Diplomazia Quel maledetto 3945

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"Quel maledetto 3945" era una frase che più volte, nel corso del tempo, era stata detta dai più disparati abitanti del Minnonar. Dapprima con un connotato dispregiativo, poi come modo di dire, e infine era giunto - dopo due lustri - a trasformarsi in una specie di motivetto che ricordava ai giovani e ai vecchi in egual misura gli errori del passato. Quello era l'anno in cui il popolo eldar si era diviso in maniera irreparabile e solo per poco non aveva rischiato l'estinzione. Pochi, spaventati e al giogo dello straniero avevano fatto tutti scelti difficili e terribili per sopravvivere, per andare avanti. Ma ora, dopo ben dieci anni da quegli infausti momenti, dopo la ricostruzione, dopo tutto quello che era successo, il Minnonar viveva di vita propria, con una politica ben avviata, un'economia ed un commercio floridi, nonché una rinnovata fiducia nel futuro e nella convivenza coi vicini. Uno stato tollerante che non poteva, ironicamente, sopportare la perdita dei suoi figli.

Come concesso da Re Stannis, Carnil, Ailas e consorte, nonché buona parte della corte si erano portati sino al confine tra Eren Eressa e la foresta di Avalon; un terreno neutrale per le due parti elfiche controllato dal Tempesta che avrebbe fatto da garante per la pacifica prosecuzione dei concordati. Arrivati per primi Principe e Principe ereditario si accomodarono all'ombra di una grande tenda da giostra, montata per l'occasione dei concordati, in attesa dell'arrivo delle loro controparti.

@Silen @Redual Per la questione degli eldar di cui abbiamo parlato nell'altro topic.
 

Silen

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Non molto dopo arrivò il drappello dei cosiddetti figli di Minnonar, ovvero in massima parte i membri superstiti del vecchio Consiglio della Corona di Elenwen e i nobili che ad essi si erano accodati insieme alle loro famiglie, servitori e comuni cittadini che avevano temuto per le loro vite dopo il massacro di Sendylimion. La delegazione era capeggiata da quel Lantalion Eruan aep Silverhorn che un tempo era stato il candidato dei nobili eldar al matrimonio con la principessa Fianna e il loro capo riconosciuto. Lunghi anni di esilio avevano in parte smorzato la baldanza di quegli orgogliosi eldar: le loro proprietà erano state confiscate dal nuovo governo e si trovavano a vivere della carità di Stannis, pedine ormai scarsamente utili ora che il nuovo Principe sedeva solidamente sul trono e Minnonar si avviava a raggiungere il vecchio splendore. Con ogni probabilità quei nobili sapevano che la loro causa era ormai senza speranza eppure testardamente rifiutavano di deporre le armi.
 

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Per ultimi giunsero una manciata di armati che stazionarono nelle vicinanze.
Ad entrare nella tenda fù solo Stannis che si prese un attimo all'ingresso per squadrare i presenti; il sovrano era abbigliato al solito, come se dovesse guidare una battaglia da li a pochi minuti.

"Direi che sono l'ultimo" esordì il Re.
"Ben ritrovato Silverhorn" facendo un cenno del capo all'eldar "salute anche a voi miei nobili signori, spero che abbiate fatto un buon viaggio" disse rivolgendosi a coloro che risiedevano a Bastiglia.

"E voi dovreste essere il famoso Principe Carnil Elensil. E' un piacere poter finalmente vedere in volto chi guida Minnonar dopo tanti anni.
Meglio tardi che mai direbbe qualcuno, peccato che questo incontro non sia per noi."


"Bene" disse prendendo posto al tavolo delle trattative "romperò io il ghiaccio.
Partendo dalla proposta dell'inviata del Principe, giunta a Bastiglia tempo fa, ho accettato di perorare la causa di questo consesso.
Benchè i rapporti tra i nostri paesi siano praticamente inesistenti, io ed il mio popolo non dimentichiamo i lunghi rapporti con gli eldar e i decenni di fraterna amicizia vissuti in passato sotto i precedenti sovrani della casata Elensil.
In un qualche modo, Loras Elensil ci diede la spinta per liberarci dall'oppressione decenni fa, abbiamo gioito e sofferto a lungo, abbiamo trionfato, perduto e sanguinato insieme sui campi di battaglia e per quanto mi riguarda questo ha ancora un valore, se non verso coloro che oggi reggono Minnonar, sicuramente verso questo popolo.
Questi sentimenti mi portano quindi a voler dare una possibilità a questa stirpe oggi divisa, per poter ritrovare un armonia ed un unità, senza dimenticare che la porta del mio Regno e della mia casa è, e sempre sarà, aperta per ogni eldar timoroso della propria vita e della propria libertà."
 

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Carnil e Ailas si alzarono all'arrivo degli altri delegati, salutandoli rispettosamente. Ad onore del vero non sapevano bene cosa aspettarsi, l'intero incontro era un qualcosa di estremamente esplorativo e aveva il carattere di una riunione familiare dopo anni di allontanamento. Nei delegati dei furono figli del Minnonar Carnil riconosceva suoi fratelli ma, allo stesso tempo, gente dagli ideali antiquati e apertamente contrastanti il nuovo ordine eldar. Molta di quella gente faceva parte di movimenti politici autoritari e repressivi che nulla avevano a che spartire con l'ampio respiro e il multiculturalismo crescente, ma forse non era del tutto troppo tardi per convincerli a fare inversione di marcia. Non del tutto almeno.

«Sono certo, Re Stannis, che avremo modo in futuro di fare un incontro a titolo personale, se lo desiderate. Anzi, ne approfitto per invitarvi ad Ainatur in visita. So bene che ora la questione politica nel vostro regno è delicata ma in seguito, quando sarete sollevato dalle impellenze, mi piacerebbe parlare con voi. Dopotutto devo ancora farvi le mie scuse personali per certi attriti passati.» sorrise, rimettendosi poi seduto per ponderare al meglio la questione.

«Come ha ben detto re Stannis, è passato molto tempo dall'ultima volta che abbiamo potuto conversare.» esordì rivolgendosi ai propri fratelli. «Ammetto che non sia una situazione facile la nostra e che, in generale, al tempo ci furono più sbagli e da più parti. Era una situazione critica e ovviamente furono fatte scelte altrettanto critiche, di cui non posso che prendermi il merito e la responsabilità al tempo stesso. So che la vostra idea di Minnonar non si confà a quello che è oggi il paese, tutt'altro, ma se sono qui è - oltre che per gentilezza di Stannis - anche perché credo sia giunto il momento che la nostra gente si riunisca.»

«Oggi il nostro regno è molto diverso da quello che era dieci, quindici anni fa, è un paese dove convivono più razze, dove le persone possono esprimere liberamente la loro opinione e dove l'unica cosa che non si può fare è - a conti fatti - fare proselitismo indiscriminato per le strade. Non ci sono più campi di conversione coatta, non c'è più una ricerca fanatica e del suprematismo della nostra razza sulle altre, ma una convivenza in cui proviamo a fare del nostro meglio per non lasciare escluso nessuno.» continuò. «E se pensate che per fare tutto questo abbiamo barattato gran parte della nostra libertà... avete al tempo stesso torto e ragione. Se questo era vero quando il Minnonar era in pezzi, per i motivi che ben sappiamo, lo stesso non si può dire del Minnonar di oggi. C'è un motivo se solamente adesso ci siamo aperti al dialogo con Stannis, invero.» e in quel modo si rivolse anche al regnante. «Parte delle clausole dei nostri trattati da paese invaso riguardavano l'avere una ferma ostilità nei vostri riguardi, nonché evitare ogni tipo di supporto e di aiuto. o di relazione diplomatica che non venisse come richiesta dal Sylvania. E come immaginerete né la mia esploratrice, Vittoria, né questo incontro fanno parte di quei succitati casi. Semplicemente il tempo è passato e una nuova pagina di storia è pronta per essere scritta.»

«Quello che io posso chiedervi è se il vostro desiderio è quello di tornare a far parte del nostro regno. Tutte le accuse di tradimento, tutte le questioni legate alla guerra, la non riconoscenza del governo legittimo dopo il conflitto e tutte le cose ad esso connesse saranno perdonate ufficialmente, i vostri nomi riabilitati alla vita sociale e politica del paese, a patto che ne rispettiate le nuove leggi, e vi sarà concesso di tornare dai vostri fratelli e dai vostri cari. L'unica condizione, imprescindibile, a tutto questo è che firmiate una rinuncia effettiva a qualsiasi proposito sul trono. Questo, di fatti, sarebbe incompatibile con le nuove leggi del Minnonar, oltre che rischioso per la stabilità politica del paese tutto. Io ho scelto di lasciare il titolo di Alto Re per il bene della mia gente, e come vedete l'umiltà ha funzionato; quello che vi chiedo è di compiere una simile rinuncia e proseguire la vostra vita assieme ai vostri fratelli. Non ci sono occasioni del genere tutti i giorni, non sprechiamole.»
 

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Fu Lantalion a prendere la parola per i figli di Minnonar
"Tutto ciò che abbiamo fatto, è stato per Minnonar. Siamo stati bollati come traditori, ma è stato vero tradimento ribellarsi ad Elenwen? Dopo averci condotto in una guerra disastrosa dalla quale uscimmo perdendo tutte le conquiste effettuate durante il regno di Re Loras, ella accettò di farsi consigliare da una assemblea dei nobili del regno affidandoci, fra le altre cose, il potere di votare a favore e contro le dichiarazioni di guerra. Pensavamo allora che la regina avesse compreso i suoi errori e fosse disposta ad ascoltare il nostro consiglio...ma invece scoprimmo con amarezza che Elenwen aveva creato questo parlamento solo come specchietto per le allodole e che corrompeva e subornava i membri del Consiglio per ottenere il voto che desiderava e continuare a fare di testa sua. E a cosa ci ha portato questo? Gli inetti generali che continuava a favorire hanno portato il nostro esercito alla disastrosa battaglia di Aiquanore dove le nostre forze sono state annientate.
Infine di fronte a un simile disastro ci ribellammo, per salvare Minnonar dal disastro...e abbiamo fallito. Non solo la capitale è stata presa dal nemico ma siamo stati chiamati traditori e ribelli, le nostre proprietà sono state confiscate e molti dei nostri in fuga sono stati catturati e giustiziati sul posto come se il disastro provocato da Elenwen fosse opera nostra. Dopo la fine della guerra abbiamo tentato una conciliazione ma ci avete preferito gli sbandati Separatisti, rigettando tutte le nostre proposte e affidandovi per sorpaffarci alle truppe degli stranieri, quegli stessi che avevano schiacciato il nostro paese. E' tanto strano se abbiamo combattuto? E' tanto strano se combattiamo ancora?" l'eldar fece una pausa e poi proseguì con voce rabbiosa e amareggiata "Oh, vediamo bene che la nostra causa è ormai perduta, non siamo degli sciocchi. Ma quale è l'alternativa che ci proponete? I nostri beni sono stati confiscati, la nostra reputazione infangata, i nostri fedeli seguaci morti. Quello che ci state proponendo è di tornare in patria da mendicanti privi di ogni onore e dignità."
 

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Carnil ascoltò attentamente, poi guardò Ailas con la coda dell'occhio. Il giovane figlio di Carnil comprese l'antifona e non disse nulla, lasciando che fosse il padre a condurre quella discussione, ben conscio di quanto nel vivo si sentisse punto per la questione di Eruanna.
«Capisco la ritrosia, ma ricordatevi che una di quelle che voi definite in maniera poco lusinghiera "sbandati separatisti" è oggi una principessa a pieno titolo. E quelle stesse persone che così tanto bistrattate sono quelle che hanno patito maggiormente per le negligenze che avete, giustamente, portato alla luce. Il punto è, Lantalion, che non è di storia che sono venuto a parlare. Non è successo che dieci anni fa, lo ricordiamo tutti benissimo.» si accomodò meglio sulla sedia.
«Altrimenti sarebbe anche il caso di tirare fuori la questione dei pagamenti elargiti alla nobiltà per perorare la causa. In effetti Re Stannis è stato magnanimo con voi, considerando che avete preso denaro anche da lui prima di ritirarvi dal conflitto ponendo de facto fine alla guerra.» guardò per un attimo lo stormborn. «Avete passato due lustri al nord, quindi parlerò schietto e diretto come ho capito usa qui: potevate scegliere da che parte stare, in entrambi i casi l'altra parte vi avrebbe fatto a brandelli. Se siete stati accolti nel Tempesta è sì per la magnanimità di sua maestà Stannis, sia anche perché eravate una possibile arma contro di noi, un "apparente nemico" fuori le porte della Bastiglia. Così come il vostro accordo non prevedeva qualcosa di troppo elegante: volevate sposarvi con mia cugina Fianna, ancora minorenne, per diventare Alto Re in sua reggenza, accrescendo il potere della nobiltà esponenzialmente. Io apprezzo molto che abbiate visto la follia delle politiche precedenti, ma il vostro modus operandi non era né migliore né più accettabile di quelli di Elenwen. Per troppo tempo noi nobili abbiamo pensato solo ai nostri interessi, ad avere sempre più potere, a volerci imporre sugli altri e il risultato quale è stato, sire Lantalion? Il vostro esilio, una ecatombe, un governicchio inefficiente e composto perlopiù da burocrati ammantati di seta e lustrini.»

Il principe scosse la testa vigorosamente.
«Probabilmente la cosa mi addolorerà, ma questa era la migliore scelta che potessimo fare. Non quella perfetta, non quella divinamente guidata da Gallean, ma quella che ha permesso alla nostra gente di continuare a vivere e prosperare. Ci sono stati dei sacrifici? Certo. Ci sono stati dei morti? Sfortunatamente. Ci sono colpevoli? Tutti quanti. Io, voi, persino il nostro gradito padrone di casa, tutti abbiamo fatto una piccola o grande parte in quello che è successo, negarlo sarebbe sciocco, quando non menzognero. Possiamo cambiare il passato? Non possiamo, sire Lantalion, né è utile pensarci.»
Fece una breve pausa. «La vostra rabbia è giustificata adesso, come lo era la mia dieci anni fa alle vostre richieste. La differenza tra allora e oggi è che io vi offro di tornare come cittadini, anziché come sudditi, di tornare come persone anziché come titoli e casati. Le vostre proprietà non esistono più, oggi il paese è costellato da città e centri abitati, alcuni dei quali fanno impallidire le vostre vecchie dimore. La scelta che dovete fare è quella di tornare a casa come fratelli e riunirvi a noi al solo prezzo di non tentare mai più di sovvertire l'ordine costituito dalla nostra gente, oppure di restare come ospiti nelle terre di Re Stannis. Non vi sto minacciando, forzando o obbligando, vi sto dando la concreta opportunità di tornare a casa e rifarvi una vita nel luogo dove siete nati e vissuti, dove avete combattuto, e di rendervi di nuovo partecipi del futuro del vostro paese.» alzò le sopracciglia.

«Se vi preoccupano gli attriti con il Tempesta non dovete avere timori, c'è un motivo se Vittoria mi ha preceduto e se oggi siamo qui. Stiamo riaprendo il dialogo, stiamo parlando, e niente vieta che col tempo i rapporti si normalizzino. Niente rimane immutato nel tempo, nemmeno gli screzi, e se lo dice un diplomatico come me dubito che qualcuno possa smentire. Il tempo passa, indugiare sul passato e su quello che sarebbe potuto essere fa sol danni e dolore.»
 

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"Quando voi pronunciate la parola cittadini le mie orecchie odono la parola servitori. Se questa è la vostra offerta, la rigettiamo in toto. Se davvero voleste rappacificarvi con noi, vi offrireste quantomeno di restituirci i nostri titoli e le nostre proprietà o se quest'ultima possibilità dopo dieci anni fosse impraticabile, almeno di darci un giusto indennizzo per quanto abbiamo perduto."
 

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«Sire Lantalion forse non mi sono spiegato benissimo.» disse Carnil. «Io sono responsabile per quello che dico, non per quello che voi capite: se dico cittadini e intendo cittadini votanti e voi capite servitori, probabilmente il problema non risiede negli ideali, ma nel vostro non voler sentire ragioni.» poi lo guardò con sincero sconforto.
«La cosa che più mi da da pensare è che da queste vostre parole si nota come non vi importi assolutamente niente della vostra gente, del Minnonar, nulla. Non vi importa nemmeno di finire i vostri giorni in esilio condannati in contumacia per tradimento. Quello che vi interessa sono soldi, potere e titoli. Soldi, potere e titoli.» ripeté.
«Siete vergognoso Lantalion. Siete vergognoso più di ogni mia più avversa aspettativa. Il nuovo paese che abbiamo costruito si basa anche sulle rinunce dei singoli a favore dei più. Non si fanno favoritismi, non si fanno eccezioni, si lavora tutti insieme per il bene del Minnonar. E oggi qui cosa ritrovo? Ritrovo un omuncolo che tra il ridare lustro al proprio nome e vivere da persona per bene nel paese che dice di amare, al punto da definirsene figlio, preferisce pretendere denari e benessere materiale.» Carnil scosse il capo. Provava profonda e infinita vergogna per quegli eldar così falsi e bugiardi che già aveva sbugiardato e smascherato.
«Quando conoscerete il vero significato della parola "sacrificio", che non è fuggire dopo aver intascato i talenti del vostro attuale benefattore, sarete nelle condizioni di dettare proposte. Nel Minnonar non c'è posto per chi pretende ma solo per chi merita.»

A quel punto si alzò e lo stesso fece Ailas.
«Prendetevi tempo per riflettere sulla vostra condotta che infanga ogni singolo punto delle nostre leggi, del nostro credo, del nostro essere. Mi auguro che un giorno anche Re Stannis possa vedere quanto disgustosa sia la vostra condotta, sire Lantalion. Vedete di non trascinare nello squallore anche tutti i vostri compagni nel tragitto verso la sete di potere. Io non ho altro da aggiungere, comunque, resterò nei paraggi per un paio di giorni, il tempo perché queste mie parole facciano il giro tra i nostri fratelli, cosicché possano decidere loro se seguire un avido brigante oppure tornare a casa loro.»
Guardò con profondo disgusto Lantalion. L'idea che un verme simile potesse anche solo aver azzardato l'idea di sposare Fianna quando era ancora fanciulla lo disgustava a livelli inconcepibili. Mai si era vergognato tanto di condividere la genia con qualcuno.

«Grazie, Re Tempesta, per il tentativo. È qualcosa che abbiamo apprezzato grandemente e anzi, ne approfitto per invitarvi a parlare con me già subito se avete del tempo. Come dicevo devo ancora scusarmi per qualche lettera di troppo.» detto quello dette le spalle alla delegazione e si avviò.

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