GDR Arise young heroes!

Dyolance

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Drej Majee'd Ahmed Ibn-Lahad
Per ogni sogno c'è una fine, per ogni re c'è una caduta, per ogni uomo c'è una morte

L'Arcimago Reinhardt era un gran logorroico quando si trattava di magia e soprattutto durante le sue lezioni all'aperto pareva sempre e particolarmente in forma: fiumi e fiumi di parole e d'informazioni si riversavano nell'aria e quindi nelle orecchie di Marianne, che non poteva evitare ogni tanto di distrarsi. Scivolare con lo sguardo nell'acqua sporca tra i ciottoli, guardare le figlie del fornaio che imparano dalla madre come si cuce: c'era un'atmosfera pacifica a Cloveringe, di tranquillità; il parziale trance venne interrotto dallo schiocco di dita dell'Arcimago, quasi una dichiarazione di guerra nell'idillio in cui si era rifugiata la Principessa.

"Marianne dei Cloveringi, state forse divagando?"
"Certamente no maestro; mi limitavo a guardarmi intorno e a compiacermi di quanto indubbiamente, come voi dite sempre, la Magia permanga in tutte le cose."
"Uhm. Dovete stare attenta, ragazza mia: non potete fare sempre affidamento alla buona lingua che apparentemente appartiene alla vostra intera famiglia."
"Oh Arcimaestro, quando sarà il momento saprò rispondere col silenzio, ne sono sicura"
"E l'attenzione, magari"

Entrambi Savi, tra i due scorreva un rapporto amichevole che era stato fortunatamente svuotato dalle etichette britanniche come l'utilizzo dei titoli (di qui il permettersi dell'Arcimaestro di non utilizzare il rispettoso "Principessa" come da protocollo) ma non della dinamica maestro-allieva. In un certo senso, nella normalità era Marianne che rispettava più Reinhardt e non viceversa.
Dopo quel breve scambio anche l'Arcimaestro però si rilassò e i due, dalle elucubrazione mattutine sulla natura dei demoni e come la magia si lega ad essi e da essi viene deformata e corrotta, continuarono la loro camminata con piacevole quiete, godendosi il Sole che rimbalzava sulle pozzanghere e sulle finestre della capitale.

"La carità, fate la carità per i poveri"
Reinhardt XI Lionesse e la sua attenzione furono nello stesso attimo catturati e scansatisi dal vagabondo, che ad un'occhiata sorprese l'Arcimago per una gioventù già spenta: non aveva più di venticinque anni il ragazzo e il suo volto, lordo di sporcizia, era pesante e segnato; una folta barba incorniciava il viso, grigia addirittura dalle parti delle basette. Nel secondo attimo del suo guardare rimase ancora più stupito l'Arcimaestro, perché uomini dalla perlle di quel colore non se ne vedevano nella capitale da anni: mulatto, forse un viandante dal Sud, forse un qualche figlio di immigrati in Roussan ai tempi dell'occupazione delle Arpie. Le ampie vesti polverose nascondevano gran parte del suo corpo e solo dal viso si poteva notare quel particolare.
"Spiace buon uomo, non ho monete per voi, ma sono sicuro che qui in giro ci saranno bravi cittadini pronti a darvi un lavoro" - disse Reinhardt, che per quanto uomo di cuore era leggermente germofobico e non apprezzava sare appresso alla sporcizia, anche quando essa si trovava in forte difficoltà. Scansandosi di lato però si accorse di una forte assenza: la Principessa, poco prima vicino a lui, adesso non c'era, rimasta indietro.

"Principessa?" - fece Reinhardt girandosi, trovando una Marianne sbalordita e impietrita, con gli occhi sgranati e il respiro corto. Guardava il vagabondo dalla pelle mora con la stessa insistenza con cui si guarda un mostro, o un fantasma o un dio.
"Maestro... Quell'uomo..."
Durante quelle parole Reinhardt sentì un fruscio, come di un corpo in movimento. Nel girarsi non ebbe tempo di reagire e il vagabondo fu presto con la mano attorno al suo braccio e la faccia a pochi centrimetri dalla sua.
Fu allora che la sentì, quell'opprimente e gigantesca aura magica fino ad allora inibita dall'uomo e che solo una persona che aveva nel sangue una connessione con il Mana -come sembravano essere i Cloveringi, in particolare la loro linea principale- poteva aver visto.
Lo sguardo dell'uomo era quasi pazzoide, eppure colmo di una lucidità abissale.
"Visto che non avete danaro vi chiedo udienza, Arcimaestro Reinhardt."

In una Cloveringe tranquilla un gran vorticare di sigilli rotazionali e di traspsizione comparvero attorno all'Arcimaestro, impossibiltato a staccarsi dalla ferrea presa del giovane. Reinhardt meditò di mozzarsi una mano pur di evitare il rapimento, ma prima che questo pensiero prendesse forza nel suo cervello l'uomo aggiunse una "liana" di mano al loro contato, rendendolo più espanso di una semplice stretta (dalla mano si propagava per tutta la lunghezza del braccio.
I maghi sono uomoni e donne abituati a pensare in frazioni di un millesimo di secondo, tutti intenti a notare incantesimi e controincantesimi: l'intenzione d isalvari si Reinhardt fu quindi ulteriormente smorzata dal suo notare che il cerchio di trasposizione comprendeva anche Marianne.

Ad incantesimo compiuto, i tre ricomparirono su di una graziosa collinetta che dava proprio sulla capitale, da dove si poteva addirittura vedere lo stradone centrale che dai portoni seguiva il percorso delle case fino ad arrivare alla sua sommità, cioè il Palazzo Reale, proprio come farebbe una colonna vertebrale.
Vi fu un breve scambio tra la coppia di britannici e il misterioso furtivo, ma in definitiva il singolo ebbe la meglio sui due... Cosa abbastanza terrificante considerando che si trattava dell'Arcimago di Britannia e di una donna che era considerata "genio" per la sua abilità nel Mana.

Lentamente gli animi violenti si smorzarono -aiutati da appositi sigilli posti dall'uomo che fungessero come da manette o costrizioni magiche in generale- e il moro poté rifiatare.
"Ah, notevoli, non c'è che dire: non mi divertivo così tanto da quando Diksha ha avuto il periodo "maritino mio". Le voci sono vere allora, state davvero assalendo la materia. Ottimo, ottimo." - disse l'uomo, che dopo quello scontro, sudato e affaticato, mostrava paradossalmente con più precisione la sua giovane età rispetto a quando interpretava le parti dello straccione. Con lo sguardo dritto sulla capitale e alle sue spalle i Britannici (intanto intendi a dimenarsi ma pur sempre legati) fece qualceh passo e dal nulla materializzò un umile sedia di legno sul quale si sedette stravaccando in avanti le gambe, completamente rilassato.

"Non ho interesse nel farvi del male, voglio solo passare pacificamente" - fece, prima di muovere con grazia il braccio e liberare maestro e apprendista dal suo incantamento. Marianne aiutò l'artritico Reinhardt a rialzarsi, concentrata ma pur incredibilmente intimorita dalla presenza nel Mana dell'uomo davanti a loro; il suo sguardo era quello di qualcuna che sapeva di star andando incontro a qualcosa di più grande di lei.
"Salvatevi, Maestro. Tornate nella capitale e chiamate rinforzi: lo tratterò"
Ma Reinhardt era un vecchio ed era anche un pizzico orgoglioso e raramente qualcuno poteva vantarsi di batterlo in uno scontro di magia; per giunta l'uomo aveva battuto lui e la sua diletta assieme. Abbastanza da catturare più che il suo interesse.
"No Principessa, state tranquilla." - disse a Marinane prima di rivolgersi all'uomo - "Chi siete e cosa volete, straniero?"

L'uomo si rimise in piedi e nel farlo tramutò la sedia in una panchina che desse direttamente verso i britannici. Con un agile gesto praticamente cambiò posizione senza mai completamente mettersi dritto. Si mise con le gambe belle aperte e le braccia che corprissero tutto lo schienale della panca.
Trasmutò altre due sediedavanti a sé dal terreno, facendole crescere dal terreno come se fossero alberi.
"Parlare, ve l'ho detto. Sedete."

Reinhardt, ora serioso, seguì l'invito; Marianne lo mimò seppur confusa e ancora intimorita.
"Perdonate il mio fare brusco ma dopo tanto tempo con le membra di un vecchio si cerca un po' di movimento quando si è giovane, ahah. Mio signore Reinhardt, mia signora Marianne, mi chiamo Drej Majee'd Ahmed Ibn-Lahad, in breve Drej. Vi chiedo umilmente il permesso di entrare nella vostra regale Accademia come Savio." - disse, fermandosi come a dire di aver terminato tutte le parole che desiderava dire e dando impressione di non voler aggiungere altro. I Britannici si guardarono straniti, un po' impietriti, perché ovviamente per diventare Savio di Britannia non v'era bisogno di tutta quella messa in scena.

"Il vostro nome... Anzi, i vostri nomi..." - cominciò Marianne. È interessante specificare che effettivamente l'uomo pareva non aver dato un cognome ma solo una sfilza di nomi, in particolare del profondo Sud, anche se qualcuno dei citati sopravviveva in Roussan in qualche sua variazione, memoria dell'orientaleggiante Lanka.
"Non siete di queste parti, mi sbaglio?"
"Oh no, per nulla: in questa vita sono nato in una tribù nomade dei deserti a Sud-Est, recentemente inglobata dal Profeta in tutta la sua gloria e saggezza. Diciamo che mi ritrovo qui per necessità: gente dotata di veramente poco senso dell'umorismo, il Califfato."

Un attimo di silenzio roboante, potente.
"In questa vita?"
"Già"
Allora Marianne si girò verso il maestro Reinhardt con la faccia di chi ha appena realizzato di star parlando con un matto, tra i commenti su vite passate e Disksha. Eppure Reinhardt non contemplava nello stesso pensiero, non si affacciava alla medesima teoria: serioso, anzi oltre il serioso, fissava con insistenza il giovane uomo. Finalmente anche lui ne percepì l'aura, vedette la sua 'immensità.

"Voi... Voi siete Majee'd delle Colline Bianche, vero?"
Marianne si raggelò.
Un nome potente nella chiusa comunità dei maghi, di cui sopravviveva ben poco perché ben poco a lui era sopravvissuto: saggio eremita dei deserti a Sud, di età precedente alla discesa di Silene e alla fondazione dell'IMpero dell'Arpia, ovviamente più antico del Sacro Impero e dalla fondazione della Santa Chiesa. La sua fama, tra i pochi estimatori fortunati di possedere alcuni suoi documenti, era assoluto: genio completo, le sue ricerche sull'oltrevita avevano disvelato numerosi misteri sulla traccia di Mana, tanto che la gran parte della filosofia britannica sull'utilizzo della Magia (soprattutto la visione particolarissima che avevano i Savi del Mana come presenza nel tutto modificato e plasmato seguendo la traccia emozioanle del singolo sincronizzandosi con la sua anima) si fondava proprio su quegli scritti.
L'uomo al sentire quel nome sorrise.
"Tsk, eppure credevo di aver distrutto l'intera Torre. Oh be', sembra che il danno sia limitato solo al vostro stato." - disse, balordamente e con un ghigno a metà tra il dispaciuto e lo strafottente. Intanto, Reinhardt e Marianne, che entrambi l'avevano studiato, si chiedevano come fosse possibile; o ancora meglio, come ci fosse riuscito.

"Non è stata una mia scelta, bambini: ciò che vedete in questo momento è la mia quarta vita, e ancora non sono riuscito a comprendere il maleficio."
"Maleficio?"
"Sì." - sospirò, prima di riprendere - "La morte non mi appartiene evidentemente: questo come vi ho già detto è il mio quarto ciclo di nascita, crescita e, si spera tra qualche anno, morte. Anche se in realtà non farebbe molta differenza."
"Per questo gli studi sulla natura della vita, delle cose e sull'oltrevita."
"Precisamente bambina"
"E ciò spiega anche le vostre prodigiose capacità magiche"
"Sì questa è la mia seconda vita che nasco con questo dono: nella prima sono stato Majee'd, in questa sono Ibn-Lahad. Tornare a quei livelli di libertà è stato un toccasana dopo un'intera vita passata ad essere privato della capacità di manipolare il Mana. NOn avete idea del fastidio che dia il conoscere come sia dall'altra parte e poi toranre indietro nell'impossibilità di manipolare l'antica materia."

Reinhardt fu improvviamente confuso.
"Perdonatemi mio signore, ma cos'abbiamo noi da insegnarvi se davvero siete Majee'd delle Colline Bianche? La storia per quanto non sia stata gentile con voi vi ricorda con amore ed estrema ammirazione per quanto frammentariamente."
"Ah voi non avete da insegnarmi nulla, caro Arcimago, ma so che la vostra patria ha abbraciato le mie teorie, oltre che essere impegnata in una sorta di Rinascimento tecnologico e culturale. Necessito fondi per le mie ricerche e so per certo da quanto si dice che le casse del vostro stato siano attualmente le migliori a disposizione per studiosi di ogni genere. Ho dovuto scegliere e ho scelto gli ammiratori più desiderosi di consocenza e più disposti di danaro: un ragionamento che fila, a mio parere."

Entrambi i britannici annuirono, pensosi; la faccia di Reinhardt si fece lentamente più luminosa, fino a diventare ritratto della felicità. Si alzò con una foga quasi giovanile e compì qualche passo verso l'uomo, che ne seguì con tranquillità e con lo sguardo il cammino. L'anziano arrivò a passi dal giovane stregone e dopo averlo guardato intensamente si inginocchiò davanti a lui, accompagnato dalla sorpresa di Marianne Vi Britannia.
"So di non potervi essere d'aiuto nella vostra ricerca mio signore, ma vi chiedo umilmente allora di accettarmi come vostro apprendista. Tenterò di dimostrami utile ogni giorno, seguendo i vostri insegnamenti."
Ibn-Lahad ovviamente rise con un ghigno, prima di alzarsi in piedi.
"Via Granmaestro, la mia vera identità rimarrà un segreto tra le nostre tre persone. Dimostrazioni pubbliche così plateali potrebbero rubarvi il titolo"
"Se è ciò che devo pagare per la conoscenza sono pronto ad accettarlo"
"Lodevole, ma non necessario: manterrete il vostro titolo e la vostra rispettabilità in pubblico; se vorrete osannarmi nel privato non vi fermerò, ma desidero passare in sordina e non essere riconosciuto" - disse, prima di concentrarsi e sigillare parzialmente parte del proprio potere in modo da apparire alla maggior parte dei maghi come un incantatore leggermente più dotato degli altri. Per tutti ovviamente tranne che per Marianne, a cui mai si poteva nascondere la sua vera e possente natura per le impareggiabili doti da auspex della ragazza.

"Confido nel vostro silenzio, Principessa."
Marianne distolse lo sguardo, imbarazzata; l'imbarazzo era uno stato che da tempo non le causava un uomo. Infine, anche su tacita richiesta del Granmaestro, acconsentì.
"Splendido. Battezzatemi con un vostro nome che sia verosimile. Sospetto che la vostra corte non sia favorevole agli stranieri."
"Penserò a controllare i registri imperiali per trovare dei nobili decaduti del sud delle nostre terre. Per quanto riguarda il nome... Mh... Drej è il vostro primo nome? Cioè, il nome della vostra prima vita?"
"Sì."
"E allora nel nostro Sud ve n'è una variante abbastanza diffusa, Dresjao. I popolani sono molto legati al nome dei loro nonni, anche se si tratta di retaggi di Lanka."
"Dresjao, non male.Dresjao XI?"
"Vedremo. Mi serve qualche giorno per non destare sospetto. Nel frattempo confido che un uomo della vostra potenza non abbia problemi nel badare a se stesso, no?"
"Avete visto bene, Principessa. Attenderò."

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Qualche giorno a corte venne introdotto come attendente personale dell'Arcimago Reinhardt un tale di nome Dresjao Domingo, presentato come bastardello dell'ormai estinto casato degli Herreira.

@Silen gdr arruolamento per un nuovo mago di corte
sono andato leggermente ad inventarmi cose di trama generale, anche se sono rimasto nel vaghissimo
 
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Dyolance

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Edvard Cathal LI Romanievi
Il leone utilizza tutta la sua forza anche per abbattere un coniglio.


"E quando poi è venuto a dirmi "Ma qvezta è una rottura uffizale di accordo o no?" gli ho fatto "SISI MO CHIAMO I TANK CHE TENGONO LORO IL MODULO FORMALE DI ROTTURA DEI TRATTATI" AHAHAHAH"
Nel grazioso salottino del Palazzo Reale si sentivano solo le grasse e sguaiate risate del generalissimo, a cui si unirono -più per rispetto che per reale divertimento- quelle di Kristoff Boriades, suo Secondo di Battaglia, e del Principe Odisseus. Richiamato dal fronte Est per presentare l'ufficiale rapporto in seguito allo scoppio della crisi con la Grande Waagh, in particolare per mettere in archivio le dinamiche dell'incontro dei delegati alla comparsa della Legio Imperiale al confine con i Senza Catene -quindi, dal punto di vista dei goblin, formalmente al proprio confine-. La risata morì abbastanza rapidamente per scemare dello stesso Julian LI Aldiss, che con la testa troppo dentro al proprio culo per capire che i presenti lo stessero soltanto compiacendo rimase sorpeso di quanto sottovalutasse la sua vena comica.
"Comunque nel rapporto anche questo non c'è... Cioè non così. Aspettate..." - disse cominciando a muovere le numerose pagine di carte davanti a sé - "Ah, eccola"
Si Schiarì la voce.
"In seguito alla deposizione della missiva di Sua Altezza Reale ai delegati pelleverde, alcuni di essi hanno raggiunto l'accampamento della Legio Imperiale con intenzioni pacifiche, chiedendo spiegazioni in merito alla nuova natura dei trattati. Essi sono stati fatti allontanare profusando ras-PFFFFFFFFF NO NON CE LA FACCIO, BORIADES FINISCI TU AHAHAHAH"
Passò in malo modo il foglio al suo sottoufficiale, più per mancanza di delicatezza che per mandare un messaggio di qualche sorta; il mare di medaglioni che adornava la sua corazza tintinnò vigorasemente, tanto che il Secondo Boriades dovette far passare qualche secondo prima di riprendere a leggere, ovviamente trasportando la transizione continuando a ridere di pari passo al suo comandante.
"Essi sono stati fatti allontanare profusando rassicurazioni in merito all'invariata natura dei precedenti accordi, rispettando oculatamente le norme di politica ed etichetta internazionale i cui cardini si rimandano al Galateo della Corte Imperiale, Sezione 15, Comma 4, Rigo 6."
"PURE IL RIGO C'HO MESSO! MANCO MI RICORDO COSA SCRIVO E MI SORPRENDO DA SOLO. CHE FENOMENO AHAH"
E giù di nuove risate. Continuarono a scherzarsela per un po', bevendo vino e tartare cubiche con stuzzichini.

"Quindi non siete preoccupato nel caso di eventuali scontri? L'unico canale aperto al confine con i goblin è anche Vieuxlis, non siete preoccupato per la vostra gente?" - tuonò il principe con serenità.
Aldiss dovette affrettarsi a deglutire il vino che aveva appena messo in bocca, preso alla sprovvista. Comunque si ricompose facilmente e celermente.
"Nah, la mia gente lavora la terra giorno e notte Principe, una guerra non ci spaventa. Inoltre sono un uomo d'azione e dopo che le formichine hanno alzato bandiera bianca mentre lo stavo allineando per la penetrazione ho, come dire, un po' di carica nei lombi da soddisfare ecco. Ma se conosco Sua Altezza Reale vostro cugino scommetto che tenterà un riavvicinamento diplomatico pur cercando di guadagnarci qualcosa. La prospettiva di uno scontro la vedo difficile."
Dopo la risposta del generalissimo cadde un breve silenzio, rotto dall'allungare del calice di Odisseus VI Britannia verso il visconte di Vieuxlis.
"A Julian LI Aldiss, scudo dell'Impero: possa egli conquistare altre mille vittorie nel caso il Padre lo ritenga necessario"
Soddisfatto di quel brindisi a lui dedicato, l'omone allungò il suo bicchiere verso il principe fa senza farlo tintinnare. Sul volto aveva un sorriso più che compiaciuto.
"A me, già. Ma non sedetevi troppo, Principe: siete pur sempre il mio rimpiazzo."

A Julian LI Aldiss piaceva enormemente ricordare quanto nell'arte della guerra primeggiasse in tutta Britannia: lì dove gli intrighi di corte, i piani d'ampliamento e accrescimento della produzione finivano e cominciava la tattica da battaglia tutti erano soliti girarsi verso di lui perché saldo era il controllo dell'esercito. Julian non brillava per talento in quell'ambito ma i suoi modi avevano scardinato i cuori dei soldati, conquistandoli tutti dal primo all'ultimo: il suo fare rozzo era vicino a quell'ambiente da campo, a quell'odore di sudore e fratellanza che si respirava alle prime luci dell'alba, poco prima di scendere sulla piana e sguainare le spade. Fino a quel momento le sue tattiche avevano funzionato... Ma come prevedere come sarebbero andate le cose in mancanza di un esercito alleato a Britannia?

Knock knock knock.
Tre colpi alla porta. Julian guardò il bel legno che delimitava la stanza interrogativo poiché non aspettavano nessuno.
"Potrebbe non essere più così, generalissimo." - disse Odisseus prima di alzarsi e andare ad aprire alla porta. Stupito per l'affronto subito, Julian si alzò in piedi ma subito non esplose d'ira; la curiosità era troppa.

Fece il suo ingresso nella stanza quello che dal punto di vista del generalissimo sarebbe stato descritto come un damerino neanche di primo pelo che sicuramente la notte si travestiva e andava a farsi rifare la vita in qualche bordelletto di quartiere.
In realtà chi fece il suo ingresso era un aitante giovanotto dal fisico asciutto e slanciato, solido, i capelli di un biondo folgorante e quasi bianco. Il suo profilo etereo era ulteriormente arricchito dalla bianchissima alta uniforme della Reale Accademia; ad accompagnarlo un mulattino notevolmente più basso di lui, androgino e in armatura. Odisseus strinse la mano ad entrambi prima di fargli strada fino al cospetto del generalissimo e di Kristoff Boriades.

"Non mi pare di aver mandato a chiamare per le puttane." - disse Julian.
Boriades rimase serio e silenzioso. Il mulattino in armatura strinse il pugno, frustato e desideroso di assestare un bel gancio destro all'uomo; il giovanotto rimase impassibile e si limitò a guardare fisso negli occhi il Visconte. Odisseus dismise tutto con una risata nervosa prima di prendere a parlare.
"Il generalissimo Julian LI Aldiss, Visconte di Vieuxlis, e il suo Secondo di Battaglia Kristoff Boriades. Generalissimo, vi presento Edvard Cathal LI Romanievi, figlio del Visconte di Ninieu e il suo Se-"
"La mia Seconda di battaglia, Belladonna Salieri. È un piacere fare la vostra conoscenza, Generale." - irruppe l'uomo che adesso aveva un nome agli occhi del pluridecorato comandante britannico. La stanza però cadde in un profondo silenzio, approfondito anche dall'occhiata di sorpresa dell'accompagnatore del Romanievi, adesso rivelato dal proprio superiore una donna.
"... Una donna? Nei ranghi di Sua Maestà?" - tremolò l'incredulo Visconte.
Edvard scrollò le spalle.
"Non ha importanza il sesso quanto ciò che apporta al piano di battaglia: il merito va sempre premiato a discapito della tradizione"
"TRADIZIONE! STAI SPUTANDO SUI DETTAMI DELLA PATRIA, RAGAZZO. BADA A COME PARLI IN MIA PRESENZA!" - tuonò il Visconte Aldiss, che come un martello sull'incudine battè con vigore davanti a quella sconsideratezza. Nella società britannica infatti alle donne non era concesso in alcun modo interessarsi di materie militari, così come di tutti gli altri aspetti della politica dell'Impero; facevano notevole eccezione Marianne e Iris, che essendo Cloveringi erano tenute con un certo riguardo e quindi potevano permettersi di occuparsi delle rispettiva branche, ovvero Accademia dei Savi e dell'Ordine delle Immacolate (anche se famosi erano stati negli ultimi anni le intrusioni di Marianne in ambito commerciale e quindi politico). Odisseus, a sua volta colpito dalla rivelazione, s'impose di ricomporsi poiché in tutto il quadro era colui che doveva fare da intermediario e paciere. Tutti sapevano cosa stava accadendo nella stanza per quanto nessuno lo stesse dicendo.
"Questa sarà indubbiamente una questione di cui discutere in sede di Consiglio Reale. Tuttavia non ci scaldiamo e facciamo tutti un passo indietro: Generale, il qui presente Edvard vi assisterà durante i prossimi giorni come vostro secondo per osservare la vostra gestione dell'accampamento e, non lo voglia il Signore, per apprendere da voi come si guida gli uomini nel caso la crisi scoppi e non si possa evitare la guerra. Edvard ha dimostrato grande talento strategico, sono sicuro che si dimostrerà anche una preziosa risorsa."
"Ah! Talento strategico! Dai qui ragazzo" - scoppiò il generale, che intanto tese la mano al Romanievi perr chiedere il plico con dentro probabilmente un resoconto sui risultati accademici dello stesso. Lo aprì subito, anche se non ci buttò un occhio poiché prima chimato da un secondo pensiero. Guardò torvo e di sottecchi il ragazzo prima di chiedergli...

"Siete figlio del Visconte Cadwin?"
"Sì, suo primogenito."
"Ah, uhm. Conoscevo vostro nonno, Lord Ceasar. Un brav'uomo e una terribile perdita: era uno che sapeva stare al suo posto e non pretendeva di scardinare la legge divina per infastidire altra brava gente come lui. Come so che lo è anche vostro padre, un brav'uomo. Evidentemente si sono dimenticati di inculcarvi il senno in tutta la loro bontà." - disse mentre già con lo sguardo era passato ai documenti sotto la sua mano, non degnando il ragazzo mentre iniettava fiele. Nuovamente l'accompagnatore -o meglio accompagnatrice- di Edvard strinse i punti, stringendo l'armatura e togliendo sangue alle nocche, ma con un piccolo gesto della mano il suo superiore la fermò prima che facesse qualcosa di stupido.

Intanto il Visconte leggeva.
"Un anno iscritto al Dipartimento di Studi Storici della Guerra, alla chiusura del corso è passato a Studi Strategici, completando il corso con un voto di 73/100. Settantatré non ti sembra un po' pochino per uno che dovrebbe contribuire ad una campagna militare del Sacro Impero, eh Boriades?"
"Decisamente insufficiente, milord"
"Già è quello che penso io. E guarda qui i voti degli esami! Accidenti, che ruolino invidiabile!" - sbraitò estremamente ironico il generalissimo prima di sbattere violentemente il plico sul petto di Odisseus, che grosso com'era ovviamente non si mosse più di tanto.
"Principe, con tutti i rispetti e gli ossequi del caso, tutto ciò è oltraggioso: in questi anni mi è stato chiesto di valutare decine e decine di cadetti e quanto vedo e leggo qui è francamente un insulto a me, a tutti gli alumni e agli iscritti dell'Accademia. Una totale perdita di tempo, non vi è nulla di geniale o sbalorditivo qui. Senza contare che fino a pochi secondi fa si parlava di merito: io non ne vedo neanche un'oncia."

L'invettiva del generalissimo portò un pesante silenzio nella stanza. Odisseus lo guardò, rispondendo allo sguardo di sfida e superiorità del Visconte.
"Forse avete saltato la parte riguardante le simulazioni su campo, milord. Vi invito a rileggere con più attenzione."

Julian LI Aldiss non aveva omesso nulla nella sua lettura e quindi aveva anche notato i punteggi straordinari ottenuti dal ragazzo nelle cinque simulazioni di battaglia che prevedeva il corso regolare, permesse su gentile concessione dell'Accademia dei Savi, che metteva le proprie doti d'illusione a servizio del braccio armato dello stato. IL generalissimo non necessitava di ricontrollare i dati: aveva già tutto a memoria, così come i giudizi generali sul ragazzo, che parlavano di un intelletto curioso e sopraffino demotivato e svogliato in seguito alla chiusura del suo corso iniziale. Essi si dilungavano a spiegare quanto i risultati pratici lasciassero intravvedere una profonda conoscenza della materia, forse addirittura un talento innato, aiutato da una sfrenante passione per lo studio di conflitti e battaglie del passato.

"Non è comunque abbastanza per il fronte."
"Se mi è possibile" - interruppe lo scambio il ragazzo. Davanti a lui allungò un secondo plico, diverso dal suo curriculum accademico. - "Mi sono permesso di redarre un rapporto sugli interventi armati degli ultimi venti anni, elencando quelle che possono essere le cifre stilistiche del suo approccio militare per migliorare le tattiche da applicare in futuro."

Julian nel mentre che il ragazzo parlava aprì il secondo plico e senza neanche buttarci un occhio ascoltò tutto l'intervento di chi gli stava di fronte.
A frase terminata la sua faccia era l'autentico ritratto del livore. Il plico nelle sue mani venne scaraventato fuori dalla finestra, rompendo il vetro; il pesnate assemblamento di fogli fece quindi un volo di una ventina di metri prima d'impattare nel fango del piazzale interno al palazzo e far venire un mezzo infarto ad una servetta che veniva corteggiata da una guardia di palazzo, la sera prima diventato il suo amante.

Il Visconte Aldiss fece un passo avanti, guardando negli occhi il ragazzo a pochi centimetri dal suo volto.
"Stammi a sentire bene ragazzino: non mi frega chi cazzo sia tuo padre o tuo nonno o tua madre, potrebbe fare la puttana molto probabilmente, ma andando dritti al punto... Bada bene a come ti rivolgi a me. Alla tua età avevo già combattuto nella Grande Guerra del Sud e guarda ora dov'è Justa. Prima di potermi parlare da pari ne avrai di panetti ancora da mangiare: quindi vedi abbassare lo sguardo e di portare rispetto se non vuoi che ti cavi entrambi gli occhi e usi il tuo cranio come bersaglio per il tiro con l'arco."
Provò quanto più ad essere minaccioso e parzialmente ci riuscì poiché la donna che accompagnava Edvard fece quasi un passo indietro intimorita. Tuttavia, il suo diretto superiore, ovvero il caro amico che durante gli anni accademici aveva intravisto il talento di un popolano iscritto alla scuola di sottoufficiali e poi aveva scoperto il suo segreto, non si scompose affatto e continuò a sostenere l'ingombrante presenza del più decorato eroe britannico.

"Ecco, suggerisco di applicare la medesima decisione e brio durante l'applicazione delle manovre a tenaglia, magari con un intervento parallelo di cavalleria pesante e leggera invece che l'impiego esclusivo di una delle due. Il vostro utilizzo della stessa in passato ha lasciato decisamente a desiderare. Comunque è uno dei suggerimenti che ho inserito nel report, se vi può interessare. Sono sicuro che non lo avrà toccato nessuno, se correte per prenderlo potreste trovarlo in uno stato quanto meno sufficiente ad una buona lettura; magari vi sporcherete un po' di fango, ma per un valente condottiero quale siete voi, che conquista regioni per poi non occuparle e lasciarle libere di ribellarsi come desiderano, che è capace di vincere solo in presenza di un esercito alleato notevolmente superiore e che non riesce a capitalizzare completamente su di un attacco a sorpresa alle retrovie nemiche di uno stato famose per le sue tradizioni pacifiste, io dico che per una persona del vostro calibro non sarà nulla, dico bene?"
"HAI VARCATO LA SOGLIA, RAGAZZO"

Il Generalissimo allungò le mani prendendolo per la collottola e portandolo a sé, ma non riusciendolo a sollevare per l'eccessiva fisicità del Romanievi; dal canto suo, dopo la provocazione Edvard rimase impassibile e a sorridersela quasi compiaciuto. Evitò completamente di rispondere alla violenza con altra violenza.
Intervenne Odisseus, che si intromise tra i due separandoli a forza.
"Calma! Comportatevi da uomini rispettabili, per Diana!"
Odisseus, che era equo ad entrmabi in altezza ma aveva un fisico praticamente mastodontico, separò i due con facilità; Il generalissimo così si allontanò immediatamente, offeso e furioso.
"UN EDITTO REALE, ODISSEUS. SE LO VUOI VEDERE NEL MIO ESERCITO VOGLIO UN EDITTO REALE CHE MI COMANDI DI FARLO. E TI AVVISO, SUL LOCO GLI FARO' SPALARE MERDA E MI IMPEGNERO' CON TUTTO ME STESSO AFFINCHE' FINISCA NELLE FAUCI DI UN INTERO REGGIMENTO DEI DANNATISSIMI CAVALCALUPI" - urlò al Principe puntandolo con un dito. Accompagnato da Kristoff Boriades fece per uscire dalla porta, mentre il Principe Odisseus lo seguì con la voce, dicendo che avrebbe avuto il suo editto dall'Imperatore Lelouch.

Seguì una bella strigliata di capo al giovane Edvard, un po' per la questione Belladonna -su cui glissò poiché conosceva anche il suo notevole profilo accademico- e un po' per l'atteggiamento di sfida avuto con quel gran caratteraccio di Julian LI Aldiss.

Per i corridoi del palazzo reale intanto...
"LE VAGINE! LE VAGINE E I FROCI CON ANCORA LA BOCCA CHE PUZZA DI LATTE NEL MIO ESERCITO!"

@Silen gdr per il nuovo generale britannico
 
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