimaestro Reinhardt."
In una Cloveringe tranquilla un gran vorticare di sigilli rotazionali e di traspsizione comparvero attorno all'Arcimaestro, impossibiltato a staccarsi dalla ferrea presa del giovane. Reinhardt meditò di mozzarsi una mano pur di evitare il rapimento, ma prima che questo pensiero prendesse forza nel suo cervello l'uomo aggiunse una "liana" di mano al loro contato, rendendolo più espanso di una semplice stretta (dalla mano si propagava per tutta la lunghezza del braccio.
I maghi sono uomoni e donne abituati a pensare in frazioni di un millesimo di secondo, tutti intenti a notare incantesimi e controincantesimi: l'intenzione d isalvari si Reinhardt fu quindi ulteriormente smorzata dal suo notare che il cerchio di trasposizione comprendeva anche Marianne.
Ad incantesimo compiuto, i tre ricomparirono su di una graziosa collinetta che dava proprio sulla capitale, da dove si poteva addirittura vedere lo stradone centrale che dai portoni seguiva il percorso delle case fino ad arrivare alla sua sommità, cioè il Palazzo Reale, proprio come farebbe una colonna vertebrale.
Vi fu un breve scambio tra la coppia di britannici e il misterioso furtivo, ma in definitiva il singolo ebbe la meglio sui due... Cosa abbastanza terrificante considerando che si trattava dell'Arcimago di Britannia e di una donna che era considerata "genio" per la sua abilità nel Mana.
Lentamente gli animi violenti si smorzarono -aiutati da appositi sigilli posti dall'uomo che fungessero come da manette o costrizioni magiche in generale- e il moro poté rifiatare.
"Ah, notevoli, non c'è che dire: non mi divertivo così tanto da quando Diksha ha avuto il periodo "maritino mio". Le voci sono vere allora, state davvero assalendo la materia. Ottimo, ottimo." - disse l'uomo, che dopo quello scontro, sudato e affaticato, mostrava paradossalmente con più precisione la sua giovane età rispetto a quando interpretava le parti dello straccione. Con lo sguardo dritto sulla capitale e alle sue spalle i Britannici (intanto intendi a dimenarsi ma pur sempre legati) fece qualceh passo e dal nulla materializzò un umile sedia di legno sul quale si sedette stravaccando in avanti le gambe, completamente rilassato.
"Non ho interesse nel farvi del male, voglio solo passare pacificamente" - fece, prima di muovere con grazia il braccio e liberare maestro e apprendista dal suo incantamento. Marianne aiutò l'artritico Reinhardt a rialzarsi, concentrata ma pur incredibilmente intimorita dalla presenza nel Mana dell'uomo davanti a loro; il suo sguardo era quello di qualcuna che sapeva di star andando incontro a qualcosa di più grande di lei.
"Salvatevi, Maestro. Tornate nella capitale e chiamate rinforzi: lo tratterò"
Ma Reinhardt era un vecchio ed era anche un pizzico orgoglioso e raramente qualcuno poteva vantarsi di batterlo in uno scontro di magia; per giunta l'uomo aveva battuto lui e la sua diletta assieme. Abbastanza da catturare più che il suo interesse.
"No Principessa, state tranquilla." - disse a Marinane prima di rivolgersi all'uomo - "Chi siete e cosa volete, straniero?"
L'uomo si rimise in piedi e nel farlo tramutò la sedia in una panchina che desse direttamente verso i britannici. Con un agile gesto praticamente cambiò posizione senza mai completamente mettersi dritto. Si mise con le gambe belle aperte e le braccia che corprissero tutto lo schienale della panca.
Trasmutò altre due sediedavanti a sé dal terreno, facendole crescere dal terreno come se fossero alberi.
"Parlare, ve l'ho detto. Sedete."
Reinhardt, ora serioso, seguì l'invito; Marianne lo mimò seppur confusa e ancora intimorita.
"Perdonate il mio fare brusco ma dopo tanto tempo con le membra di un vecchio si cerca un po' di movimento quando si è giovane, ahah. Mio signore Reinhardt, mia signora Marianne, mi chiamo Drej Majee'd Ahmed Ibn-Lahad, in breve Drej. Vi chiedo umilmente il permesso di entrare nella vostra regale Accademia come Savio." - disse, fermandosi come a dire di aver terminato tutte le parole che desiderava dire e dando impressione di non voler aggiungere altro. I Britannici si guardarono straniti, un po' impietriti, perché ovviamente per diventare Savio di Britannia non v'era bisogno di tutta quella messa in scena.
"Il vostro nome... Anzi, i vostri nomi..." - cominciò Marianne. È interessante specificare che effettivamente l'uomo pareva non aver dato un cognome ma solo una sfilza di nomi, in particolare del profondo Sud, anche se qualcuno dei citati sopravviveva in Roussan in qualche sua variazione, memoria dell'orientaleggiante Lanka.
"Non siete di queste parti, mi sbaglio?"
"Oh no, per nulla: in questa vita sono nato in una tribù nomade dei deserti a Sud-Est, recentemente inglobata dal Profeta in tutta la sua gloria e saggezza. Diciamo che mi ritrovo qui per necessità: gente dotata di veramente poco senso dell'umorismo, il Califfato."
Un attimo di silenzio roboante, potente.
"In questa vita?"
"Già"
Allora Marianne si girò verso il maestro Reinhardt con la faccia di chi ha appena realizzato di star parlando con un matto, tra i commenti su vite passate e Disksha. Eppure Reinhardt non contemplava nello stesso pensiero, non si affacciava alla medesima teoria: serioso, anzi oltre il serioso, fissava con insistenza il giovane uomo. Finalmente anche lui ne percepì l'aura, vedette la sua 'immensità.
"Voi... Voi siete Majee'd delle Colline Bianche, vero?"
Marianne si raggelò.
Un nome potente nella chiusa comunità dei maghi, di cui sopravviveva ben poco perché ben poco a lui era sopravvissuto: saggio eremita dei deserti a Sud, di età precedente alla discesa di Silene e alla fondazione dell'IMpero dell'Arpia, ovviamente più antico del Sacro Impero e dalla fondazione della Santa Chiesa. La sua fama, tra i pochi estimatori fortunati di possedere alcuni suoi documenti, era assoluto: genio completo, le sue ricerche sull'oltrevita avevano disvelato numerosi misteri sulla traccia di Mana, tanto che la gran parte della filosofia britannica sull'utilizzo della Magia (soprattutto la visione particolarissima che avevano i Savi del Mana come presenza nel tutto modificato e plasmato seguendo la traccia emozioanle del singolo sincronizzandosi con la sua anima) si fondava proprio su quegli scritti.
L'uomo al sentire quel nome sorrise.
"Tsk, eppure credevo di aver distrutto l'intera Torre. Oh be', sembra che il danno sia limitato solo al vostro stato." - disse, balordamente e con un ghigno a metà tra il dispaciuto e lo strafottente. Intanto, Reinhardt e Marianne, che entrambi l'avevano studiato, si chiedevano come fosse possibile; o ancora meglio, come ci fosse riuscito.
"Non è stata una mia scelta, bambini: ciò che vedete in questo momento è la mia quarta vita, e ancora non sono riuscito a comprendere il maleficio."
"Maleficio?"
"Sì." - sospirò, prima di riprendere - "La morte non mi appartiene evidentemente: questo come vi ho già detto è il mio quarto ciclo di nascita, crescita e, si spera tra qualche anno, morte. Anche se in realtà non farebbe molta differenza."
"Per questo gli studi sulla natura della vita, delle cose e sull'oltrevita."
"Precisamente bambina"
"E ciò spiega anche le vostre prodigiose capacità magiche"
"Sì questa è la mia seconda vita che nasco con questo dono: nella prima sono stato Majee'd, in questa sono Ibn-Lahad. Tornare a quei livelli di libertà è stato un toccasana dopo un'intera vita passata ad essere privato della capacità di manipolare il Mana. NOn avete idea del fastidio che dia il conoscere come sia dall'altra parte e poi toranre indietro nell'impossibilità di manipolare l'antica materia."
Reinhardt fu improvviamente confuso.
"Perdonatemi mio signore, ma cos'abbiamo noi da insegnarvi se davvero siete Majee'd delle Colline Bianche? La storia per quanto non sia stata gentile con voi vi ricorda con amore ed estrema ammirazione per quanto frammentariamente."
"Ah voi non avete da insegnarmi nulla, caro Arcimago, ma so che la vostra patria ha abbraciato le mie teorie, oltre che essere impegnata in una sorta di Rinascimento tecnologico e culturale. Necessito fondi per le mie ricerche e so per certo da quanto si dice che le casse del vostro stato siano attualmente le migliori a disposizione per studiosi di ogni genere. Ho dovuto scegliere e ho scelto gli ammiratori più desiderosi di consocenza e più disposti di danaro: un ragionamento che fila, a mio parere."
Entrambi i britannici annuirono, pensosi; la faccia di Reinhardt si fece lentamente più luminosa, fino a diventare ritratto della felicità. Si alzò con una foga quasi giovanile e compì qualche passo verso l'uomo, che ne seguì con tranquillità e con lo sguardo il cammino. L'anziano arrivò a passi dal giovane stregone e dopo averlo guardato intensamente si inginocchiò davanti a lui, accompagnato dalla sorpresa di Marianne Vi Britannia.
"So di non potervi essere d'aiuto nella vostra ricerca mio signore, ma vi chiedo umilmente allora di accettarmi come vostro apprendista. Tenterò di dimostrami utile ogni giorno, seguendo i vostri insegnamenti."
Ibn-Lahad ovviamente rise con un ghigno, prima di alzarsi in piedi.
"Via Granmaestro, la mia vera identità rimarrà un segreto tra le nostre tre persone. Dimostrazioni pubbliche così plateali potrebbero rubarvi il titolo"
"Se è ciò che devo pagare per la conoscenza sono pronto ad accettarlo"
"Lodevole, ma non necessario: manterrete il vostro titolo e la vostra rispettabilità in pubblico; se vorrete osannarmi nel privato non vi fermerò, ma desidero passare in sordina e non essere riconosciuto" - disse, prima di concentrarsi e sigillare parzialmente parte del proprio potere in modo da apparire alla maggior parte dei maghi come un incantatore leggermente più dotato degli altri. Per tutti ovviamente tranne che per Marianne, a cui mai si poteva nascondere la sua vera e possente natura per le impareggiabili doti da auspex della ragazza.
"Confido nel vostro silenzio, Principessa."
Marianne distolse lo sguardo, imbarazzata; l'imbarazzo era uno stato che da tempo non le causava un uomo. Infine, anche su tacita richiesta del Granmaestro, acconsentì.
"Splendido. Battezzatemi con un vostro nome che sia verosimile. Sospetto che la vostra corte non sia favorevole agli stranieri."
"Penserò a controllare i registri imperiali per trovare dei nobili decaduti del sud delle nostre terre. Per quanto riguarda il nome... Mh... Drej è il vostro primo nome? Cioè, il nome della vostra prima vita?"
"Sì."
"E allora nel nostro Sud ve n'è una variante abbastanza diffusa, Dresjao. I popolani sono molto legati al nome dei loro nonni, anche se si tratta di retaggi di Lanka."
"Dresjao, non male.Dresjao XI?"
"Vedremo. Mi serve qualche giorno per non destare sospetto. Nel frattempo confido che un uomo della vostra potenza non abbia problemi nel badare a se stesso, no?"
"Avete visto bene, Principessa. Attenderò."
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Qualche giorno a corte venne introdotto come attendente personale dell'Arcimago Reinhardt un tale di nome Dresjao Domingo, presentato come bastardello dell'ormai estinto casato degli Herreira.
Per ogni sogno c'è una fine, per ogni re c'è una caduta, per ogni uomo c'è una morte
L'Arcimago Reinhardt era un gran logorroico quando si trattava di magia e soprattutto durante le sue lezioni all'aperto pareva sempre e particolarmente in forma: fiumi e fiumi di parole e d'informazioni si riversavano nell'aria e quindi nelle orecchie di Marianne, che non poteva evitare ogni tanto di distrarsi. Scivolare con lo sguardo nell'acqua sporca tra i ciottoli, guardare le figlie del fornaio che imparano dalla madre come si cuce: c'era un'atmosfera pacifica a Cloveringe, di tranquillità; il parziale trance venne interrotto dallo schiocco di dita dell'Arcimago, quasi una dichiarazione di guerra nell'idillio in cui si era rifugiata la Principessa.
"Marianne dei Cloveringi, state forse divagando?"
"Certamente no maestro; mi limitavo a guardarmi intorno e a compiacermi di quanto indubbiamente, come voi dite sempre, la Magia permanga in tutte le cose."
"Uhm. Dovete stare attenta, ragazza mia: non potete fare sempre affidamento alla buona lingua che apparentemente appartiene alla vostra intera famiglia."
"Oh Arcimaestro, quando sarà il momento saprò rispondere col silenzio, ne sono sicura"
"E l'attenzione, magari"
Entrambi Savi, tra i due scorreva un rapporto amichevole che era stato fortunatamente svuotato dalle etichette britanniche come l'utilizzo dei titoli (di qui il permettersi dell'Arcimaestro di non utilizzare il rispettoso "Principessa" come da protocollo) ma non della dinamica maestro-allieva. In un certo senso, nella normalità era Marianne che rispettava più Reinhardt e non viceversa.
Dopo quel breve scambio anche l'Arcimaestro però si rilassò e i due, dalle elucubrazione mattutine sulla natura dei demoni e come la magia si lega ad essi e da essi viene deformata e corrotta, continuarono la loro camminata con piacevole quiete, godendosi il Sole che rimbalzava sulle pozzanghere e sulle finestre della capitale.
"La carità, fate la carità per i poveri"
Reinhardt XI Lionesse e la sua attenzione furono nello stesso attimo catturati e scansatisi dal vagabondo, che ad un'occhiata sorprese l'Arcimago per una gioventù già spenta: non aveva più di venticinque anni il ragazzo e il suo volto, lordo di sporcizia, era pesante e segnato; una folta barba incorniciava il viso, grigia addirittura dalle parti delle basette. Nel secondo attimo del suo guardare rimase ancora più stupito l'Arcimaestro, perché uomini dalla perlle di quel colore non se ne vedevano nella capitale da anni: mulatto, forse un viandante dal Sud, forse un qualche figlio di immigrati in Roussan ai tempi dell'occupazione delle Arpie. Le ampie vesti polverose nascondevano gran parte del suo corpo e solo dal viso si poteva notare quel particolare.
"Spiace buon uomo, non ho monete per voi, ma sono sicuro che qui in giro ci saranno bravi cittadini pronti a darvi un lavoro" - disse Reinhardt, che per quanto uomo di cuore era leggermente germofobico e non apprezzava sare appresso alla sporcizia, anche quando essa si trovava in forte difficoltà. Scansandosi di lato però si accorse di una forte assenza: la Principessa, poco prima vicino a lui, adesso non c'era, rimasta indietro.
"Principessa?" - fece Reinhardt girandosi, trovando una Marianne sbalordita e impietrita, con gli occhi sgranati e il respiro corto. Guardava il vagabondo dalla pelle mora con la stessa insistenza con cui si guarda un mostro, o un fantasma o un dio.
"Maestro... Quell'uomo..."
Durante quelle parole Reinhardt sentì un fruscio, come di un corpo in movimento. Nel girarsi non ebbe tempo di reagire e il vagabondo fu presto con la mano attorno al suo braccio e la faccia a pochi centrimetri dalla sua.
Fu allora che la sentì, quell'opprimente e gigantesca aura magica fino ad allora inibita dall'uomo e che solo una persona che aveva nel sangue una connessione con il Mana -come sembravano essere i Cloveringi, in particolare la loro linea principale- poteva aver visto.
Lo sguardo dell'uomo era quasi pazzoide, eppure colmo di una lucidità abissale.
"Visto che non avete danaro vi chiedo udienza, Arcimaestro Reinhardt."
In una Cloveringe tranquilla un gran vorticare di sigilli rotazionali e di traspsizione comparvero attorno all'Arcimaestro, impossibiltato a staccarsi dalla ferrea presa del giovane. Reinhardt meditò di mozzarsi una mano pur di evitare il rapimento, ma prima che questo pensiero prendesse forza nel suo cervello l'uomo aggiunse una "liana" di mano al loro contato, rendendolo più espanso di una semplice stretta (dalla mano si propagava per tutta la lunghezza del braccio.
I maghi sono uomoni e donne abituati a pensare in frazioni di un millesimo di secondo, tutti intenti a notare incantesimi e controincantesimi: l'intenzione d isalvari si Reinhardt fu quindi ulteriormente smorzata dal suo notare che il cerchio di trasposizione comprendeva anche Marianne.
Ad incantesimo compiuto, i tre ricomparirono su di una graziosa collinetta che dava proprio sulla capitale, da dove si poteva addirittura vedere lo stradone centrale che dai portoni seguiva il percorso delle case fino ad arrivare alla sua sommità, cioè il Palazzo Reale, proprio come farebbe una colonna vertebrale.
Vi fu un breve scambio tra la coppia di britannici e il misterioso furtivo, ma in definitiva il singolo ebbe la meglio sui due... Cosa abbastanza terrificante considerando che si trattava dell'Arcimago di Britannia e di una donna che era considerata "genio" per la sua abilità nel Mana.
Lentamente gli animi violenti si smorzarono -aiutati da appositi sigilli posti dall'uomo che fungessero come da manette o costrizioni magiche in generale- e il moro poté rifiatare.
"Ah, notevoli, non c'è che dire: non mi divertivo così tanto da quando Diksha ha avuto il periodo "maritino mio". Le voci sono vere allora, state davvero assalendo la materia. Ottimo, ottimo." - disse l'uomo, che dopo quello scontro, sudato e affaticato, mostrava paradossalmente con più precisione la sua giovane età rispetto a quando interpretava le parti dello straccione. Con lo sguardo dritto sulla capitale e alle sue spalle i Britannici (intanto intendi a dimenarsi ma pur sempre legati) fece qualceh passo e dal nulla materializzò un umile sedia di legno sul quale si sedette stravaccando in avanti le gambe, completamente rilassato.
"Non ho interesse nel farvi del male, voglio solo passare pacificamente" - fece, prima di muovere con grazia il braccio e liberare maestro e apprendista dal suo incantamento. Marianne aiutò l'artritico Reinhardt a rialzarsi, concentrata ma pur incredibilmente intimorita dalla presenza nel Mana dell'uomo davanti a loro; il suo sguardo era quello di qualcuna che sapeva di star andando incontro a qualcosa di più grande di lei.
"Salvatevi, Maestro. Tornate nella capitale e chiamate rinforzi: lo tratterò"
Ma Reinhardt era un vecchio ed era anche un pizzico orgoglioso e raramente qualcuno poteva vantarsi di batterlo in uno scontro di magia; per giunta l'uomo aveva battuto lui e la sua diletta assieme. Abbastanza da catturare più che il suo interesse.
"No Principessa, state tranquilla." - disse a Marinane prima di rivolgersi all'uomo - "Chi siete e cosa volete, straniero?"
L'uomo si rimise in piedi e nel farlo tramutò la sedia in una panchina che desse direttamente verso i britannici. Con un agile gesto praticamente cambiò posizione senza mai completamente mettersi dritto. Si mise con le gambe belle aperte e le braccia che corprissero tutto lo schienale della panca.
Trasmutò altre due sediedavanti a sé dal terreno, facendole crescere dal terreno come se fossero alberi.
"Parlare, ve l'ho detto. Sedete."
Reinhardt, ora serioso, seguì l'invito; Marianne lo mimò seppur confusa e ancora intimorita.
"Perdonate il mio fare brusco ma dopo tanto tempo con le membra di un vecchio si cerca un po' di movimento quando si è giovane, ahah. Mio signore Reinhardt, mia signora Marianne, mi chiamo Drej Majee'd Ahmed Ibn-Lahad, in breve Drej. Vi chiedo umilmente il permesso di entrare nella vostra regale Accademia come Savio." - disse, fermandosi come a dire di aver terminato tutte le parole che desiderava dire e dando impressione di non voler aggiungere altro. I Britannici si guardarono straniti, un po' impietriti, perché ovviamente per diventare Savio di Britannia non v'era bisogno di tutta quella messa in scena.
"Il vostro nome... Anzi, i vostri nomi..." - cominciò Marianne. È interessante specificare che effettivamente l'uomo pareva non aver dato un cognome ma solo una sfilza di nomi, in particolare del profondo Sud, anche se qualcuno dei citati sopravviveva in Roussan in qualche sua variazione, memoria dell'orientaleggiante Lanka.
"Non siete di queste parti, mi sbaglio?"
"Oh no, per nulla: in questa vita sono nato in una tribù nomade dei deserti a Sud-Est, recentemente inglobata dal Profeta in tutta la sua gloria e saggezza. Diciamo che mi ritrovo qui per necessità: gente dotata di veramente poco senso dell'umorismo, il Califfato."
Un attimo di silenzio roboante, potente.
"In questa vita?"
"Già"
Allora Marianne si girò verso il maestro Reinhardt con la faccia di chi ha appena realizzato di star parlando con un matto, tra i commenti su vite passate e Disksha. Eppure Reinhardt non contemplava nello stesso pensiero, non si affacciava alla medesima teoria: serioso, anzi oltre il serioso, fissava con insistenza il giovane uomo. Finalmente anche lui ne percepì l'aura, vedette la sua 'immensità.
"Voi... Voi siete Majee'd delle Colline Bianche, vero?"
Marianne si raggelò.
Un nome potente nella chiusa comunità dei maghi, di cui sopravviveva ben poco perché ben poco a lui era sopravvissuto: saggio eremita dei deserti a Sud, di età precedente alla discesa di Silene e alla fondazione dell'IMpero dell'Arpia, ovviamente più antico del Sacro Impero e dalla fondazione della Santa Chiesa. La sua fama, tra i pochi estimatori fortunati di possedere alcuni suoi documenti, era assoluto: genio completo, le sue ricerche sull'oltrevita avevano disvelato numerosi misteri sulla traccia di Mana, tanto che la gran parte della filosofia britannica sull'utilizzo della Magia (soprattutto la visione particolarissima che avevano i Savi del Mana come presenza nel tutto modificato e plasmato seguendo la traccia emozioanle del singolo sincronizzandosi con la sua anima) si fondava proprio su quegli scritti.
L'uomo al sentire quel nome sorrise.
"Tsk, eppure credevo di aver distrutto l'intera Torre. Oh be', sembra che il danno sia limitato solo al vostro stato." - disse, balordamente e con un ghigno a metà tra il dispaciuto e lo strafottente. Intanto, Reinhardt e Marianne, che entrambi l'avevano studiato, si chiedevano come fosse possibile; o ancora meglio, come ci fosse riuscito.
"Non è stata una mia scelta, bambini: ciò che vedete in questo momento è la mia quarta vita, e ancora non sono riuscito a comprendere il maleficio."
"Maleficio?"
"Sì." - sospirò, prima di riprendere - "La morte non mi appartiene evidentemente: questo come vi ho già detto è il mio quarto ciclo di nascita, crescita e, si spera tra qualche anno, morte. Anche se in realtà non farebbe molta differenza."
"Per questo gli studi sulla natura della vita, delle cose e sull'oltrevita."
"Precisamente bambina"
"E ciò spiega anche le vostre prodigiose capacità magiche"
"Sì questa è la mia seconda vita che nasco con questo dono: nella prima sono stato Majee'd, in questa sono Ibn-Lahad. Tornare a quei livelli di libertà è stato un toccasana dopo un'intera vita passata ad essere privato della capacità di manipolare il Mana. NOn avete idea del fastidio che dia il conoscere come sia dall'altra parte e poi toranre indietro nell'impossibilità di manipolare l'antica materia."
Reinhardt fu improvviamente confuso.
"Perdonatemi mio signore, ma cos'abbiamo noi da insegnarvi se davvero siete Majee'd delle Colline Bianche? La storia per quanto non sia stata gentile con voi vi ricorda con amore ed estrema ammirazione per quanto frammentariamente."
"Ah voi non avete da insegnarmi nulla, caro Arcimago, ma so che la vostra patria ha abbraciato le mie teorie, oltre che essere impegnata in una sorta di Rinascimento tecnologico e culturale. Necessito fondi per le mie ricerche e so per certo da quanto si dice che le casse del vostro stato siano attualmente le migliori a disposizione per studiosi di ogni genere. Ho dovuto scegliere e ho scelto gli ammiratori più desiderosi di consocenza e più disposti di danaro: un ragionamento che fila, a mio parere."
Entrambi i britannici annuirono, pensosi; la faccia di Reinhardt si fece lentamente più luminosa, fino a diventare ritratto della felicità. Si alzò con una foga quasi giovanile e compì qualche passo verso l'uomo, che ne seguì con tranquillità e con lo sguardo il cammino. L'anziano arrivò a passi dal giovane stregone e dopo averlo guardato intensamente si inginocchiò davanti a lui, accompagnato dalla sorpresa di Marianne Vi Britannia.
"So di non potervi essere d'aiuto nella vostra ricerca mio signore, ma vi chiedo umilmente allora di accettarmi come vostro apprendista. Tenterò di dimostrami utile ogni giorno, seguendo i vostri insegnamenti."
Ibn-Lahad ovviamente rise con un ghigno, prima di alzarsi in piedi.
"Via Granmaestro, la mia vera identità rimarrà un segreto tra le nostre tre persone. Dimostrazioni pubbliche così plateali potrebbero rubarvi il titolo"
"Se è ciò che devo pagare per la conoscenza sono pronto ad accettarlo"
"Lodevole, ma non necessario: manterrete il vostro titolo e la vostra rispettabilità in pubblico; se vorrete osannarmi nel privato non vi fermerò, ma desidero passare in sordina e non essere riconosciuto" - disse, prima di concentrarsi e sigillare parzialmente parte del proprio potere in modo da apparire alla maggior parte dei maghi come un incantatore leggermente più dotato degli altri. Per tutti ovviamente tranne che per Marianne, a cui mai si poteva nascondere la sua vera e possente natura per le impareggiabili doti da auspex della ragazza.
"Confido nel vostro silenzio, Principessa."
Marianne distolse lo sguardo, imbarazzata; l'imbarazzo era uno stato che da tempo non le causava un uomo. Infine, anche su tacita richiesta del Granmaestro, acconsentì.
"Splendido. Battezzatemi con un vostro nome che sia verosimile. Sospetto che la vostra corte non sia favorevole agli stranieri."
"Penserò a controllare i registri imperiali per trovare dei nobili decaduti del sud delle nostre terre. Per quanto riguarda il nome... Mh... Drej è il vostro primo nome? Cioè, il nome della vostra prima vita?"
"Sì."
"E allora nel nostro Sud ve n'è una variante abbastanza diffusa, Dresjao. I popolani sono molto legati al nome dei loro nonni, anche se si tratta di retaggi di Lanka."
"Dresjao, non male.Dresjao XI?"
"Vedremo. Mi serve qualche giorno per non destare sospetto. Nel frattempo confido che un uomo della vostra potenza non abbia problemi nel badare a se stesso, no?"
"Avete visto bene, Principessa. Attenderò."
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Qualche giorno a corte venne introdotto come attendente personale dell'Arcimago Reinhardt un tale di nome Dresjao Domingo, presentato come bastardello dell'ormai estinto casato degli Herreira.
@Silen gdr arruolamento per un nuovo mago di corte
sono andato leggermente ad inventarmi cose di trama generale, anche se sono rimasto nel vaghissimo
sono andato leggermente ad inventarmi cose di trama generale, anche se sono rimasto nel vaghissimo
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