Esteri Brexit

Silen

Get a life
Ho perso il conto. Arrivano, urlano "Potere al popolo britannico, riprendiamoci il nostro paese", guardano i conti e poi spariscono.
La Gran Bretagna ci guadagna ad uscire dalla UE, si certo.
 

Shaka

Get a life
Fantacalciaro
Stanno per prendere una inculata...in pratica la trattativa in questo anno e mezzo non è andata avanti di un millimetro e fra poco scadono i termini e buona notte ai suonatori.
 

Spam Rulez

Chosen one
Ho perso il conto. Arrivano, urlano "Potere al popolo britannico, riprendiamoci il nostro paese", guardano i conti e poi spariscono.
La Gran Bretagna ci guadagna ad uscire dalla UE, si certo.

Boh. Non ne sono mai stato molto convinto ma i conti si fanno all'ultimo.
 

Silen

Get a life
Certo, ma dati alla mano le cose non si mettono bene. E non lo dico io, lo dice la svalutazione della sterlina, le grandi aziende che fuggono da londra come sono scappate da Barcellona, la crescente instabilità politica, i disperati tentativi della May di negoziare un accordo per far restare l'UK nel mercato comune (cosa che comunque non succederà, o almeno non alle condizioni che vorrebbe la May) e si potrebbe andare avanti.
 

Mikhail Mengsk

MSPAINT OVERTYRANT
Comunque gli ultimi due si sono dimessi perché secondo loro la May stava puntando ad una "soft Brexit" che avrebbe "tradito la volontà popolare".
 

kyuss

Ninja Skilled!
https://www.internazionale.it/opinione//2018/07/20/secondo-referendum-brexit




REGNO UNITO
Londra si prepara a un secondo referendum sulla Brexit
The Economist, Regno Unito
20 luglio 2018 12.33


È dai tempi del referendum sull’uscita dall’Unione europea del giugno 2016 che i più ottimisti tra gli sconfitti hanno fatto pressione perché venisse organizzata una rivincita. Alcuni sostengono la necessità di una ripetizione sulla base del fatto che i fautori della Brexit hanno mentito durante la campagna elettorale, infrangendo la legge elettorale (il 17 luglio la commissione elettorale ha inflitto alla campagna ufficiale per l’uscita dall’Ue una multa da ottantamila dollari per aver deliberatamente ecceduto il tetto di spesa).

Altri sostengono che la popolazione abbia diritto alla possibilità di votare sull’accordo finale, che somiglierà poco all’allettante versione che era stata loro promessa. Eppure l’idea di un secondo referendum non è mai decollata. I sondaggi hanno rilevato solo una leggera variazione d’opinione a favore della permanenza nell’Ue e non c’è grande entusiasmo per un nuovo plebiscito, che sarebbe il quattro appuntamento elettorale su scala nazionale in altrettanti anni.

Ma l’idea di organizzare un nuovo referendum è di nuovo d’attualità. Per legge il governo di Theresa May non può approvare un accordo sulla Brexit senza l’approvazione dei parlamentari. E da due settimane appare sempre più probabile che il parlamento rifiuterà ogni accordo. L’opposizione laburista ha stabilito sei condizioni che renderebbero accettabile l’accordo, e che sembrano concepite per essere impossibili da approvare. Il partito conservatore, nel frattempo, è d’umore ribelle.

Il Regno Unito potrebbe uscire bruscamente dall’Ue il 29 marzo senza alcun accordo

Questa settimana i tory che sostengono una Brexit dura hanno obbligato il governo a inasprire la sua posizione sulle questioni doganali, mentre una fazione di tory favorevoli alla permanenza in Europa lo forzava ad alleggerire la sua politica di regolamentazione in materia sanitaria. Altre sconfitte parlamentari sono state evitate di misura, in un caso per appena tre voti. È difficile immaginare che i parlamentari accettino il poco attraente accordo che May verosimilmente porterà da Bruxelles alla fine dell’anno. E, se non lo faranno, il Regno Unito potrebbe semplicemente uscire bruscamente dall’Ue il 29 marzo senza alcun accordo.

In molti a Westminster si chiedono quindi se l’unica possibilità di uscire dall’impasse sia rimettere la questione nelle mani della popolazione. Una soluzione potrebbero essere nuove elezioni. I portavoce del partito conservatore avrebbero detto ai loro parlamentari che il governo è deciso a convocare un nuovo scrutinio nel corso dell’estate, qualora questi si fossero opposti ad alcuni passaggi chiave del suo piano per la Brexit. Ma è verosimile che May, nota per i suoi insuccessi elettorali, corra un rischio simile? Secondo i sondaggi il partito laburista è leggermente avanti ai conservatori. In ogni caso una vittoria di misura di qualsiasi dei due partiti rischia di non risolvere l’attuale stallo parlamentare, poiché anche i laburisti sono divisi su quale sia il migliore approccio alla Brexit.

L’idea di un secondo referendum viene quindi proposta come un modo per ottenere una risposta chiara. Il 16 luglio Justine Greening, una degli ex ministri di Theresa May, ha proposto un referendum con tre opzioni: rimanere nell’Ue, accettare l’accordo raggiunto da May a Bruxelles, oppure uscire senza alcun accordo.


Un simile voto presenta enormi problemi. Il parlamento dovrebbe legiferare l’indizione del referendum, un’operazione complicata nel momento in cui questo stesso parlamento è contrario a quello che sarebbe l’oggetto di tale consultazione, ovvero un accordo sulla Brexit. I laburisti affermano che il referendum non fa parte delle sue politiche e che tocca ai parlamentari risolvere questo caos. Ma ha lasciato aperto uno spiraglio: il 15 luglio Tom Watson, una figura di spicco del Partito laburista, ha dichiarato che “rinunciare totalmente all’idea di un secondo referendum, quando invece potrebbero esserci varie circostanze nelle quali il parlamento non sarebbe in grado di esprimere un voto chiaro, sarebbe un errore”. I nazionalisti scozzesi non sarebbero contrari a un secondo referendum e i liberal-democratici voterebbero a favore di esso (sempre che si ricordino di presentarsi in parlamento, visto che il loro leader era assente a un fondamentale voto sulla Brexit questa settimana). May ha rifiutato l’idea anche se, naturalmente, aveva fatto lo stesso anche con la prospettiva di elezioni anticipate due anni fa.

Ci sarebbe poco tempo per organizzare una nuova consultazione. Sono serviti vari mesi per approvare la proposta di legge sul primo referendum. Questo processo potrebbe essere accelerato, soprattutto adesso che il Regno Unito può contare sull’esperienza organizzativa maturata durante il primo referendum, sostiene Eloise Todd di Best for Britain, che reclama un secondo referendum. Ma Londra dovrebbe quasi sicuramente chiedere più tempo all’Ue. Quest’ultima probabilmente accetterebbe, secondo Charles Grant del centro studi Centre for european reform, anche se preferirebbe risolvere la questione prima delle elezioni per il parlamento europeo, alla fine di maggio 2019.

Quali opzioni?
Se la cosa potrà essere fatta in tempo, quale sarebbe la domanda scritta sulla scheda elettorale? Il Regno Unito non ha mai avuto dei referendum a scelta multipla come quello che suggerisce Greening, anche se si tratta di una modalità nota in altri paesi. Nel 1931 ai finlandesi è stato chiesto se volevano abolire il divieto di consumare alcol, mantenerlo o annullarlo solo per le bevande più leggere (una maggioranza schiacciante scelse la prima ipotesi). Nel 1977 gli australiani hanno scelto il brano Advance Australia fair come loro inno nazionale, preferendolo ad altri tre.

La difficoltà risiede nel modo in cui verrebbe scelta l’opzione vincente. Peter Kellner, esperto di sondaggi e opinionista per la rivista Prospect, fa notare che una stessa serie di risultati potrebbe produrre tre esiti diversi, a seconda che si scelga un sistema maggioritario secco (che sceglie l’opzione che riceve la maggioranza di prime scelte), il voto alternativo (per cui l’elettore vota facendo una classifica delle sue preferenze: le seconde preferenze dell’opzione ultima classificata si aggiungono ai voti delle prime due classificate) o il sistema Condorcet (che premia il vincitore complessivo dei tre possibili scontri diretti testa a testa). Un sondaggio effettuato da YouGov per The Economist lo scorso mese, nel quale veniva chiesto agli elettori di esprimere un’ordine di preferenza tra Brexit dura, Brexit morbida e permanenza nell’Ue, ha riportato esattamente una situazione simile. Un secondo referendum potrebbe “di per sé determinare una crisi di legittimità democratica”, rileva Akash Paun del centro studi Institute for government. E un voto complesso aperto a interpretazioni multiple non sarebbe d’alcun aiuto in questa situazione.

Un simile referendum potrebbe anche spingere molti fautori della permanenza nell’Ue a rivedere la loro posizione. L’Ue avrebbe ad esempio meno incentivi a offrire un buon accordo qualora esistesse la possibilità d’indire un nuovo referendum, e anzi potrebbe offrirne uno cattivo, nella speranza che la Gran Bretagna scelga allora di restare nell’unione, come auspica la maggioranza degli eurocrati.

Un altro grandissimo rischio sarebbe quello d’inserire la possibilità di una totale mancanza di accordi nel referendum, poiché questo offrirebbe agli elettori una possibilità che nessuno, se non i più folli sostenitori della Brexit, sostiene. Greenings definisce una simile opzione un “taglio netto” col passato, un’espressione che Malcolm Barr della banca J.P. Morgan definisce una “erronea rappresentazione”. Commerciare con l’Unione Europea secondo i termini dell’Organizzazione mondiale del commercio è una cosa. Uscire dall’Ue senza alcun accordo su nulla, che si tratti di aviazione, diritti dei cittadini o materiali radioattivi, sarebbe decisamente peggio, e un taglio tutt’altro che salutare.

Man mano che le trattative con Bruxelles entreranno nella loro fase finale, i sostenitori della permanenza nell’Ue potrebbero essere esaltati dalla tenue possibilità di annullare la Brexit. Tuttavia il prezzo da pagare, per una simile possibilità, è un aumento delle possibilità di uscire bruscamente dall’Ue, senza alcun accordo. May ha stupidamente trascorso gli ultimi due anni a portare avanti lo stesso bluff nei confronti di Bruxelles, sostenendo che “non avere accordi è meglio di un cattivo accordo”. C’è il grave rischio che i cittadini britannici la prendano alla lettera.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato dal settimanale The Economist.
 

Silen

Get a life
Più passa il tempo e più mi sembra probabile che alla fine usciranno senza nessun accordo.
E checchè se ne dica, sarebbe un bel colpo per l'economia britannica...non che me ne importi qualcosa. Caveat Emptor dicevano i latini...il popolo inglese si è bevuto un sacco di balle sulla brexit e le conseguenze ci saranno e non saranno piacevoli nè lievi.
 

Viconia

Spam Master
appena torno in uk tasto il polso, adesso sono in italia in vacanza quindi non so come hanno reagito alle varie dimissioni
 

kyuss

Ninja Skilled!
41918910_2710438858982314_2751714967349624832_n.jpg
:rotfl:
 

Silen

Get a life
Neanche io mi aspettavo una gestione così dilettantesca. C'è da dire comunque che sulla Brexit il paese è spaccato in due. Anche al referendum l'opzione di lasciare ha vinto per pochi punti percentuali, non c'era una maggioranza netta....appena si è visto che le affermazioni fatte in campagna elettorale erano tutte palle e che uscire sarebbe stato un disastro economico è cominciato il fuggi fuggi di chi non vuole prendersi la responsabilità di questo casino.

Alla fine tutto il mondo è paese. Consolante, in un certo senso. Avvilente, in un certo senso.
 

kyuss

Ninja Skilled!
https://www.agi.it/estero/perche_fa...cs67xwZzl2BDoirFn2gkWUunzzoHo9DZhmTkTz6ZbKqQY


Al TED di Vancouver Carole Cadwalladr, la cronista dell'Observer che ha scoperchiato lo scandalo di Cambridge Analityca (e che è stata bannata a vita da Facebook per questo), ha spiegato come i social hanno influito sulla Brexit. E come stanno facendo del male alle democrazie di tutto il mondo


di CAROLE CADWALLADR*
21 aprile 2019,12:47
102428689-b166a85b-1df4-497c-b3de-37315d0b1135.png



CAROLE CADWALLADR
TED TALK
Quest'anno non sono riuscito ad andare al TED di Vancouver. Ma ho seguito qualcosa in rete. E mi hanno colpito due cose, collegate fra loro. La prima è il talk della giornalista dell'Observer che ha scoperchiato lo scandalo di Cambridge Analityca (e che è stata bannata a vita da Facebook per questo). La seconda il fatto che uno degli sponsor principali di questa edizione del TED di Vancouver fosse proprio Facebook. Ce lo vedete un evento in Italia dove lo speaker principale è quello che attacca lo sponsor principale. O anche solo il giornale, la radio, la tv, l'agenzia di stampa....




Carole Cadwalladr ha fatto un lavoro giornalistico memorabile (per il quale è stata fra i finalisti del premio Pulitzer appena assegnato). Nel suo TED Talk ripercorre la vicenda e pone delle domande molto serie "agli dei della Silicon Valley" e a noi utenti dei social, sul futuro della democrazia. Per questo abbiamo ritenuto di tradurre subito in italiano il suo intervento.


Riccardo Luna


102613174-f55be178-e414-473d-bafe-f64ffbf6985a.jpeg

Carole Cadwalladr, TED 2019, Vancouver


*Lo speech integrale di Carole Cadwalladr al TED
aprile 2019



Il giorno dopo il voto sulla Brexit, quando la Gran Bretagna si è svegliata con lo choc di scoprire che stavamo davvero lasciando l’Unione Europea, il mio direttore al quotidiano Observer, mi ha chiesto di tornare nel Galles meridionale, dove sono cresciuta, e scrivere un reportage. E così sono arrivata in una città chiamata Ebbw Vale.


Eccola (mostra la cartina geografica). È nelle valli del Galles meridionale, che è un posto abbastanza speciale. Aveva questa sorta di cultura di classe operaia benestante, ed è celebre per i cori di voci maschili gallesi, il rugby e il carbone. Ma quando ero adolescente, le miniere di carbone e le fabbriche di acciaio chiusero, e l’intera area ne è rimasta devastata. Ci sono tornata perché al referendum della Brexit era stata una delle circoscrizioni elettorali con la più alta percentuale di voti per il “Leave”. Sessantadue per cento delle persone qui hanno votato per lasciare l’Unione Europea. E io volevo capire perché.


Quando sono arrivata sono rimasta subito sorpresa perché l’ultima volta che era stata ad Ebbw Vale era così (mostra la foto di una fabbrica chiusa). E ora è così. (mostra altre foto). Questo è un nuovissimo college da 33 milioni di sterline che è stato in gran parte finanziato dall’Unione Europea. E questo nuovo centro sportivo fa parte di un progetto di rigenerazione urbana da 350 milioni di sterline, finanziato dall’Unione Europea. E poi c’è questo tratto stradale da 77 milioni di sterline, e una nuova linea ferroviaria e una nuova stazione, tutti progetti finanziati dall’Unione Europea. E non è che la cosa sia segreta. Perché ci sono grossi cartelli ovunque a ricordare gli investimenti della UE in Galles.


Camminando per la città, ho avvertito una strana sensazione di irrealtà. E me ne sono davvero resa conto quando ho incontrato un giovane davanti al centro sportivo che mi ha detto di aver votato per il Leave, perché l’Unione Europea non aveva fatto nulla per lui. E ne aveva abbastanza di questa situazione. E in tutta la città le persone mi dicevano la stessa cosa. Mi dicevano che volevano riprendere il controllo, che poi era uno degli slogan della campagna per la Brexit. E mi dicevano che non ne potevano più di immigranti e rifugiati. Erano stufi.


Il che era abbastanza strano. Perché camminando per la città, non ho incontrato un solo immigrato o rifugiato. Ho incontrato una signora polacca che mi ha detto di essere l’unica straniera in paese. E quando ho controllato le statistiche, ho scoperto che Ebbw Vale ha uno dei più bassi tassi di immigrazione del Galles. E quindi ero un po’ confusa, perché non riuscivo a capire da dove le persone avessero preso le informazioni su questo tema. Anche perché erano i tabloid di destra a sostenere questa tesi, ma questo è una roccaforte elettorale della sinistra laburista.


Ma poi, quando è uscito il mio articolo, questa donna mi ha contattato. Mi ha detto di abitare a Ebbw Vale e mi ha detto di tutto quella roba che aveva visto su Facebook durante la campagna elettorale. Io le ho chiesto, quale roba? E lei mi ha parlato di roba che faceva paura, sull’immigrazione in generale, e in particolare sulla Turchia. Allora ho provato a indagare, ma non ho trovato nulla. Perché su Facebook non ci sono archivi degli annunci pubblicitari o di quello ciascuno di noi ha visto sul proprio “news feed”. Non c’è traccia di nulla, buio assoluto.


Questo referendum avrà un profondo effetto per sempre sulla Gran Bretagna, lo sta già avendo: i produttori di auto giapponesi che vennero in Galles e nel nord est offrendo un lavoro a coloro che lo avevano perduto con la chiusura delle miniere di carbone, se ne sono già andati a causa della Brexit. Ebbene, l’intero referendum si è svolto nel buio più assoluto perché si è svolto su Facebook. E quello che accade su Facebook resta su Facebook. Perché soltanto tu sai cosa c’era sul tuo news feed, e poi sparisce per sempre, ma così è impossibile fare qualunque tipo di ricerca. Così non abbiamo idea di quali annunci ci siano stati, di quale impatto hanno avuto, o di quali dati personali sono stati usati per profilare i destinatari dei messaggi. O anche solo chi li ha pagati, quanti soldi ha investito, e nemmeno di quale nazionalità fossero questi investitori.



Noi non lo possiamo sapere ma Facebook lo sa. Facebook ha tutte queste risposte e si rifiuta di condividerle. Il nostro Parlamento ha chiesto numerose volte a Mark Zuckerberg di venire nel Regno Unito e darci le risposte che cerchiamo. Ed ogni volta, lui si è rifiutato. Dovete chiedervi perché. Perché io e altri giornalisti abbiamo scoperto che molti reati sono stati compiuti durante il referendum. E sono stati fatti su Facebook.



Questo è accaduto perché nel Regno Unito noi abbiamo un limite ai soldi che puoi spendere in campagna elettorale. Esiste perché nel diciannovesimo secolo le persone andavano in giro con letteralmente carriole cariche di soldi per comprarsi i voti. Per questo venne votata una legge che lo vieta e mette dei limiti. Ma questa legge non funziona più. La campagna elettorale del referendum infatti si è svolto soprattutto online. E tu puoi spendere qualunque cifra su Facebook, Google o YouTube e nessuno lo saprà mai, perché queste aziende sono scatole nere. Ed è esattamente quello che è accaduto.



Noi non abbiamo idea delle dimensioni, ma sappiamo con certezza che nei giorni immediatamente precedenti il voto, la campagna ufficiale per il Leave ha riciclato quasi 750 mila sterline attraverso un’altra entità che la commissione elettorale aveva giudicato illegale, e questo sta nei referti della polizia. E con questi soldi illegali, “Vote Leave” ha scaricato una tempesta di disinformazione. Con annunci come questi (si vede un annuncio che dice che 76 milioni di turchi stanno per entrare nell’Unione Europea). E questa è una menzogna. Una menzogna assoluta. La Turchia non sta per entrare nell’Unione Europea. Non c’è nemmeno una discussione in corso nella UE. E la gran parte di noi, non ha mai visto questi annunci perché non eravamo il target scelto. E l’unico motivo per cui possiamo vederli oggi è perché il Parlamento ha costretto Facebook a darceli.



Forse a questo punto potreste pensare, “in fondo parliamo soltanto di un po’ di soldi spesi in più, e di qualche bugia”. Ma questa è stata la più grande frode elettorale del Regno Unito degli ultimi cento anni. Un voto che ha cambiato le sorti di una generazioni deciso dall’uno per cento dell’elettorato. E questo è soltanto uno dei reati che ci sono stati in occasione del referendum.


C’era un altro gruppo, che era guidato da quest’uomo (mostra una foto), Nigel Farage, quello alla sua destra è Trump. E anche questo gruppo, “Leave EU”, ha infranto la legge. Ha violato le norme elettorali e quelle sulla gestione dei dati personali, e anche queste cose sono nei referti della polizia. Quest’altro uomo (sempre nella stessa foto), è Arron Banks, è quello che ha finanziato la loro campagna. E in una vicenda completamente separata, è stato segnalato alla nostra Agenzia Nazionale Anticrimine, l’equivalente del FBI, perché la commissione elettorale ha concluso che era impossibile sapere da dove venissero i suoi soldi. E anche solo se la provenienza fosse britannica. E non entro neppure nella discussione sulle menzogne che Arron Banks ha detto a proposito dei suoi rapporti segreti con il governo russo. O la bizzarra tempestività degli incontri di Nigel Farage con Julian Assange e il sodale di Trump, Roger Stone, ora incriminato, subito prima dei due massicci rilasci di informazioni riservate da parte di Wikileaks, entrambi favorevoli a Donald Trump. Ma quello che posso dirvi è che la Brexit e l’elezione di Trump sono strettamente legati. Ci sono dietro le stesse persone, le stesse aziende, gli stessi dati, le stesse tecniche, lo stesso utilizzo dell’odio e della paura.

Questo è quello che postavano su Facebook. E non riesco neanche a chiamarlo menzogna perché ci vedo piuttosto il reato di instillare l’odio (si vede un post con scritto “l’immigrazione senza assimilazione equivale a un’invasione”).

Non ho bisogno di dirvi che odio e paura sono stati seminati in rete in tutto il mondo. Non solo nel Regno Unito e in America, ma in Francia, Ungheria, Brasile, Myanmar e Nuova Zelanda. E sappiamo che c’è come una forza oscura che ci collega tutti globalmente. E che viaggia sulle piattaforme tecnologiche. Ma di tutto questo noi vediamo solo una piccola parte superficiale.


Io ho potuto scoprire qualcosa solo perché ho iniziato a indagare sui rapporti fra Trump e Farage, e su una società chiamata Cambridge Analytica. E ho passato mesi per rintracciare un ex dipendente, Christopher Wiley. E lui mi ha rivelato che questa società, che aveva lavorato sia per Trump che per la Brexit, aveva profilato politicamente le persone per capire le paure di ciascuno di loro, per meglio indirizzare dei post pubblicitari su Facebook. E lo ha fatto ottenendo illecitamente i profili di 87 milioni di utenti Facebook. C’è voluto un intero anno per convincere Christopher a uscire allo scoperto. E nel frattempo mi sono dovuta trasformare da reporter che raccontava storie a giornalista investigativa. E lui è stato straordinariamente coraggioso, perché Cambridge Analytyca è di proprietà di Robert Mercer, il miliardario che ha finanziato Trump, e che ci ha minacciato moltissime volte per impedire che pubblicassimo tutta la storia. Ma alla fine lo abbiamo fatto lo stesso.


E quando eravamo al giorno prima della pubblicazione abbiamo ricevuto un’altra diffida legale. Non da Cambridge Analytica stavolta. Ma da Facebook. Ci hanno detto che se avessimo pubblicato la storia, ci avrebbero fatto causa. E noi l’abbiamo pubblicata.



Facebook, stavate dalla parte sbagliata della storia in questa vicenda. E lo siete quando vi rifiutate di dare le risposte che ci servono. Ed è per questo che sono qui. Per rivolgermi a voi direttamente, dei della Silicon Valley… Mark Zuckerberg…. E Sheryl Sandberg, e Larry Page e Sergey Brin e Jack Dorsey, ma mi rivolgo anche ai vostri dipendenti e ai vostri investitori. Cento anni fa il più grande pericolo nelle miniere di carbone del Galles meridionale era il gas. Silenzioso, mortale e invisibile. Per questo facevano entrare prima i canarini, per controllare l’aria. In questo esperimento globale e di massa che stiamo tutti vivendo con i social network, noi britannici siamo i canarini. Noi siamo la prova di quello che accade in una democrazia occidentale quando secoli di norme elettorali vengono spazzate via dalla tecnologia.


La nostra democrazia è in crisi, le nostre leggi non funzionano più, e non sono io a dirlo, è un report del nostro parlamento ad affermarlo. Questa tecnologia che avete inventato è meravigliosa. Ma ora è diventata la scena di un delitto. E voi ne avete le prove. E non basta ripetere che in futuro farete di più per proteggerci. Perché per avere una ragionevole speranza che non accada di nuovo, dobbiamo sapere la verità.


Magari adesso pensate, “beh, parliamo solo di alcuni post pubblicitari, le persone sono più furbe di così, no?”. Se lo faceste vi risponderei: “Buona fortuna, allora”. Perché il referendum sulla Brexit dimostra che la democrazia liberale non funziona più. E voi l’avete messa fuori uso. Questa non è più democrazia - diffondere bugie anonime, pagate con denaro illegale, dio sa proveniente da dove. Questa si chiama “sovversione”, e voi ne siete gli strumenti.


Il nostro Parlamento è stato il primo del mondo a provare a chiamarvi a rispondere delle vostre azioni, ma ha fallito. Voi siete letteralmente fuori dalla portata delle nostre leggi. Non solo quelle britanniche, in questa foto nove parlamenti, nove Stati, sono rappresentati, e Mark Zuckerberg si è rifiutato di venire a rispondere alle loro domande.


Quello che sembrate ignorare è che questo storia è più grande di voi. È più grande di ciascuno di noi. E non riguarda la destra o la sinistra, il Leave o il Remain, Trump o no. Riguarda il fatto se sia possibile avere ancora elezioni libere e corrette. Perché, stando così le cose, io penso di no.


E così la mia domanda per voi oggi è: è questo quello che volete? È così che volete che la storia si ricordi di voi? Come le ancelle dell’autoritarismo che sta crescendo in tutto il mondo? Perché voi siete arrivati per connettere le persone. E vi rifiutate di riconoscere che la vostra tecnologia ci sta dividendo.


La mia domanda per tutti gli altri è: è questo che vogliamo? Che la facciano franca mentre noi ci sediamo per giocare con i nostri telefonini, mentre avanza il buio?



La storia delle valli del Galles meridionale è la storia di una battaglia per i diritti. E quello che è accaduto adesso non è semplicemente un incidente, è un punto di svolta. La democrazia non è scontata. E non è inevitabile. E dobbiamo combattere, dobbiamo vincere e non possiamo permettere che queste aziende tecnologiche abbiano un tale potere senza controlli. Dipende da noi: voi, me, tutti noi. Noi siamo quelli che dobbiamo riprendere il controllo.
 
Ultima modifica:

Shaka

Get a life
Fantacalciaro
Io sono anni che lo dico...internet è uno strumento troppo potente per essere dato a tutti
 

Spam Rulez

Chosen one
Sono passati 3 anni ed i sudditi di Her Majesty non stanno ne dentro ne fuori.
Ma vogliono realmente uscire o preferiscono stare sull'uscio?
 
Alto