Toga!
Chosen one
A.D. 1155/1156 o 549/550 dall'Egira.
Comune di Lucca-Assedio di Lucca
Grazie all’intervento congiunto delle forze del vincolo di Spoleto (Pisa, Siena, Sardegna, Venezia, Firenze) pur private del grosso dell'esercito siciliano, Lucca, dopo 3 anni di assedio da parte dei ribelli della Lunigiana, cade in forza dell'intervento degli alleati italiani e viene infine conquistata.
Le porte della città vengono colte dagli assedianti parzialmente sguarnite, grazie ad una decisa manovra di intelligence. Fondamentale l'intervento pisano a supporto dei fiorentini, per la prima volta le due città cooperano insieme in ottica di alleanza.
Vengono alzati in città i vessilli della Lunigiana (da parte dei Pontremoli) e della repubblica di Firenze. Guinigi è dato in rotta nelle campagne toscane, dove arcieri scelti di Siena hanno l’ordine di ucciderlo o catturarlo.
Il veneziano Badoer assieme al suo contingente, transitato via Milano dove partecipa alle repressioni anti catare, controlla i passi appenninici del Radici e dell'Abetone, Guglielmo d'Altavilla, che ha guidato le truppe di tre nazioni, divide il trionfo con il fiorentino Agostino Bondelmonti, il conquistatore di Lucca.
Comune di Firenze
A Firenze grande prestigio è dato dalla difficile conquista di Lucca assieme ai Pontremoli e a tutte le forze spoletane.
Jacopo Cerretani viene salutato ufficialmente da tutta la città alla partenza per Gerusalemme, della quale sarà il Re come per gli accordi intercorsi grazie alle mediazioni veneziane in Palestina tra templari, bizantini e il papa. Interventi finanziari in Francia sono accordati dal Banco Mercantile Fiorentino al re di Francia Luigi.
Dolenti note, dolentissime, riempiono però i bollettini dei funzionari comunali. La malaria che era giunta in città nei due anni precedenti, viene assolutamente sottovalutata dal governo e la situazione peggiora terribilmente. Lapa muore all’inizio del 1155, mentre il console Bonati e il figlio Durante si ammalano. La situazione degenera quando sia Pietro Adimari che Beatrice da Pontremoli risultano infetti. La malaria quindi raggiunge anche Lucca sul finire del 1156 e si teme che la malattia si sia diffusa anche tra le truppe spoletane sbarcate in maremma. Molti fiorentini si ammalano e la città è messa in quarantena.
Situazione tragica a Firenze dove urgono massicci investimenti e drastici provvedimenti.
Ciliegina su una torta assai amara: nessuna notizia dell'altro Cerretani rapito a Lisbona.
Repubblica di Genova
Muore di vecchiaia Goffredo Crozzi, rettore della biblioteca, mentre Giovanni Colonna ha un attacco di gotta con complicazioni cardiache, gli vengono applicati salassi e la situazione sembra migliorare.
Mentre alcuni investimenti sanitari vengono inizializzati, Genova procede alla costruzione di pozzi artesiani e mulini, il console allarga l’emporio in Tunisia, oltre a rafforzare maggiormente la propria flotta mercantile nel Tirreno con il varo di nuovi bastimenti.
Le navi genovesi avvistano dapprima pirati saccheggiare navi venete e poi le flotte veneziane nel novembre del 1155, ma non avviene nessuno scontro tra le due marinerie.
La ratifica del trattato italico con Arborea e Lucca vede la firma del D’Oria.
Tuttavia Lucca cade senza che Genova muova un solo armigero verso l’alleato, generando una flebile protesta degli Arboresi, unici alleati esterni rimasti fedeli alla repubblica, preoccupati dalla scarsa intraprendenza dei liguri. Nonostante ciò Genova si sta arricchendo notevolmente anche grazie alla nuova Zecca che comincia a coniare i primi genovini d’oro e la situazione politica interna non desta preoccupazione per il futuro.
Regno di Sicilia
Conversioni di arabi vengono effettuate in Sicilia all’insegna della mutua pacificazione tra le religioni.
Le saline siciliane vengono definitivamente approntate da ingegneri veneziani e cominciano ad essere produttive.
Le navi siciliane trasportano contingenti sardi a Pisa, mentre una seconda metà della flotta veleggia fino a Gerusalemme dove giungono masse di pellegrini lusitani e iberici in visita ai luoghi sacri. Si tratta del primo vero pellegrinaggio cristiano di massa dopo molti anni.
Intanto che il Re attende (e attenderà invano) le navi veneziane per portare i suoi uomini, quasi 20 000, a Lucca a bordo della Serenissima flotta, Nilus Doxopatrius si ammala di un male misterioso: verruche bianche e purulente ricoprono le sue braccia e le sue gambe, mentre un vomito biliare scuro lo tormenta notte e giorno. La malattia sembra contagiosa e i medici siciliani isolano il malato in una cascina fuori da Palermo.
All'arrivo di Failer con una Serenissima flotta dimezzata e malconcia, Ruggiero viene a sapere che non potrà muovere verso Lucca, in ballo vi è la salvaguardia di Pisa. La fortuna sembra girare le spalle all'Altavilla.
Infatti è così.
Una mattina di ottobre, Ruggiero non si presenta per la colazione, velocemente la voce si sparge per la reggia e poi si propaga a tutta la corte e alla città: Ruggiero sta molto male.
L’Altavilla morirà per cause naturali qualche giorno dopo, appena prima che giunga in sicilia la notizia della vittoriosa conclusione della battaglia, portata a termine da un altro Altavilla, suo figlio Guglielmo, tribuno a capo del contingente pisano.
II Re di Sicilia e d’Italia non è più, la notizia raggiunge ben presto tutti suoi domini mentre il figlio dodicenne Serlone eredita i titoli regali, col disappunto comunque di una parte di nobiltà schierata per Guglielmo, oltre che di alcuni influenti musulmani.
La salma del Re viene visitata da Vittore IV, che rende onore alle esequie regali, benedicendo il corpo del re d’Italia.
Gli Altavilla perdono uno dei più grandi monarchi della loro dinastia, grande condottiero e geniale amministratore, un grande Re che seppe unire sotto il suo scettro musulmani, cristiani e ortodossi rendendoli parte di unica nazione.
Tutto ciò ora ritorna in discussione con la morte del più grande Re che il mezzogiorno italico ha visto dai tempi di Teodorico.
Il regno di Sicilia è alla svolta.
Sacro Romano Impero
Dopo che nel 1155 Corrado amministra l’impero con mano ferma, l’Imperatore cala in Italia con un esercito numerosissimo, pronto a spazzare via ogni resistenza eretica da Lombardia e Savoia.
Catari e patarini italiani vengono sterminati e massacrati impunemente in due differenti raid che non lasciano scampo ai nemici della chiesa, i quali vengono annichiliti in un bagno di sangue. Centinaia di roghi vengono appiccati e trovano la morte in tantissimi, per il solo delitto di adorare il cristo in una maniera differente da quella propugnata da Roma.
Il bagno di sangue si allarga anche agli innocenti: in questo biennio basta anche solo il nominare un amico o un conoscente cataro o tacciato di eresia per finire al rogo.
Dopo la pulizia etnica in Lombardia e Savoia, i pochi catari rimasti si danno alla fuga, qualcuno trova asilo sotto falso nome nel trambusto di Venezia e Genova, altri migrano verso l’Elvezia e le più inaccessibili valli alpine, altri ancora ritornano verso la Francia meridionale.
Tuttavia sia il Lombardo che la Savoia, vengono fortemente destabilizzate dal genocidio, che è risultato eccessivo e terribilmente violento. Ragion per cui i soldati tedeschi accusano ritorni di fiamma tra la popolazione locale, che anziché accoglierli pacificamente, manifesta apertamente la propria ostilità, ostilità che si allarga anche ai governi di Torino e Milano.
Alleati o non alleati, gli imperiali procedono coi roghi anche dei dissidenti cristiano-romani e la situazione della Lombardia e della Savoia, seppur sotto controllo, resta tesissima.
Più a nord le truppe rimaste in Irlanda non seguono invece, le sorti di Vladislao (che ritorna in patria), rimanendo a bivaccare in Leinster in attesa degli eventi.
Per quanto riguarda la situazione interna: Barbarossa sposa una principessa ungherese (Sophie), nel tentativo di riaccreditarsi verso la nobiltà locale; viene anche forgiata una spada per celebrare Vladislao, "la Punta di S.Maria" che fregierà d'ora in avanti i re di Boemia.
Intanto per tutto il biennio si registrano continue diserzioni e avvicendamenti tra i cavalieri tedeschi dell’ordine templare, il che destabilizza notevolmente la nobiltà locale a vantaggio personale dell’Imperatore, al quale però non può essere fatta apparentemente nessuna colpa, in quanto egli pare non far altro che accettare gli omaggi dei templari per non destabilizzare ulteriormente a sua volta l'Impero.
Fatto sta che sul finire del 1156 le case del Tempio giurano i loro voti direttamente a Corrado e non più al Gran Maestro, ragion per cui il controllo tributario delle case passa quindi direttamente all’erario imperiale.
Muore Federico II, fu reggente imperiale durante la cattività di Corrado e suo salvatore, viene pianto in verità da ben pochi nobili, con cui ebbe sempre da lottare. Suo figlio Federico III diviene quindi il primo principe in linea di successione diretta per il trono Imperiale.
Le preoccupazioni tuttavia affliggono Corrado, che si ammala di emicrania. Per farsela passare stuoli di massaggiatori lo seguono un po’ dappertutto. E’ il 31 dicembre del 1156.
Battaglie navali nel Mediterraneo
Il Mediterraneo conosce il ritorno della pirateria moresca.
La Compagnia Mercantile del Levante, l'orgoglio e il simbolo della potenza economica veneziana, subisce infatti un attacco durissimo da parte di imbarcazioni da battaglia, un numero spropositato, tutte veloci e moderne, all'altezza del canale di Malta, mentre risale il mediterraneo in direzione di Pisa e di Logudoro.
La flotta, completamente colta di sorpresa e senza alcun ordine aggiuntivo, sub appaltata per il biennio ai logisti sardi che l'attendevano a Torres, ha ben presto la peggio, nonostante una parte di galee fosse attrezzata per combattere eventuali malintenzionati.
E' una vera disfatta.
Delle 200 imbarcazioni mercantili veneziane, più di una buona metà viene affondata, le restanti 70 invece prendono la via dell'Adriatico con l'intenzione di tornare a Venezia. Fortunatamente lo scalo effettuato ad Alessandria, lascia senza troppa merce i bastimenti, ragion per cui i beni e i prodotti provenienti dal Mar Nero risultano già traslati e venduti, facendo salvi i profitti bizantini e kievani, ma danneggiando notevolmente quelli veneti, che vistosi costretti a interrompere la rotta mercantile non ottengono alcun vantaggio dai commerci tirrenici.
Due mirabili ammiragli moreschi guidano le operazioni di questa flotta terrificante: si fanno chiamare il primo Eissa Al-Mutairi, il secondo, più giovane e talentuoso, semplicemente Othman. Si mormora che essi siano padre e figlio.
Tuttavia la flotta da battaglia veneziana, di ritorno da San Rebbo, veleggiando a 3 giorni di seguito dalla Compagnia Mercantile del Levante, avvista la flotta pirata dirigersi verso il canale d'Otranto.
Vuoi la distanza, vuoi il giorno di foschia, nonchè la velocità delle imbarcazioni e il loro numero, traggono inizialmente in inganno il Baseggio, che convinto siano esse stesse le navi mercantili veneziane intende proseguire verso la Sicilia, dove Ruggiero II lo attende con 20 000 scudi per muovere verso Lucca.
Il caso vuole che però il 24enne ammiraglio Failer, voluto dal Doge al seguito della Serenissima durante il trasbordo bizantino di due anni prima, notando alcuni resti di legno trasportati dalla corrente, fiuti il pericolo, insistendo con il grand'ammiraglio Baseggio per incrociare l'enorme flotta in lontananza.
Baseggio è dubbioso e teme ritardi negli ordini assegnatigli dal Doge, ciononostante acconsente all'intercetto della flotta sconosciuta.
Giunti al largo di Corfù, questa volta sono i segnalatori bizantini alleati che procedono a indicare chiaramente da terra il passaggio nei giorni precedenti dei mercantili veneziani all'ammiraglia di Baseggio a seguito di uno scontro in mare.
Il Grand'ammiraglio veneziano quindi, immediatamente resosi conto dell'accaduto, da l'ordine di prepararsi alla battaglia, ordinando di costringere i pirati oramai vicini poche miglia a una virata di tribordo, poi si ritira sottocoperta per qualche minuto studiando alcune pergamene, salvo poi uscire nuovamente facendo virare ancora di 70 gradi ancora la testa della flotta, mettendola però decisamente controvento.
Al-Mutairi e Othman, avvistano le navi venete alla loro poppa e decidono per lo scontro, di modo in caso di vittoria, di penetrare in Adriatico sino al saccheggio della laguna.
I pirati appaiono ben disciplinati e determinati, il loro numero è maggiore di quello dei veneziani di circa 100 galee e il vecchio Mutairi è un leone del vento... Il soffio infatti investe i veneziani a prua mentre la flotta pirata compie una perfetta e impeccabile inversione a U, dirigendosi con la tramontana in poppa contro le navi della Serenissima. Othman sorride sicuro di sè notando l'insolita posizione del naviglio veneziano.
Il 3 Maggio 1155 al largo di Corfù, 350 navi di apparente fattura araba, incontravano nuovamente i 250 armi veneziani, a distanza di 10 anni dalla crociata, in quella che verrà ricordata come la più grande battaglia navale finora mai disputata.
Le navi pirata dei mori sono leggermente più veloci e tecnologicamente progredite, ma l'abilità in combattimento degli ammiragli veneziani controbilancia il lieve vantaggio degli aggressori.
Al-Mutairi ordina rapidamente una formazione a collo di gru, piuttosto insolita ma molto efficace, con la sua ammiraglia "Rabbani" a fungere da punta in un cuneo triangolare diretto contro il centro della doppia linea delle galee venete; con l'obbiettivo di sfondare nel mezzo e scorrendo con le navi al seguito, separare in due tronconi la flotta.
Baseggio però, anticipa stranamente i tempi ordinando al Failer di portare la sua "Pisana" e i 10 squadroni al suo comando sulla sinistra dell'asse veneziano, distraendosi dalla linea di collisione, andando a cercare l'accerchiamento sul fianco dei nocchi moreschi.
Othman, in sella alla velocissima "Sheikh Islamya", battente fiocchi dorati, non chiede di meglio... e con un numero di navi equivalente si porta sulla destra con una velocità impressionante, andando a chiudere il tentativo di aggiramento di Failer e lasciando in forze il cuneo di Al-Mutairi che è ormai a mezzo miglio dalla linea veneta.
Eissa fa alzare il coro ai suoi "Allah u AKbar! Allah u Akbar!" si ode tutt'intorno...Baseggio fa rispondere col veneziano del rovigotto "Al Negher dag al Negher!"
I veneziani però hanno in serbo qualche sorpresa, essi infatti hanno il possesso delle mappe e della carte nautiche dello Ionio, sviluppate insieme al Salusio negli anni precedenti, il che da alla Serenissima una conoscenza perfetta di coste, litroali e fondali. Così mentre il grosso della flotta pirata mantiene il cuneo andando a collidere e impattare in maniera terrificante contro le galee del Baseggio, che traballano paurosamente... tutta la destra degli scafi moreschi, guidata da Othman, punta dietro al Failer in manovra di sganciamento...
Momenti di grande tensione seguono i movimenti della navi... poi segue il crepitio terribile delle chiglie che cozzano contro la roccia...
I mori infatti, nel tentativo di tagliar fuori gli squadroni di Failer, cadono nel tranello e vanno a incagliarsi sulle secche che il giovane veneziano ha frapposto fra se e i nemici...
La "Pisana" passa a meno di 30 metri dalla nave ammiraglia di Othman incagliata, i due giovani capitani si guardando per un attimo: uno incredulo, l'altro sicuro di se, mentre le divise rosse del Leone di S.Marco disposte in fila indiana virano ora nuovamente verso il centro della battaglia...
Più di 10 squadroni navali moreschi incagliano o affondano, rimanendo inservibili e tagliati fuori per tutta la durata dello scontro.
Eliminato il vantaggio numerico dei pirati, la battaglia è praticamente disputata ad armi pari, in un cruentissimo scontro all'ultimo sangue, che vede comunque ancora Eissa in vantaggio, il cuneo moresco rallenta impattando sulle navi veneziane ma pare inarrestabile. Baseggio rischia seriamente la sconfitta, ed è già ferito, con l'indice verso per sentire il vento rischia il tutto per tutto ordinando una radunata nel cuore dello scontro.
Nella mischia infatti le galee veneziane possono battere di remo, e il 32enne di Rialto, decide di portare la sua ammiraglia "La Ventenne" in mezzo alle navi della Serenissima...da li, frapponendosi all'impazzata, i veneziani riescono a bloccare l'avanzata del cuneo nemico e successivamente a romperlo con una fortunata e insperata serie di speronamenti, supportati da un brillantissimo Failer, il quale riportatosi in formazione fa dimenticare l'onta della Manica con una diagonale straordinaria che cala a scure gli avversari.
E' però egualmente grandiosa la resistenza dei mori, che cedono lentissimamente, un centimetro alla volta, tutt'altro che sopiti... Eissa trova il modo per uscire dall'accerchiamento abbordando l'ammiraglia di Baseggio, dando battaglia vera sino alla fine...almeno fino a quando lo sostiene il vento, che cessa dopo quasi tre ore di scontri sanguinosi. Al calar del sole i mori devono quindi ritirarsi per non essere sopraffatti, Othman frattanto disincaglia alcune delle sue navi, ma quando le vele sono di nuovo in tensione, non può far altro che accodarsi a Eissa, il quale saggiamente, muove verso sud ovest salvando ciò che resta della sua flotta.
La battaglia infine arride a Venezia nonostante la Serenissima lasci sul mare quasi 130 galee tra cui l'ammiraglia "La Ventenne", speronata e inutilizzabile.
I pirati perdono quasi il doppio delle imbarcazioni, anche se una quarantina di scafi riescono a liberarsi dagli scogli raggiungendo in ritirata la propria flotta. Una decina di vascelli nemici sono invece catturati da Failer e portati a Venezia.
Prima del numero e della forza, è l'ingegno veneziano e la geografia dei sardi che hanno trionfato.
Venezia è salva, con i mori in Adriatico infatti, la situazione sarebbe stata quantomeno difficile, anche se S.Marco paga un prezzo altissimo in fatto di danni commerciali, con la Compagnia del Levante praticamente dimezzata.
Baseggio, viene acclamato dall'intera marineria, purtroppo risulterà gravemente ferito da una serie di dardi e svariati colpi di scimmitarra, crolla sul ponte all'ultimo quando già i "Viva San Marco" risuonano tra le galee.
Le sue condizioni sono disperate e i suoi ufficiali già lo piangono.
Battaglie navali nel Tirreno
La vittoria dello Ionio è comunque pagata a caro prezzo dai veneziani.
La flotta veneta è rallentata e giunge tardiva al passaggio tra Scilla e Cariddi.
E le cattive notizie per Venezia non terminano.
Failer, preso il comando delle navi venete a causa del ferimento di Baseggio, raggiunge qualche giorno dopo Capua, dove grazie agli infaticabili sardi lasciati di vedetta sul Tirreno e nei dintorni, apprende la notizia di ulteriori pirati, (!!!) questa volta italici, guidati da un certo Gutierro, che hanno paralizzato i commerci a Logudoro, facendo preda di numerosi bastimenti e scafi mercantili, oltre che dei bottini delle rotte commerciali sarde.
Il Grand'Ammiraglio nel frattempo è lasciato alle cure dei cerusici siciliani.
Avvistati i pirati nei pressi di Pisa, Failer decide per l'intercettamento, tuttavia non potendo caricare che la metà degli uomini di Ruggiero, e con i rematori già molto provati, il giovane ammiraglio preferisce muovere con i resti della Serenissima verso il Tirreno settentrionale, lasciando a piedi i siciliani e confidando nella buona sorte dei fiorentini.
Incrociata la flotta mercantile genovese, apparentemente intonsa, i veneziani arrivano stremati alla rada di Piombino per dare battaglia.
Fortunatamente i pirati di Gutierro non sembra abbiano intenzione di ingaggiare il nemico duramente, anche perchè la superiorità veneziana in questo caso è netta.
Vi è il tempo per un veloce scontro in cui la Serenissima ha la meglio, perdendo tuttavia un altro squadrone, affondato da Gutierro in persona, a bordo di una grande galea dipinta di verde. I rematori veneziani sono sfiancati , così 5 squadroni di pirati prendono il largo con un buon bottino ritirandosi nel golfo del Leone, al riparo dall'ira veneziana.
Il Doge manda messi a Failer, al riparo in Pisa, comunicando che Lucca è caduta grazie all'aiuto di tutti gli spoletani, congratulandosi con lui e col Baseggio. Nonostante i danni commerciali ingentissimi e i colpi bassi a tradimento la Serenissima dimostra di saper difendere con le unghie e con i denti il proprio dominio marittimo, anche se la Zecca fa sapere che sono numerosi i depositi chiusi e ritirati da parte dei mercanti veneziani, ed una crisi finanziaria potrebbe essere alle porte. L'intero Maggior Consilio chiede ora al Doge la pacificazione definitiva del "mare nostrum" e scorte navali più consintenti.
La pax veneziana nel mediterraneo è finita.
Ducato di Sardegna
Il duca fa edificare mulini in tutta l’isola, mentre i sardi si rendono preziosi agli alleati spoletani sia in supporto ai veneziani in svariate opere, sia per quanto riguarda l’assedio di Lucca dove un contingente sardo di 5000 uomini, comandato da Lapo (da questa missione ribattezzato con il nomignolo di “Strozzaguinigi”) viene trasportato dall’ammiraglio siciliano Christodolus sino a Pisa e da li, agli ordini di Guglielmo d’Altavilla, sino a Lucca.
Intanto a Cagliari Costantino Spano sposa la sorella del giudice arborese, la marziale Elena di Lacon-Serra. Salusio non riesce a frenare completamente l’ira dei Lacon-Gunale per l’assenso dato al matrimonio, ragion per cui si verificano alcune trattenute di derrate in Logudoro ed alcune tasse non vengono consegnate al Duca nel timore possa egli cederle come dote all’odiato gallurese.
Spano ed Elena hanno subito un figlio maschio legittimo, Teofilo.
Barisone è ormai sul punto di chiedere l’annullamento del matrimonio con Pellegrina, ancora senza eredi maschi. La cosa genererebbe una sicura faida tra le due famiglie, l’ex giudice di Logudoro è però oramai tormentato dall’ossessione di avere un erede, e mentre suo fratello Pietro vede nascersi una seconda bambina, Genoveffa, sul finire del 1156. Per Barisone è l’ultima goccia: così intrattiene una tresca con tale Filippa Mona, già passata per le mani di Costantino Spano, di cui è madre del suo bastardo Eros.
Fatto sta che Eros Spano ha ora una sorellina: Filetta, che Barisone rifiuta di riconoscere minacciando di uccidere madre e figlia, ma non allontanando da se comunque la certezza della paternità.
Il disonore portato a Pellegrina crea attrito tra le fazioni, che cominciano a mobilitarsi in Gallura come in Logudoro, si verificano risse continue e qualche sassaiola con svariati feriti.
Nel frattempo mentre la situazione si fa sempre più intricata giungono notizie di pirati al largo della Sardegna e dell’arrivo imminente della flotta veneziana.
Costantino Spano di Gallura è ora in una posizione di forza, è infatti l’unico nobile sardo ad avere generato un figlio maschio in un matrimonio legittimo.
Inoltre con la morte di Ruggiero II la situazione si fa estremamente pericolante per la Sardegna.
Al vecchio Salusio, ancora rispettato e sul trono il compito di decidere il da farsi.
Prima che accada l’inevitabile.
Regno di Norvegia
Sigurd mantiene saldamente il controllo sui propri domini in Norvegia.
Pozzi artesiani vengono creati in Norvegia, ma in queste terre la loro efficacia è pressoché dimezzata, tuttavia con alcune modifiche la stessa tecnologia potrebbe rivelarsi utile per differenti utilizzi.
Nuove rotte commerciali interessano l’Islanda e le remote isole Svalbard al nord della Lapponia, da cui i norvegesi ottengono prezioso grasso di balena.
Con uno scambio tecnologico, giungono costruttori bizantini raggiungono le remote provincie nordiche, collaborando ad innalzare il livello infrastrutturale della nazione, anche la città di Oslo è ampliata.
Sigurd, non domo, apre anche i confini del regno ai Templari, con la costruzione di nuove case, mentre una rotta di pellegrini è stabilita dalla scandinavia sino alle Fiandre.
Trattati vengono regolarmente firmati con Inghilterra, Templari e Bisanzio al fine di garantire l’excursus burocratico agli investimenti, mentre un gran numero di denari e prestiti affluiscono nelle casse del regno, soprattutto da finanziatori italiani quali i banchieri fiorentini e curiali.
Nel frattempo i norvegesi gestiscono la logistica dello sbarco inglese in Connacht, bloccando il mare d’Irlanda, e sbarcando con 10 000 fanti leggeri di supporto all’inizio del 1156.
Sul finire dell’anno giungono anche notizie da parte degli esploratori nordici inviati oltre l’Islanda, grazie ai portolani di Garban Mac Endai, i norvegesi hanno conoscenza di una terra chiamata Greenland, la quale viene “riscoperta” dopo che Erik il Rosso, un vichingo, vi era giunto visitandola secoli orsono.
Una grande sventura si abbatte però su Sigurd, che perde l’unico erede legittimo al trono di Norvegia. Il figlioletto Guttorm infatti muore per cause accidentali. Con la regina già in avanti con gli anni sembra difficile che il re possa sperare in un altro erede.
Un trattato commerciale firmato con Novgorod permette alla repubblica mercantile variaga di far partire la Compagnia di San Metodio, gli introiti commerciale del regno scandinavo ne risentono assai positivamente. La città di Trondheim è costruita e fondata per volontà di re Sigurd II continuando la stagione dei rinnovamenti infrastrutturali e dando grande impulso alla crescita della nazion.
Guerra d’Irlanda
Diarmait giunge a Sligo forte di 11 500 uomini reclutati con sforzo incredibile, in una leva spropositata, che dissangua le campagne di Ulster e Leinster dei migliori giovani,, inoltre il re irlandese può contare su alcuni dissidenti del Munster prezzolati (circa 3000 cavalieri), ai comandi di un giovane rampollo: Fardang Na MacManara, che per attitudine al comando e violenza in battaglia sembra il suo gemello. Tuttavia il sostegno dell’armata imperiale gli viene meno, visto che da Aquisgrana pare non giungere più alcun interesse verso le sue faccende. Le truppe imperiali restano nel Leinster a oziare e Diarmait non riesce a convincerli ad unirsi al suo esercito. Gli esploratori di Leinster gli comunicano comunque che Garban è rinchiuso nella rocca di Sligo assieme a Brona, con un manipolo di 7000 uomini, inclusi i nordici di Asui, in Irlanda ormai da 2 anni.
Il tutto mentre un esercito inglese sbarca a est, traghettato dai sjorn norvegesi, dalle coste del Munster in direzione di Sligo, a supporto del re di Connacht Brona e di Garban, con al comando niente di meno che Riccardo di Clare.
La fortuna di Diarmait è che le navi nordiche non sono riuscite a caricare l’intero contingente inglese per intero, dovendo dividere in 3 mandate il trasporto, pertanto il furbo re irlandese decide di muovere inaspettatamente verso sud-est anziché su Sligo, spostando rapidissimamente i suoi cavalli grazie alla perfetta conoscenza del territorio, fino al monastero benedettino di Refife, 200 miglia verso a est verso la costa. In questa maniera conta di affrontare i nemici separatamente
Riccardo di Clare viene quindi assalito dai 14 500 irlandesi al comando congiunto di Fardang e Diarmait mentre è accampato e pronto a muoversi in direzione di Sligo. Garban avvisato del cambiamento di rotta dell’avversario ne approfitta per schierarsi lungo il braccio meridionale dello Shannon, riguadagnando l’integrità del territorio di Connacht, devastato dalle scorrerie di Mac Murrough.
Il campo di battaglia a Refife è battuto dalla neve e dal vento quando il generale inglese e il re gaelico si scontrano.
Riccardo, purtroppo si trova in svantaggio numerico, mentre Diarmait che ha requisito cavalli in mezza irlanda per tutti i due anni precedenti, sembra molto baldanzoso caricando il fianco dell’armata inglese e utilizzando sapientemente il proprio piccolo contingente di fanteria pesante, guidato da Fardang, contro la cavalleria dello Strongbow, che incappa in una sconfitta inaspettata e bruciante, lasciando sul campo quasi 9000 uomini, dovendo ritirarsi nell’interno di Munster con 2000 uomini rimasti.
Fardang resta lievemente ferito da una freccia inglese, ma nulla che possa pregiudicare la sua incolumità.
Diarmait, quindi, rimane invitto, ma non attende l’autunno, sapendo benissimo che non vi sarà altra possibilità che continuare a combattere nel tentativo di levare altri 5-6 mila fanti durante l’inverno e muovere così verso il Connacht alla battaglia finale contro Garban e Brona che nel frattempo cercano di fortificarsi sul fiume. Nuovamente calando dai villaggi di confine tra Munster e Leinster, Mac Murrough intercetta la seconda ondata di inglesi, nel tentativo di mantenere diviso il contingente di Clare.
Riccardo tenta con un manipolo di 30 eroici cavalieri inglesi, di prendere la testa del 2° contingente, ma non riesce a raggiungere in tempo il suo esercito, che assaltato immediatamente dagli irlandesi va incontro a una seconda pesantissima sconfitta a Erdham dove la stragrande maggioranza degli arcieri inglesi sono falciati dalla ancora numerosa cavalleria dal vessillo azzurro. Diarmait resta invincibile sulle pianure.
Tuttavia i militi inglesi non sono sprovveduti e riescono a riparare nel nuovo campo che Riccardo di Clare dispone a 80 miglia a sud, nel quale vengono raggiunti, stavolta senza scontri, dagli ultimi rinforzi Re Stefano.
Allo Strongbow restano ora circa 10 000 uomini. Diarmait deve però rifiatare a tutti i costi e il capodanno passa con gli irlandesi ancora posizionati al confine del Munster, tra le armate divise di Connacht e del Re di Inghilterra.
L’arrivo del 1156 porta la notizia dello sbarco di 9000 fanti norvegesi a Cork, che guidati da Asui raggiungono Brona e Garban sullo Shannon.
Clare preferisce arretrare sino a congiungersi con le armate alleate, mossa intelligente questa da parte del condottiero di albione, che prende il comando delle truppe finalmente unite, potendo contare sul doppio degli effettivi del suo avversario, il quale inviato Fardang a razziare il Munster, mobilita cmq altri 3000 cavalieri e 3000 miliziani.
All’argine orientale dello Shannon si decide la guerra irlandese.
Diarmait, non si aspetta un rinforzo così massiccio proveniente dalla scandinavia, egli è nettamente inferiore di numero, ma non può più sottrarsi allo scontro. Maledicendo Sigurd di Norvegia, lancia immediatamente la sua cavalleria contro i nemici e si affida ai suoi frombolieri per tentare di disunire la linea compatta dei nemici potendo contare comunque su truppe ben rifocillate e dall’alto morale.
Anche il cieco di Munster, Garban Mac Endai, cavalca in battaglia al fianco dei suoi luogotenenti. Il vecchio re fa intonare il Kyrie alle sue truppe, che si lanciano addosso all’ ’”assassino”.
Clare questa volta sa che non può fallire, ha dalla sua la cavalleria di Mac Endai, e affronta frontalmente il nemico ad armi pari, mentre la fanteria leggera nordica, ben organizzata al comando dello Jarl di Dolon, Vargard, semina il panico tra i fanti pesanti irlandesi, che in numero risicatissimo, non riescono a contenere gli strabordanti vichinghi.
Il soprannumero degli alleati è troppo anche per l’erede di Brian Boru, il suo esercito viene sconfitto irrimediabilmente, nonostante le perdite sul campo siano pressoché le stesse. Fardang termina la sua breve carriera di generale e la sua giovane vita, colpito a morte da Brona Ui Tairdellbach. Diarmait invece non riesce ad essere catturato e fugge assieme ai suoi fedelissimi 1000 cavalieri sopravvissuti, salvando il vessillo di Brian Boru che porta con se nell’oblio.
E’ la vittoria finale, anche se costa al regno di Inghilterra quasi 30 000 uomini.
Nonostante il numero esiguo, MacMurrough ha combattuto come un leone, anche se il terrore in cui ha tenuto metà dell’isola per 6 lunghi anni, non gli consente ora null’altro che la via dell’esilio.
Repubblica di Venezia
Il Doge opera una mediazione per quanto riguarda Gerusalemme, che alla fine con somma fatica ha successo. Alcune leggi vengono ratificate, incluso il nulla osta del Minor Consilio all’intervento militare in supporto dei fiorentini a Lucca. Badoer al comando dell’Armata di S.Marco, raggiunge quindi la terraferma, potenziato nei numeri.
Dopo aver contribuito assieme a Lombardi e Imperiali, al massacro dei catari nella val Brembana e nella val Camonica, raggiunge il Frignano occupando i passi appenninici della Val di Secchia e Val Panaro, calando dal Passo delle Radici e aiutando Guglielmo d’Altavilla e i fiorentini nella presa della città lucchese.
Nel frattempo giunge notizia di un massiccio attacco alle flotte mercantili veneziane nel mediterraneo, i danni sono ingenti ma la notizia della vittoria in inferiorità numerica a Corfù, grazie soprattutto ai portolani commissionati 8 anni prima dal Dandolo al Salusio, galvanizza il Minor Consilio che si stringe finalmente compatto intorno al Doge, questa volta Polani inclusi.
La sorte del Baseggio però rattrista il popolo, la sua attuale condizione non lascia spazio a molte speranze di rivederlo tornare da Capua vivo purtroppo.
Intanto, dopo che Failer preso il comando dei resti della Serenissima flotta da battaglia riesce a non compromettere del tutto i guadagni pisani, Venezia può ingegnarsi nel previsto e colossale investimento nautico, che da come risultato il varo di una nuova tipologia di galee da guerra.
Nel frattempo la città è ingrandita e nuove rotte commerciali sono stabilite tra la capitale veneta e San Rebbo e le città georgiane. I georgiani ricevono la visita anche del loquace Giovannino Longinotti, capocongrega dei battitori d’asta, con un largo campionario di merci rare per presentare le attività mercantili e i prodotti della Repubblica.
Gli editti di Palazzo Malipiero, vengono firmati dal Doge e da Re Geza, e la neutralizzazione dell’Ungheria avviene quasi di comune accordo con i Bizantini, con cui i rapporti sono apparentemente recuperati. Venezia continua anche i previsti investimenti nell’oriente medio e nel Kaf Almas edificando i primi cantieri intorno a San Rebbo. Antenore Baseggio chiude un buon trattato commerciale per conto della Zecca in Egitto, anche se i fatimidi non riescono a onorarlo a causa di navi promesse e non giunte a destinazione. Non uno zecchino giunge a Venezia e molti mercanti veneziani ritirano i depositi alla banca.
Il futuro tuttavia fa presagire la fine della pax veneta nel mediterraneo, Venezia comunque incassa bene il colpo ricevuto, il suo primato marittimo resta integro grazie ad una capacità organizzativa sorprendente e agli ammiragli dello Ionio: l’astro nascente Failer e l’eroico Baseggio.
Più complicata la situazione finanziaria della Zecca, che si trova a causa della pirateria, decisamente esposta, gli investimenti a rischio potrebbero allontanare sia i risparmiatori che i clienti. Sia Antenore che il Doge devono porvi assolutamente rimedio, o ci saranno sicuri problemi in futuro.
Regno di Francia
I frutti della grande riforma demografica di Luigi vengono raccolti con uno stupefacente incremento di popolazione in tutte le terre francesi. La forbice tra le nuove nascite e l’obolo da versare alle madri francesi non influisce più di tanto sull’erario che ne trae un notevole e importante vantaggio.
La Via Europa ed altri investimenti di primaria importanza vengono completati e la Francia si arricchisce notevolmente. Anche Parigi viene ingrandita con nuovi quartieri e la città è ancora più bella di prima.
La situazione dei catari nel sud della francia viene mitigata sia dal potenziamento delle case templari che dai monasteri cistercensi. Milizie francesi risalgono fino alla Provenza dove alcuni castelli presidiati dagli eretici, ancora disorganizzati, vengono cinti da un cordone militare. Le truppe sono sufficienti a isolare i catari, nonostante una parte dell’esercito previsto nell’operazione resti in Irlanda, in quanto nessuna flotta amica provvede al rimpatrio dei contingenti francesi sotto comando imperiale, i quali lasciati senza ordini oziano nel Leinster disinteressandosi completamente degli scontri che avvengono tra gaelici e inglesi.
In Linguadoca e nei borghi di Aix en Provence ed Albi, quest’ultima la vera capitale del movimento, i catari, però, si rivelano molto più fanatici di quel che sembri, a decine si lasciano morire di fame innanzi ai predicatori cistercensi, anche se i nobili locali ancora si rifiutano di appoggiarli in modo sostanziale.
I metodi non completamente violenti di Bernardo creano di fatto una nuova categoria all’interno del monachesimo cistercense, ovverosia i conversi cioè un corpo laico all'interno dei monasteri cistercensi nel quale i catari possono esprimersi nelle loro pratiche religiose. In parecchi accettano il compromesso, molti altri invece rifiutano categoricamente.
Bernardo guarda a loro con interesse: sebbene la loro predicazione non fosse accettabile da parte della Chiesa, il loro modo di vivere era encomiabile, fondato sull'esercizio di povertà, umiltà e carità. Era principalmente questo il fondamento della facile diffusione dell'eresia, poiché era più vicino alla povera gente di quanto non lo fossero gli altri prelati con le loro sottili discussioni teologiche.
Nonostante la, tutto sommato, riuscita mediazione cistercense, sorgono comunque rocche catare nei borghi di Minerve e Narbonne, tra Perpignano e Montpellier, in quanto l’eresia attecchisce comunque tra le diocesi più opulente e più sfrenatamente filo-curiali della Francia meridionale.
Paradossalmente è la riforma demografica e un incrementato amore del popolo verso Re Luigi lo strumento più efficace contro il diffondersi dell’eresia.
Tre eventi funesti scuotono intanto la Francia del 1156.
Proprio il grande Bernardo di Chiaravalle muore in quest’anno per cause naturali, tra il lutto di tutte le confraternite che fanno suonare le campane a morto per quasi 15 settimane. Migliaia di persone accorrono a Clairveux dove il feretro sta per attraversare la Francia in attesa dell’ultimo saluto al grande predicatore che ha rivoluzionato il monachesimo occidentale. Un onda di sincera commozione scuote il clero, muore infatti anche Pietro il Venerabile abate di Cluny, il destino delle abbazie cluniacensi si lega quindi all’enorme influenza di Bernardo. Molti cistercensi ora si vedono cedere titoli elargizioni e decime gratuitamente a svantaggio dell’ordine cluniacense.
Raul di Vermandois, già in avanti con gli anni contrae la lebbra e di fatto si ritira a vita privata lasciando i propri titoli ai discendenti. In Vermandois molti religiosi invocano il perdono di Dio e messe e rosari sono organizzati in tutta la provincia.
L’erede al trono, il delfino di Francia Filippo, manifesta segni di squilibrio mentale e cessa completamente di parlare, (evidenti segni di autismo NdToga!) i cerusici di corte spaventati temono vi sia la mano del demonio in tutti questi eventi, mentre Luigi si reca in pellegrinaggio per chiedere perdono dei suoi peccati fino a Cluny.
Gli eretici invocano la fine del mondo e la punizione celeste contro la corruzione della chiesa.
La pacificazione del meridione francese è ancora tutta da stabilire, nonostante la situazione rimanga ancora sotto il controllo del regno. Intanto masse di catari, sfuggiti ai genocidi italici si accalcano ai confini francesi chiedendo l’integrazione tra i “conversi” all’interno dei monasteri cistercensi.
Regno d’Inghilterra
Re Stefano risolve le sue dispute con il Plantageneto e un sontuoso matrimonio viene allestito tra Maria di Blois, figlia di Stefano e il Re di Bretagna e Normandia, che riconosce Stefano come Re legittimo, anche se un accordo tra i due prevede che il figlio di Plantageneto sia accostato in linea diretta al trono di Londra, escludendo Eustachio, l’erede fin li designato.
Eustachio non la prende troppo serenamente e medita sul da farsi, ma una sorte beffarda lo mette a tacere senza alcun riguardo: una caduta accidentale da cavallo in una battuta di caccia gli spezza le vertebre cervicali e all’erede al trono inglese non resta che una vita ritirata da paralitico.
Nel frattempo gli inglesi intervengono in Irlanda con un esercito comandato da Riccardo di Clare, dove con grande fatica riescono a sconfiggere Diarmait MacMurrough, grazie soprattutto all’alleato norvegese che risulta determinante nelle sorti della guerra.
I templari sbarcano sull’isola con l’edificazione di una casa di cavalieri, mentre Stefano provvede a far edificare anche un nuovo campo da tiro per i suoi “long bows” che finalmente danno prova della loro devastante potenza.
L’arcolaio Gannella ritorna da “Lord” in Galles nel suo villaggio natale, dove si costruisce una tenuta bellissima.
Nel frattempo i profughi irlandesi giunti da Dublino negli anni precedenti si stanno mescolando tutt’altro che pacificamente con i cugini della Cambria. Serve come minimo un editto che regoli la convivenza o si rischia di dover investire molto nel prossimo futuro per la pacificazione tra i bellicosi irlandesi e i calienti gallesi.
Comune di Milano-Crociata contro i Catari
Landolfo di Soresina coopera con il Sacro Romano Impero e con il veneziano Badoer nella repressione dell'eresia catara, che viene estirpata radicalmente dalla Lombardia.
L'enorme numero di truppe impiegate dal Sacro Romano Impero però genera frizione e attrito con la popolazione milanese, soprattutto nelle valli prealpine.
I catari sono sterminati senza pietà.
Tre grandi stragi vengono perpetrate alla pieve di Mandello sul Lario, a Pavia e nella valle del Sondrio, dove vengono complessivamente accesi quasi 40 000 roghi.
Nonostante ciò la gran parte della popolazione, di chiara fede cattolica, è terrorizzata dai soldati imperiali e perfino in emilia, a Nonantola, nella sede dell'antica Abbazia, i veneziani commettono scempi contro fuggiaschi catari, che vengono bruciati lungo la Fossa Signora che cinge il borgo.
Il gonfaloniere della partecipanza agraria della città Bitino Roverso, viene accusato di eresia e giustiziato dai veneziani assieme a tutto il suo scupmài (il suo clan), Sigismondo Serafini prende il suo posto e la famiglia Roverso è estinta.
Veneziani che intervengono anche in favore dei curiali bolognesi filo papali scacciando l'abate benedettino-cistercense nonantolano ed installandovi Doardo Mazzanti benedettino-cluniacense santagatino. Il piccolo borgo vede ora combattersi due fazioni, una fedele alla diocesi abbaziale di Modena, l'altra a quella di Bologna, con l'edificazione di due torri: La Ròca bolognese, e il Torricino modenese.
Detto questo i passi appenninici di influenza milanese sono occupati in toto dalle truppe della Serenissima, che si riverseranno poi sulla garfagnana, con Badoer che mantiene comunque i suoi presidi appenninici in attesa ordini da Aquisgrana, come su esplicita richiesta del Doge.
Il popolo lombardo non gradisce l'escalation di violenza, con Milano stessa in balia delle truppe dello SRI che raschiano a fondo ogni casa, villa e fattoria bruciando e imprigionando chiunque sia considerato eretico. Molte decime e tasse sono sottratte ai milanesi dall'enorme e mastodontico numero di truppe dello SRI.
Il consiglio cittadino cerca di promulgare un editto ma il genocidio in atto sgomenta notevolmente una larga fetta di nobiltà locale, che chiede il ripristino dell'ordine costituito e il diritto all'autodeterminazione. All'Imperatore viene chiesto di riportare l'ordine e di pacificare la regione senza ulteriore spargimento di sangue e il ritiro dei presidi veneziani al p.sso delle Radici e dell'Abetone.
Rus di Kiev
Il Principe stupisce tutti dando il via ad una riforma radicale dello status monarchico della nazione, anche per contrastare i nobili che temono un accentramento patologico del potere nelle mani del Rus.
Ragion per cui il Principato diviene una vera e propria monarchia consiliare, con una camera di consiglio formata dai nobili del principato.
Purtroppo vi sono lacune a livello di diritto procedurale, molto giuridicamente è ancora da fare e molti dei nobili ucraini profittano della nuova giurisdizione per portare quelle che erano le loro semplici contestazioni all’attenzione della nuova camera. Altri boiari temono la perdita dei privilegi, altri ancora paventano una classe funzionaria in grado di supplire alle loro funzioni come accade nell’alleata Svezia. Gli investimenti burocratici e infrastrutturali vengono additati come prove della volontà del principe di screditare i boiari.
I domini del Rus si destabilizzano, mentre il grosso dell’esercito, l’arma forte del principe in quanto completamente fedele a Vsevolod, invece che rimanere in patria per sedare eventuali tumulti, prende la via della Curonia.
I notabili del paese fedeli al principe si organizzano per trattare una Magna Charta istituzionale, che però resta per il momento ancora tutta da scrivere. La fedeltà dei cortigiani del Rus si abbassa decisamente, ed anche il clero ortodosso, refrattario a novità troppo radicali, condanna il comportamento del Principe a favore del vecchio Yuri, pretendente al trono, che sfida apertamente Vsevolod dopo anni di malcelato silenzio.
Nel frattempo la provincia di Vorogda viene annessa ai domini di Kiev, mentre la stessa città viene ingrandita dai genieri del Rus. I pozzi artesiani costruiti, non sono così efficaci nelle fredde pianure della sarmazia, tuttavia la tecnologia potrebbe essere utilizzata per giungere ad altro.
Un trattato viene ratificato con il regno di Ungheria, notizia che conforta in quanto le recenti tensioni derivate dall’uscita di Re Geza dall’ANO parevano aver destabilizzato le relazioni tra i due stati. Un trattato commerciale con Novgorod e la costruzione di una serie di infrastrutture permette un incremento del commercio grazie ad un emporio della repubblica mercantile e alla neonata Compagnia di San Metodio, una compagnia mercantile che solca i mari del nord.
Regno di Curonia
Con Vairis convertito al cristianesimo, i superioristi curoni si stringono intorno a Ilmars, re di Masuria, che fomentato dallo sciamano Ainis, mobilita 10 000 uomini e si arrocca nei suoi possedimenti.
Il re-cavallo non perde tempo, informato dai suoi corrieri a cavallo leva 18 000 cavalieri e supportato anche dalle truppe del Rus piomba come un fulmine in Masuria dove affronta i ribelli che non hanno alcuno scampo dalla sua collera.
Non vengono fatti prigionieri e l’esercito nemico è passato per la spada integralmente.
Ilmars viene ucciso in combattimento, il suo corpo straziato e la testa inviata a Bisanzio.
Per quanto riguarda Ainis, il re di Curonia riesce a catturarlo dopo la battaglia portandolo in catene fino a Turgus e, volendo emulare il Comneno di Bisanzio, ordina che gli venga comminata una speciale “calcatio” su modello imperiale, come aveva appreso da monaci ortodossi ai tempi della vittoria bizantina di Ochridia.
Piotr e Gennady tentano invano di dissuaderlo, riuscendo solo a evitare che il re, folle di rabbia, provveda alla “calcatio” all’interno della basilica di San Cirillo.
Ainis viene quindi “calcato” da 5 stalloni delle scuderie reali e muore terribilmente, tra le urla di giubilo della folla, il 18 Luglio del 1155. Anche in questo caso la testa viene inviata al Comneno con un rozzo papiro vergato malamente da Vairis stesso recante semplicemente la lettera Omega.
Ma il re Curone non ha ancora terminato l’epurazione dei “nemici del Dio migliore che esista”, e muove ora le truppe verso Edjis di Lituania.
Edjis non può competere con il troppo numeroso esercito di Vairis e gli si para davanti disarmato implorando il perdono all’ingresso in Lituania dell’esercito Curone.
Vairis gli si fa incontro furibondo, a spada sguainata...ma poi guardandolo negli occhi cede all'amicizia e alla riconoscenza verso uno dei suoi più fedeli luogotenenti ai tempi delle battaglie contro il Barbarossa.
Inguainata la spada nuovamente lo rialza e apostrofa a denti stretti:
“In nome del Cristo-Dio ti faccio perdonare tutti i peccati dai miei sacerdoti!”
Fa abbattere il suo cavallo innalzando un ara pagana, ne offre il cuore a Edjis secondo gli antichi riti e gli fa promettere che quello sarà il loro ultimo sacrificio. Edjis viene quindi battezzato ed ha salva la vita mantenendo il suo rango integro. Entrambi quindi banchettano insieme e Vairis da in sposa a Edjis la giovane sorella, Vismara.
Tornato a Turgus il re organizza una guardia di guerrieri fedelissimi, la “Regal Criniera” con funzione di pretoriani del Re che lo scortano ovunque e fungono da sua unità personale in battaglia.
Infine invia in dono a Kiev la sua spada e 5000 cavalieri scelti, oltre a rendere le truppe inviategli da Vsevolod.
Vairis ordina tra l’altro la costruzione di rozze e gigantesche icone di 10 piedi per 10 piedi le quali sono innalzate in tutte le chiese ortodosse del regno. L’icona reca l’immagine di Vsevolod II di Kiev che brandisce una croce al posto di una spada nell’atto di colpire i nemici della Curonia. Nonostante le resistenze di Piotr e Gennedy che giudicano l'idea "volgare, perversa ed assolutamente fuori luogo" il re è irremovibile ed invita i suoi sudditi a recare omaggio all' icona del “Santo Re di Kiev”.
Nell’icona Vairis si fa raffigurare come un guerriero robusto, ma dall’armamento modesto e semplice, il primo alle spalle del Rus.
I suoi soldati lo adorano, il suo popolo lo rispetta enormemente, anche perchè la Curonia ora comincia lentamente a civlizzarsi con la costruzione delle prime infrastrutture civili.
Ora per lui è tempo di trovare definitivamente una moglie e fondare la sua dinastia.
Comune di Lucca-Assedio di Lucca
Grazie all’intervento congiunto delle forze del vincolo di Spoleto (Pisa, Siena, Sardegna, Venezia, Firenze) pur private del grosso dell'esercito siciliano, Lucca, dopo 3 anni di assedio da parte dei ribelli della Lunigiana, cade in forza dell'intervento degli alleati italiani e viene infine conquistata.
Le porte della città vengono colte dagli assedianti parzialmente sguarnite, grazie ad una decisa manovra di intelligence. Fondamentale l'intervento pisano a supporto dei fiorentini, per la prima volta le due città cooperano insieme in ottica di alleanza.
Vengono alzati in città i vessilli della Lunigiana (da parte dei Pontremoli) e della repubblica di Firenze. Guinigi è dato in rotta nelle campagne toscane, dove arcieri scelti di Siena hanno l’ordine di ucciderlo o catturarlo.
Il veneziano Badoer assieme al suo contingente, transitato via Milano dove partecipa alle repressioni anti catare, controlla i passi appenninici del Radici e dell'Abetone, Guglielmo d'Altavilla, che ha guidato le truppe di tre nazioni, divide il trionfo con il fiorentino Agostino Bondelmonti, il conquistatore di Lucca.
Comune di Firenze
A Firenze grande prestigio è dato dalla difficile conquista di Lucca assieme ai Pontremoli e a tutte le forze spoletane.
Jacopo Cerretani viene salutato ufficialmente da tutta la città alla partenza per Gerusalemme, della quale sarà il Re come per gli accordi intercorsi grazie alle mediazioni veneziane in Palestina tra templari, bizantini e il papa. Interventi finanziari in Francia sono accordati dal Banco Mercantile Fiorentino al re di Francia Luigi.
Dolenti note, dolentissime, riempiono però i bollettini dei funzionari comunali. La malaria che era giunta in città nei due anni precedenti, viene assolutamente sottovalutata dal governo e la situazione peggiora terribilmente. Lapa muore all’inizio del 1155, mentre il console Bonati e il figlio Durante si ammalano. La situazione degenera quando sia Pietro Adimari che Beatrice da Pontremoli risultano infetti. La malaria quindi raggiunge anche Lucca sul finire del 1156 e si teme che la malattia si sia diffusa anche tra le truppe spoletane sbarcate in maremma. Molti fiorentini si ammalano e la città è messa in quarantena.
Situazione tragica a Firenze dove urgono massicci investimenti e drastici provvedimenti.
Ciliegina su una torta assai amara: nessuna notizia dell'altro Cerretani rapito a Lisbona.
Repubblica di Genova
Muore di vecchiaia Goffredo Crozzi, rettore della biblioteca, mentre Giovanni Colonna ha un attacco di gotta con complicazioni cardiache, gli vengono applicati salassi e la situazione sembra migliorare.
Mentre alcuni investimenti sanitari vengono inizializzati, Genova procede alla costruzione di pozzi artesiani e mulini, il console allarga l’emporio in Tunisia, oltre a rafforzare maggiormente la propria flotta mercantile nel Tirreno con il varo di nuovi bastimenti.
Le navi genovesi avvistano dapprima pirati saccheggiare navi venete e poi le flotte veneziane nel novembre del 1155, ma non avviene nessuno scontro tra le due marinerie.
La ratifica del trattato italico con Arborea e Lucca vede la firma del D’Oria.
Tuttavia Lucca cade senza che Genova muova un solo armigero verso l’alleato, generando una flebile protesta degli Arboresi, unici alleati esterni rimasti fedeli alla repubblica, preoccupati dalla scarsa intraprendenza dei liguri. Nonostante ciò Genova si sta arricchendo notevolmente anche grazie alla nuova Zecca che comincia a coniare i primi genovini d’oro e la situazione politica interna non desta preoccupazione per il futuro.
Regno di Sicilia
Conversioni di arabi vengono effettuate in Sicilia all’insegna della mutua pacificazione tra le religioni.
Le saline siciliane vengono definitivamente approntate da ingegneri veneziani e cominciano ad essere produttive.
Le navi siciliane trasportano contingenti sardi a Pisa, mentre una seconda metà della flotta veleggia fino a Gerusalemme dove giungono masse di pellegrini lusitani e iberici in visita ai luoghi sacri. Si tratta del primo vero pellegrinaggio cristiano di massa dopo molti anni.
Intanto che il Re attende (e attenderà invano) le navi veneziane per portare i suoi uomini, quasi 20 000, a Lucca a bordo della Serenissima flotta, Nilus Doxopatrius si ammala di un male misterioso: verruche bianche e purulente ricoprono le sue braccia e le sue gambe, mentre un vomito biliare scuro lo tormenta notte e giorno. La malattia sembra contagiosa e i medici siciliani isolano il malato in una cascina fuori da Palermo.
All'arrivo di Failer con una Serenissima flotta dimezzata e malconcia, Ruggiero viene a sapere che non potrà muovere verso Lucca, in ballo vi è la salvaguardia di Pisa. La fortuna sembra girare le spalle all'Altavilla.
Infatti è così.
Una mattina di ottobre, Ruggiero non si presenta per la colazione, velocemente la voce si sparge per la reggia e poi si propaga a tutta la corte e alla città: Ruggiero sta molto male.
L’Altavilla morirà per cause naturali qualche giorno dopo, appena prima che giunga in sicilia la notizia della vittoriosa conclusione della battaglia, portata a termine da un altro Altavilla, suo figlio Guglielmo, tribuno a capo del contingente pisano.
II Re di Sicilia e d’Italia non è più, la notizia raggiunge ben presto tutti suoi domini mentre il figlio dodicenne Serlone eredita i titoli regali, col disappunto comunque di una parte di nobiltà schierata per Guglielmo, oltre che di alcuni influenti musulmani.
La salma del Re viene visitata da Vittore IV, che rende onore alle esequie regali, benedicendo il corpo del re d’Italia.
Gli Altavilla perdono uno dei più grandi monarchi della loro dinastia, grande condottiero e geniale amministratore, un grande Re che seppe unire sotto il suo scettro musulmani, cristiani e ortodossi rendendoli parte di unica nazione.
Tutto ciò ora ritorna in discussione con la morte del più grande Re che il mezzogiorno italico ha visto dai tempi di Teodorico.
Il regno di Sicilia è alla svolta.
Sacro Romano Impero
Dopo che nel 1155 Corrado amministra l’impero con mano ferma, l’Imperatore cala in Italia con un esercito numerosissimo, pronto a spazzare via ogni resistenza eretica da Lombardia e Savoia.
Catari e patarini italiani vengono sterminati e massacrati impunemente in due differenti raid che non lasciano scampo ai nemici della chiesa, i quali vengono annichiliti in un bagno di sangue. Centinaia di roghi vengono appiccati e trovano la morte in tantissimi, per il solo delitto di adorare il cristo in una maniera differente da quella propugnata da Roma.
Il bagno di sangue si allarga anche agli innocenti: in questo biennio basta anche solo il nominare un amico o un conoscente cataro o tacciato di eresia per finire al rogo.
Dopo la pulizia etnica in Lombardia e Savoia, i pochi catari rimasti si danno alla fuga, qualcuno trova asilo sotto falso nome nel trambusto di Venezia e Genova, altri migrano verso l’Elvezia e le più inaccessibili valli alpine, altri ancora ritornano verso la Francia meridionale.
Tuttavia sia il Lombardo che la Savoia, vengono fortemente destabilizzate dal genocidio, che è risultato eccessivo e terribilmente violento. Ragion per cui i soldati tedeschi accusano ritorni di fiamma tra la popolazione locale, che anziché accoglierli pacificamente, manifesta apertamente la propria ostilità, ostilità che si allarga anche ai governi di Torino e Milano.
Alleati o non alleati, gli imperiali procedono coi roghi anche dei dissidenti cristiano-romani e la situazione della Lombardia e della Savoia, seppur sotto controllo, resta tesissima.
Più a nord le truppe rimaste in Irlanda non seguono invece, le sorti di Vladislao (che ritorna in patria), rimanendo a bivaccare in Leinster in attesa degli eventi.
Per quanto riguarda la situazione interna: Barbarossa sposa una principessa ungherese (Sophie), nel tentativo di riaccreditarsi verso la nobiltà locale; viene anche forgiata una spada per celebrare Vladislao, "la Punta di S.Maria" che fregierà d'ora in avanti i re di Boemia.
Intanto per tutto il biennio si registrano continue diserzioni e avvicendamenti tra i cavalieri tedeschi dell’ordine templare, il che destabilizza notevolmente la nobiltà locale a vantaggio personale dell’Imperatore, al quale però non può essere fatta apparentemente nessuna colpa, in quanto egli pare non far altro che accettare gli omaggi dei templari per non destabilizzare ulteriormente a sua volta l'Impero.
Fatto sta che sul finire del 1156 le case del Tempio giurano i loro voti direttamente a Corrado e non più al Gran Maestro, ragion per cui il controllo tributario delle case passa quindi direttamente all’erario imperiale.
Muore Federico II, fu reggente imperiale durante la cattività di Corrado e suo salvatore, viene pianto in verità da ben pochi nobili, con cui ebbe sempre da lottare. Suo figlio Federico III diviene quindi il primo principe in linea di successione diretta per il trono Imperiale.
Le preoccupazioni tuttavia affliggono Corrado, che si ammala di emicrania. Per farsela passare stuoli di massaggiatori lo seguono un po’ dappertutto. E’ il 31 dicembre del 1156.
Battaglie navali nel Mediterraneo
Il Mediterraneo conosce il ritorno della pirateria moresca.
La Compagnia Mercantile del Levante, l'orgoglio e il simbolo della potenza economica veneziana, subisce infatti un attacco durissimo da parte di imbarcazioni da battaglia, un numero spropositato, tutte veloci e moderne, all'altezza del canale di Malta, mentre risale il mediterraneo in direzione di Pisa e di Logudoro.
La flotta, completamente colta di sorpresa e senza alcun ordine aggiuntivo, sub appaltata per il biennio ai logisti sardi che l'attendevano a Torres, ha ben presto la peggio, nonostante una parte di galee fosse attrezzata per combattere eventuali malintenzionati.
E' una vera disfatta.
Delle 200 imbarcazioni mercantili veneziane, più di una buona metà viene affondata, le restanti 70 invece prendono la via dell'Adriatico con l'intenzione di tornare a Venezia. Fortunatamente lo scalo effettuato ad Alessandria, lascia senza troppa merce i bastimenti, ragion per cui i beni e i prodotti provenienti dal Mar Nero risultano già traslati e venduti, facendo salvi i profitti bizantini e kievani, ma danneggiando notevolmente quelli veneti, che vistosi costretti a interrompere la rotta mercantile non ottengono alcun vantaggio dai commerci tirrenici.
Due mirabili ammiragli moreschi guidano le operazioni di questa flotta terrificante: si fanno chiamare il primo Eissa Al-Mutairi, il secondo, più giovane e talentuoso, semplicemente Othman. Si mormora che essi siano padre e figlio.
Tuttavia la flotta da battaglia veneziana, di ritorno da San Rebbo, veleggiando a 3 giorni di seguito dalla Compagnia Mercantile del Levante, avvista la flotta pirata dirigersi verso il canale d'Otranto.
Vuoi la distanza, vuoi il giorno di foschia, nonchè la velocità delle imbarcazioni e il loro numero, traggono inizialmente in inganno il Baseggio, che convinto siano esse stesse le navi mercantili veneziane intende proseguire verso la Sicilia, dove Ruggiero II lo attende con 20 000 scudi per muovere verso Lucca.
Il caso vuole che però il 24enne ammiraglio Failer, voluto dal Doge al seguito della Serenissima durante il trasbordo bizantino di due anni prima, notando alcuni resti di legno trasportati dalla corrente, fiuti il pericolo, insistendo con il grand'ammiraglio Baseggio per incrociare l'enorme flotta in lontananza.
Baseggio è dubbioso e teme ritardi negli ordini assegnatigli dal Doge, ciononostante acconsente all'intercetto della flotta sconosciuta.
Giunti al largo di Corfù, questa volta sono i segnalatori bizantini alleati che procedono a indicare chiaramente da terra il passaggio nei giorni precedenti dei mercantili veneziani all'ammiraglia di Baseggio a seguito di uno scontro in mare.
Il Grand'ammiraglio veneziano quindi, immediatamente resosi conto dell'accaduto, da l'ordine di prepararsi alla battaglia, ordinando di costringere i pirati oramai vicini poche miglia a una virata di tribordo, poi si ritira sottocoperta per qualche minuto studiando alcune pergamene, salvo poi uscire nuovamente facendo virare ancora di 70 gradi ancora la testa della flotta, mettendola però decisamente controvento.
Al-Mutairi e Othman, avvistano le navi venete alla loro poppa e decidono per lo scontro, di modo in caso di vittoria, di penetrare in Adriatico sino al saccheggio della laguna.
I pirati appaiono ben disciplinati e determinati, il loro numero è maggiore di quello dei veneziani di circa 100 galee e il vecchio Mutairi è un leone del vento... Il soffio infatti investe i veneziani a prua mentre la flotta pirata compie una perfetta e impeccabile inversione a U, dirigendosi con la tramontana in poppa contro le navi della Serenissima. Othman sorride sicuro di sè notando l'insolita posizione del naviglio veneziano.
Il 3 Maggio 1155 al largo di Corfù, 350 navi di apparente fattura araba, incontravano nuovamente i 250 armi veneziani, a distanza di 10 anni dalla crociata, in quella che verrà ricordata come la più grande battaglia navale finora mai disputata.
Le navi pirata dei mori sono leggermente più veloci e tecnologicamente progredite, ma l'abilità in combattimento degli ammiragli veneziani controbilancia il lieve vantaggio degli aggressori.
Al-Mutairi ordina rapidamente una formazione a collo di gru, piuttosto insolita ma molto efficace, con la sua ammiraglia "Rabbani" a fungere da punta in un cuneo triangolare diretto contro il centro della doppia linea delle galee venete; con l'obbiettivo di sfondare nel mezzo e scorrendo con le navi al seguito, separare in due tronconi la flotta.
Baseggio però, anticipa stranamente i tempi ordinando al Failer di portare la sua "Pisana" e i 10 squadroni al suo comando sulla sinistra dell'asse veneziano, distraendosi dalla linea di collisione, andando a cercare l'accerchiamento sul fianco dei nocchi moreschi.
Othman, in sella alla velocissima "Sheikh Islamya", battente fiocchi dorati, non chiede di meglio... e con un numero di navi equivalente si porta sulla destra con una velocità impressionante, andando a chiudere il tentativo di aggiramento di Failer e lasciando in forze il cuneo di Al-Mutairi che è ormai a mezzo miglio dalla linea veneta.
Eissa fa alzare il coro ai suoi "Allah u AKbar! Allah u Akbar!" si ode tutt'intorno...Baseggio fa rispondere col veneziano del rovigotto "Al Negher dag al Negher!"
I veneziani però hanno in serbo qualche sorpresa, essi infatti hanno il possesso delle mappe e della carte nautiche dello Ionio, sviluppate insieme al Salusio negli anni precedenti, il che da alla Serenissima una conoscenza perfetta di coste, litroali e fondali. Così mentre il grosso della flotta pirata mantiene il cuneo andando a collidere e impattare in maniera terrificante contro le galee del Baseggio, che traballano paurosamente... tutta la destra degli scafi moreschi, guidata da Othman, punta dietro al Failer in manovra di sganciamento...
Momenti di grande tensione seguono i movimenti della navi... poi segue il crepitio terribile delle chiglie che cozzano contro la roccia...
I mori infatti, nel tentativo di tagliar fuori gli squadroni di Failer, cadono nel tranello e vanno a incagliarsi sulle secche che il giovane veneziano ha frapposto fra se e i nemici...
La "Pisana" passa a meno di 30 metri dalla nave ammiraglia di Othman incagliata, i due giovani capitani si guardando per un attimo: uno incredulo, l'altro sicuro di se, mentre le divise rosse del Leone di S.Marco disposte in fila indiana virano ora nuovamente verso il centro della battaglia...
Più di 10 squadroni navali moreschi incagliano o affondano, rimanendo inservibili e tagliati fuori per tutta la durata dello scontro.
Eliminato il vantaggio numerico dei pirati, la battaglia è praticamente disputata ad armi pari, in un cruentissimo scontro all'ultimo sangue, che vede comunque ancora Eissa in vantaggio, il cuneo moresco rallenta impattando sulle navi veneziane ma pare inarrestabile. Baseggio rischia seriamente la sconfitta, ed è già ferito, con l'indice verso per sentire il vento rischia il tutto per tutto ordinando una radunata nel cuore dello scontro.
Nella mischia infatti le galee veneziane possono battere di remo, e il 32enne di Rialto, decide di portare la sua ammiraglia "La Ventenne" in mezzo alle navi della Serenissima...da li, frapponendosi all'impazzata, i veneziani riescono a bloccare l'avanzata del cuneo nemico e successivamente a romperlo con una fortunata e insperata serie di speronamenti, supportati da un brillantissimo Failer, il quale riportatosi in formazione fa dimenticare l'onta della Manica con una diagonale straordinaria che cala a scure gli avversari.
E' però egualmente grandiosa la resistenza dei mori, che cedono lentissimamente, un centimetro alla volta, tutt'altro che sopiti... Eissa trova il modo per uscire dall'accerchiamento abbordando l'ammiraglia di Baseggio, dando battaglia vera sino alla fine...almeno fino a quando lo sostiene il vento, che cessa dopo quasi tre ore di scontri sanguinosi. Al calar del sole i mori devono quindi ritirarsi per non essere sopraffatti, Othman frattanto disincaglia alcune delle sue navi, ma quando le vele sono di nuovo in tensione, non può far altro che accodarsi a Eissa, il quale saggiamente, muove verso sud ovest salvando ciò che resta della sua flotta.
La battaglia infine arride a Venezia nonostante la Serenissima lasci sul mare quasi 130 galee tra cui l'ammiraglia "La Ventenne", speronata e inutilizzabile.
I pirati perdono quasi il doppio delle imbarcazioni, anche se una quarantina di scafi riescono a liberarsi dagli scogli raggiungendo in ritirata la propria flotta. Una decina di vascelli nemici sono invece catturati da Failer e portati a Venezia.
Prima del numero e della forza, è l'ingegno veneziano e la geografia dei sardi che hanno trionfato.
Venezia è salva, con i mori in Adriatico infatti, la situazione sarebbe stata quantomeno difficile, anche se S.Marco paga un prezzo altissimo in fatto di danni commerciali, con la Compagnia del Levante praticamente dimezzata.
Baseggio, viene acclamato dall'intera marineria, purtroppo risulterà gravemente ferito da una serie di dardi e svariati colpi di scimmitarra, crolla sul ponte all'ultimo quando già i "Viva San Marco" risuonano tra le galee.
Le sue condizioni sono disperate e i suoi ufficiali già lo piangono.
Battaglie navali nel Tirreno
La vittoria dello Ionio è comunque pagata a caro prezzo dai veneziani.
La flotta veneta è rallentata e giunge tardiva al passaggio tra Scilla e Cariddi.
E le cattive notizie per Venezia non terminano.
Failer, preso il comando delle navi venete a causa del ferimento di Baseggio, raggiunge qualche giorno dopo Capua, dove grazie agli infaticabili sardi lasciati di vedetta sul Tirreno e nei dintorni, apprende la notizia di ulteriori pirati, (!!!) questa volta italici, guidati da un certo Gutierro, che hanno paralizzato i commerci a Logudoro, facendo preda di numerosi bastimenti e scafi mercantili, oltre che dei bottini delle rotte commerciali sarde.
Il Grand'Ammiraglio nel frattempo è lasciato alle cure dei cerusici siciliani.
Avvistati i pirati nei pressi di Pisa, Failer decide per l'intercettamento, tuttavia non potendo caricare che la metà degli uomini di Ruggiero, e con i rematori già molto provati, il giovane ammiraglio preferisce muovere con i resti della Serenissima verso il Tirreno settentrionale, lasciando a piedi i siciliani e confidando nella buona sorte dei fiorentini.
Incrociata la flotta mercantile genovese, apparentemente intonsa, i veneziani arrivano stremati alla rada di Piombino per dare battaglia.
Fortunatamente i pirati di Gutierro non sembra abbiano intenzione di ingaggiare il nemico duramente, anche perchè la superiorità veneziana in questo caso è netta.
Vi è il tempo per un veloce scontro in cui la Serenissima ha la meglio, perdendo tuttavia un altro squadrone, affondato da Gutierro in persona, a bordo di una grande galea dipinta di verde. I rematori veneziani sono sfiancati , così 5 squadroni di pirati prendono il largo con un buon bottino ritirandosi nel golfo del Leone, al riparo dall'ira veneziana.
Il Doge manda messi a Failer, al riparo in Pisa, comunicando che Lucca è caduta grazie all'aiuto di tutti gli spoletani, congratulandosi con lui e col Baseggio. Nonostante i danni commerciali ingentissimi e i colpi bassi a tradimento la Serenissima dimostra di saper difendere con le unghie e con i denti il proprio dominio marittimo, anche se la Zecca fa sapere che sono numerosi i depositi chiusi e ritirati da parte dei mercanti veneziani, ed una crisi finanziaria potrebbe essere alle porte. L'intero Maggior Consilio chiede ora al Doge la pacificazione definitiva del "mare nostrum" e scorte navali più consintenti.
La pax veneziana nel mediterraneo è finita.
Ducato di Sardegna
Il duca fa edificare mulini in tutta l’isola, mentre i sardi si rendono preziosi agli alleati spoletani sia in supporto ai veneziani in svariate opere, sia per quanto riguarda l’assedio di Lucca dove un contingente sardo di 5000 uomini, comandato da Lapo (da questa missione ribattezzato con il nomignolo di “Strozzaguinigi”) viene trasportato dall’ammiraglio siciliano Christodolus sino a Pisa e da li, agli ordini di Guglielmo d’Altavilla, sino a Lucca.
Intanto a Cagliari Costantino Spano sposa la sorella del giudice arborese, la marziale Elena di Lacon-Serra. Salusio non riesce a frenare completamente l’ira dei Lacon-Gunale per l’assenso dato al matrimonio, ragion per cui si verificano alcune trattenute di derrate in Logudoro ed alcune tasse non vengono consegnate al Duca nel timore possa egli cederle come dote all’odiato gallurese.
Spano ed Elena hanno subito un figlio maschio legittimo, Teofilo.
Barisone è ormai sul punto di chiedere l’annullamento del matrimonio con Pellegrina, ancora senza eredi maschi. La cosa genererebbe una sicura faida tra le due famiglie, l’ex giudice di Logudoro è però oramai tormentato dall’ossessione di avere un erede, e mentre suo fratello Pietro vede nascersi una seconda bambina, Genoveffa, sul finire del 1156. Per Barisone è l’ultima goccia: così intrattiene una tresca con tale Filippa Mona, già passata per le mani di Costantino Spano, di cui è madre del suo bastardo Eros.
Fatto sta che Eros Spano ha ora una sorellina: Filetta, che Barisone rifiuta di riconoscere minacciando di uccidere madre e figlia, ma non allontanando da se comunque la certezza della paternità.
Il disonore portato a Pellegrina crea attrito tra le fazioni, che cominciano a mobilitarsi in Gallura come in Logudoro, si verificano risse continue e qualche sassaiola con svariati feriti.
Nel frattempo mentre la situazione si fa sempre più intricata giungono notizie di pirati al largo della Sardegna e dell’arrivo imminente della flotta veneziana.
Costantino Spano di Gallura è ora in una posizione di forza, è infatti l’unico nobile sardo ad avere generato un figlio maschio in un matrimonio legittimo.
Inoltre con la morte di Ruggiero II la situazione si fa estremamente pericolante per la Sardegna.
Al vecchio Salusio, ancora rispettato e sul trono il compito di decidere il da farsi.
Prima che accada l’inevitabile.
Regno di Norvegia
Sigurd mantiene saldamente il controllo sui propri domini in Norvegia.
Pozzi artesiani vengono creati in Norvegia, ma in queste terre la loro efficacia è pressoché dimezzata, tuttavia con alcune modifiche la stessa tecnologia potrebbe rivelarsi utile per differenti utilizzi.
Nuove rotte commerciali interessano l’Islanda e le remote isole Svalbard al nord della Lapponia, da cui i norvegesi ottengono prezioso grasso di balena.
Con uno scambio tecnologico, giungono costruttori bizantini raggiungono le remote provincie nordiche, collaborando ad innalzare il livello infrastrutturale della nazione, anche la città di Oslo è ampliata.
Sigurd, non domo, apre anche i confini del regno ai Templari, con la costruzione di nuove case, mentre una rotta di pellegrini è stabilita dalla scandinavia sino alle Fiandre.
Trattati vengono regolarmente firmati con Inghilterra, Templari e Bisanzio al fine di garantire l’excursus burocratico agli investimenti, mentre un gran numero di denari e prestiti affluiscono nelle casse del regno, soprattutto da finanziatori italiani quali i banchieri fiorentini e curiali.
Nel frattempo i norvegesi gestiscono la logistica dello sbarco inglese in Connacht, bloccando il mare d’Irlanda, e sbarcando con 10 000 fanti leggeri di supporto all’inizio del 1156.
Sul finire dell’anno giungono anche notizie da parte degli esploratori nordici inviati oltre l’Islanda, grazie ai portolani di Garban Mac Endai, i norvegesi hanno conoscenza di una terra chiamata Greenland, la quale viene “riscoperta” dopo che Erik il Rosso, un vichingo, vi era giunto visitandola secoli orsono.
Una grande sventura si abbatte però su Sigurd, che perde l’unico erede legittimo al trono di Norvegia. Il figlioletto Guttorm infatti muore per cause accidentali. Con la regina già in avanti con gli anni sembra difficile che il re possa sperare in un altro erede.
Un trattato commerciale firmato con Novgorod permette alla repubblica mercantile variaga di far partire la Compagnia di San Metodio, gli introiti commerciale del regno scandinavo ne risentono assai positivamente. La città di Trondheim è costruita e fondata per volontà di re Sigurd II continuando la stagione dei rinnovamenti infrastrutturali e dando grande impulso alla crescita della nazion.
Guerra d’Irlanda
Diarmait giunge a Sligo forte di 11 500 uomini reclutati con sforzo incredibile, in una leva spropositata, che dissangua le campagne di Ulster e Leinster dei migliori giovani,, inoltre il re irlandese può contare su alcuni dissidenti del Munster prezzolati (circa 3000 cavalieri), ai comandi di un giovane rampollo: Fardang Na MacManara, che per attitudine al comando e violenza in battaglia sembra il suo gemello. Tuttavia il sostegno dell’armata imperiale gli viene meno, visto che da Aquisgrana pare non giungere più alcun interesse verso le sue faccende. Le truppe imperiali restano nel Leinster a oziare e Diarmait non riesce a convincerli ad unirsi al suo esercito. Gli esploratori di Leinster gli comunicano comunque che Garban è rinchiuso nella rocca di Sligo assieme a Brona, con un manipolo di 7000 uomini, inclusi i nordici di Asui, in Irlanda ormai da 2 anni.
Il tutto mentre un esercito inglese sbarca a est, traghettato dai sjorn norvegesi, dalle coste del Munster in direzione di Sligo, a supporto del re di Connacht Brona e di Garban, con al comando niente di meno che Riccardo di Clare.
La fortuna di Diarmait è che le navi nordiche non sono riuscite a caricare l’intero contingente inglese per intero, dovendo dividere in 3 mandate il trasporto, pertanto il furbo re irlandese decide di muovere inaspettatamente verso sud-est anziché su Sligo, spostando rapidissimamente i suoi cavalli grazie alla perfetta conoscenza del territorio, fino al monastero benedettino di Refife, 200 miglia verso a est verso la costa. In questa maniera conta di affrontare i nemici separatamente
Riccardo di Clare viene quindi assalito dai 14 500 irlandesi al comando congiunto di Fardang e Diarmait mentre è accampato e pronto a muoversi in direzione di Sligo. Garban avvisato del cambiamento di rotta dell’avversario ne approfitta per schierarsi lungo il braccio meridionale dello Shannon, riguadagnando l’integrità del territorio di Connacht, devastato dalle scorrerie di Mac Murrough.
Il campo di battaglia a Refife è battuto dalla neve e dal vento quando il generale inglese e il re gaelico si scontrano.
Riccardo, purtroppo si trova in svantaggio numerico, mentre Diarmait che ha requisito cavalli in mezza irlanda per tutti i due anni precedenti, sembra molto baldanzoso caricando il fianco dell’armata inglese e utilizzando sapientemente il proprio piccolo contingente di fanteria pesante, guidato da Fardang, contro la cavalleria dello Strongbow, che incappa in una sconfitta inaspettata e bruciante, lasciando sul campo quasi 9000 uomini, dovendo ritirarsi nell’interno di Munster con 2000 uomini rimasti.
Fardang resta lievemente ferito da una freccia inglese, ma nulla che possa pregiudicare la sua incolumità.
Diarmait, quindi, rimane invitto, ma non attende l’autunno, sapendo benissimo che non vi sarà altra possibilità che continuare a combattere nel tentativo di levare altri 5-6 mila fanti durante l’inverno e muovere così verso il Connacht alla battaglia finale contro Garban e Brona che nel frattempo cercano di fortificarsi sul fiume. Nuovamente calando dai villaggi di confine tra Munster e Leinster, Mac Murrough intercetta la seconda ondata di inglesi, nel tentativo di mantenere diviso il contingente di Clare.
Riccardo tenta con un manipolo di 30 eroici cavalieri inglesi, di prendere la testa del 2° contingente, ma non riesce a raggiungere in tempo il suo esercito, che assaltato immediatamente dagli irlandesi va incontro a una seconda pesantissima sconfitta a Erdham dove la stragrande maggioranza degli arcieri inglesi sono falciati dalla ancora numerosa cavalleria dal vessillo azzurro. Diarmait resta invincibile sulle pianure.
Tuttavia i militi inglesi non sono sprovveduti e riescono a riparare nel nuovo campo che Riccardo di Clare dispone a 80 miglia a sud, nel quale vengono raggiunti, stavolta senza scontri, dagli ultimi rinforzi Re Stefano.
Allo Strongbow restano ora circa 10 000 uomini. Diarmait deve però rifiatare a tutti i costi e il capodanno passa con gli irlandesi ancora posizionati al confine del Munster, tra le armate divise di Connacht e del Re di Inghilterra.
L’arrivo del 1156 porta la notizia dello sbarco di 9000 fanti norvegesi a Cork, che guidati da Asui raggiungono Brona e Garban sullo Shannon.
Clare preferisce arretrare sino a congiungersi con le armate alleate, mossa intelligente questa da parte del condottiero di albione, che prende il comando delle truppe finalmente unite, potendo contare sul doppio degli effettivi del suo avversario, il quale inviato Fardang a razziare il Munster, mobilita cmq altri 3000 cavalieri e 3000 miliziani.
All’argine orientale dello Shannon si decide la guerra irlandese.
Diarmait, non si aspetta un rinforzo così massiccio proveniente dalla scandinavia, egli è nettamente inferiore di numero, ma non può più sottrarsi allo scontro. Maledicendo Sigurd di Norvegia, lancia immediatamente la sua cavalleria contro i nemici e si affida ai suoi frombolieri per tentare di disunire la linea compatta dei nemici potendo contare comunque su truppe ben rifocillate e dall’alto morale.
Anche il cieco di Munster, Garban Mac Endai, cavalca in battaglia al fianco dei suoi luogotenenti. Il vecchio re fa intonare il Kyrie alle sue truppe, che si lanciano addosso all’ ’”assassino”.
Clare questa volta sa che non può fallire, ha dalla sua la cavalleria di Mac Endai, e affronta frontalmente il nemico ad armi pari, mentre la fanteria leggera nordica, ben organizzata al comando dello Jarl di Dolon, Vargard, semina il panico tra i fanti pesanti irlandesi, che in numero risicatissimo, non riescono a contenere gli strabordanti vichinghi.
Il soprannumero degli alleati è troppo anche per l’erede di Brian Boru, il suo esercito viene sconfitto irrimediabilmente, nonostante le perdite sul campo siano pressoché le stesse. Fardang termina la sua breve carriera di generale e la sua giovane vita, colpito a morte da Brona Ui Tairdellbach. Diarmait invece non riesce ad essere catturato e fugge assieme ai suoi fedelissimi 1000 cavalieri sopravvissuti, salvando il vessillo di Brian Boru che porta con se nell’oblio.
E’ la vittoria finale, anche se costa al regno di Inghilterra quasi 30 000 uomini.
Nonostante il numero esiguo, MacMurrough ha combattuto come un leone, anche se il terrore in cui ha tenuto metà dell’isola per 6 lunghi anni, non gli consente ora null’altro che la via dell’esilio.
Repubblica di Venezia
Il Doge opera una mediazione per quanto riguarda Gerusalemme, che alla fine con somma fatica ha successo. Alcune leggi vengono ratificate, incluso il nulla osta del Minor Consilio all’intervento militare in supporto dei fiorentini a Lucca. Badoer al comando dell’Armata di S.Marco, raggiunge quindi la terraferma, potenziato nei numeri.
Dopo aver contribuito assieme a Lombardi e Imperiali, al massacro dei catari nella val Brembana e nella val Camonica, raggiunge il Frignano occupando i passi appenninici della Val di Secchia e Val Panaro, calando dal Passo delle Radici e aiutando Guglielmo d’Altavilla e i fiorentini nella presa della città lucchese.
Nel frattempo giunge notizia di un massiccio attacco alle flotte mercantili veneziane nel mediterraneo, i danni sono ingenti ma la notizia della vittoria in inferiorità numerica a Corfù, grazie soprattutto ai portolani commissionati 8 anni prima dal Dandolo al Salusio, galvanizza il Minor Consilio che si stringe finalmente compatto intorno al Doge, questa volta Polani inclusi.
La sorte del Baseggio però rattrista il popolo, la sua attuale condizione non lascia spazio a molte speranze di rivederlo tornare da Capua vivo purtroppo.
Intanto, dopo che Failer preso il comando dei resti della Serenissima flotta da battaglia riesce a non compromettere del tutto i guadagni pisani, Venezia può ingegnarsi nel previsto e colossale investimento nautico, che da come risultato il varo di una nuova tipologia di galee da guerra.
Nel frattempo la città è ingrandita e nuove rotte commerciali sono stabilite tra la capitale veneta e San Rebbo e le città georgiane. I georgiani ricevono la visita anche del loquace Giovannino Longinotti, capocongrega dei battitori d’asta, con un largo campionario di merci rare per presentare le attività mercantili e i prodotti della Repubblica.
Gli editti di Palazzo Malipiero, vengono firmati dal Doge e da Re Geza, e la neutralizzazione dell’Ungheria avviene quasi di comune accordo con i Bizantini, con cui i rapporti sono apparentemente recuperati. Venezia continua anche i previsti investimenti nell’oriente medio e nel Kaf Almas edificando i primi cantieri intorno a San Rebbo. Antenore Baseggio chiude un buon trattato commerciale per conto della Zecca in Egitto, anche se i fatimidi non riescono a onorarlo a causa di navi promesse e non giunte a destinazione. Non uno zecchino giunge a Venezia e molti mercanti veneziani ritirano i depositi alla banca.
Il futuro tuttavia fa presagire la fine della pax veneta nel mediterraneo, Venezia comunque incassa bene il colpo ricevuto, il suo primato marittimo resta integro grazie ad una capacità organizzativa sorprendente e agli ammiragli dello Ionio: l’astro nascente Failer e l’eroico Baseggio.
Più complicata la situazione finanziaria della Zecca, che si trova a causa della pirateria, decisamente esposta, gli investimenti a rischio potrebbero allontanare sia i risparmiatori che i clienti. Sia Antenore che il Doge devono porvi assolutamente rimedio, o ci saranno sicuri problemi in futuro.
Regno di Francia
I frutti della grande riforma demografica di Luigi vengono raccolti con uno stupefacente incremento di popolazione in tutte le terre francesi. La forbice tra le nuove nascite e l’obolo da versare alle madri francesi non influisce più di tanto sull’erario che ne trae un notevole e importante vantaggio.
La Via Europa ed altri investimenti di primaria importanza vengono completati e la Francia si arricchisce notevolmente. Anche Parigi viene ingrandita con nuovi quartieri e la città è ancora più bella di prima.
La situazione dei catari nel sud della francia viene mitigata sia dal potenziamento delle case templari che dai monasteri cistercensi. Milizie francesi risalgono fino alla Provenza dove alcuni castelli presidiati dagli eretici, ancora disorganizzati, vengono cinti da un cordone militare. Le truppe sono sufficienti a isolare i catari, nonostante una parte dell’esercito previsto nell’operazione resti in Irlanda, in quanto nessuna flotta amica provvede al rimpatrio dei contingenti francesi sotto comando imperiale, i quali lasciati senza ordini oziano nel Leinster disinteressandosi completamente degli scontri che avvengono tra gaelici e inglesi.
In Linguadoca e nei borghi di Aix en Provence ed Albi, quest’ultima la vera capitale del movimento, i catari, però, si rivelano molto più fanatici di quel che sembri, a decine si lasciano morire di fame innanzi ai predicatori cistercensi, anche se i nobili locali ancora si rifiutano di appoggiarli in modo sostanziale.
I metodi non completamente violenti di Bernardo creano di fatto una nuova categoria all’interno del monachesimo cistercense, ovverosia i conversi cioè un corpo laico all'interno dei monasteri cistercensi nel quale i catari possono esprimersi nelle loro pratiche religiose. In parecchi accettano il compromesso, molti altri invece rifiutano categoricamente.
Bernardo guarda a loro con interesse: sebbene la loro predicazione non fosse accettabile da parte della Chiesa, il loro modo di vivere era encomiabile, fondato sull'esercizio di povertà, umiltà e carità. Era principalmente questo il fondamento della facile diffusione dell'eresia, poiché era più vicino alla povera gente di quanto non lo fossero gli altri prelati con le loro sottili discussioni teologiche.
Nonostante la, tutto sommato, riuscita mediazione cistercense, sorgono comunque rocche catare nei borghi di Minerve e Narbonne, tra Perpignano e Montpellier, in quanto l’eresia attecchisce comunque tra le diocesi più opulente e più sfrenatamente filo-curiali della Francia meridionale.
Paradossalmente è la riforma demografica e un incrementato amore del popolo verso Re Luigi lo strumento più efficace contro il diffondersi dell’eresia.
Tre eventi funesti scuotono intanto la Francia del 1156.
Proprio il grande Bernardo di Chiaravalle muore in quest’anno per cause naturali, tra il lutto di tutte le confraternite che fanno suonare le campane a morto per quasi 15 settimane. Migliaia di persone accorrono a Clairveux dove il feretro sta per attraversare la Francia in attesa dell’ultimo saluto al grande predicatore che ha rivoluzionato il monachesimo occidentale. Un onda di sincera commozione scuote il clero, muore infatti anche Pietro il Venerabile abate di Cluny, il destino delle abbazie cluniacensi si lega quindi all’enorme influenza di Bernardo. Molti cistercensi ora si vedono cedere titoli elargizioni e decime gratuitamente a svantaggio dell’ordine cluniacense.
Raul di Vermandois, già in avanti con gli anni contrae la lebbra e di fatto si ritira a vita privata lasciando i propri titoli ai discendenti. In Vermandois molti religiosi invocano il perdono di Dio e messe e rosari sono organizzati in tutta la provincia.
L’erede al trono, il delfino di Francia Filippo, manifesta segni di squilibrio mentale e cessa completamente di parlare, (evidenti segni di autismo NdToga!) i cerusici di corte spaventati temono vi sia la mano del demonio in tutti questi eventi, mentre Luigi si reca in pellegrinaggio per chiedere perdono dei suoi peccati fino a Cluny.
Gli eretici invocano la fine del mondo e la punizione celeste contro la corruzione della chiesa.
La pacificazione del meridione francese è ancora tutta da stabilire, nonostante la situazione rimanga ancora sotto il controllo del regno. Intanto masse di catari, sfuggiti ai genocidi italici si accalcano ai confini francesi chiedendo l’integrazione tra i “conversi” all’interno dei monasteri cistercensi.
Regno d’Inghilterra
Re Stefano risolve le sue dispute con il Plantageneto e un sontuoso matrimonio viene allestito tra Maria di Blois, figlia di Stefano e il Re di Bretagna e Normandia, che riconosce Stefano come Re legittimo, anche se un accordo tra i due prevede che il figlio di Plantageneto sia accostato in linea diretta al trono di Londra, escludendo Eustachio, l’erede fin li designato.
Eustachio non la prende troppo serenamente e medita sul da farsi, ma una sorte beffarda lo mette a tacere senza alcun riguardo: una caduta accidentale da cavallo in una battuta di caccia gli spezza le vertebre cervicali e all’erede al trono inglese non resta che una vita ritirata da paralitico.
Nel frattempo gli inglesi intervengono in Irlanda con un esercito comandato da Riccardo di Clare, dove con grande fatica riescono a sconfiggere Diarmait MacMurrough, grazie soprattutto all’alleato norvegese che risulta determinante nelle sorti della guerra.
I templari sbarcano sull’isola con l’edificazione di una casa di cavalieri, mentre Stefano provvede a far edificare anche un nuovo campo da tiro per i suoi “long bows” che finalmente danno prova della loro devastante potenza.
L’arcolaio Gannella ritorna da “Lord” in Galles nel suo villaggio natale, dove si costruisce una tenuta bellissima.
Nel frattempo i profughi irlandesi giunti da Dublino negli anni precedenti si stanno mescolando tutt’altro che pacificamente con i cugini della Cambria. Serve come minimo un editto che regoli la convivenza o si rischia di dover investire molto nel prossimo futuro per la pacificazione tra i bellicosi irlandesi e i calienti gallesi.
Comune di Milano-Crociata contro i Catari
Landolfo di Soresina coopera con il Sacro Romano Impero e con il veneziano Badoer nella repressione dell'eresia catara, che viene estirpata radicalmente dalla Lombardia.
L'enorme numero di truppe impiegate dal Sacro Romano Impero però genera frizione e attrito con la popolazione milanese, soprattutto nelle valli prealpine.
I catari sono sterminati senza pietà.
Tre grandi stragi vengono perpetrate alla pieve di Mandello sul Lario, a Pavia e nella valle del Sondrio, dove vengono complessivamente accesi quasi 40 000 roghi.
Nonostante ciò la gran parte della popolazione, di chiara fede cattolica, è terrorizzata dai soldati imperiali e perfino in emilia, a Nonantola, nella sede dell'antica Abbazia, i veneziani commettono scempi contro fuggiaschi catari, che vengono bruciati lungo la Fossa Signora che cinge il borgo.
Il gonfaloniere della partecipanza agraria della città Bitino Roverso, viene accusato di eresia e giustiziato dai veneziani assieme a tutto il suo scupmài (il suo clan), Sigismondo Serafini prende il suo posto e la famiglia Roverso è estinta.
Veneziani che intervengono anche in favore dei curiali bolognesi filo papali scacciando l'abate benedettino-cistercense nonantolano ed installandovi Doardo Mazzanti benedettino-cluniacense santagatino. Il piccolo borgo vede ora combattersi due fazioni, una fedele alla diocesi abbaziale di Modena, l'altra a quella di Bologna, con l'edificazione di due torri: La Ròca bolognese, e il Torricino modenese.
Detto questo i passi appenninici di influenza milanese sono occupati in toto dalle truppe della Serenissima, che si riverseranno poi sulla garfagnana, con Badoer che mantiene comunque i suoi presidi appenninici in attesa ordini da Aquisgrana, come su esplicita richiesta del Doge.
Il popolo lombardo non gradisce l'escalation di violenza, con Milano stessa in balia delle truppe dello SRI che raschiano a fondo ogni casa, villa e fattoria bruciando e imprigionando chiunque sia considerato eretico. Molte decime e tasse sono sottratte ai milanesi dall'enorme e mastodontico numero di truppe dello SRI.
Il consiglio cittadino cerca di promulgare un editto ma il genocidio in atto sgomenta notevolmente una larga fetta di nobiltà locale, che chiede il ripristino dell'ordine costituito e il diritto all'autodeterminazione. All'Imperatore viene chiesto di riportare l'ordine e di pacificare la regione senza ulteriore spargimento di sangue e il ritiro dei presidi veneziani al p.sso delle Radici e dell'Abetone.
Rus di Kiev
Il Principe stupisce tutti dando il via ad una riforma radicale dello status monarchico della nazione, anche per contrastare i nobili che temono un accentramento patologico del potere nelle mani del Rus.
Ragion per cui il Principato diviene una vera e propria monarchia consiliare, con una camera di consiglio formata dai nobili del principato.
Purtroppo vi sono lacune a livello di diritto procedurale, molto giuridicamente è ancora da fare e molti dei nobili ucraini profittano della nuova giurisdizione per portare quelle che erano le loro semplici contestazioni all’attenzione della nuova camera. Altri boiari temono la perdita dei privilegi, altri ancora paventano una classe funzionaria in grado di supplire alle loro funzioni come accade nell’alleata Svezia. Gli investimenti burocratici e infrastrutturali vengono additati come prove della volontà del principe di screditare i boiari.
I domini del Rus si destabilizzano, mentre il grosso dell’esercito, l’arma forte del principe in quanto completamente fedele a Vsevolod, invece che rimanere in patria per sedare eventuali tumulti, prende la via della Curonia.
I notabili del paese fedeli al principe si organizzano per trattare una Magna Charta istituzionale, che però resta per il momento ancora tutta da scrivere. La fedeltà dei cortigiani del Rus si abbassa decisamente, ed anche il clero ortodosso, refrattario a novità troppo radicali, condanna il comportamento del Principe a favore del vecchio Yuri, pretendente al trono, che sfida apertamente Vsevolod dopo anni di malcelato silenzio.
Nel frattempo la provincia di Vorogda viene annessa ai domini di Kiev, mentre la stessa città viene ingrandita dai genieri del Rus. I pozzi artesiani costruiti, non sono così efficaci nelle fredde pianure della sarmazia, tuttavia la tecnologia potrebbe essere utilizzata per giungere ad altro.
Un trattato viene ratificato con il regno di Ungheria, notizia che conforta in quanto le recenti tensioni derivate dall’uscita di Re Geza dall’ANO parevano aver destabilizzato le relazioni tra i due stati. Un trattato commerciale con Novgorod e la costruzione di una serie di infrastrutture permette un incremento del commercio grazie ad un emporio della repubblica mercantile e alla neonata Compagnia di San Metodio, una compagnia mercantile che solca i mari del nord.
Regno di Curonia
Con Vairis convertito al cristianesimo, i superioristi curoni si stringono intorno a Ilmars, re di Masuria, che fomentato dallo sciamano Ainis, mobilita 10 000 uomini e si arrocca nei suoi possedimenti.
Il re-cavallo non perde tempo, informato dai suoi corrieri a cavallo leva 18 000 cavalieri e supportato anche dalle truppe del Rus piomba come un fulmine in Masuria dove affronta i ribelli che non hanno alcuno scampo dalla sua collera.
Non vengono fatti prigionieri e l’esercito nemico è passato per la spada integralmente.
Ilmars viene ucciso in combattimento, il suo corpo straziato e la testa inviata a Bisanzio.
Per quanto riguarda Ainis, il re di Curonia riesce a catturarlo dopo la battaglia portandolo in catene fino a Turgus e, volendo emulare il Comneno di Bisanzio, ordina che gli venga comminata una speciale “calcatio” su modello imperiale, come aveva appreso da monaci ortodossi ai tempi della vittoria bizantina di Ochridia.
Piotr e Gennady tentano invano di dissuaderlo, riuscendo solo a evitare che il re, folle di rabbia, provveda alla “calcatio” all’interno della basilica di San Cirillo.
Ainis viene quindi “calcato” da 5 stalloni delle scuderie reali e muore terribilmente, tra le urla di giubilo della folla, il 18 Luglio del 1155. Anche in questo caso la testa viene inviata al Comneno con un rozzo papiro vergato malamente da Vairis stesso recante semplicemente la lettera Omega.
Ma il re Curone non ha ancora terminato l’epurazione dei “nemici del Dio migliore che esista”, e muove ora le truppe verso Edjis di Lituania.
Edjis non può competere con il troppo numeroso esercito di Vairis e gli si para davanti disarmato implorando il perdono all’ingresso in Lituania dell’esercito Curone.
Vairis gli si fa incontro furibondo, a spada sguainata...ma poi guardandolo negli occhi cede all'amicizia e alla riconoscenza verso uno dei suoi più fedeli luogotenenti ai tempi delle battaglie contro il Barbarossa.
Inguainata la spada nuovamente lo rialza e apostrofa a denti stretti:
“In nome del Cristo-Dio ti faccio perdonare tutti i peccati dai miei sacerdoti!”
Fa abbattere il suo cavallo innalzando un ara pagana, ne offre il cuore a Edjis secondo gli antichi riti e gli fa promettere che quello sarà il loro ultimo sacrificio. Edjis viene quindi battezzato ed ha salva la vita mantenendo il suo rango integro. Entrambi quindi banchettano insieme e Vairis da in sposa a Edjis la giovane sorella, Vismara.
Tornato a Turgus il re organizza una guardia di guerrieri fedelissimi, la “Regal Criniera” con funzione di pretoriani del Re che lo scortano ovunque e fungono da sua unità personale in battaglia.
Infine invia in dono a Kiev la sua spada e 5000 cavalieri scelti, oltre a rendere le truppe inviategli da Vsevolod.
Vairis ordina tra l’altro la costruzione di rozze e gigantesche icone di 10 piedi per 10 piedi le quali sono innalzate in tutte le chiese ortodosse del regno. L’icona reca l’immagine di Vsevolod II di Kiev che brandisce una croce al posto di una spada nell’atto di colpire i nemici della Curonia. Nonostante le resistenze di Piotr e Gennedy che giudicano l'idea "volgare, perversa ed assolutamente fuori luogo" il re è irremovibile ed invita i suoi sudditi a recare omaggio all' icona del “Santo Re di Kiev”.
Nell’icona Vairis si fa raffigurare come un guerriero robusto, ma dall’armamento modesto e semplice, il primo alle spalle del Rus.
I suoi soldati lo adorano, il suo popolo lo rispetta enormemente, anche perchè la Curonia ora comincia lentamente a civlizzarsi con la costruzione delle prime infrastrutture civili.
Ora per lui è tempo di trovare definitivamente una moglie e fondare la sua dinastia.