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IL PARTITO TI OSSERVA
stri investitori cinesi continuano a chiamare. Vogliono comprare hotel a 5 stelle, aziende vinicole e oleifici. La gente che se n’è andata in Cina per la crisi economica sta tornando. La Grecia è di nuovo un ottimo posto dove fare business”. Li Ang, a capo della Greek-Chinese Commercial and Cultural Association, parla così al Guardian. A sentire lui, la crisi non esiste più e la Grecia è un paradiso verso cui dirigere i capitali della Cina.

In effetti da qualche tempo la Grecia della grande crisi del debito sta sviluppando uno strano e nuovo potere di attrazione-repulsione nei confronti della Cina. Se da una parte i cinesi come Li Ang continuano a guardare al paese fiutando la possibilità di fare business, dall’altra i greci tartassati dalle difficoltà economiche guardano alla Cina come ad una terra promessa, occasione per ricostruirsi una vita di benessere e felicità. Quello che ne deriva è dunque un doppio flusso, da Atene a Pechino per i greci, e nella direzione inversa per i cinesi.

La Grecia del 2015 è il paese più indebitato dell’Unione Europea. La crisi è esplosa nel 2009 e nel corso degli anni si è fatta sempre più sentire anche in conseguenza del fallimento della politiche di austerity promosse dalla Troika (cioè Fonodo Monetario Internazionale, Commissione Europea e Banca Centrale Europea). Il debito nazionale oggi ammonta a 320 miliardi di euro, corrispondenti a oltre il 170% del PIL, mentre il tasso di disoccupazione è del 23%. Scenari da guerra, che allontanano le nuove generazioni greche dalla terra natale ma che non scoraggiano gli investitori cinesi.

Un destino inverso quello di greci e cinesi, dettato da diverse motivazioni. Se sono infatti oltre centomila le attività imprenditoriali greche fallite nel corso degli ultimi anni, con duecentomila persone che si sono ritrovate senza lavoro, diversa appare la situazione per i piccoli e medi commercianti cinesi. La bassa qualità dei prodotti venduti, i prezzi contenuti, il gusto dell’etnico dei greci, l’esistenza di una cospicua comunità di immigrati cinesi in Grecia (se ne contano più di trentamila), sono tutti fattori che hanno permesso ai piccoli negozi cinesi di non perdere la clientela e dunque di poter sopravvivere alla crisi senza nemmeno risentirne troppo. Come racconta l’imprenditore cinese Ji Wei all’emittente cinese CCTV, in molti casi gli affari sono diminuiti, ma non al punto da arrivare a prendere in considerazione la chiusura della propria attività. I piccoli imprenditori cinesi di Atene la crisi non la sentono. E chi la sente, lo fa in misura minore rispetto ai colleghi greci. Questo spiega perché Atene continua ad avere un potere in qualche modo attrattivo per i cittadini cinesi intenzionati ad aprire una nuova attività in Europa.

E’ questo il primo fattore che alimenta il flusso Pechino-Atene. Ma non è l’unico. In uno dei primi discorsi dopo il suo insediamento, il primo ministro greco Alexis Tsipras si è detto interessato a rafforzare la partnership economico-commerciale tra Grecia e Cina. Quest’ultima detiene già il controllo di metà degli hub del grande porto del Pireo, come conseguenza di un largo piano di privatizzazioni promosso nel 2009 sotto la presidenza Karamanlis e sostenuto poi dai suoi successori. Ora, con l’apertura del neo-premier, i grandi investitori cinesi puntano ad estendere la loro presenza nel porto, nonché a volgere il loro sguardo altrove: aeroporti, autostrade, ferrovie e molto altro. Le infrastrutture greche diventano una porta d’ingresso verso l’Europa per le merci cinesi. Si tratta di investimenti a carattere commerciale, promossi con il fine di aumentare sempre più la presenza cinese in Europa. La Grecia si sta trasformando nella “porta occidentale della Cina”, per usare le parole di Vittorio da Rold de Il Sole 24 Ore.

E parlando di investimenti, va ricordato il programma di attrazione di capitali lanciato da Atene un paio di anni fa: chi investe più di 250mila euro in Grecia nel mercato immobiliare, ha diritto ad acquisire la cittadinanza del paese. Un modo semplice e allettante per entrare nell’Unione Europea per quegli investitori privati provenienti da angoli più o meno remoti del mondo, tra cui i cinesi appunto. Ecco perché è probabile che il flusso Pechino-Atene ne beneficerà in futuro, anche alla luce di un terzo ed ultimo fattore: il turismo. L’ambasciata cinese ad Atene sottolinea come nell’estate del 2014 100mila turisti cinesi abbiano visitato la Grecia, un più 20% rispetto all’estate precedente.

Questo è anche e soprattutto conseguenza dell’inaugurazione di nuovi collegamenti aerei diretti tra i due paesi. Se per la Cina sarà un ulteriore modo per accrescere la propria presenza in Europa, per la Grecia il flusso di turisti cinesi garantirà più posti di lavoro e una fonte importante di introiti. Pelagia Karpathiotaki, Presidente dell’Institute of Economic and Cultural Action Greece-China, sottolinea come “I turisti provenienti dalla Cina (classificata tra i cinque paesi con la spesa per il turismo più elevata) sono disposti a spendere molto mentre viaggiano per approfondire la loro conoscenza del posto che stanno visitando”.

Ma greci e i cinesi reagiscono in modo diverso alla grande recessione di Atene. Se come detto i negozianti cinesi continuano a vedere il loro futuro in città e i cittadini e gli investitori cinesi guardano alla Grecia come ad una destinazione ospitale in termini di business, i giovani studenti greci sviluppano nuove strategie di sopravvivenza alla crisi. In uno scenario caratterizzato da una disoccupazione giovanile superiore al 50%, sempre più ragazzi stanno scegliendo di dedicare il loro tempo allo studio della lingua cinese per aprirsi prospettive future di lavoro nell’estremo oriente. Un dato su tutti: nel 2005 la Siountri Language School di Atene ha aperto un corso di lingua cinese professionale. Se nei primi anni il numero di iscritti non superava i dieci studenti, a partire dagli anni della crisi si è arrivati a contare centinaia di iscritti, come mi racconta un professore dell’Istituto. Difficile credere che sia un caso, e la conferma viene dallo studente Alkis Mouratis: “Probabilmente non riusciremo a trovare lavoro in Grecia nei prossimi anni. Ma grazie all’apprendimento della lingua cinese, si spalancano nuovi scenari per noi perché si aprono le porte del lavoro all’estero”, ha dichiarato alla BBC.

Mentre le autorità politiche di Atene guardano alla Cina in termini di attrazione degli investimenti, alimentando quel flusso Pechino-Atene di cui abbiamo parlato, le nuove generazioni elleniche guardano alla Cina come ad un’occasione di riscatto, una meta ideale dove costruirsi un futuro migliore. Ecco perché nel prossimo futuro, accanto ad un movimento di persone e capitali dalla Cina alla Grecia, è probabile che assisteremo anche ad un flusso uguale e contrario. Se però il primo si identifica soprattutto in termini di investimenti, il secondo sembra assumere piuttosto le sembianze di una vera e propria fuga di cervelli.
 
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